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Autore: LoveShanimal    27/09/2012    2 recensioni
"It’s a beautiful lie. It’s the perfect denial. Such a beautiful lie to believe in.. so beautiful, beautiful, it makes me." Una bugia che non può far altro che migliorare due vite. Una bugia che le stravolge, una bugia che le ravviva, una bugia che sradica le più forti convinzioni e ti aiuta a credere, , a sorridere, ad amare.
Una bugia che è pur sempre una bugia. E come tutte le bugie, ha le gambe corte..
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*partono i fischi della folla*
Lo so, pensavate di esservi liberati di me. Anche io vorrei liberarmi di me stessa.
Un po' di tempo fa mi ero ripromessa di smettere di scrivere, non mi sentivo all'altezza del ruolo dello scrittore e avevo notato di scrivere più per gli altri che per me stessa, e questo non va bene, affatto.
Adesso cosa diavolo sarà cambiato?, vi chiederete voi.. beh, non lo so.
Forse che dopo così tanto tempo sentivo proprio il bisogno di scrivere qualcosa di nuovo.  Scrivere è il miglior modo per sfogare le mie emozioni, e nell'ultimo periodo mi sentivo strapiena di emozioni represse, di cui non riesco a parlare. Riesco solo a sfogarle e vomitarle fuori scrivendo. E non fa niente che non piacerà a nessuno, voglio scrivere per me stessa.
Non ricevo commenti? Bene, pazienza, so di non essere brava. Non vengo neppure letta? Pff, parlerò da sola, non fa nulla.
Essere attaccati ai commenti e alle visualizzazioni è una cosa che non voglio più fare.

Bene, vi ho annoiato abbastanza? Si? 
Adesso parlo solo per un paio di righi ancora, poi basta! Giuro!
Questa storia forse sarà criticata perché, boh, può sembrare stupida e surreale.. ma non fa niente, così l'ho pensata e così l'ho scritta. Non riesco a scrivere di qualcosa che non ho bene impressa nella mia testa. 
Spero che a qualcuno interessi, spero soprattutto di continuarla e di finirla, perché mi ero ripromessa di non lasciare mai una storia incompleta.
E' un capitolo breve, di introduzione al personaggio, questo personaggio che è il mio opposto ma ha qualcosa di me.
Buona lettura, and see you soon 

 
 


A beautiful lie. 


Capitolo 1: Not enough.

