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Autore: kirlia    25/09/2012    5 recensioni
Nessuno si è mai chiesto come Franziska affrontò la morte di Manfred von Karma? 
E se avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno per riprendersi dal dolore della perdita di un padre, anche se non è mai stato presente per lei? E se quel qualcuno fosse proprio herr Miles Edgeworth?
Dal capitolo 18: 
Sapevo che la presenza della nipotina avrebbe cambiato molte cose nella mia vita. Anzi, in effetti, stava già succedendo: mi sentivo meglio, quando ero con lei, non avvertivo il peso opprimente delle mie responsabilità e del mio cognome. Mi sentivo semplicemente me stessa. 
Spesso succedeva anche quando ero in presenza di lui, ma non volevo ammettere che mi tranquillizzasse. Lui mi destabilizzava.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Capitolo Uno - Listen
 
 

“Oh, the time has come
for my dreams to be heard
they will not be pushed aside and turned
into your own
all cause you won’t
Listen!
[… ] I’m more than what
you made of me
I followed the voice
you gave to me
But now I gotta find my own…”
 
Listen.

 
Un fulmine squarciò il cielo, e la pioggia cominciò a battere insistente sul tetto dell’auto, quasi a darmi il benvenuto. Beh, bell’incoraggiamento, grazie. Bel modo di rientrare negli Stati Uniti per l’ennesima volta.
Un altro fulmine mi distrasse dai pensieri che stavo per formulare, ricordandomi che dovevo assolutamente sbrigarmi per arrivare in tempo al carcere di massima sicurezza.
Mi sporsi verso il tassista.
«Scusi, potrebbe accelerare un po’? Avrei fretta… » chiesi senza troppa cortesia.
«Senti dolcezza,» cominciò lui, e io mi irritai all’istante a causa del suo tono «vedi questi tuoni e lampi? Non credo sia il caso di correre in mezzo ad una tempesta e non ci tengo a rischiare la morte solo perché lei ha fretta, quindi sarà meglio che si metta l’anima in pace e… » si interruppe. La mia frustata gli era arrivata dritta in faccia, lasciandogli una striscia arrossata sulla guancia destra.
Adesso il suo sguardo era allarmato e fissava le mie piccole mani pronte a colpire. Sorrisi dolcemente e poi dissi quasi in un sussurro «Ho detto che ho fretta. Non sono ammesse obiezioni.»  Lo fissai solo per un attimo in modo da imprimergli il comando in mente, per poi voltarmi in direzione del finestrino chiuso.
Il taxi prese velocità, e mentre sfrecciava all’interno delle strade semi deserte a causa della pioggia non potei fare a meno di scrutare il cielo scuro.
Chissà come sarebbe stato, chissà come avrei reagito… ma che stavo pensando?! Una von Karma non avrebbe reagito, una von Karma come me sarebbe rimasta impassibile a osservare la scena senza far trasparire nessuna emozione. Ed è così che sarebbe stato.
Con un leggero sospiro lasciai vagare la mente fra i ricordi più antichi impressi nella mia memoria, quasi alla ricerca di qualcosa, qualcosa che avrebbe potuto spingermi a provare una minima sensazione di dolore, tristezza, o persino pietà verso ciò che sarebbe accaduto di lì a poche ore a quell’uomo.
Non trovai nulla e inconsapevolmente il mio viso fu illuminato da un sorriso sereno.
Finalmente da quel giorno sarei stata davvero libera, finalmente mio padre, quell’uomo che mi aveva educata alla perfezione assoluta, quell’uomo che mi aveva rovinato l’esistenza… quell’uomo sarebbe morto.
Già, morto. La sua sentenza sarebbe stata finalmente eseguita, e la mia anima si sarebbe finalmente sentita in pace, o almeno pensavo che sarebbe successo. Sicuramente mi sarei liberata da un peso che portavo ormai da troppo tempo. Chiusi gli occhi, beandomi di quella sensazione… finché il tassista non mi riportò alla realtà.
«Ehi, bella addormentata!» scherzò, ma poi notando che le mie mani si stringevano torcendo la frusta decise di fare un passo indietro.
«…cioè signorina. Siamo arrivati a destinazione.» Mi fece cenno verso il grande palazzo di fronte a noi, il carcere.
Sussultai lievemente, non mi ero assolutamente resa conto che fosse già passato così tanto tempo… forse mi ero addormentata davvero in taxi.
 
