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Autore: La sposa di Ade    23/09/2012    7 recensioni
Un volto pallido e deturpato occupò la sua mente, macchiato di rosso e un occhio mutilato, una lama che catturava quel poco di luce, una macchia rossa sempre più ampia. Sempre più ampia. Si allargava e raggiungeva le sue gambe, macchiava i suoi abiti candidi come la neve che scendeva placida lì fuori. E lui era lì, ancora con le mani macchiate di sangue, ma non era lui a essere ferito ora, perché lei era morta? Perché lui l’ aveva uccisa? Aveva sbagliato.
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Dirty souls'
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Tutto quello che avrebbe potuto fare di sbagliato lui lo aveva commesso, avvicinandosi passo passo alla rovina più assoluta della sua vita.
Aveva tenuto la testa alta, mostrando senza vergogna il volto, poi era caduto e tutto quello che gli restava da mostrare era solo una cicatrice mai del tutto rimarginata, e ora per l’ ennesima volta stava vedendo il terreno farsi troppo vicino, ma quella sarebbe stata l’ ultima volta; si sarebbe fermato lì, una volta per tutte.
 

Un lieve tepore si era impossessato di lui, dandogli una tregua dalla febbre che da un paio di giorni lo faceva bruciare. La sua fronte era appoggiata al fresco vetro della finestra e se ne stava comodo seduto sull’ imbottitura della nicchia appena sotto di essa. Fuori nevicava e quel candore gli riportò alla mente un abito bianco, lunghi capelli argentei e occhi verdi, una stilettata, un’ altra fitta al collo. Deglutì, per mandare via il dolore, ma poco dopo sentì di nuovo il calore, il fuoco della febbre divampare in lui, mentre le sue palpebre lottavano per chiudersi e la sua testardaggine le incitava a restare aperte, a guardare, a farsi ancora del male.
Una mano si avvicinò alla fasciatura candida che ora sembrava strozzarlo, la ferita si stava rimarginando, ma gli dava così fastidio e prudeva.
Passi nel corridoio, lenti e tranquilli, poi un’ esitazione, un passo più corto, il cigolio di una porta. Poi nient’ altro.
E la ferita era ancora lì, che guariva, ma prudeva e sanguinava.
Il liquido rosso gli tingeva le unghie, insinuandosi sotto di esse e trovando riparo, i polpastrelli pallidi si macchiarono mentre le bende perdevano il loro candore.
 E  la ferita non stava più guarendo, ma prudeva e sanguinava. Altro calore, il rosso bruciava e incollava la maglia pesante alla sua pelle.
Di nuovo dei passi, veloci, qualcuno correva, qualcuno era vicino, troppo vicino.
Una mano si avvolse sul suo polso, mentre le orecchie a punta iniziavano a fischiare, allontanandola a forza dal suo collo, la stretta era calda, anche se con la febbre avrebbe percepito chiunque freddo, la stretta sul suo polso era calda, troppo calda. Voltò lo sguardo, spostando gli occhi sulla sua mano, completamente rossa, poi sul volto del nuovo arrivato, sembrava un ragazzino ma le sue labbra si muovevano veloci, urlavano, ma lui non sentiva, il forte fischio sovrastava qualsiasi altro suono.
“Che stai facendo? Sei pazzo?” Ma lui non sentiva, non riusciva quasi più a respirare.
“Non mi toccare, stammi lontano!” Lo spinse via, mentre la bocca si riempiva di un sapore metallico.

Non mi guardare…
Il ragazzo fece un passo indietro per restare in piedi ma non lasciò la presa sul suo polso, perché si preoccupava per lui, cosa voleva? Cercò ancora di spingerlo via mentre altra rabbia andò ad incrementare il dolore che sentiva alla testa. Che stesse urlandogli ancora? Non lo sapeva, ma non gli importava.
Presto divenne impossibile respirare, allora la tosse iniziò a scuoterlo mentre dalle sue labbra usciva solo sangue e gemiti soffocati.
 

Questa è la fine di ogni cosa
O è soltanto un nuovo modo di sanguinare?
 

Colava a terra, le bende ne erano impregnate ma ora le sue mani erano libere di correre al collo, questa volta nel folle tentativo di bloccare il sangue. Non voleva morire.
Altri passi, lenti e misurati. Poi una mano, fredda, gelida e dalla presa forte e brusca alzò il suo mento senza delicatezza causandogli fitte di dolore lancinante al collo. La vista si annebbiava, ma stava lottando, non voleva morire. Ma non sarebbe già dovuto essere morto? Il sangue era tanto, la sua maglia ne era impregnata e colava copioso al di fuori delle sue labbra, si sentiva soffocare eppure la morte sembrava così lontana, si chiese se avesse smesso di fare resistenza si sarebbe avvicinata, si chiese se una persona normale non sarebbe già morta al suo posto.
 

