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Autore: ToraStrife    30/09/2012    1 recensioni
Un mostro che somiglia a un grosso lupo, che cammina nel cielo e che scaglia fulmini.
Una bambina indifesa che detesta i lampi e i tuoni.
I mostri mangiano gli umani.
La bambina sarà quindi il prossimo pasto del mostro.
O forse no?
[Seconda classificata al contest "Amore? No Grazie" indetto da SNeptune84 ]
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La creatura del fulmine

LA CREATURA DEL FULMINE



Il cielo quella sera sembrava non voler preannunciare bel tempo.

Un grosso banco di cumulinembi, neri come la pece e minacciosi nella loro imponenza, si era addensato nel cielo ormai privato della luce diurna, e 
ogni tanto lasciava intravedere, al suo interno, fulminei bagliori di luce, seguiti da boati che con fragorosa violenza squarciavano il silenzio carico di tensione per l'imminente temporale.
La gente, stanca, era impegnata nelle solite faccende, al sicuro nelle case. Nessuno di loro avrebbe mai immaginato che in quell'addensamento di nubi si celasse un mostro...

Sì, un mostro. Una creatura che nessuno avrebbe mai potuto definire. Esisteva nella memoria delle persone in poco conosciute leggende. Una enorme creatura simile a un canide. Forse un grosso lupo, non si poteva dire bene. Se qualche essere umano avesse volto lo sguardo alle nuvole, in mezzo ai lampi che solcavano il cielo, avrebbe potuto, con un po' di fortuna, vederlo...
Il mostro comunque non se ne sarebbe curato. Costantemente circondato da scariche elettriche, nella sua enorme nube, in fondo si trovava come a casa sua.
In completa solitudine, la sua mente aveva molto tempo per pensare. E ogni tanto con prepotenza arrivavano i ricordi. 
Come fosse nato non riusciva a rammentare...ricordava solo la sua infanzia, allevato da un branco di lupi, e l'amore di una madre a quattrozampe da cui aveva imparato molte cose. Aveva imparato il calore. Calore che ora non gli apparteneva. E che non lo avvolgeva più da molto tempo.
Da quella volta. Quella volta che entrò in scena l'Uomo nella sua vita.
In un attimo quel periodo di spensieratezza chiamato infanzia svanì.
Con i suoi...possiamo definirli occhi? Aveva visto l'intero massacro.
Un branco di cacciatori. Bastoni che sparavano fiamme.
Fu lì che avvenne la sua prima metamorfosi. La creatura che fino a quel momento era parsa solo un normale cucciolo di lupo si manifestò.
Non si ricordava di come avvenne.
Ricordava solo di quando ritornò in sè, e non vide più i cacciatori.
Almeno, non vivi, non interi.
Quello che rimaneva di loro erano solo dei brandelli sparsi qua e là nella radura. Letteralmente fatti a pezzi. I suoi artigli che stavano grondando sangue, e non era il suo. Anche le sue zanne erano lorde. E sentiva uno strano sapore. Un sapore dolciastro. E, cosa strana, quel sapore non gli dispiacque. Accanto ai corpi straziati degli umani, vi erano però anche quelli dei lupi del suo branco. La sua famiglia. Ora solo corpi senza vita. E, tra loro, la sua vecchia madre lupa.
Non lo avrebbe mai più coccolato. Non lo avrebbe mai più sgridato. Non gli avrebbe più..."parlato".
Non si sarebbe più mossa. Non avrebbe più respirato.
E come lei. Anche tutti gli altri. 
