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Autore: ele_lele    26/09/2012    2 recensioni
Samantha, la brava ragazza della porta accanto ligia alle regole, vive a San Diego con suo fratello Jason e con le amiche Minnie e Sarah. Ventuno anni, un rapporto difficile con la sorella maggiore e una cotta storica per il migliore amico di suo fratello la porteranno a vivere la vita in modo diverso e fuori dagli schemi 'prestabiliti'.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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3. Ultimatum

Capitolo III

Ultimatum

 

 

 

 

 

-Come?-

Era almeno mezz’ora che Jason blaterava dell’imminente partita di football che, a ben vedere, tanto imminente non era non essendo neppure incominciata la stagione.

-Sammy, non mi stai ascoltando. Ti ho detto che Mark dovrebbe essere confermato come quarterback mentre George, a Dio piacendo, sarà finalmente il nostro running back al posto di quel pallone gonfiato di Guillermo.

-Nostra? Devo forse ricordarti che tu non giochi a football? E poi tu ce l’hai con Guillermo per quella storia di Martha. Sai che è un bravo ragazzo e un bravo giocatore.

-Bravo un cavolo! Gioca da schifo ed è sleale sia sul campo che nella vita! Mi ha fregato la ragazza!

-Ti piaceva e basta, non stavate mica insieme!- precisò Samantha roteando gli occhi al soffitto.

-Sì, ma lui lo sapeva. E si è fatto avanti ugualmente!

-Jason! Santo cielo, tu stavi lì a contemplare Martha da lontano e quando lei si avvicinava a te sembravi la persona più insofferente della terra. Evidentemente hai mandato il messaggio sbagliato…

-Ero insofferente perché avrei voluto saltarle addosso e, giusto perché sei la mia sorellina, non ti dico come proseguivano le mie fantasie.

Ce ne volesse il Cielo. L’ultima cosa che Samantha voleva sapere di suo fratello erano i suoi sogni erotici.

-Beh, ribadisco, devi aver sbagliato espressione.

-Sbagliare espressione deve essere una cosa che hanno in comune i membri di questa famiglia. Sai, stamattina invece di “ciao” credo mi sia scappato fuori qualcosa come “cosa?”  quando Ryan mi ha detto che ti sei portata due tizi a casa. A dormire a casa. –era più che chiaro che volesse lasciar intendere che loro tre, invece di dormire, dovevano aver fatto tutt’altro -Evidentemente anche lui deve essersi espresso male, perché tu non faresti mai una cosa del genere, vero Sam?

Dire che era arrossita era un eufemismo. Sapeva di non essere tanto brava come attrice da negare ed essere convincente, tanto più che suo fratello sapeva già la verità da Ryan. Però confermare avrebbe significato ufficializzare la cosa e in meno di due ore avrebbe ricevuto una chiamata da sua madre avida di notizie e gossip e una da sua sorella Amanda piena di astio.

-Forse.

Forse poteva starci. Con un po’ di fantasia poteva anche sembrarle la risposta migliore del mondo.

-Sam, per favore. Lo so che San Diego è nuova e bellissima e tutta da scoprire, per te, però ricordati che sei tu. Sei mia sorella, la sfigata che arrossisce per un nonnulla, che non sa approcciarsi ai ragazzi e che è imbranata. Sei quella che passa ore a contemplare il niente persa nei propri pensieri, che sbatte ovunque e rovescia sempre l’acqua a tavola, sei la Miss Perfettina più innocente che conosca.

Oh, Jason.
Se solo sapessi che pensieri ho su Ryan cambieresti idea su di me. Se sapessi che sogno le sue mani sul mio corpo e il suo respiro tra le mie cosce cosa diresti? Come mi guarderesti?

-Sam! Ma allora oggi non è giornata!

Con un certo disappunto notò che l’aveva fatto di nuovo, si era persa nei propri pensieri.

Avrebbe potuto vincere una medaglia come peggior sorella, ne era quasi certa. Se fosse stato per Amanda, sarebbe stata la campionessa in carica già da tempo.

-Lascia stare, dai. Evidentemente hai del sonno arretrato ed è meglio che vai a dormire. Non preoccuparti, in caso mi scuso io con mamma perché non vieni. Magari però le dico che covi un raffreddore invece che la notte fai troppa baldoria e il giorno dopo dormi in piedi.

