CATWALK
• Stage 1
-
Ho deciso di posare per delle foto di nudo.
La
declamazione di Kazuha, in quell'assolato pomeriggio di Giugno, gli
era arrivata così, fra capo e collo, ed Heiji per poco non
si era
strozzato con la propria saliva.
-
Sto scherzando, idiota. Non è quello il mio part-time di
quest'estate, anche se di sicuro la paga sarebbe migliore... - Aveva
sghignazzato lei, spiegando poi che da un paio di giorni aveva
iniziato a fare la cameriera in un “grazioso e
intimo” caffè di
periferia.
E
lui aveva tirato un interiore sospiro di sollievo.
-
Vieni a trovarmi qualche volta, mi farebbe piacere! Domani ho il
turno serale, ti offro qualcosa e facciamo due chiacchiere!
Sì certo, Heiji Hattori non aveva nulla in contrario se Kazuha Tōyama si era trovata un impiego estivo in un “grazioso e intimo” locale.
Peccato che avesse omesso di dirgli il particolare più importante.
-
”Nekomimi”?
-
Sì! Carino, vero? Si chiama così
perché le cameriere portano dei
cerchietti corredati di orecchie da gatto!
-
Sbalorditivo, non riesco a immaginare niente di più bello -
Aveva
commentato lui sarcastico, guadagnandosi un pugno sul braccio. Le
carnevalate non gli erano mai piaciute, ma l'amica sembrava talmente
entusiasta di mostrargli dove lavorava che aveva acconsentito senza
opporre troppa resistenza, rassegnato.
***
Quella sera era uscito di casa con addosso un'approssimativa sensazione di disagio, che si era acuita irrimediabilmente una volta giunto sul luogo: già da prima di entrare aveva fiutato qualcosa di anomalo che gli aveva fatto rizzare i peli sulla nuca. Sbirciando l'interno dalla vetrata era riuscito a scorgere poco e niente, perché diavolo l'illuminazione in quel posto era così scarsa? Non appena varcata la soglia, l'atmosfera intima, le luci soffuse e la morbida musica di sottofondo l'avevano messo vagamente sul chi va là. Di certo il concetto di “luce soffusa” era da ridefinire in quel contesto, dato che il locale era praticamente immerso nella semioscurità e le poche lampade presenti parevano essere puramente decorative.
Frattanto
che i suoi occhi si abituavano gradualmente alla penombra, si
guardò
intorno alla ricerca di un posto dove sedersi, ma non ebbe neanche il
tempo di muovere un passo verso quello che gli era sembrato un tavolo
libero che un'esuberante cameriera dagli abiti piuttosto succinti
lo accolse, prorompendo in un giulivo benvenuto.
Una goccia di sudore
freddo gli imperlò istantaneamente la fronte.
Deglutì rumorosamente
mentre lasciava che la ragazza lo accompagnasse allo stesso tavolo
che stava puntando poco prima, premurandosi di fornirgli un menu
prima di veleggiare verso altri clienti, in procinto di
appropinquarsi alla cassa per pagare il conto.
Heiji
sospirò e si concesse un minuto per acclimatarsi e studiare
l'ambiente circostante, a partire dal licenzioso
abbigliamento di quella cameriera che si allontanava ancheggiando:
tacco sei, calze nere a rete con tanto di giarrettiera in bella
vista, minigonna vertiginosa, cortissimo grembiulino ornamentale
drappeggiato, scollatura audace, cerchietto con orecchie da gattina
incorporate.
Meow.
Si
passò una mano sul
viso, stropicciandosi gli occhi. La vena sulla sua tempia aveva preso
a pulsare in modo fastidioso, il mal di testa doveva essere alle
porte.
Assolutamente
no,
si disse risoluto. Questa non gliel'avrebbe abbuonata, né
ora né
mai.
Il particolare su cui quella scema aveva sorvolato riguardava le divise del personale, che erano ai limiti della decenza.
Ma
proprio in un caffè
del genere aveva dovuto trovare lavoro? In un posto dove le uniformi
erano deliberatamente studiate per allupare la clientela maschile? E,
naturalmente, si era ben guardata dal farglielo presente prima, la
svampita.
Sentendo
che iniziava a montargli un
tantino
il sangue al cervello, tossicchiò per ridarsi un contegno e
afferrò
il menu, cominciando a sfogliarlo in maniera distratta. Temeva di veder
presto comparire Kazuha - praticamente in deshabillé,
dannazione! - che gli si faceva incontro, zompettando allegramente.
Oddio, su quei tacchi forse era un po' improbabile, constatò
lui
costernato. Ma se...se poi tutto quello zompettare le avesse
inavvertitamente fatto salire troppo la minigonna, o peggio, le
avesse fatto ballonzolare in modo indecente il
décolleté? Per non
parlare del fatto che, in una drammatica escalation, uno dei bottoni
della scollatura sarebbe potuto saltare ed esporre le sue grazie alla
mercé degli sguardi libidinosi degli astanti, Dio Cristo,
questo no.