Di colpo, per un capriccio dell'Uomo, era rimasto solo.
Il massacro dei cacciatori non passò inosservato. Ne arrivarono altri. Ma ora il loro obbiettivo era lui. 
Tanto meglio. Non si sarebbe tirato indietro. Ora non gli rimaneva che la vendetta. E la perpetrò molto bene.
Passarono anni di aperta ostilità tra l'Uomo e il mostro. Gli uomini arrivavano sempre di più. Sempre più armati. In compenso lui ne uccise molti. Il suo movente non era solo la vendetta. Non avrebbe permesso gli avrebbero toccato l'ambiente in cui viveva, la sua casa, forse l'unica cosa che gli era rimasta. La cosa anche strana era che lui aveva appreso durante gli scontri di essere molto resistente. Le pallottole lo ferivano, è vero, ma nessuna di esse lo impensieriva in modo serio. I cacciatori impietriti, sparavano, sparavano, ma finivano il caricatore anche avendo fatto sempre centro, quando su di loro si erigeva l'ombra del mostro...l'ultima cosa che in genere vedevano.
Finchè un giorno l'Uomo decise di passare alle maniere forti.
Un aereo, un carico di roba che bruciava. Quella notte la figura del mostro che scomparve in mezzo all'intera foresta in fiamme divenne uno spettacolo agli occhi dei umani. Gioia, felicità, si lessero nei loro occhi.
L'incubo era finito! Il mostro era morto! Poco importa che ci fosse andato di mezzo tutto un habitat e le tante creature che vi abitavano.
L'Uomo aveva vinto.
Ma lui non era morto. Fu preda della disperazione. Per la prima volta in vita sua, fuggì. Si piegò alla supremazia di qualcuno. La sicurezza della sua invincibilità svanì. Aveva perso.
Senza un posto dove andare, incominciò a vagabondare, qua e là per il mondo. 
Passò diversi anni a viaggiare.
Apprese dell'esistenza di molti mostri, come lui. Mostri che da sempre condividono il pianeta con l'uomo, senza che questi ne sospetti l'esistenza. In molti casi l'uomo altri non è che un anello della loro catena alimentare. Ne sono piene le leggende umane, dei mostri.
Ma l'uomo di oggi, nella sua mentalità proiettata nella sua tecnologia, le considera favole. 
Imparò la mentalità tipica dei mostri. L'Uomo ormai non era più per lui il nemico di una spietata vendetta, ma, se proprio avesse dovuto riaverci a che fare, semplice cibo.
Crebbe lui stesso come mostro, imparò che poteva correre nel cielo, ed emanare fulmini.
Visse da allora come un normale mostro. Pensava esclusivamente per sè stesso.
Vagabondava qua e là, se ogni tanto capitava, aggrediva qualche umano per farsi una cena.
Si scontrava anche con altri mostri, senza un motivo preciso. A volte negli scontri vinceva, forte della sua forza e dei suoi poteri, ma esistevano anche mostri potenti che lo costringevano a una impietosa fuga. Così proseguiva la sua vita. Come quella di quasi tutti i mostri. 
Apprese anche che una volta era stato umano, prima di...rinascere sotto la sua attuale forma. Ma non gli importava granchè. Non aveva alcun ricordo della sua vita precedente, e poi ormai era un mostro.
D'improvviso i ricordi svanirono, e il mostro ritornò alla realtà .
- Ho voglia di farmi un giro in quella città. - Si disse con un sorriso che lasciava intravedere zanne luccicanti e acuminate. - E chissà che non ci scappi anche un piccolo pasto... -
Detto questo si avvicinò al centro urbano. 

