Lullaby
Capitolo primo
Mesi dopo
Soul
salì con un salto sulla panchina del parco dell’ospedale,
agganciando la sacca della flebo a un ramo basso.
“Non
capisco perché non hai voluto semplicemente portare l’apposito albero” chiese Maka,
sedendosi, un po’ affaticata, sulla stessa panchina. Non voleva darlo a
vedere, ma anche quei pochi passi la stancavano.
Soul
sbuffò, impegnato ad appendere il gancetto, nello slancio di stare sulle
punte, gli si era alzata di poco la maglietta e Maka
poteva vedergli qualche centimetro della spina dorsale, in rilievo sulla
schiena.
Chiuse
gli occhi abbassando di poco la nuca, stancamente, mentre un filo di vento si infilava nella fessura della sua camicia da notte da
ospedale.
“Io
sono molto più cool di un qualsiasi bastone da
flebo” commentò Soul, ridanciano, quando riuscì finalmente
nel suo intento e a lasciarsi cascare sulla panca.
“Sicuro”
ribatté Maka increspando le labbra, poco convinta, distogliendo di nuovo lo sguardo da lui.
Rimasero
in silenzio, mentre lei si tormentava l’unghia rotta del pollice, con
l’indice e Soul si metteva a gambe incrociate e braccia dietro la nuca,
assolutamente rilassato.
Maka chiuse gli occhi, ondeggiando la
testa.
“Vuoi un caffè? A quest’ora
al bar non c’è tanta fila” fece lui, distratto.
Faceva caldo e l’aria fresca che scompigliava i capelli
di lei era piacevole. La
ragazza scosse la testa, increspando le labbra, per un secondo Soul
pensò che fosse sul punto di vomitare.
“Non
ci voglio più stare qui” pigolò,
dalla voce avrebbe pensato che stesse piangendo, ma quando il suo sguardo
incontrò nuovamente quello della ragazza poté trovare gli occhi
di Maka asciutti e determinati.
“Non
ci voglio più stare qui, diventerò pazza” sussurrò,
con la fronte che quasi sfiorava quella del ragazzo.
Soul
aprì la bocca per dire qualche cosa ed
accennò a un mezzo sorriso.
“Se
stai per dire che sono già pazza, te lo puoi risparmiare” aggiunse
lei in fretta, allontanandosi di nuovo e mettendosi a braccia conserte a
fissare il prato davanti a sé. A pochi metri di distanza
l’infermiera Arisa stava facendo passeggiare il
vecchio signor Mosquito, operato recentemente alla
prostata.
“Senti, Maka, non credo
che…”
“Cosa non credi? C’è qualche cosa che
gira in questo cacchio di ospedale e che non dovrebbe esserci. Non voglio più starci…” disse deglutendo.
“Ma insomma, cosa vuoi che ci sia, Patty che fa le ombre
cinesi sul muro e…” cominciò a dire Soul, cercando di
sminuire la cosa. Avrebbe voluto continuare, ma un tremore di Maka lo fermò, stava sudando e tremando allo stesso
tempo. Aveva la pelle d’oca.
“Stai
qui ‘sta notte, e vedrai” disse
increspando le labbra e stringendo i pugni. Soul poté vedere i tendini
sui polsi tirarsi al massimo. Fece una smorfia “E’ una proposta
sconcia?” commentò, con un sorrisetto.
“Non
dire idiozie” sputò lei, rannicchiandosi più che poteva,
finalmente lo guardò di nuovo “Non sto scherzando”
sussurrò “Vieni a vedere che non sono pazza”
Soul
Eater alzò entrambe le sopracciglia “E
sia”