Mi affrettai a pagare il tassista per poi dirigermi di corsa all’entrata, tentando di bagnarmi il meno possibile, anche se il mio mini ombrellino di certo non era adatto a temporali così forti.
Arrivata all’interno trovai finalmente uno spazio asciutto e illuminato e mi sentii soddisfatta. Odiavo la pioggia, specialmente quella così insistente.
Mi avvicinai quindi a una scrivania, dove un uomo in divisa stava consultando alcuni documenti.
«Salve, sono il procuratore Franziska von Karma.» lo informai, aspettando pazientemente la sua risposta.
Lui alzò gli occhi dalle sue carte per scrutarmi attentamente. Poi sul suo viso comparve un sorrisetto divertito. Mi irritai immediatamente.
«Beh signorina, con un abbigliamento del genere non credo che l’avrei scambiata per nessun altro! Sembra uscita da un quadro ottocentesco!» rise di gusto.
I miei occhi diventarono fessure. Come osava?? I miei abiti erano perfetti ed erano stati cuciti su misura per me dal miglior sarto di tutta la Germania! I suoi invece erano solo dei poveri inutili stracci!
Aprii bocca per protestare ma una voce mi interruppe prima che potessi articolare una parola.
«La prego di non infastidire ancora me e la signorina von Karma per il nostro abbigliamento. Non sarebbe molto salutare per lei, gliel’assicuro.» concluse una voce calma e profonda, che conoscevo alla perfezione.
«Herr Miles Edgeworth, che sorpresa vederti qui.» lo salutai freddamente, voltandomi verso di lui.
Era davvero una sorpresa, non mi aspettavo di trovarlo qui. Perché venire ad assistere alla morte dell’assassino del proprio padre? Forse solo per poter provare una malsana felicità nel vederlo morire?
Non mi sembrava per nulla da lui. No, se davvero quello che avevo di fronte era lo stesso Miles Edgeworth che era cresciuto con me, non sarebbe stato qui per un motivo così sciocco.
Mi ritrovai a fissarlo, mentre mi sorrideva leggermente.
«Immagino di si. Sono certo che per te non abbia molto senso la mia presenza qui oggi.» rispose, lanciandomi un’occhiata incuriosita, quasi tentando di scrutarmi dentro per sapere se i suoi sospetti fossero fondati.
«Infatti è così,» ammisi « non comprendo proprio il motivo per cui tu sia venuto a vedere morire l’assassino di tuo padre. A parte forse per una soddisfazione personale…» supposi guardandolo di sottecchi.
Lui scosse la testa divertito. Probabilmente si aspettava questa mia supposizione.
Stava per ribattere, ma l’uomo in divisa di prima ci fece cenno di avvicinarci, per avvisarci.
«Vi è consentita un’ultima visita al signor von Karma, prima che venga portato nella stanza dove verrà giustiziato. Volete avvalervi di questa possibilità?» ci chiese, guardandoci dritto negli occhi.
«Si.» risposi freddamente, trattenendo ogni emozione e fissando il vuoto davanti a me.
Era per questo che ero venuta, per parlare con lui… un’ultima volta. Dovevo sapere, volevo sapere il perché. Perché avesse reso la mia vita un inferno. Volevo un motivo che mi spingesse a non sprecare nemmeno una lacrima, e dovevo sentirmelo dire da lui.
«Si.» sentii rispondere anche Miles. Lui, che era stato la più grande vittima di Manfred von Karma, adesso voleva visitarlo per l’ultima volta. Per l’unica volta anzi, come me.
Mi voltai a guardarlo con sguardo perplesso. Ma perché…? Il suo volto impassibile non mi dava la possibilità di capire perché era lì.
«Da questa parte.» ci indicò l’uomo, e lo seguimmo lungo uno stretto corridoio dove si affacciavano varie celle.
Lanciai delle veloci occhiate dentro oltre le sbarre, quasi incuriosita dal vedere i carcerati, e aspettandomi di vedere uomini tatuati e pieni di piercing ma trovando solo persone apparentemente normali.
 