- Mamma, ci sono i tuoni, ho paura! -
Così stava piagnucolando una bambina nella sua cameretta.
Ormai, secondo i suoi genitori, era abbastanza grande per dormire in una camera tutta sua.
Eppure, la prospettiva di quella notte, sola in una cameretta buia, illuminata a tratti irregolari dai lampi, con il rumore fragoroso dei tuoni che ogni volta le avrebbero portato il cuore in gola, alla bambina non piacque affatto.
Con le coperte che la coprivano fin sopra la faccia, non riusciva tuttavia a nascondere alla sua vista il ripetuto illuminarsi della stanza alla luce dei fulmini.
Non le erano mai piaciuti i temporali, mai. La facevano pensare al buio.
A chiunque, o a qualunque cosa potesse celarsi nel buio.
E i lampi, paradossalmente, avrebbero illuminato il nemico che nell'oscurità lei non riusciva a vedere, o meglio, non voleva vedere...
Non che si considerasse una piagnucolona, anzi, quella paura notturna, che adesso la assaliva, di essere sola in balia di un temporale, era una cosa che non sopportava.
Alla luce del giorno la bambina era un tipetto molto vivace e coraggioso.
I suoi lunghi capelli ondulati e neri come la pece ne conferivano un aspetto molto femminile ed allo stesso tempo energico.
Molto delicata nel profondo, l'atteggiamento che amava assumere nei confronti del prossimo era quello di una persona forte e senza paura di nulla.
Un'immagine che la faceva sentire in qualche modo ammirata dai suoi stessi coetanei.
Se i suoi amici l'avessero vista in quel momento, rannicchiata e sussultante a ogni tuono che esplodeva.... e ora ci si era messa anche la pioggia.
Quel diabolico e ossessivo ticchettio.... insopportabile.
Ad un certo punto, stufa, decise che non avrebbe passato la notte così.
- Ho sete...vado a bere un po' di tè freddo. - Disse con un tono di voce abbastanza sostenuto, più che altro per darsi sicurezza...e un certo contegno.
Con un gesto deciso del braccio si levò di dosso la coperta, che la stava ancora ricoprendo, e si mise a sedere su un lato del letto. Fece per alzarsi di scatto...non vi riuscì.
Qualcosa aveva calamitato la sua attenzione, e allo stesso tempo l'aveva impietrita...
I lampi illuminavano la stanza a cadenza quasi regolare, ma la bambina nel buio vide anche due piccole sfere...luccicavano nell'oscurità, ed erano come sospese a mezz'aria a distanza regolare l'uno dall'altro...
E sembravano puntate verso di lei.
Due occhi?? Cercò di meglio di scrutare nella direzione da cui venivano quelle due sfere.... delineò con lo sguardo i contorni, aiutandosi con la luce che ogni tanto qualche fulmine le mandava.
Un....cane?
"Ottimo" pensò. In modo amaramente ironico.
I cani...ha sempre avuto paura di loro. Non ricordava niente, le dissero solo che quand'era piccolina venne morsa da un cane. Crescendo, le era rimasta la paura a livello inconscio. Ora, cosa ci faceva lì un cane?
- E ora che faccio? - Bisbigliò.
Abbastanza goffamente, si alzò.
Voleva raggiungere la porta...uscire e correre in lacrime dalla mamma. Dannazione, non fosse stata così impietrita per la paura! Non riusciva neppure a urlare.
La cosa cominciava a farsi pericolosa.... il cane aveva cominciato a ringhiare...ringhiare? Strano modo di ringhiare...se non fosse stata sicura che fosse una cosa sciocca, avrebbe pensato a un sorriso. Anzi, ad un ghigno.
Fu la voce che sentì che le fece improvvisamente pensare di trovarsi davanti a qualcosa di diverso da un cane.
In effetti, era anche un po' troppo grande per essere un cane... e guardandolo meglio, avrebbe anche trovato numerose differenze da un qualsiasi "migliore amico dell'uomo".
 - Quale appetitosa preda, stasera... - 
Non fece in tempo a realizzare il significato di quelle frase, che la bambina era per terra. Di fianco a lei, l'artiglio che l'aveva appena sfiorata. E la visione della creatura in tutta la sua grandezza, con l'espressione di chi non mangia da molto tempo... e intende farlo ora.
Con la forza della disperazione la bambina si alzò di scatto, e, preclusa la porta della cameretta, ora ostacolata dall'ingombrante figura del mostro, si avvicinò all'unica altra uscita possibile: la finestra spalancata. La stessa da cui era entrata la creatura. Erano al piano terra, poteva tentare.
Con un balzo, che neppure lei riuscirà a ricordare come fosse riuscita a farlo, sfuggì a un altro attacco del mostro e si ritrovò per terra in giardino, fradicia di pioggia e con qualche escoriazione...Non le importava.
Ora la priorità era sfuggire al mostro. Scappare.
Non sapeva dove, ma doveva fuggire.
Il mostro non si fece pregare. Si gettò subito all'inseguimento.