Si rese conto di stare
girando le pagine con un po' troppa veemenza, e con tutta
probabilità
doveva aver assunto inconsciamente un'espressione omicida,
perché si
accorse delle occhiate inquiete che gli indirizzavano due clienti
seduti poco distante da lui. Cercò di recuperare il sangue
freddo,
ma ormai sentiva che la ragione stava andando a farsi benedire.
Chissà perché in queste sue congetture Kazuha
doveva sempre
zompettare, si chiese soffocando una risatina isterica che
atterrì
ulteriormente i due poveretti, i quali ormai lo fissavano con occhi
pallati.
Era già passato a
immaginare l'ennesimo Agghiacciante Scenario, dove Kazuha,
naturalmente zompettando, inciampava e si rovesciava addosso il drink
di qualche cliente finendo con l'emulare Miss Maglietta Bagnata 2012,
quando finalmente la vide spuntare da dietro il bancone, di ritorno
dalla cucina con un vassoio colmo di bicchieri in mano.
Lì
per lì, sudò freddo al pensiero che la sua ultima
elucubrazione
potesse essere in procinto di avverarsi, ma ebbe appena il tempo di
squadrarla che puff,
tutti i suoi arrovellamenti svanirono come sogni al mattino.
Quasi
stentava a riconoscerla, in quelle vesti. La profonda scollatura
della camicetta le incorniciava alla perfezione il seno florido, la
minigonna striminzita e le calze a rete evidenziavano la linea
sinuosa delle gambe, l'alta cintura a fascia sottolineava la vita
sottile. Perfino la classica coda con cui aveva raccolto i capelli
aveva un che di diverso,
quella sera, complice probabilmente il paio di vezzose orecchie
feline che
le
svettavano sulla sommità del capo.
Era...seducente.
Maledettamente seducente.
Deglutì a vuoto,
essendo rimasto a corto di saliva.
- Cosa le porto, signor
Stoccafisso? - Esordì lei con un risolino, facendolo
sobbalzare. Sì,
quello era il termine che meglio descriveva la sua faccia in quel
momento, considerò frustrato Heiji. Venne investito da una
nuvola di
delizioso profumo fruttato e gli rivolse uno dei suoi migliori
sorrisi, che se possibile lo confuse ancora di più. Doveva
riconoscere che, a dispetto delle fantasie disfattistiche con cui si
era trastullato fino a poco prima, sui tacchi non era affatto
impacciata, e aveva raggiunto il suo tavolo in una manciata di
secondi dopo aver recapitato tutte le ordinazioni.
- Non mi pare che qui
servano ciò che voglio - Biascicò lui,
palesemente scazzato. Il suo
intontimento passeggero si era trasformato in stizza feroce nel giro
di un attimo, non appena aveva notato che alcuni tizi la stavano
letteralmente spogliando con gli occhi e che altri si giravano
insistentemente a guardarla.
Non c'era dubbio, ormai
odiava indiscriminatamente tutti gli avventori di quel cavolo di
locale, dal primo all'ultimo.
- Cioè? - Fece stupita
lei, sbattendo le ciglia. Da quando in qua erano così
lunghe? Doveva
essersi passata due o tre mani di mascara, oltre a un chilo di
fondotinta, almeno a giudicare dal suo incarnato perfetto.
-
La decenza
-
Le sibilò velenoso, tamburellando nervosamente l'indice sul
tavolo e
trafiggendola con un'occhiata carica di pura insofferenza. Subito
dopo fulminò con lo sguardo dei tipi mezzi brilli che non la
smettevano di ghignare come depravati e iniziò a contare
mentalmente, sperando di riuscire a mantenere il controllo.
Per tutta risposta,
Kazuha incrociò le braccia al petto con aria di sfida e
assottigliò
gli occhi in due fessure, preparandosi alla lite imminente.
- Che cosa vorresti
insinuare?
- Devo anche
spiegartelo?
- Se non ti dispiace. E
vedi di sbrigarti, ho altri clienti.
Forse
furono quelle parole, “ho
altri clienti”,
a fargli scattare qualcosa dentro. Date le circostanze avevano
perfettamente senso, ma era un concetto che, in quel frangente, la
mente di Heiji non era in grado di elaborare.
Nessuno doveva
permettersi di deviare le attenzioni di Kazuha. Foss'anche
l'Imperatore in persona.
Non doveva esistere
nessuno più importante di lui, per lei.
Non
tollerava, nella maniera più categorica, di essere messo in
secondo
piano. Specie se lei era vestita così provocante
e
stava catalizzando gli sguardi famelici di metà dei presenti.