-Mamma? Che dici a mamma? Quando?- Perché diavolo ora suo fratello doveva spifferare tutto a loro madre? Già era abbastanza imbarazzante che Ryan non avesse tenuto la bocca chiusa e avesse raccontato la sua versione dei fatti, decisamente ritoccata, a Jason; se poi fosse intervenuta anche sua mamma aveva più possibilità Mozart di resuscitare che lei di vivere in pace.

-Vedi che io ho sempre ragione? Non mi ascolti mai! Stasera, e presta attenzione perché questa è l’ultima volta che te lo ripeto, mamma ci ha invitato a cena per festeggiare non so bene cosa con Patrick.

Ecco come peggiorare una giornata. Una cena da Theresa, ovvero la loro madre, significava una cena con Amanda e con Patrick, il loro patrigno che stravedeva per la maggiore delle due sorelle e si divertiva un mondo a rendere ridicola davanti a tutti Sam.

 

 

 

 

Aveva guidato tesa, chiedendosi costantemente il perché di quella cena e ora aveva il collo tutto dolorante.

Alla radio avevano passato ben undici volte la nuova canzone di Rihanna e lei si era ritrovata, tutte le undici volte, a canticchiarla nel tentativo di distrarsi  e di non mettersi a contare i minuti che mancavano per tornare a casa sua.
A San Diego.

Monterey, la città dove era nata e cresciuta,  era stato il porto sicuro dove rifugiarsi per anni e anni dal resto dell’assolata California, piena di pini e abeti, di montagne e di vento, con la nebbia che scendeva molte ore prima del tramonto e avvolgeva tutto creando quella singolare sensazione di ‘ovattato’ che tanto aveva amato durante il periodo del liceo.

Non aveva conosciuto altro del suo Stato se non qualche stereotipo che le era rimasto impresso guardando una serie televisiva di moda anni prima ambientata nell’Orange Country che, aveva scoperto con amarezza, non avrebbe potuto essere più lontana dalla realtà.

La jeep di suo fratello era parcheggiata dall’altro lato della strada, mentre l’Audi di Amanda, posteggiata nel vialetto davanti casa, la sfidava a scendere o a rimanere seduta nel veicolo fermo a pensare quanto avrebbe rimpianto, nel corso della serata, l’aver deciso di prendere parte alla cena della loro madre.

Non appena aprì lo sportello dell’auto infilò la scarpa di tela in una delle pozzanghere che tappezzavano il quartiere e, molto probabilmente, tutta Monterey.

-Merda!- imprecò furibonda.

Non bastava dover rivedere Patrick e sentire le chiacchiere sconclusionate di sua madre, aveva anche messo il piede in una pozza d’acqua. Non era già abbastanza dover cenare con Amanda?

-Stupida cena, stupida pozzanghera e stupido cane!-

Domino, il cocker di suo fratello, era iperattivo proprio come lui e già le stava saltando addosso col rischio di sbilanciarla e farla finire con le gambe all’aria.

-Benvenuta tesoro!- furono le prime parole che sua madre le rivolse prima di stritolarla in un abbraccio mozzafiato.

La colpì il fatto che il suo profumo le causasse una contrazione allo stomaco e la sensazione di benessere che provò stretta tra le braccia materne.

L’aria profumava di pizza Hawaiana e di chilli, la televisione cicaleggiava come sottofondo e uno dei due grassi e pelosi gatti di sua madre le si stava strusciando addosso lasciandole un’infinità di peli chiari sui suoi jeans neri.

Si sorprese di quanto tutto quello le desse l’idea di casa e non le provocasse un senso di inadeguatezza e di soffocamento come quando aveva deciso di partire per San Diego.

-Sam. A quanto pare sei ancora viva. Mi stupisce, dal momento che di solito non ne fai una giusta.

Amanda. Ecco, non era sicura che le mancasse anche quell’aspetto di essere a casa.

-Sì, beh, intendo restarci ancora per un po’. Sempre che la cosa non ti arrechi troppo disturbo.