Il venticello primaverile le accarezzava i capelli, e li scompigliava quel tanto che bastava per coprirle la vista. Li scansò e cercò di fermarli dietro l’orecchio, inutilmente.
Semplicemente si arrese e nascose le mani nelle tasche del suo trench, al caldo.
Elisabeth.
L’estate ancora non era arrivata e il caldo non aveva ancora preso il posto di quel freddo che aveva dominato l’inverno. Un po’ pioveva e un po’ c’era il sole, era un normale marzo a Los Angeles.
Stava tornando a casa dopo un corso a scuola, era rimasta a chiacchierare troppo con le amiche e il tempo era volato. Il risultato era che, mentre loro erano tornate tranquillamente a casa, lei aveva perso l’ultimo l’autobus ed era costretta a farsela a piedi fino a casa.
Poco male, non la disturbava camminare da sola di sera, anche se in giro era pieno di coppiette sedute sulle panchine, e come ogni venerdì sera c’erano i ragazzi in fila davanti ai locali.
Continuò a camminare, ignorando totalmente quello che la circondava.
Per lei, quella cosa sconosciuta chiamata amore era sopravvalutata.
Non era mai stata innamorata, non aveva mai provato le farfalle dello stomaco, non aveva mai pensato costantemente ad un ragazzo, quando stava con le sue amiche e iniziavano a parlare di appuntamenti, ragazzi, amore, lei semplicemente stava in silenzio, completamente indifferente a quel tipo di discorso.
Qualche ragazzo le aveva chiesto di uscire, ma i primi appuntamenti erano sempre così noiosi per lei che non c’era neanche il possibile inizio di una possibile storia.
Qualcuno le aveva rubato un bacio, ma lei si era sempre scansata infastidita.
Qualcuno le aveva chiesto qualche diavolo fosse il suo problema, e lei aveva semplicemente risposto seccata: tu.
Quello che la infastidiva dell’amore, era che l’amore non era per tutti.
L’unica volta che davvero le era piaciuto qualcuno, questo l’aveva rifiutata freddamente perché lei non era alla sua altezza. Lei non era abbastanza.
Perché lei aveva quei chili in più che non piacevano a nessuno.
L’amore non era per tutti, era per chi era abbastanza bello. Abbastanza magro. Abbastanza estroverso.
Quando poi era dimagrita e il suo corpo di piccola adolescente si era trasformato nella bella figura di una piccola donna, il mondo si era capovolto e lei era abbastanza.
Questa cosa non le era mai piaciuta, non aveva mai digerito che le persone la degnassero di attenzioni solo ora che i suoi difetti erano spariti.
Adesso era l’amore che non era abbastanza per lei.
Quella ragazzina piagnucolosa che perdeva tempo inseguendo persone che non meritavano neanche un briciolo delle sue attenzioni si estinse, dando spazio alla donna che sembrava un po’ apatica, prendeva il mondo con oggettività e non mostrava mai la sua debolezza.
Era forte, sembrava anche un po’ strafottente, ma non le importava cosa gli altri pensassero di lei: avrebbe continuato a dire quello che pensava, a portare avanti i suoi ideali, avrebbe camminato a testa alta, avrebbe combattuto sempre quando aveva ragione, e comunque avrebbe chiesto scusa quando aveva torto.
Molti la reputavano antipatica e piena di sé, e per lei, anche se non era vero, forse era anche meglio così: quando le persone scoprono la tua poca autostima, si prendono la confidenza di poterti dire come sei, come dovresti essere, come vorrebbero che tu ti comportassi.
Si prendono la confidenza di decidere al posto tuo come vivere la tua vita.
Loro vedevano la sua sicurezza, e più che ritenerla antipatica la temevano.
Temevano il suo sguardo duro, quello sguardo che era così scuro attraverso degli occhi così chiari. Aveva gli occhi color del cielo, la maggior parte delle volte ghiaccio, che attiravano le persone per la loro bellezza, e nel frattempo le allontanavano. Mettevano in soggezione, e lei ne era particolarmente orgogliosa.
Quegli occhi che d’estate si facevano più caldi e brillavano di un colore nuovo, quasi dolce, che contrastava con i tratti più duri e adulti del viso. Le labbra non troppo piene, le sopracciglia molto arcuate che mettevano in risalto la forma degli occhi leggermente schiacciati alle estremità, e una leggera fossetta che si presentava sulla guancia destra quando rideva.
Nessuno credeva davvero che fosse una ragazza al quinto anno del liceo, quando affermava di essere una studentessa pensavano immediatamente ad un’universitaria, addirittura fuori corso.
Anche questo la compiaceva abbastanza.
La musica intanto la accompagnava.
Ah, si, la musica.
Quel tipo di amore si che la soddisfaceva.
Ascoltava soprattutto rock, dalle band più vecchie a quelle più recenti, e non si azzardava a snobbare quei cantanti un po’ commerciali che andavano di moda e che erano facile bersaglio degli insulti altrui: a lei non cambiava niente se le altre persone ascoltavano rock, pop o anche musica house, a lei importava solo della sua musica.
 
It’s getting late, and I
 Cannot seem to find my way home tonight
 Feels like I am falling down a rabbit hole
 Falling for forever, wonderfully wandering alone
 What would my head be like
 If not for my shoulders
 