-
Andiamocene - Ringhiò infine, alzandosi e afferrandola per
un
braccio. Era arrivato al limite della sopportazione, non desiderava
altro che portarla fuori da lì. L'avrebbe riaccompagnata
dritta a
casa, prestandole la sua giacca per coprirsi un po', perché
era
sconveniente girare di notte con una mise
tanto discinta. Poi le avrebbe civilmente
spiegato
che un lavoro di quel tipo non le si addiceva, che non avrebbe dovuto
accettare, che le conveniva rassegnare subito le dimissioni. Lei
l'avrebbe compreso e gli avrebbe chiesto scusa. Magari dopo essersi
incazzata come una iena, era più che probabile, ma alla fine
avrebbe
apprezzato i suoi intenti benevoli e si sarebbe ravveduta.
Il film che si era fatto non faceva una piega, e prevedeva un bell'happy ending.
Solo
che Kazuha non
aveva la benché minima intenzione di collaborare alla sua
buona
riuscita: difatti si liberò dalla sua presa con uno
strattone e gli
rivolse uno sguardo gelido e sdegnato, che lo lasciò
interdetto.
- Si può sapere che ti prende?! Io sto lavorando, se sei
venuto per farmi la paternale
potevi restartene dov'eri!
Heiji annaspò per un
istante e poi esplose nella più epica delle sfuriate che
ricordasse
di averle mai fatto, e che sovrastò il costante
chiacchiericcio
sommesso del locale.
- Ma senti questa, non
ti vergogni ad andartene in giro conciata come una squillo? Non vedi
che stai dando spettacolo?
Il brusio nella sala
diminuì, e una ventina di paia d'occhi si posò
incuriosita su di
loro.
- Quello che sta dando
spettacolo sei tu, imbecille! - Lo
rimbrottò lei incollerita
e imbarazzata, mentre il manrovescio che aveva caricato lo centrava
in pieno. Da un paio di tavoli si levarono degli schiamazzi e qualche
fischio di approvazione.
Heiji rimase stordito
per un paio di secondi. Non che non si aspettasse uno schiaffo, in
fondo quanti altri se ne era già beccato da quando la
conosceva? In
un certo senso ci aveva quasi fatto l'abitudine. Tuttavia, se di
solito una sua sberla contribuiva a smorzare il litigio, stavolta
rischiava di fomentarlo ulteriormente.
- I...idiota! Proprio
non ci arrivi, eh? Non sopporto che gli altri ti fissino con la bava
alla bocca, razza di scimunita!
L'espressione adirata
di Kazuha si distese un poco, e le guance le si imporporarono
leggermente nell'udire quelle parole. Heiji, resosi conto di aver
detto più di quanto volesse, si affrettò ad
aggiustare il tiro,
abbaiando mentre imboccava l'uscita:
- Ma che parlo a fare,
tanto sei troppo ottusa per capire! Fai come ti pare, non me ne frega
niente!
***
Esatto, non gliene fregava proprio niente, nossignore. Facesse come credeva, chi se ne importava.
...E
allora perché continuava a farsi delle vasche su e
giù per la via
che costeggiava il Nekomimi,
piantonando il locale da lontano, bestemmiando fra i denti senza
sosta e con una furiosa battaglia interiore in corso?
Che poi, cos'era quella
frase che le aveva urlato contro poco prima di defilarsi? Ecco cosa
succedeva a dar fiato alla bocca senza aver collegato i neuroni!
Complimenti grande detective di 'sta ceppa, si disse maledicendo la
propria impulsività.
Una cosa era certa,
però. Non si era mai sentito tanto furioso. Non sapeva se
avercela
di più con la noncuranza di Kazuha, che era talmente tonta
da non
accorgersi delle reazioni che suscitava in quei pervertiti, o con i
suddetti pervertiti, che le facevano la radiografia completa
profanandola con occhiate viziose.
Stava giusto meditando
se rientrare e trascinarla fuori con la forza o scegliere
l'alternativa più soddisfacente e trucidare ogni singolo
avventore,
quando il suo cellulare vibrò.
Pensando
che fosse un messaggino di Kazuha affondò la mano nella
tasca con un
guizzo degno di un ninja, per poi scoprire con delusione che si
trattava soltanto di un'inopportuna chiamata di Kudō.
- Spero sia importante
- Esordì premendo il tasto di risposta, senza sforzarsi di
mascherare il malcontento.
- Uh, buonasera anche a
te - Rispose prontamente l'altro, con una nota di ironica sufficienza
nella voce. - Disturbo, per caso?
-
Dipende dall'importanza di quello che hai da dire - Replicò
lui,
occhieggiando l'interno del Nekomimi
dalla
vetrata laterale. Scorse Kazuha intenta a decorare con un ombrellino
di carta il drink che aveva appena servito, e il fatto che
apparentemente avesse ripreso il lavoro come se niente fosse lo fece
irritare ancora di più.
- Volevo chiederti se
eri interessato a collaborare ad alcune indagini, ma mi sembra che tu
abbia di meglio da fare.
Heiji
sbuffò sonoramente. Per quanto adorasse risolvere casi
insieme a lui
– meglio ancora se prima
di lui –, in quel frangente non aveva proprio la
concentrazione
necessaria per starlo a sentire.