E poi, eccoci arrivati. La cella numero 17, il che non era già un buon segno. Non che fossi superstiziosa ovviamente.
Mio padre ci dava la schiena, e osservava con sguardo indecifrabile il temporale che si faceva sempre più forte fuori dalla finestrella.
La guardia ci permise di entrare e, una volta dentro, rimasi accanto a Miles, non avendo il coraggio di muovermi di un centimetro. La sua sola presenza mi rendeva inquieta.
Restammo così in silenzio per più di cinque minuti, finché non si decise a prendere la parola.
«Guten Abend, meine kinder…» “figli miei” disse, ma quando si voltò verso di noi il suo viso esprimeva tutto tranne che affetto.
«Guten Abend, Papa» risposi io, senza accennare nemmeno un sorriso. Notai Miles rispondere al saluto con un semplice cenno del capo.
Decisi di provare a reggere il suo sguardo e aspettare che fosse lui a parlare per primo. Lo sguardo di ghiaccio di mio padre somigliava molto al mio, e non riuscivo a leggere alcuna emozione se non il disprezzo, che si riversò nelle sue parole.
«Hier sind Sie, schließlich… [eccovi qui, infine]» cominciòlui con uno strano sorriso «vedo che siete stati così coraggiosi da venire fin qui a farmi visita» il sorriso diventò crudele «come se avessi bisogno di vedervi prima di morire, come se mi foste mancati… voi, sciocchi imperfetti.»
Ci lanciò una delle sue peggiori occhiate, e un brivido mi percorse la schiena, quasi come se un fulmine fosse entrato dal tetto prendendomi in pieno. Mi agitai sul posto e mi resi conto che non ero capace di reggere il suo sguardo senza sentirmi tremendamente a disagio, come se fossi totalmente sbagliata in quel posto.
“Imperfetti” poi, quella parola detta da lui continuava a infliggermi un grosso colpo. Cercavo di non dare importanza alle sue ultime parole, ma mi costava un po’. Non riuscii più a guardarlo in faccia.
«Cosa c’è adesso, kleine Kinder? [piccoli bambini?] Non avete niente da dire? Credevo che foste venuti qui con l’intenzione di ricevere spiegazioni, o forse  siete venuti per darmi una lezione» spostò lo sguardo verso Miles, che era pronto ad affrontarlo « ridendomi in faccia in punto di morte. Allora? Ditemi, mein lieber [miei cari]» ci invitò a parlare con il solito sorriso.
Sentii Miles prendere fiato accanto a me, come se fosse sul punto di parlare. Ma si fermò e si chinò verso di me dicendo sussurrando «È il tuo momento, Frannie.»             
Lo guardai allarmata per un attimo e lui mi sorrise leggermente come incoraggiamento. Mi sentii per un attimo di nuovo la bambina timida e impacciata che tentava di costruirsi la propria maschera di perfezione mentre si trovava davanti al padre furioso. Non sapevo come cominciare, avevo sperato che lui facesse un monologo e mi rivelasse le risposte a tutti i miei perché… non mi aspettavo di dover parlare.
Ma dovevo. Ormai ero lì e dovevo arrivare fino in fondo alla questione.
«Vater… » mi morsi le labbra e cercai di concentrarmi «il motivo per cui io sono qui, e suppongo anche Herr Miles Edgeworth » lo guardai un attimo per ricevere un cenno incoraggiante « è che vorremmo sentire cos’hai da dire… Devi pur darci una spiegazioni per quello che ci hai fatto. Pretendiamo una spiegazione.» conclusi con grande sforzo.
Io, che ero un procuratore di fama mondiale, non riuscivo a fare un discorso convincente a mio padre. Odiavo il modo in cui la sua presenza continuava ad influenzarmi anche adesso che avevo ben 19 anni.                           
Alzai lo sguardo per un millesimo di secondo ritrovandomi addosso quello derisorio di Manfred von Karma.
«Ah! Una spiegazione… è questo che siete venuti a chiedermi? Beh, volete che vi spieghi ancora per quale motivo sono qui?» lo guardai impassibile mentre diceva queste parole.