 - Dannazione...dov'e' finita? -
Impensabile. Com'era riuscito a farsi scappare un così prelibato pasto? Proprio lui! Ora era infuriato, avrebbe preso quella mocciosa ad ogni costo. Nessuno lo avrebbe fermato. Poi ad un certo punto il suo olfatto avvertì qualcosa.... 
- Eccola... - Sorrise. 

Dentro un grosso, grossissimo albero cavo.
Quell'albero vecchio che stava nel giardino del vicino.
Non le era venuto in mente altro nascondiglio, in quel momento, e sapeva che il mostro non avrebbe impiegato molto tempo a trovarla, e forse, a ..mangiarla?
Rabbrividì al pensiero. Fradicia, ansimante per la corsa e per lo spavento, sporca di terra, ora era nel più completo silenzio ... cercando di sentire qualunque rumore le potesse preannunciare l'arrivo del mostro. 
Poteva sentire nitidamente il battito accellerato del proprio cuoricino. 
Cos'era veramente quella creatura? Perché era lì? E perché voleva proprio lei?
Mille interrogativi si sovrapponevano nella mente della bambina. 
 - E' un sogno...voglio svegliarmi - Si mise a piagnucolare.
Nel frattempo la pioggia battente all'esterno era cessata, mentre i tuoni continuavano imperterriti.
Rumore di qualcuno che si avvicinava... a quattro zampe.
Il mostro era lì vicino! L'avrebbe sicuramente trovata! Non ebbe il tempo di preoccuparsi del mostro.
Un bagliore familiare. Un fulmine. Però caduto in un posto sbagliato.
Il peggiore che potesse capitare in quel momento.
Perchè proprio il suo albero, maledizione?
Lei era illesa, ma in un attimo fu circondata dalle fiamme.
Doveva uscire, ed in fretta!
Scoprì con terrore che l'uscita era bloccata.
Il fulmine aveva spaccato in due l'albero, e la parte superiore era caduta proprio sul buco che fungeva da uscita.
Terrorizzata, lasciò andare tutta la disperazione che aveva trattenuto fino a quel momento.
Gridò. Come forse mai aveva fatto in vita sua. Gridava parole sconnesse, chiedeva aiuto, o semplicemente gridava. Era bloccata in una prigione di fiamme. Avrebbe attirato il mostro. Non le importava. La sorte che le stava toccando ora non era migliore.

Il mostro aveva notato l'improvviso fulmine che aveva spaccato l'albero. L'aveva scagliato lui, dopotutto. E aveva ascoltato anche le urla della sua preda. Gradita conferma che fosse proprio lì. Aveva pensato di stanarla. Farla uscire dal suo nascondiglio. Non si immaginava certo che l'albero si sarebbe incendiato così improvvisamente. Forse era troppo vecchio. 
- Ho esagerato, dannazione... -
Si avvicinò all'ammasso fiammeggiante. Faceva fuoco. Tanto fuoco. Certo, non come quello in quella foresta dove fuggì. Odiava in qualche modo il fuoco da quella volta. 
- Se non voglio sprecare la preda, devo agire -
Affrontare il fuoco. Era una cosa che avrebbe preferito non fare.
Mentre si avvicinava a quel piccolo inferno, riportò alla mente il ricordo di quell'incendio.
Una volta era stato coinvolto nel fuoco appiccato dall'Uomo. Ora una piccola umana stava subendo la minaccia del fuoco, stavolta causato da lui. Strana ironia.
Con una decisa artigliata spazzò via la parte dell'albero che spezzandosi dal fusto aveva ingombrato la via di fuga per quella mocciosa. Che male! Il mostro sentì una fitta alla zampa. Aveva preso fuoco. 
- Maledetto pezzo di legno -
Poi notò una cosa strana.
- Perchè non esce? -
Cosa stava facendo quella piccola umana? Voleva morire là dentro? Sarebbe stato un gesto stupido. La stupidità tipica degli umani.
Poi, si accorse che non stava più sentendo nulla....le urla erano cessate.