- Mi piacerebbe, ma ora
non è il momento.
Dall'altra parte del
telefono Shinichi si grattò la testa, perplesso. Era
insolito che
snobbasse così platealmente una sua richiesta di aiuto. -
Che
succede, Hattori? Ti sento strano.
Heiji sospirò e valutò
se mettere l'amico al corrente della questione. Sussisteva sempre la
possibilità che quel borioso lo sfottesse a bella posta, ma
generalmente riteneva utili i suoi consigli. Forse valeva la pena di
provare a parlargliene.
-
Correggimi se
sbaglio, quindi il problema sarebbe la divisa da cameriera?
Perché a
tuo avviso la gonna è microscopica e la camicetta troppo
scollata?
Shinichi si stava
trattenendo dallo scoppiare a ridergli in faccia.
- La mia è una
constatazione oggettiva, mica un parere personale -
Puntualizzò
l'altro piccato, calciando via una povera lattina inerme - Se
l'avessi vista non faresti tanto il liberale! Lo sapevo che non avrei
dovuto dirti un tubo, accidenti a me.
- E dunque vediamo,
cosa pensi di fare ora che Kazuha si è macchiata
dell'orrendo
crimine di indossare una minigonna?
Certo che messa così
la faceva sembrare davvero una fesseria, si accigliò Heiji.
- Non lo so, per questo
chiedevo a te. Non so bene neanche io come comportarmi. E onestamente
non so neanche perché mi secchi tanto.
Gli
vennero in mente le parole che le aveva detto subito dopo aver
incassato la cinquina, quelle che se ne erano uscite senza
premeditazione. Non digeriva che Kazuha si rendesse troppo
desiderabile
agli occhi degli altri uomini, d'accordo, ma perché?
-
Oddio, io non sono nella tua testa... - Ridacchiò Kudō,
aggiungendo mentalmente un “per
fortuna”
- ...ma il motivo mi sembra abbastanza palese. Non è la
prima volta
che noi due affrontiamo una discussione simile*1, e
ancora non ci sei arrivato?
-
Sono tutt'orecchi, Sherlock.
Sentiamola, questa brillante deduzione -
Tagliò
corto lui strascicando le parole col suo solito accento marcato,
senza smettere di tenere d'occhio i movimenti di Kazuha.
-
Hattori...tu... - Sherlock
fece una breve pausa ad effetto, prima di enunciare in tono solenne
l'Indiscutibile Verità - ...sei tremendamente geloso.
-
Ge...geloso?! Solo perché mi dà noia che si vesta
come una
meretrice? -
Si difese accoratamente l'accusato, sputacchiando un po' per
l'eccessiva enfasi.
-
Esattamente. Ti dà noia proprio
perché sei
geloso. Ge-lo-so. Devo farti un disegnino? Sei geloso, Hattori.
Geloso marcio. Geee...looo...
- Ho capito, falla
finita - Lo interuppe bruscamente, grattandosi la ruga che gli era
comparsa in mezzo alle sopracciglia corrucciate. - E va bene, poniamo
il caso che sia vero, come interpreti la cosa?
A Shinichi per poco non
scappò il cellulare di mano. - Stai scherzando? Allora devo
fartelo
davvero, il disegnino?
Heiji
si fermò a riflettere un istante. Per lui Kazuha era
più di
un'amica, fin qui nessun mistero. Ci teneva in modo speciale, si
sentiva persino responsabile
per
lei. E poi era talmente ingenua che, senza la sua supervisione,
chissà in che casini sarebbe stata capace di andare
cacciarsi. Il
fatto che avesse accettato un lavoro del genere ne era l'ennesima
riprova: abbassava la guardia per quanto, un paio di giorni?, e se la
ritrovava a servire ai tavoli di un caffè in cosplay da
gattina
sexy.
No, decisamente, quella
ragazza aveva bisogno di protezione ventiquattr'ore su ventiquattro.
- Lascia perdere, ho
capito.
Kudō
inarcò un sopracciglio, scettico. Conosceva i suoi polli. -
Sul
serio?
Le rassicuranti ultime
parole di Heiji, prima di interrompere sbrigativamente la
comunicazione, furono:
– Ma
certo. Grazie per l'edificante chiacchierata. Per i dettagli del caso
che mi accennavi poco fa, mandami una mail.
Shinichi ebbe la netta sensazione che quel testone fosse ancora ben lungi dall'aver capito alcunché.
***
Geloso,
beh. Checché ne dicesse Kudō,
lui non ne era poi così convinto.
Se
avesse dovuto dare un nome a ciò che provava, avrebbe
preferito
utilizzare il termine “fastidio”,
oppure, per dirla con un'espressione meno fine ma più
esplicativa,
“giramento
di palle al cubo”.
Una cosa, però, doveva ammetterla: la stramaledetta uniforme
da
pseudo-gatta le stava fin troppo bene. Non era fatto di legno, quelle
gambe e quel fondoschiena li aveva notati anche lui, mica solo i
debosciati ubriaconi del Nekomimi.