Ma lui continuò quasi ridendo divertito. Come se nella sua prossima morte ci fosse qualcosa di comico.
«Per aver ucciso. Ucciso, Franziska. Sai cosa vuol dire? Vuol dire togliere di mezzo tutti coloro che intralciano la mia perfezione. Come suo padre, ad esempio.»  Fece un cenno col capo verso Miles, senza dare troppo peso alle sue parole, come se stesse parlando del più e del meno.
Poi con una strana smorfia aggiunse «O come tua madre. Lei è stata la prima imperfezione della mia vita… poi sei arrivata tu, ed è stata davvero la goccia che ha fatto traboccare il vaso…» concluse. E per dar rilievo alla conclusione si voltò nuovamente verso la finestra, ignorandoci. Facendo quasi finta che non ci fossimo.
E questo mi fece irrimediabilmente arrabbiare all’ennesima potenza. E come al solito, quando mi arrabbiavo cominciavo anche a piangere. Era una cosa involontaria, e non riuscivo a farne a meno.
Di solito, per evitare di essere vista tendevo a frustare tutti coloro che mi si trovavano davanti per uscire di scena con dignità. Ma stavolta non credevo di poterlo fare.
Sentii le guance pizzicarmi e le lacrime resero opaca la mia vista. Con un grande sforzo di volontà le ricacciai indietro.
«E sei soddisfatto adesso. Adesso si che sei perfetto, Vater. Davvero perfetto, complimenti.» Non riuscivo quasi a credere a ciò che stavo dicendo. Lo stavo prendendo in giro. Lo stavo deridendo!
Per aggiungere una nota di sarcasmo, sbuffai accennando anche un sorriso.
Sentii Miles irrigidirsi accanto a me e lanciarmi un’occhiata dubbiosa. Probabilmente non era sicuro della mia sanità mentale in quel momento.
La reazione di mio padre invece fu immediata. Si voltò verso di noi e mi trafisse con uno sguardo pieno di odio, uno sguardo che mai nessun genitore dovrebbe avere verso sua figlia… ma non era il suo caso, ovviamente.
«Tu, sciocca imperfetta! Come osi anche pensare di poter criticare le mie scelte?!» mi resi conto che il volume della sua voce andava via via aumentando e che si stava inesorabilmente avvicinando a noi.
Feci un passo indietro, allarmata dal suo tono, e mi pentii immediatamente della sfrontatezza con cui mi ero rivolta a lui.
«V-Vater…» balbettai spaventata «io n-non intendevo… Ich…» arretrai ancora verso l’uscita senza staccargli gli occhi di dosso.
«Tu non sei nulla. Nulla! Non sei degna di essere una von Karma, non sei degna di portare il mio nome… sei e resterai sempre una indegna creatura imperfetta!» tuonò, e persino un fulmine dall’esterno fece eco alle sue parole.
Fui colta da un tremito e sarei davvero scoppiata in lacrime proprio in quel momento se non avessi visto Miles mettersi tra me e mio padre. La sua figura adesso copriva il viso di mio padre e riuscii a espirare leggermente mentre diceva «Adesso basta. Non ha nessun diritto di parlare così a Franziska. D’ora in poi finalmente sarà libera di vivere la sua vita come desidera e le sue parole non potranno più influenzarla. Lebewohl, herr Manfred von Karma. Addio.» concluse, e fece cenno alla guardia affinché aprisse la cella e ci permettesse di uscire.
Uscii cautamente dalla stanza, seguita da Miles che con lo sguardo tentava di darmi coraggio. 

---
Angolo di Kirlia: 
Beh, era da tempo che non giocavo più ad Ace Attorney, ma ultimamente l'ho ripreso e non ho potuto non avere di nuovo il colpo di fulmine per questa coppia così bella! Purtroppo la mia storia non ha un inizio felice, e il prossimo capitolo sarà ancora più triste... Ma spero che avrete voglia di leggere comunque il seguito della storia. 
Aspetto i vostri commenti, se sarete così gentili da scriverli! 
A presto, 
Kirlia <3
   
 
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