-Samantha!- Eccolo lì, il paladino della giustizia. Il cavaliere mascherato in sella a un cavallo nero che accorreva per difendere la povera piccola orfanella maltrattata dalla regina cattiva.

-Ciao Patrick. Come stai? Vado a vedere se in cucina mamma ha bisogno di una mano- e sparì prima di lasciargli il tempo di rispondere.

-Mamma è al telefono- l’avvisò Jason rispondendo alla sua muta domanda e mettendosi in bocca un intero pezzo di brownie.

Samantha l’ignorò e si rifugiò nel regno di sua madre ma la pace durò per poco: il tempo di essere seguita da Amanda e di lanciare una preghiera silenziosa al Signore.

-E così, adesso ti sei data alla bella vita. Ma non ti senti in colpa a prendere in giro quel povero ragazzo? Oh, a proposito, hai controllato se ha una fidanzata che prima puoi farti amica per poi farti lui? Se non ricordo male sei brava a colpire gli altri alle spalle quando meno se lo aspettano…

Se anche avesse avuto la prontezza di formulare una risposta, dote che non aveva, l’entrata di sua madre gliela avrebbe sicuramente troncata sul nascere.

-Tesoro, vedi di comportarti a modo stasera. Pat ha ricevuto un’importante promozione e non vorrei che ci fosse la solita aria tesa tra te e tua sorella. Oh, guarda qua, Jason ha fatto già fuori metà teglia dei miei brownies!- si lamentò cambiando discorso come se niente fosse.

E forse, si disse, poteva farlo. Per una sera poteva fingere, per il bene di sua madre, di avere una grande famiglia felice. Solo per una sera.

 

 

 

 

Il tempo a cena passò più rapidamente del previsto.

E se non fosse stato per le occhiatacce di sua sorella e le allusioni che le aveva fatto e che Samantha si era sforzata di lasciar cadere, avrebbe potuto essere quasi piacevole.

Quando chiuse lo sportello della macchina e ripartì per San Diego, tuttavia non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.

Ce ne sarebbe stata un’altra di cena come quella, ma non prima di un mese.
Trenta lunghissimi giorni tra lei e sua sorella.
Quattro settimane prima di doversi sforzare a fingere di non capire insulti nemmeno troppo velati e di non notare l’astio nella voce di Amanda.

 

 

 

 

-Ciao Tappetta.

Seduto per terra, davanti alla porta di casa sua, c’era Ryan DeRio, i capelli scompigliati e lo sguardo esaltato. Conosceva quella scintilla, da piccola l’aveva anche Amanda quando faceva qualcosa che riteneva assolutamente mozzafiato. Come uscire con il suo ragazzo o fare un’incursione notturna in cucina per sgraffignare biscotti dalla credenza e gelato al cioccolato.

Era lo sguardo del felino che si prepara a sferrare il suo attacco, pregustandosi la vittoria che segue dopo aver giocato con la preda.

-Jason non c’è. Eravamo a cena da mia madre e Patrick, dovrebbe arrivare fra poco. Sempre se non si ferma da Bailey…

Le stava simpatica Bailey. Le era piaciuta fin da subito e le dispiaceva che suo fratello si stesse comportando come il perfetto idiota che era con lei. Le dispiaceva che la prendesse in giro ma soprattutto che lei si lasciasse prendere in giro.

-Tappetta, lo so. È il mio migliore amico.

Tappetta. Ce l’aveva soprannominata quando era ancora una bambina bassa rispetto alla media e talmente magra che dimostrava meno anni di quanti ne avesse in realtà. Era un modo di prenderla in giro e lei non si era mai lamentata.

Andava bene essere “Tappetta”: se non altro lui, con la sua altezza spropositata che accanto a lei appariva già un gigante, lui l’aveva notata.

Cosa avrebbe dovuto dirgli? “Ok”? “Allora buonanotte”?

Rimase in silenzio, a guardare quel viso che tante volte aveva accarezzato nei suoi sogni, immaginando di passare nuovamente la mano tra i suoi capelli e sentirli lisci e morbidi cedere alle sue volontà.

Come sarebbe ceduta lei, volentieri, si sarebbe piegata a quelle mani anche sull’uscio del portone di casa sua, accasciandosi come un vestito vecchio, dismesso e pronto per essere cambiato.