Heiji ripose il
telefonino in tasca e sbirciò nuovamente l'interno del
locale.
L'aveva persa di vista, il che forse non era del tutto un male.
Poteva essere che si fosse ritirata in cucina, almeno non avrebbe
dovuto sfilare in mezzo alla clientela viscida e alcolica. Quanti
grattacapi che gli dava, quell'imbecille.
Ad
ogni modo, per merito dell'illuminante
dialogo avuto con Shinichi, aveva concluso che fosse un suo preciso
dovere morale rientrare e convincerla ad abbandonare, con le buone o
con le cattive. Geloso o no, non aveva intenzione di trascorrere
l'intera estate ad angustiarsi, sapendola lì dentro.
In
quel momento, una vibrazione proveniente dalla tasca dei pantaloni lo
riscosse dai suoi pensieri. Con suo sommo sollievo vide che era un
messaggino di Kazuha, “ingentilito”
dal
consueto appellativo con cui l'aveva ribattezzato da tempo.
“Dove
sei, idiota? Io stacco fra dieci minuti.”
Heiji lo rilesse un
paio di volte, gongolando interiormente.
Stando a quanto le
aveva detto quel pomeriggio, avrebbe dovuto finire il turno a
mezzanotte, ed invece erano appena le dieci. Arguì che
magari il
diverbio avvenuto in sala e il conseguente ceffone che era volato
avevano indotto il titolare a licenziare in tronco quella dipendente
molesta.
Sì, lo sapeva che era
da fetenti rallegrarsi per una cosa simile.
Ma tant'era.
Era felice e non poteva
farci niente.
Tuttavia, com'era
prevedibile, nel risponderle prevalse l'orgoglio.
“Sto
tornando a casa, visto che non ero benvoluto.” Ci
pensò su un
attimo e poi aggiunse: “Idiota sarai tu.”
Ritenendosi
soddisfatto, premette il tasto di invio e rimase in attesa. Neanche
un minuto dopo arrivò la replica di Kazuha.
“Ma
taci. E grazie tante per la figuraccia che mi hai fatto fare,
eh.”
In risposta, le digitò
velocemente: “Non sei stata molto professionale ad alzare le
mani
su un cliente. Spero che ti abbiano licenziato.”
Tempo trenta secondi e
il cellulare si animò all'arrivo di un nuovo messaggio.
“Perché
ho picchiato il Re dei Cretini? Dovevano darmi un premio,
altroché!”
Heiji abbozzò una
smorfia, contrariato, e decise di porre fine a quel costruttivo
scambio di insulti. In fondo, a breve avrebbero potuto continuare
l'alterco faccia a faccia.
Comunque, siccome le
aveva scritto di stare rincasando, non poteva sbucare da dove era
appostato non appena l'avesse intravista uscire. Se si sbrigava,
sarebbe riuscito a precederla per aspettarla direttamente davanti a
casa sua.
***
Kazuha
finì di
cambiarsi e ripose con uno sbuffo l'uniforme, il cerchietto e i
tacchi all'interno del proprio armadietto, infilandosi delle ben
più
comode scarpe da ginnastica mentre i suoi piedi urlavano
“grazie”.
Con la mente altrove, si allacciò le stringhe e richiuse
l'anta,
sbattendola di malagrazia.
Stupido Heiji.
Invitarlo
al Nekomimi
era stato un passo falso. Qualche commento caustico sul suo
abbigliamento l'aveva messo in conto, ma si era illusa che se ne
sarebbe stato relativamente tranquillo, seduto al suo tavolo a
sorseggiare i drink che gli avrebbe offerto, intrattendosi con lui
fra un'ordinazione e l'altra per fare due chiacchiere o per ridere
insieme di qualche scemenza. Questo sarebbe successo se avesse avuto
a che fare con una persona normale,
ma,
evidentemente,
dopo tanti anni non aveva ancora capito che quando c'era Heiji
Hattori di mezzo quel termine perdeva ogni valenza intrinseca.
Controllò il
cellulare. Il beota non le aveva più risposto. Pazienza, si
disse
con un'alzata di spalle, che andasse pure al diavolo. Quella sera
aveva decisamente passato il segno.
Salutò capo e colleghe
e si avviò verso l'uscita secondaria, pianificando
contemporaneamente di uccidere Heiji e di telefonare a Ran per
aggiornarla sugli sviluppi. Seguire i suoi suggerimenti non le aveva
portato molta fortuna.
“Massì, accetta quel lavoro, che hai da perdere? Tanto meglio se l'uniforme non è da educanda, sia mai che il bietolone si dia una svegliata!”
Kazuha,
ricordando le
parole dell'amica, scosse il capo sospirando. Detto da una che
intratteneva da anni una specie di relazione a distanza con un altro
bietolone da antologia, beh, c'era da fidarsi.