Dentro, un caos di fiamme. Ma soprattutto molto, molto fumo.
La bambina si sentì mancare. Gli occhi che che lacrimavano copiosi.
La gola e gli occhi che le bruciavano. I ripetuti colpi di tosse.
L'aria, mancava l'aria!
Nella sua mente cominciò a scorrere una piccola serie di immagini.
La sua infanzia, la sua famiglia, i suoi amici..il mostro.
"Buffo", pensò," forse farmi mangiare da quello sarebbe stato meno brutto...".
Poi, il nulla.

Il mostro era più furioso che mai. 
- Con tutta la fatica che ho fatto, - Ruggì - Perdere così una preda! -
Ma era intenzionato a non rinunciare.
Si avvicinò sempre di più all'ammasso in fiamme. Il calore che gli ustionava il muso.
Cominciò a bersagliare il fusto di zampate. Ogni colpo, dolore, ustioni. L'albero era abbastanza resistente anche per un mostro della sua stazza.
Si rese conto che la sua pelliccia aveva preso fuoco, durante i ripetuti tentativi di abbattere la pianta ardente.
Non riuscì a fare a meno di ripensare all'incendio di tanti anni fa.
Si sentiva in una situazione simile. Pieno di scottature, in mezzo alle fiamme, quella volta dovette scegliere la vergognosa via della fuga.
Non si sarebbe ripetuto quell'esito.
Stavolta non sarebbe fuggito.
- Con tutta la fatica che ho fatto, - Disse  - Non rinuncerò adesso. -

Finalmente la forza del mostro ebbe ragione dell'imponente carcassa ormai divorata in un danzare continuo di fiamme. 
L'ultimo colpo ebbe la forza di distruggere ciò che ormai rimaneva del fusto. Cercò con una rapida occhiata la sua ...cena.
Era lì, rannicchiata per terra. Tutta nera, fumante. Con la bocca spalancata afferrò la bambina e la portò poco lontano dal quel falò che ormai stava cominciando a spegnersi... 
- Grr...forse sono arrivato un pelino troppo tardi - Borbottò, mentre rotolandosi per terra si spegneva le fiamme che gli stavano bruciando la pelliccia. 
I suoi sensi però, lo avvertirono subito che quella umana aveva dentro di sé ancora un filo di respiro e un, sia pur lieve, battito. Sorrise. 
- Dopotutto se l'è cavata. E io posso finalmente mangiare. -
Fece per avventarsi sul suo sospirato pasto, quando sentì diverse voci umane.
- Maledizione! -
Evidentemente quelle voci e quell'albero in fiamme non erano passati inosservati. Si stavano radunando tanti umani in quel luogo! Non si sentiva nel pieno delle forze per combattere. 
- Per stavolta sparisco, ma avrò modo di mangiarti, parola mia! -
Si dileguò nel buio.

La bambina rinvenne. Era in ospedale. Cosa ci faceva lì? Accanto a lei la mamma in lacrime che subito la abbracciò. 
- Piccola! - Singhiozzava. - Piccola mia! -
La bambina avrebbe voluto rassicurarla, dicendole che stava bene, ma tutto quel che riuscì a fare fu di accompagnare la madre in un abbraccio e un mare di lacrime. Liberatorie. Ne aveva proprio bisogno, in fondo.
Il padre abbracciò anche lui la figlia, ma si trattenne a tutti i costi dal versare una lacrima. Voleva, dopotutto, mantenere un certo contegno nei confronti della figlia.

