Era distrutto, non avrebbe saputo definirsi in
altro modo.
Come un castello di carte in equilibrio già precario, era
finalmente giunto
quel soffio di vento a buttare giù tutto quello che aveva
faticosamente tentato
di tenere in piedi negli ultimi giorni.
Anche
quello era un addio, ecco perché s’era concesso di
piangere, rannicchiato nello
stupido bagno dell’appartamento in cui viveva; non si era
nemmeno
potuto rifugiare alla villa, per paura di scoprire se lui avesse davvero
cambiato la serratura o meno.
Quello
era un addio, anche se leggermente diverso: non era una persona, quella
che
stava salutando per sempre, ma ogni più piccolo spiraglio di
speranza che aveva
pensato di poter avere, brutalmente soffocato in una sola giornata,
come i
singhiozzi che premevano per uscire dalle labbra ma che stava
sopprimendo con
abilità, permettendo solo alle lacrime di scorrere
silenziose sul suo viso.
Non
avrebbe permesso a nessuno di vederlo così, in fondo non era
successo niente,
no?
“Ti
amerò sempre.”
Lui
non voleva essere amato ‘sempre’, lui voleva essere
amato adesso, aveva bisogno
di essere amato adesso. Che senso aveva avuto restituirgli un cuore per
poi
assassinarlo così?
Nascose
maggiormente la testa fra le ginocchia, sotto le braccia. Avrebbe
preferito
centinaia di volte qualsiasi dolore fisico, piuttosto che una
sofferenza del
genere. Eppure no, per un po’ avrebbe cercato di non farsi
niente; in fondo
gliel’aveva chiesto lui,
come poteva dirgli di no?
Soffocò
un altro singhiozzo mentre rivolgeva un muto addio a tutto
ciò che aveva avuto
e aveva sperato di avere, poi si strofinò gli occhi fino a
cancellare ogni
traccia di lacrime ed uscì dal bagno, un bellissimo sorriso
falso sulle labbra,
perfettamente pronto a fingere d’essere ancora vivo.