E comunque, non si
aspettava certo che il vederla in quell'audace completino lo
folgorasse sulla via di Damasco.
Ma non credeva nemmeno
che sarebbe uscito di senno in quel modo.
-
Ti ha fatto una
piazzata davanti a tutti?!
Per la sorpresa la voce
di Ran era salita di un paio di ottave, e l'aveva costretta a
scostare il cellulare dall'orecchio.
- Eh già. Sapevo che
era scorbutico, ma stavolta ha esagerato! - Esclamò Kazuha
di
rimando, lanciandosi poi in una dettagliata esposizione dei fatti
mentre camminava verso casa a passo spedito.
- Mh, però...che non
sia una cosa positiva. Voglio dire, questa è una scenata di
gelosia
in piena regola, no? Vedrai che farà due più due
e si renderà
conto che è stata una reazione spropositata, se è
vero che ti
considera soltanto la sua migliore amica!
- Comincio a credere
che nella sua testa bacata mi veda come una sorellina da proteggere -
Ribattè l'altra rassegnata, alzando gli occhi al cielo - E
che
quindi secondo la sua logica sia tutto perfettamente regolare.
Vedrai, non si accorgerà di un bel niente.
Senza
contare che, a volte, le manifestazioni di gelosia di Heiji erano
talmente strambe e fuori luogo da non risultare nemmeno attendibili,
riflettè Kazuha. Come quando aveva dato di matto solo
perché lei
aveva fatto un complimento al piccolo Conan, dicendogli che era un
bambino carino e sveglio e che da
grande
avrebbe sicuramente fatto strage di cuori. Vallo a capire.
Ran si prese il mento
fra due dita, pensierosa. - E allora prendi tu l'iniziativa! -
Dichiarò infine - Se devo essere sincera, penso che
così non
possiate continuare. Non siete coerenti.
- La fai facile, tu -
Replicò Kazuha, corrugando la fronte. - E se mi
dà il due di
picche? Finiremo con il non rivolgerci più neanche la parola.
- Non dire assurdità.
Sai bene che non succederà mai. In fondo, voi due... - Ran
si lasciò
scappare un sospiro di autocommiserazione - ...non avete un vero
deterrente. Per me state solo sprecando del tempo prezioso.
Kazuha si sistemò
meglio la borsa sulla spalla e girò l'angolo, rispondendo
elusiva. -
Mah. Non lo so, Ran. L'unica cosa di cui sono certa è che mi
pianterà il muso da qui alla fine dell'estate.
Stava giusto per
continuare il discorso ma, giungendo davanti a casa propria, vi
trovò
Heiji appoggiato al cancello, mani in tasca e aria incazzosa.
Kazuha sostenne il suo
sguardo minaccioso e gli si fermò a venti centimetri dalla
faccia,
prorompendo beffarda in un - Toh, parli del diavolo! Ran, ti chiamo
più tardi, comincia il secondo round. L'idiota mi ha teso
un'imboscata punitiva.
***
Per
riuscire a
precederla si era scapicollato per tre isolati, e se non le rispose a
tono fu solo perché non aveva ancora recuperato il fiato
necessario
per farlo con dignità. Si limitò quindi a
scrutarla in cagnesco,
segretamente compiaciuto di vederla indossare gli abiti di tutti i
giorni.
- A cosa devo l'onore?
Sarai mica venuto a chiedermi scusa? - Lo punzecchiò Kazuha,
ottenendo in cambio un'occhiataccia.
- Guarda che non mi
pento di niente - Stavolta fu lei a incenerirlo con lo sguardo,
udendo quel provocatorio proclama. - Piuttosto, come mai hai finito
in anticipo? Ammettilo, che ti hanno silurato.
-
Mi spiace deluderti, ma ho semplicemente chiesto al capo di uscire
prima. Fortuna che è una persona comprensiva, lui
- Esclamò,
ponendo particolare enfasi sull'ultimo termine. Era vero, le aveva
concesso di concludere il turno anzitempo senza battere ciglio, e
aveva pure avuto la delicatezza di dirle due parole di conforto
perché, come chiunque altro dei presenti, aveva scambiato
quella
testa calda per il suo ragazzo. -
Sei stato talmente irritante che non riuscivo
più a
concentrarmi
come avrei dovuto.
-
In effetti fare l'oca scosciata davanti a un
manipolo di beoni deve richiedere una dedizione totale -
Frecciò
Heiji, acido - Scusami se con la mia presenza ti ho impedito di
assolvere a un compito tanto nobile.
Kazuha faticava a
credere alle proprie orecchie. - Com'è che mi hai chiamata?
- Oca scosciata,
perché? Hai la coda di paglia?
- Vedo che una sberla
non ti è bastata, ne vuoi un'altra?
- Provaci, sai che
paura.
Lei non se lo fece
ripetere, peccato che Heiji fu più rapido e si
scansò, afferrandole
il polso un instante prima che una manata forza dieci impattasse
sulla sua guancia sinistra.