Ryan si era alzato e lei non faceva che fissare i pettorali che si notavano al di sotto della maglia bianca vecchiotta e un po’ lisa che indossava rendendolo assolutamente irresistibile.

Quanto sarebbe stato sconveniente proporgli un gioco di ruolo? Magari dove lui era un muratore infortunato sul lavoro e lei l’infermierina tutta panna e miele.

Perché diamine le veniva incontro? Non poteva starsene fermo e buono seduto a farsi fissare? E perché le sorrideva in quel modo? Non sapeva che quello era un “sorriso-da-sesso”? Perché saltargli addosso era l’unica cosa a cui Samantha pensava mentre lui muoveva un passo dopo l’altro verso di lei.

-Sono venuto solo per vedere se arrivavi a casa sana e salva, tutto qui. E se eri sconvolta per aver cenato con quell’arpia di tua sorella.

Avrebbe voluto ridere per la battuta ma non ci riuscì.

Tentò di stendere le labbra in un sorriso ma le venne tirato tanto che vide riflesso negli occhi di lui il dubbio di aver detto qualcosa di sbagliato.

Cavolo, non era così che doveva andare…

-Io… sto bene.- Poteva fare decisamente di meglio. –Grazie per essere passato.

Oh, ora sì che avrebbe vinto un Oscar come peggiore attrice.

-Oh, non c’è di che Samantha.

Samantha. Era lei Samantha? Faceva un certo effetto sentirsi chiamare col suo vero nome da Ryan.

Era talmente vicino che, quando allungò una mano verso di lei, sussultò nel constatare che poteva arrivare a sfiorarla.

Toccarla.

Toccarsi.

Il corpo di lui che emetteva un richiamo che lei non sarebbe stata capace di ignorare ancora a lungo. Era lui la sirena e lei lo sventurato marinaio ammaliato da tanta bellezza.

Accarezzò con le dita una ciocca di capelli, rigirandosela tra le mani mentre Samantha pensava che non li avrebbe mai più lavati per conservare il ricordo del tocco di lui su di sé.

-Beh, buonanotte Tappetta. –si congedò, la voce roca di chi vuole saltare tutti i preliminari perché non riesce più a resistere –Ci si vede in giro.

 

 

 

 

 

-Fammi capire, ti ha davvero detto “ci si vede in giro”?

-Già.

Minnie scosse la testa incredula.

Samantha l’aveva chiamata appena era riuscita a riprendere a respirare in modo normale, e lei era arrivata tutta trafelata con addosso una vecchia tuta e un asciugamano sui capelli ancora bagnati per la doccia. E le scarpe col tacco, sia mai dover incontrare il Principe Azzurro in un momento come quello e non avere la fatidica scarpina con tacco da perdere.

-Mi stai dicendo che un secondo prima stava flirtando in modo spudorato con te e un secondo dopo ti ha mollato come si abbandonano i cani sull’autostrada quando d’estate si va in vacanza?

-Io non la metterei proprio così, ma sì, se ne è andato.

-Il ragazzo mi sembra un po’ troppo sicuro di sé. Almeno sei stata tanto sfacciata da rendergli difficile girare senza annunciare a tutti un’imbarazzante alzabandiera?

Come no, lei, l’antisesso per antonomasia.

Nelle sue fantasie era più disinibita ma la cosa non valeva: nei suoi sogni aveva una quarta di reggiseno, uno stacco di coscia non indifferente e una sensualità che avrebbe mandato al tappeto Channing Tatum in qualsiasi film.

-Non dire stronzate, Minnie. Io che faccio la provocante? Come minimo se gli ammiccassi penserebbe che ho uno strano tic. Senza contare che arrossirei e mi sentirei terribilmente in imbarazzo.

-Perché? Perché lui è il fantastico, unico, magnifico Ryan DeRio, vostra illustrissima maestà, divinità scesa in terra per tentare noi comuni mortali? Andiamo, Sam. Non ti ha mai degnato di uno sguardo e ora improvvisamente si mette a flirtare con te?