I dottori furono chiari nel loro responso. 
 - Ha numerose ustioni ed escoriazioni su tutto il corpo, ma nulla di realmente preoccupante. Qualche giorno in ospedale sarà sufficiente. -

Era scesa la notte in ospedale.
La bambina nel suo letto, aveva avuto tutto il tempo di pensare, e di riordinare le idee. 
Il temporale, il mostro...era stato tutto un sogno? I grandi non avevano creduto a quanto aveva detto loro. O meglio non a tutto.
La loro conclusione fu che lei, spaventata dalla presenza di un cane randagio, fosse fuggita in preda al panico e si fosse rifugiata dentro quell'enorme albero cavo. Che poi avrebbe preso fuoco non diventando per un soffio la sua tomba.
Ma il fatto che questo "cane" fosse molto piu grande del normale, parlasse e se la volesse mangiare, quelle erano tutte suggestioni della sua fantasia? Ricordava anche le fiamme, il fumo, i sensi che la abbandonavano.
Quelle non erano fantasia. Erano terribilmente reali. Per fortuna, solo un ricordo ormai. Si girò dall'altra parte. Ma non chiuse gli occhi. Anzi, li spalancò.

Strinse le mani sul cuscino. In quel momento, stava sentendo la stessa sensazione della sera prima. Era certa che in quella stanza non fosse da sola.
Con lo sguardo perlustrò la stanza. Nell'angolo più in ombra, li trovò. Quegli occhi. Il mostro era lì. Reale.
 - Mi è costata una certa fatica avere a che fare con te. - Esordì la creatura. - Adesso ti mangio. -

Il mostro sogghignò. Era finalmente arrivata l'ora del pasto. 
Stavolta avrebbe finto un balzo verso il letto, contando invece atterrare nella direzione in cui la bambina si sarebbe istintivamente mossa per fuggire.
I muscoli tesi, pronti a saltare. Ma il mostro non si immaginò mai la direzione che prese la bambina. 
Non verso la porta. Non verso la finestra. Verso...
...Verso di lui?
Rimase così stupito il mostro che non reagì quando la bambina finì la sua corsa e gli protese quelle braccine ancora bruciacchiate di ieri. 
"Vuole lottare?" pensò. "Non ha speranze contro di me".
Si preparò a sferrare un'artigliata. Ma il colpo non partì.
La bambina doveva essere impazzita per la paura, pensò.
Non si sarebbe spiegato altrimenti il motivo per cui la piccolina si fosse improvvisamente decisa, senza alcuna logica apparente, di correre non solo verso di lui, ma anche di ... abbracciarlo??
 - Ehi, sei impazzita? Cosa stai facendo? - Chiese il mostro.
La bambina non mollò la presa, anzi, strinse più forte che poté.
- Le tue zampe -  Si decise a parlare. - ...E il tuo muso. Ho visto le ustioni. E ho capito. -
Era il mostro a non capire. Cosa voleva dire con questo?
- Sei stato tu, vero? - Continuò la piccola. - Mi hai tirato tu fuori da quel fuoco... -
Il mostro realizzò, e si mise a sghignazzare. 
- ...Te l'ho detto. Mi è costata molta fatica avere a che fare con te. Ora ti uccido. Con tutto quello che ho passato, adesso non mi sfuggi più. -
E con una zampa chiuse la bambina attorno a sé. Ora non avrebbe avuto vie di uscita. Si era messa in trappola da sola.
Tuttavia continuava a essere strano il fatto che la bambina non cercasse di opporre resistenza. Anzi, continuava a stringere.
- Grazie - Aggiunse l'umana. - ...Grazie. -
Il mostro ebbe un attimo di smarrimento.
Cos'era quella sensazione di calore che adesso lo stava avvolgendo? Dai tempi di mamma lupa, non pensava che una simile sensazione l'avrebbe mai più raggiunto.
Tanti anni erano passati, ormai. Ora era un mostro. Eppure, quella sensazione....
- Sai, - La bambina ruppe il silenzio di vari minuti. - Mentre ero là dentro ho pensato che essere mangiato da te non sarebbe stato così terribile come finire bruciata in quell'inferno... -
Il mostro, riportando ancora una volta alla mente l'incendio di tanti anni fa, dovette convenire.
- Sì...morire bruciati...non dev'essere bello... -
Sorrise.
- Adesso ti mangio.... -
Ma non si mosse. In quel momento, quel calore gli sembrava troppo ...piacevole? Beh era una sensazione che non sentiva più da troppo tempo...una sensazione creduta perduta...esitava a muoversi.
- Sei strana, umana. - disse il mostro. - Non ti capisco. Sono un mostro che vuole mangiarti, e che ha tentato di ucciderti. Sono stato io ad aver bruciato l'albero, sia pure per un piccolo sbaglio. E ora mi abbracci dicendomi grazie? -
Fece un pausa.
- Sei sicura, - Aggiunse. - Di essere solo un essere umano? -
La bambina lo guardò, sorrise, fece una risatina soffocata e abbandonò la presa. Arrancò qualche passo verso la finestra, che ora stava lasciando intravedere una splendida luna.
Rimase incantata un attimo a osservare lo spettacolo, poi si voltò e guardò il mostro.
- E tu? - Domandò a sua volta con un sorriso la bambina.  - Sei sicuro di essere solo un mostro? -