-
Visto? Se non puoi contare sull'effetto sorpresa, con me non hai
chances!
- La schernì lui, gonfiando le penne come un tacchino.
Kazuha schioccò la
lingua, cercando di divincolarsi. - Sì, ti piacerebbe. Uno
ne hai
schivato, cento ne hai presi e ne prenderai.
Heiji non ne voleva
sapere di lasciarla andare e a quel punto lei, esasperata,
provò a
mollargli un ceffone con la mano libera, che venne però
prontamente
intercettata e bloccata.
- Sei sempre stata
scarsa col sinistro, Kazuha - La sbeffeggiò, forte della sua
posizione di vantaggio - E comunque, nulla puoi contro di me.
Aveva ragione, nulla poteva contro la sua faccia di tolla. Si sentiva a dir poco frustrata.
I
suoi tentativi di
pestaggio erano stati neutralizzati sul nascere, e inoltre l'idiota
non si era nemmeno accorto di quanto fossero pericolosamente vicini,
a convalida del fatto che, in fondo, fosse ancora un moccioso.
Continuava a
immobilizzarle i polsi, ghignandosela tutto contento, ignaro che quel
contatto inatteso la stesse gettando un po' nel panico. Si
odiò
sentendo che, di fronte al suo tipico sorrisetto sghembo da bulletto
dei vicoli, le farfalle nello stomaco iniziavano a ridestarsi.
Così, per sfuggire
all'imbarazzo, disse la prima cosa che le venne in mente.
- Ma tu non eri arrabbiato con me?
Oh,
giusto.
Se ne ricordò solo
allora. Doveva riprendere il controllo della situazione.
Smise
di ridacchiare come un ebete, ritirò
rapidamente le mani e si fece indietro, ristabilendo
la distanza di sicurezza.
- Mica me ne ero
dimenticato, eh - Mentì spudoratamente, ostentando boria -
Sei tu
che mi hai distratto. Sei talmente violenta che con te rischio la
vita ogni giorno.
-
Difatti quando morirai sarà per mano mia - Buttò
lì Kazuha per
ridarsi un tono, intimando mentalmente a quelle cavolo di farfalle di
smetterla di agitarsi. Realizzò che no, non ce l'avrebbe mai
fatta a
fare di
nuovo
la prima mossa: se quel cretino l'avesse ascoltata, quella volta*2,
forse la loro relazione avrebbe potuto evolversi senza essere obbligata
a
ristagnare così a lungo a uno stadio da asilo nido.
Eppure,
la frase che si era lasciato sfuggire poco prima di tagliare la corda
continuava a rimbombarle nelle orecchie. Gliel'aveva detto chiaro e
tondo, non sopportava
che attirasse gli sguardi perversi di altri uomini. Avvampò
al
pensiero avesse sbroccato in un impeto di possessività che
si
confaceva più a un fidanzato, che a un fratello.
- Ad ogni modo, per
tornare in argomento - Attaccò lui, rientrando nella parte e
calcandosi meglio sulla testa l'immancabile cappello da baseball
–
Non è il caso che continui a lavorare lì dentro,
non è chiaramente
l'impiego che fa per te.
Kazuha drizzò le
antenne e colse la palla al balzo, riacquistando la padronanza di
sé.
Forse non tutto era perduto, si disse. Di fargli un'altra
dichiarazione non se ne parlava neanche - aveva pure lei una sua
dignità, e che diamine - ma, se andava secondo i suoi piani,
non ce
ne sarebbe stato bisogno. Lui la riteneva un'ingenua senza speranza?
E allora lei avrebbe fatto la finta tonta a oltranza, fino a
carpirgli la verità.
-
Ah, sì? E mi potresti gentilmente
spiegare il motivo? A me non sembra così chiaro.
Heiji,
che si era preparato il discorso, si mise a sproloquiare che era
degradante
per una donna portare roba del genere soltanto per appagare le
fantasie di qualche alcolizzato, che non era dignitoso,
che
sarebbe rincasata la notte a orari indecenti e avrebbe dovuto farsi
carico lui di passare a prenderla ogni volta, che una tale esperienza
non le avrebbe insegnato nulla di utile a livello formativo e
blablabla. Kazuha, gli occhi a mezz'asta e un sopracciglio alzato,
ascoltò il predicozzo annoiata, simulando qua e
là qualche
sbadiglio.
-
Mio Dio, che ne hai fatto di Heiji?! Esci da questo corpo, papà!
- Lo zittì a un certo punto, stufa di assistere a quelli che
parevano i deliri di un padre ansioso o di un fratello maggiore
iperprotettivo. Niente di ciò che stava dicendo giustificava
realmente la scenata al locale.
Se - a detta di capo e colleghe
- tutti l'avevano preso per il suo ragazzo,
una ragione doveva pur esserci, quindi si fece coraggio e insistette: -
Parli e parli, ma io ancora non ho capito perché te ne
importi
tanto.
Lui si incupì, si
grattò la nuca e poi parlò lentamente, come se
stesse soppesando le
parole.