-Non è che in questi anni mi abbia proprio ignorato- puntualizzò risentita. Va bene, sapeva di non essere tutta questa bellezza, era consapevole che non l’avrebbero mai incoronata come Miss Mondo, ma da lì a sentirsi una cacca, no. –Mi salutava. E da quando mi sono trasferita a San Diego ci vediamo più spesso. Viene anche a casa mia a volte…

-Sì, a cercare tuo fratello o a farsi una piacevole chiacchierata con una come te.

-Non so se dovrei offendermi o no. Mi stai dando della buffona o semplicemente della demente?

-Entrambe! Andiamo, non voglio essere brutale, ma perché ora d’improvviso si interessa a te? Santo cielo, non oscilli su due trampoli da fenicottero né sgambetti come Marilyn Monroe né sei una maggiorata.

Alla faccia della brutalità. Poteva dirle che la riteneva una complete cessa già che c’era…

-Ho capito, sono stata una cretina. Scusa tanto se ho interrotto la tua doccia, la prossima volta lo metterò in riga da sola senza mostrarmi patetica di fronte alla mia migliore amica.

Minnie sospirò e la guardò rassegnata. –Sai bene che non lo rimetterai in riga ma che aspetterai un’ipotetica prossima volta come questa neanche fosse Natale. E sai anche che non mi scoccia essere qui, altrimenti avrei trovato una scusa per non venire. Vorrei solo che non ti facessi illusioni, magari era un po’ sbronzo o magari aveva voglia di svagarsi un po’.

-So riconoscere un ubriaco quando lo vedo e so anche che lui non è tipo da certi giochetti.

-E come lo sai? In base a quale esperienza? Le relazioni, che siano di amicizia o amore, si costruiscono ogni giorno. Che ne sai tu di lui? Lo conosci solo nei tuoi sogni, non sai neppure qual è il suo colore preferito, se ha un rito prima di andare a letto, come prende la pizza quando è con gli amici. Hai costruito il ragazzo perfetto che però, mi spiace dirtelo, esiste solo nella tua testa. Esci dal sogno e vivi la vita vera, fatta di delusioni cocenti, di amarezza, di pianti e di dolore. Di abbandono. Però sotto a tutta questa montagna di dolore c’è la bellezza della scoperta, dell’amore, della speranza, della condivisione. C’è la crescita che si fa ogni giorno con la persona che speriamo essere quella giusta. Per un film, per una vacanza, per l’estate o per la vita. Esci dal tuo guscio, Samantha, e cerca un Ryan DeRio per il quale valga la pena svegliarsi la mattina e affrontare lo schifo di un nuovo giorno solo per poterlo fare assieme con lui.

Aspettò che la sua amica comprendesse appieno il messaggio che aveva voluto darle e quando la vide annuire si lasciò sfuggire un sospiro.

-Quattro formaggi. Quando è con gli amici prende sempre la quattro formaggi. E io so riconoscere un ubriaco.- si sentì rispondere.

Incredibile, lei per una volta aveva tentato di fare la seria e tutto quello che Samantha aveva fatto era fingere di ascoltarla per perdersi, come sempre, nei propri pensieri.

-Mi prendi in giro? Ti sto parlando a cuore aperto e tu mi prendi per il culo?

Samantha sbatté gli occhi, confusa. Perché mai Minnie avrebbe dovuto pensare una cosa del genere? Perché sapeva come Ryan prendeva la pizza quando si svagava col suo gruppo?

-No. Certo che no.

-Sam, in tutta onestà, se fino a poco fa non lo pensavo, ora ho la certezza che sei una completa idiota. Non puoi farti un filmino mentale solo perché il re dei cretini è venuto a casa tua, ti ha ammiccato e ha giocherellato con una ciocca dei tuoi capelli. Santo cielo, non è che ti ha fatto una proposta di matrimonio!- sbottò. Poi, come ripensando alle sue stesse parole, aggiunse –Per fortuna…

-Hai ragione. Julia riderebbe di me. E se fosse capitato a un’altra anche io sarei qui a riderci su. È stato solo un... –esitò cercando le parole.

-Momento?- le suggerì Minnie.

-Sì, un momento. Una cosa…-

-Isolata?-

Di nuovo, Samantha sorrise all’amica che le suggeriva come completare le frasi. Tra loro era sempre stato così: Sam tentennava un po’ troppo e l’impulsiva Minnie correva in suo soccorso, impaziente come sempre.