Passarono alcune ore. 
Il mostro era accucciato, pensando al passato, accanto alla bambina che, accoccolatasi nell'enorme pelliccia calda del mostro, si era assopita. E forse stava anche sognando. 
Al mostro vennero in mente le sue ultime parole. "Sicuro di essere solo un mostro?".
Si rispose mentalmente. "Certo che sono un mostro. E noi mostri pensiamo per noi stessi. Gli umani al massimo posso farci da cibo". Si girò a fissare per un attimo la ragazzina. Addormentata su un fianco. Era completamente appoggiata sulla sua calda pelliccia. Era lì. Immobile. Inerme. Mangiarla ora sarebbe stata la cosa più facile del mondo. Non ci sarebbe stato bisogno neppure di ghermirla con un artiglio. Avrebbe potuto farne direttamente un boccone, senza fatica. Rimase ancora un attimo a fissarla.
I capelli scompigliati della bambina si estendevano un po' sulle spalle, un po' sulla faccia, e un po' si posavano anche sulla pelliccia in cui aveva sprofondato mezza testa. Gli occhi serrati insieme ad un'espressione rilassata, ben differente dalla maschera di paura che lo aveva accolto la sera prima. La bocca, socchiusa, sembrava esprimere stupore. Una mano appoggiata sul dorso, semiaperta, posizionata vicino al viso. L'altra mano, posizionata poco più in basso dell'altra, ma più lontano, con il palmo che pareva voler prendere un grosso ciuffo della pelliccia del mostro. Le scottature su tutto il corpo, ancora visibili, che entravano visivamente in contrasto con il colore naturale della pelle, di per sè pallida.
Il mostro girò la testa dall'altra parte e la poggiò sulla zampa. 
- Adesso non ho voglia. - Si giustificò, abbandonandosi al riposo.