- Uffa, sei proprio
lenta. Non siamo amici da una vita, noi due? È ovvio che mi
preoccupi per te e per le scelte che fai!
Alle
solite, si disse
Kazuha: aveva analizzato la questione così a fondo e
così tante
volte, sia in privato sia con Ran, che avrebbe potuto scriverci su un
trattato di psicologia. I casi erano sempre tre.
O
stava svicolando perché non riusciva a mettere da parte
l'orgoglio,
o era inconsapevole di quello che provava – e l'invito al Nekomimi,
fra
le altre cose,
aveva
il secondo fine di tentare di far leva su tale opzione - oppure, e la
terza possibilità era la peggiore, lui le era legato
soltanto da
sentimenti di tipo fraterno.
E tutto ciò che aveva
blaterato fino a quel momento sembrava confermare, purtroppo,
l'ultima ipotesi.
Lo
stomaco le si
strinse in un nodo doloroso, facendo vacillare per un attimo la sua
risoluzione. Non era più così sicura di voler
sapere cosa covava
sotto la cenere ma, d'altra parte, era stanca di stare ad aspettare
le calende greche. Ormai era in ballo, e doveva ballare.
-
E quello che mi hai detto prima di andartene, allora? Cosa
significava, nello
specifico?
Aveva dovuto appellarsi
a tutta la sua spavalderia, ma alla fine ce l'aveva fatta a
spiattellarglielo fuori dai denti. Se per cavargli qualcosa avrebbe
dovuto metterlo sotto torchio, non avrebbe di certo tirato i
remi
in barca.
Heiji cascò dal pero,
borbottando che non se lo ricordava e di non chiamare in causa
elementi che non c'entravano niente. A quel punto lei gli
rinfrescò la
memoria, citandogli a menadito le sue stesse parole.
- Mi infastidisce che
tu faccia la civetta e stia al centro dell'attenzione, ok? -
Capitolò
infine lui, estenuato – Specialmente in quel contesto, tu non
hai
visto come ti guardavano! Non si sa mai cosa potrebbe succedere!
-
Fammi capire, quindi io non sono autorizzata a farmi notare mentre
invece tu
–
E sottolineò il concetto puntandogli l'indice al petto,
rabbiosa -
puoi circondarti di ragazzine adoranti senza problemi, mh?
Quel
megalomane se la cavava nel kendo ed era piuttosto popolare, e a
Kazuha non era mai andato giù che una manica di fangirls
invasate gli avesse dedicato addirittura una specie di fanclub.
Capitava spesso che, con grande disappunto del diretto interessato,
dovesse intervenire a disperdere il nutrito nugolo di ammiratrici che
lo accerchiava urlettando nelle pause durante i suoi incontri.
Inizialmente lui non
afferrò, poi realizzò a cosa si riferiva.
- Ancora con questa
storia? Che male vuoi che ci sia se firmo due autografi e stringo
qualche mano?
-
Che male vuoi che ci sia se suscito l'interesse di qualcuno, e in
più
mi pagano
anche
per
farlo? - Sbottò lei, facendogli il verso. - Non è
un bordello,
Heiji. E almeno vengo considerata.
La punta di stizza con
cui Kazuha aveva pronunciato l'ultima frase non gli era sfuggita.
Nemmeno i suoi occhi
lucidi.
O il modo nervoso in
cui si mordeva il labbro inferiore, mentre le sue gote di porcellana
si tingevano di porpora.
E accadde un evento più
unico che raro.
Heiji Hattori rimase a corto di argomentazioni.
NOTE
*1 Vedi file 489.
*2 Vedi file 786.
Poiché
ho il vizio di saltellare da una serie all'altra senza soluzione di
continuità, sono infine giunta ad inquinare anche questi
lidi :D
Okay,
sì, chissà quante millemila fanfiction simili
esisteranno nel
fandom XD Non sarà un contributo granché
originale ma ho trovato
molto amena la sua stesura, e tanto mi basta. Don Heiji non si
smentisce mai, adoro la sua gelosia retrò XD
Questa
storiella nasce come one-shot, ma poi il caso ha voluto che mi ci sia
appassionata e che abbia finito con lo scrivere più pagine
del
previsto. Mi sa che vi sorbirete qualche altro capitoletto, prima di
poter finalmente vedere la
parola
fine. Per
ora il rating è blandamente giallo, ma non escludo che possa
variare
in futuro. Teheheh.
Personalmente
parlando, trovo che muovere Heiji il Moralizzatore sia uno spasso.
Per contro, Kazuha mi risulta più impegnativa, e spero di
non aver
mandato nessuno dei due troppo OOC. Nel caso, apprezzate lo sforzo,
io ci ho provato (U__U)
Scusate
l'intrusione, ora me ne torno nel mio angolino.
Grazie
a chi leggerà e a chi non sarà troppo annoiato
dal mio mediocre
scritto per lasciare un commento ;)