-Isolata. Sì, probabilmente è stata una cosa isolata.

-Quasi sicuramente, Sam. Guarda in faccia la realtà: quante possibilità ci sono che Ryan DeRio domani si presenti alla tua porta con un mazzo di rose rosse e ti chieda in ginocchio di essere la sua dolce metà finché morte non vi separi? Che, nel suo caso, potrebbe arrivare per mezzo di uno squalo o di tuo fratello, non so quale delle due mi convince di più. Dovrei scommetterci su con Julia…

-Non provarci neanche! Guai a te se ti azzardi a dire qualcosa a quella… a quella… Minnie!

-Hmm, bionda?

-Già, a quella bionda che ha un forno al posto della bocca! Guai a te!

Minnie sorrise delle minacce dell’amica, pensando che nessuno sano di mente avrebbe raccontato alcunché della propria vita privata a Julia.

Ovviamente, sia lei che Sam, ci avevano sbattuto ripetutamente la testa, ritrovandosi al centro di pettegolezzi riguardo alla loro vita privata che avevano avuto la malaugurata idea di condividere con l’amica bionda.

-Il Cielo ce ne scampi. Di sicuro non voglio essere di nuovo al centro dell’uragano come tutte le volte che parte un pettegolezzo da Julia, stai tranquilla Sam, terrò la bocca chiusa.

Come no, una garanzia sulla vita, pensò Samantha.

-Beh, penso che adesso che abbiamo chiarito me ne tornerò a casa ad asciugare i capelli prima di prendermi una polmonite. O, prima che mi prendano una brutta piega, dal momento che è più probabile la seconda ipotesi della prima, visto che siamo in California e viviamo praticamente sull’Oceano. Ci si vede in giro, baby!

-Fai poco la spiritosa, che non sei affatto simpatica!

Le urlò Samantha mentre Minnie era già sparita, chiudendosi la porta dell’appartamento dell’amica alle spalle non prima di averle fatto una linguaccia.

 

 

 

 

Il suono del campanello l’aveva svegliata e lei era corsa alla porta aprendola senza neppure chiedere chi fosse.

Sulla porta, un mazzo di rose rosse in mano, c’era Ryan, bello come sempre, elegante anche con i suoi jeans scoloriti, le infradito e una semplice maglia blu.

Se ne stava in ginocchio in trepidante attesa, e appena lei spalancò l’uscio si aprì in uno dei sorrisi più belli che Samantha avesse mai visto.

Scattò in piedi e, cingendole la vita con un braccio e posando le rose sulla poltrona preferita di suo fratello Jason, la spinse nuovamente dentro.

Samantha si rese conto di cosa indossava quando lui iniziò a tirare verso l’alto l’elegante camicetta da notte che sua madre le aveva regalato il Natale precedente, scoprendole le cosce e rivelando un paio di mutandine che non ricordava neppure di aver comperato: le aveva viste in vetrina con Minnie non molti giorni prima ed era arrossita al solo pensiero di indossarle per qualcuno che, nella sua mente, aveva il viso di Ryan.

Cercò con le labbra la bocca di lui e, quando la trovò, le sembrò di poter tornare a respirare dopo una lunga, lunghissima apnea.

La morbidezza del viso contrastava con la durezza del suo desiderio che le premeva all’altezza dell’inguine e, colta da un’audacia che avrebbe stentato a riconoscere come propria, infilò le mani sotto la maglia di lui afferrandone i lembi e tirandoli verso l’alto, obbligandolo a togliersi l’indumento mentre entrambi si muovevano in direzione della camera di Samantha.

A petto nudo era una visione. Non che non l’avesse mai visto prima senza maglietta, faceva surf e passava tutti i giorni in spiaggia nelle vicinanze della quale, per un motivo o per l’altro, Samantha si trovava sempre.

La sua bocca si era spostata dalle labbra al collo e Samantha, quando iniziò a succhiare sulla giugulare, si lasciò sfuggire un gemito.

Era normale sentire tutto quel calore? Andare a fuoco così presto anche laggiù?