Prime luci dell'alba. Il mostro alzò la testa. Di lì a poco gli umani si sarebbero svegliati. Si scoprì un pò scocciato al pensiero di dover per forza muoversi....ma era meglio andarsene prima che qualcuno avesse avuto l'idea di entrare nella stanza proprio in quel momento.
Si mosse delicatamente. Non abbastanza da impedire il risveglio della bambina. 
Un po' intontita, ci mise un po' a realizzare cosa stava succedendo.
Quando capì, si svegliò completamente. Si alzò.
- Vai via? - Chiese al mostro che stava cominciando a muoversi verso la finestra.
- Sì, devo andare. Non mi piace quando ci sono troppi umani attorno. -
- Ti sei dimenticato di mangiarmi... - Proseguì la bambina, con le mani dietro la schiena, chinando il capo e guardandosi i piedi.
Il mostro rimase un attimo in silenzio. 
- Lo farò la prossima volta. - Rispose. - Ora devo andare. -
E dicendo questo saltò sul davanzale.
Lo sguardo della bambina si illuminò, mentre alzò la testa e si mise a fissare il mostro.
- Vuol dire che tornerai? -
A questa domanda il mostro si grattò la guancia con un'unghia.
- Ehm...certo che torno. - Fece una pausa. - Ti devo ancora mangiare, no? -
La bambina chiuse gli occhi e sorrise.
Si avvicinò al mostro. 
- Ti puoi avvicinare un momento? - Chiese.
Il mostro avvicinò il muso incuriosito. - Cosa c'é? -
Fu un attimo. Sentì il contatto di due piccole labbra sul suo grosso naso.
- Ma che fai?!?!?-
La creatura si ritrasse stizzita. La bambina ridacchiò.
- La prossima volta ti voglio insegnare il gioco della felicità. -
- E che roba è? - Chiese seccato il mostro, mentre si stava preparando a volare via nel cielo che andava schiarendosi. Gli uccellini avevano già iniziato il loro vivace e melodioso concerto mattutino.
- Sai, piccola umana, quando mi hai abbracciato stanotte... - Fece una pausa, e abbozzò un mezzo sorriso.
- Non mi è ....dispiaciuto... -
Detto questo si alzò in volo e sparì.
La bambina si avvicinò alla finestra e osservò il sole che stava spuntando all'orizzonte, scacciando le tenebre della notte. Sorridente e con le mani sul viso, mentre i gomiti poggiavano sul davanzale, rimase per vari minuti a godersi il fresco venticello che le accarezzava il viso. Finchè una voce non la scosse.
- Che fai lì? Torna a letto! - Era arrivato l'infermiere.
Beh era venuto il momento di tornare a fare la bambina di sempre, concluse con un sospiro, ma senza rinunciare al sorriso.
Si mise a letto ascoltando distrattamente i rimproveri del paramedico. Il suo pensiero era rivolto alla creatura. La stupì il fatto che, nonostante il mostro somigliasse a un grosso cane, la sua fobia non l'avesse assalita. Beh, dopotutto, concluse, non era affatto un cane. Però ormai non lo considerava neanche più un mostro. Allora ....cosa?
Poteva davvero considerarlo ormai...un amico? Non importa quanto la sua mente ci pensasse, nel suo cuore si era già convinta.
Con un guizzo di allegria interruppe il discorso dell'infermiere. 
- Ho fame! - E si affrettò a chiedere, davanti all'espressione sorpresa dell'uomo. - Quando si fa colazione? -

Qualche giorno dopo.

Altrove.

La notte da poco calata.
Un vampiro, in caccia. Aveva avuto la malaugurata idea di mettersi sul cammino di un mostro. Un mostro che somiglia a un grosso lupo, che cammina nel cielo e che scaglia fulmini.
Un rapido scambio di colpi, e si capì già chi avrebbe avuto la meglio. 
Il vampiro cadde a terra. Con una zampa, la creatura del fulmine puntellò il corpo del non morto.
- Ok. Mi arrendo. Ora però lasciami andare, te ne prego. -
Il mostro sghignazzò.
- Dovevi pensarci prima di attaccare briga con me. -
Delle piccole scariche elettriche stavano cominciando a manifestarsi sulla sua fronte.
Il vampiro supplicò il mostro. - Lasciami andare! -
Gli venne un'idea. - Facciamo così. Caccerò per te. Lasciami libero e nella caccia di stanotte ti procurerò un po' di umani. Così non farai neanche la fatica di cercarli. In fondo sono solo cibo, no? -
La creatura del fulmine guardò il vampiro inerme, e sorrise. 
- Non tutti, vampiro.... - Esplose in una risata. - Non tutti. -
Così dicendo scatenò una serie di fulmini che frissero il malcapitato succhiasangue. 
- Bene. - Concluse il mostro togliendo l'artiglio dai resti carbonizzati del vampiro. Volse lo sguardo verso l'orizzonte. 
- La notte è ancora lunga. -

Sorrise.

Poco lontano, dalla finestra di camera sua, una bambina vide una serie di lampi attraversare il cielo.
Al colmo della gioia, la ragazzina fece una giravolta su se stessa. 
- Wow, sta arrivando! -

Sorrise.
  
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