 
Un fulmine squarciò l’oscurità del cielo, attirando l’attenzione di tutti.
Scapparono velocemente al riparo, non appena iniziò a piovere.
Non aveva l’ombrello, casa sua non era ancora abbastanza vicina, e più che aumentare il passo non poté fare molto, c’era anche il rischio che scivolasse, quindi anche correre era escluso.
L’intensità della pioggia aumentò sempre di più, e in strada ormai non c’era più nessuno.
Lei camminava con la borsa infilata nel trench, c’era uno schema importante su cui aveva speso ore e ore e non poteva bagnarsi, per nulla al mondo.
Poi le venne un’idea.
Era nei pressi del parco, avrebbe potuto accorciare la strada di molto e arrivare prima a casa.
Imboccò la strada senza pensarci due volte.
Il lato destro del parco dava sulla strada, le persone davanti ai locali erano scomparse e anche le macchine passavano raramente.
Quel luogo era ancora più inquietante di prima.
Un brivido le attraversò la schiena e strinse ancora di più la borsa sotto il braccio.
Aveva un brutto presentimento.
 Aumentò ancora e ancora il passo, per poco non stava correndo.
Stava per uscire finalmente da quel parco buio, le gambe le bruciavano per lo sforzo, quando un secondo fulmine illuminò per un solo attimo il cielo.
Presa dallo spavento per l’improvvisa e potente luce, si fermò, alzando lo sguardo al cielo.
Fu in quel momento che si sentì presa alle spalle da due braccia muscolose, e non ebbe neanche il tempo di mettersi ad urlare che un’altra persona le mise un fazzoletto davanti alla bocca.
Cloroformio.
Lo avevano studiato a scuola, in laboratorio, insieme a molte altre sostanze.
Non inalate assolutamente questa sostanza, perdereste i sensi immediatamente. E ci sono conseguenze ben peggiori di questa. Sentiva ancora la voce del suo professore. Trattenne in respiro, mentre cercava di liberarsi dalla stretta dell’uomo.
 
It’s getting late, and I cannot seem to find my way home tonight…
 
Gli occhi iniziavano a chiudersi, tratteneva il respiro da pochi secondi e già non resisteva più. L’uomo alle sue spalle era troppo forte, non c’era via di scampo dalla sua stretta.
Il ritmo della canzone iniziava a distorcersi e a dilatarsi, le parole si susseguivano sempre più lentamente e la voce del cantante era a stento riconoscibile.
 
Feels like I am falling dooown a rabbit hole falling for foreeever, wonderfully wandering aloooone…
 
Le forze la stavano abbandonando, e cadde sulle ginocchia.
Persino il panico la aveva abbandonata, lasciando spazio ad una specie di senso di pace; si sentiva leggera, come se non avesse un corpo, come se stesse fluttuando per aria.
Sbatteva più e più volte le palpebre, e alzò lo sguardo.
Guardò i loro corpi che si muovevano così lentamente, e iniziò a sentirsi stanca, troppo stanca per alzare lo sguardo ancora di più, ai loro volti.
 
What woooooould my heaaad be like if noooot for my shoooulders..
 
La testa le girava. Non la sentiva nemmeno più attaccata al suo corpo. Ma perché, aveva ancora un corpo? E se ce l’aveva, perché era diventato improvvisamente più leggero? Dove erano le sue spalle? Dove era il suo collo?
 
C’mooooon, c’moooooooooon, wiiiiiith eveeeeeeeeeeeerything falliiiiiiiing dooooown around meeee…
 
Respirò, finalmente respirò. Quei pochi, pochissimi secondi le erano sembrati troppo lunghi, e respirare era così bello adesso, era come se non lo facesse da un secolo.
La borsa le cadde di mano. Il suo corpo scivolò giù, ancora più giù.
Anche le cuffiette dell’ipod caddero, e ci fu solo silenzio.
 
 

Perdere i sensi era stato decisamente più dolce che riacquistarli.
La testa le doleva in un modo allucinante e ci mise qualche secondo a ricordarsi quello che era successo.
Il terrore si impossessò subito di lei non appena la memoria le ritornò.
Non sapeva dove era finita, come era finita, cosa era successo e soprattutto cosa fare.
Voleva scappare urlando via di casa, e intanto rimaneva ferma lì perché la paura le stringeva la bocca dello stomaco e le toglieva il fiato.
Non riusciva a cacciar fuori alcun suono.
Qualcuno accese la luce, i suoi occhi sensibili furono colpiti con violenza.
L’uomo che le stava davanti non era nessuno dei due che l’avevano presa prima, o almeno non lo riconosceva per quel poco che aveva visto.
Tre uomini. Non aveva chance.
Improvvisamente la voce le tornò e gridò con quanto fiato le aveva in corpo.





*La canzone è C'mon dei Panic! At the disco. 
Lo so, quando cito le frasi della canzone sembro Dori che parla il balenese, ma non sapevo come descrivere meglio l'immagine nella mia testa. e.e
  
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