Mai si era sentita tanto bagnata e mai si era sentita così poco a disagio col proprio corpo. Ryan era lì con lei e, da come muoveva il bacino contro il suo facendole sentire il proprio desiderio, la voleva in modo quasi disperato.

E lei voleva lui.

Altro che Bella ed Edward, altro che Ana e Mr.Grey: erano loro, loro l’unione perfetta.

-Ryan…

-Dimmi che mi vuoi, dillo Sam.

-Sì- pregò sulle labbra sue labbra mentre le sfiorava un seno con la mano. –Oh, ti supplico…

-Mi supplichi per cosa, Sam?

Se andava avanti con quella tortura lei sarebbe impazzita. Però, a ben vedere, poteva far impazzire anche lui.

Scese con la mano fino al bordo dei jeans e fece uscire il bottone dall’asola. Chissà che non l’avrebbe pregata anche lui…

-Ti voglio, Ryan.

Chiuse gli occhi mentre lo sentiva tremare di piacere contro la sua mano che lo aveva solo sfiorato. Era forse questo il desiderio? Lussuria pura, il non poter resistere a niente? L’arrendersi in modo incondizionato all’altro?

Le sue mutande erano diventate un lago ma la cosa non parve dispiacere troppo a Ryan quando le scostò e si lasciò sfuggire un gemito roco, più da animale che da persona.

Una scintille di passione attraversò il suo sguardo e si scostò con uno scatto da lei, sfilandosi i pantaloni e i boxer, rimanendo nudo davanti a lei.

Samantha deglutì, sentendo il proprio respiro farsi sempre più rapido.

Lui era lì e voleva lei.

-Sam, non ce la faccio più- le sussurrò lui mentre si sistemava tra le sue cosce.

Avrebbe voluto ricordargli di prendere un condom, perché lei credeva fermamente nel sesso protetto. Avrebbe voluto che almeno finisse di spogliarla e prolungare un altro po’ i preliminari ma tutto quello che riuscì a sibilare fu –Nemmeno io.

Vide il sorriso di Ryan alle sue parole e, un minuto prima di sentirlo dentro di sé, scoppiò il finimondo. Le sveglie presero a suonare, scattarono gli allarmi, i telefoni iniziarono a squillare e il sorriso di lui vacillò.

 

 

 

 

Alla fine, il finimondo, altro non era che il campanello di casa sua.

Si era addormentata sfinita e aveva sognato Ryan. Un sogno decisamente a luci rosse, constatò notando che effettivamente aveva bisogno non solo di una bella doccia, ma anche di un paio di mutande pulite.

-Minnie, mannaggia a te e alle idee che mi metti in testa prima di andare a letto- brontolò alzandosi e infilando un paio di pantaloni di una vecchia tuta sopra alle semplici mutandine di cotone bianco che indossava. Altro che brasiliana tutta pizzi come nel sogno…

Si guardò allo specchio e fece una smorfia: carina non era carina, soprattutto tutta spettinata e col viso accaldato per il sogno. Però il campanello continuava a suonare e non c’era davvero tempo per mettersi sotto il getto caldo dell’acqua e togliersi via le tracce del sogno peccaminoso che aveva stampate sul viso e tra le cosce.

E poi, perché avrebbe dovuto mettersi in tiro quando probabilmente era solo il postino che le consegnava la posta?

Quando aprì la porta per poco non ci rimase secca.

Alla fine Minnie si era sbagliata: Ryan non si era presentato alla sua porta con un mazzo di rose rosse chiedendole, in ginocchio, di essere la sua dolce metà fino alla fine dei loro giorni, ma con una tavola da surf e il sorriso furbo di chi la sa lunga.

-Allora, Tappetta, ti va o no di fare un giro sulla mia tavola da surf?

Cielo, non poteva uscirsene con una richiesta peggiore. Le parve che la sensazione di bagnato tra le gambe aumentasse e che il viso le stesse andando a fuoco.

Ryan la guardava in attesa di una risposta e Samantha si sentì nelle orecchie il mantra di Julia: “Carpe Diem. Ogni lasciata è persa”.

Sperando di non pentirsene troppo in fretta, annuì, e si richiuse la porta alle spalle lasciando Ryan fuori ad aspettare che indossasse un costume.

   
 
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