Sono ancora schiavo di questi sogni
 

Un volto pallido e deturpato occupò la sua mente, macchiato di rosso e un’ occhio mutilato, una lama che catturava quel poco di luce, una macchia rossa sempre più ampia. Sempre più ampia. Si allargava e raggiungeva le sue gambe, macchiava i suoi abiti candidi come la neve che scendeva placida lì fuori. E lui era lì, ancora con le mani macchiate di sangue, ma non era lui a essere ferito ora, perché lei era morta? Perché lui l’ aveva uccisa? Aveva sbagliato.
Poi il calore della febbre bruciò tutto, cancellando il sangue e lasciando solo aloni di scura ombra, abbassò lo sguardo sulle sue mani, rosse e sporche, colpevoli. Una nuova pressione sul collo, il freddo della lama, poi sentì la sua pelle cedere sotto di essa e il sangue prese a sgorgare a fiotti, quasi non sentì dolore mentre cadeva accanto al corpo senza vita della madre.

 
Spingendosi ben oltre il limite
Non senti il terreno che crolla?
 

Un’ altra mano si avvolse sul suo collo lacerato, con forza e decisione. Il fischio alle orecchie svanì lievemente e la vista tornò limpida. Un volto pallido, lunghi capelli argentei gli contornavano il volto cadaverico e un paio di occhi ambrati da felino gli fecero correre brividi di sofferenza lungo la schiena. Ancora Azue, che lo stesse salvando di nuovo? La mano era ancora lì a bloccare il sangue come lui poco prima non era riuscito a fare, anche la tosse si placò permettendogli di sputare il poco sangue che gli era rimasto in bocca. Viticci di scura ombra si insinuarono sotto la benda, ricucendo la profonda ferita.
Sentiva il calore propagarsi in lui con calma, mentre il sudore gli imperlava la fronte e tornava a respirare.
“Va meglio ora?” Una piccola pausa, sembrava davvero aspettarsi una risposta. “Smettila di fare così Zephit, non riuscirai a morire, ma almeno smetti di farti del male, non hai già sofferto abbastanza?” Il suo tono era beffardo e lui si sentiva svuotato, completamente vuoto, le forze avevano abbandonato le sue braccia e ora solo il freddo vetro della finestra lo sosteneva, ma si colorava, tingendo la neve bianca che scendeva di rosso sangue.
Il suo collo venne lasciato libero, il suo sguardo si spostò sulla sua mano, pallida, ma pulita, candida come il sangue, poi si guardò le proprie sporche di rosso, assassine e colpevoli.

 

Risparmia il tuo nemico contorto
Così potresti guadagnarti il perdono
 

Sentì il fruscio delle sue vesti e gli stivali strisciare contro il pavimento emettendo un suono spiacevole. “Vado a prendere delle bende pulite.” Intanto non aveva staccato lo sguardo dalle sue mani, abbandonate in grembo e coperte di sangue che andava seccandosi. “Non farmi brutti scherzi.” Il suo tono era beffardo, perché in realtà non gli importava, sapevano entrambi che qualsiasi cosa avesse fatto l’ elfo lui lo avrebbe recuperato curando ancora le sue ferite, sogghignando e attendendo di poterlo fare ancora, attendendo di poterlo veder soffrire di nuovo.
Sospirò lentamente mentre Azue si allontanava trascinando con se il ragazzino che era entrato prima di lui.
La neve ancora scendeva, tranquilla come se niente di tutto ciò fosse mai accaduto. Il suo sangue aveva macchiato il pavimento, il vetro, i suoi abiti e la sua anima, o almeno, il buco vuoto che ora si trovava al suo posto.

“Non hai già sofferto abbastanza?” Era vuoto, ma il calore lo invadeva, bruciandolo e tormentandolo. Sentiva il vento soffiare con forza fuori dalla finestra, mentre il fastidio di avere abiti luridi addosso accompagnava il bruciore della febbre.
Nella sua mente rimbombò il suono di vetri rotti, le gambe che tremavano, deboli e la sensazione di vuoto e della caduta gli accartocciò il cuore togliendogli il respiro, poi l’ impatto con il candore e il freddo della neve cancellò le spiacevoli sensazioni che albergavano in lui, dandogli tregua e riposo, un lungo riposo.
Un respiro stanco accarezzò le sue labbra mentre appoggiava la fronte al vetro nel tentativo di avere un momento di benessere dalla febbre mentre le tempie riprendevano a dolere con insistenza, decise a non dargli tregua

Non ancora.

 
 
E già, tutti hanno il loro momento di depressione, anche il nostro caro Zephit. Eravate abituati a vederlo sbronzo eh? E invece ecco un piccolo episodio passato della sua sofferenza.
La parte iniziale, quella non in corsivo è il ‘presente’ (per chi ha letto la long può capire più facilmente) il resto è un flashback.
Quindi, questa OS è nata cresciuta e terminata nel giro di mezz’ oretta, esattamente da mezzanotte e mezza all’ una, il miglior momento per scrivere, secondo me. Spero che a qualcuno possa far piacere leggere del nostro caro Zephit che soffre (ehm… non è una bella cosa da dire, poverino) e di Azue che fa lo stronzo come al solito u.u  Le frasi in rosso in sono della canzone degli Evanescence ‘New way to bleed’.
Non ho altro da dire. Alla prossima! :)

  
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