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Autore: Bi_Lu    01/10/2012    4 recensioni
Un amore adolescenziale mai confessato e mai terminato, una oneshot costruita sulle 17 note dell'outro di Piledriver Waltz.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, e benvenuti.
Sono Bi_Lu, che è un nickname costruito con le iniziali dei miei due nomi.
È la mia prima fanfiction, e l'ho scritta dopo averci riflettuto su parecchio. Perché, credo sia normale, avevo paura di fare una bruttissima figura, e ho tutt'ora riserve sul pubblicarla, ma sì, buttiamoci. Se va male non vi darò più fastidio, prometto.
Beh, non vi rubo altro tempo, e buona lettura, per chi la leggerà.


~


C’era questo motivetto, anni prima, un motivetto che gli aveva ronzato in testa per giorni, appiccicoso e dolce come il miele. Lento, sempre le solite 17 noticine, ripetute all’infinito. Do, Re – Si, Do La Si, Sol# La Si Do, La Sol Fa Mi Re – Do. L’aveva suonato sulla stessa pianola che ora è in cantina a casa di sua madre e che nessuno tocca più dal tempo di quel motivetto, l’unica cosa mai stata suonata sulla sua tastiera, e da allora ogni tanto riaffiorava, riportando alla luce con sé ricordi della sua adolescenza.

Quando c’era quel motivetto, c’era anche una ragazza. Una ragazza come un raggio di sole, il sole che quando la notte andava a riposare, si nascondeva tra i suoi morbidi e lucenti capelli di miele. La stella più bella. A pensarci ora, a pensare a tutte queste cose che avrebbe voluto dirle allora, si sentiva sciocco, e rideva. Una ragazzina che gli aveva rubato il cuore e se l’era tenuto stretto per anni, e ora era la sua migliore amica. Se l’avesse saputo, l’avrebbe preso in giro a vita.

E quando c’era quel motivetto, e lui, lei e gli altri del gruppo erano ancora dei ragazzini ignari e ingenui, c’era stato un pomeriggio di primavera, uno di quelli caldi e soleggiati con il cielo limpido limpido che al tramonto diventa giallo e rosa, raro per il sobborgo inglese dove abitavano, in cui questi giovani stavano seduti nel suo garage, a poltrire e oziare nel tepore del tardo pomeriggio di maggio.
La pianola stava in un angolo, abbandonata da diversi mesi, e quando saltò allo sguardo della ragazza, lei, tutta contenta, rise e trascinò uno scatolone con sé, su cui si sedette e iniziò a strimpellare sullo strumento.
“Matt, dai, suonaci qualcosa, ché io non ci so fare nulla con questa cosa!”, disse lei, mentre gli altri, ormai abbandonate le chiacchiere sullo sport e sulla musica lo incoraggiavano perché suonasse la pianola.
Lui, più del motivetto, non sapeva fare, e se ne vergognava. Ma un sorriso apparve sul viso della ragazzina, il suo sorriso così ampio e dolce, quello a cui non sapeva dire di no. E subito dimenticò la paura che i ragazzi lo prendessero in giro davanti a lei e le si sedette accanto.
Iniziò a suonare.
“Matt, ma è un valzer!”, disse, e le si illuminò ancor di più lo sguardo.
Lui, che non sapeva lo fosse, si atteggiò a grande esperto e disse che, in effetti, sì, era un valzer, e sì, l’aveva composto lui.
Lei rise, e si alzò in piedi, e al centro della stanza iniziò a volteggiare, i lunghi capelli che le circondavano la testa come un’aura di angelo, e la felicità dipinta sul volto.
Lui si fermò, e lei gli chiese di continuare ancora, e ancora, e ancora. Come dirle di no?
D’un tratto lei si fermò, si avvicinò ad Alex.
“Tu il valzer lo sai ballare?”, chiese con uno scherzoso tono di sfida.
“Certo – rispose lui, con un sorrisetto malizioso – se vuoi te lo insegno”.
La prese per mano, la condusse a centro pista con gesti plateali, suscitando le risa dei presenti, e insieme ballarono un valzer improvvisato.
Le guance di lei erano sbocciate come rose a primavera, il cuore le batteva a mille.
Matt lo notò. Ebbe la conferma di ciò che sospettava, lei era innamorata del suo migliore amico.
Trattenne il respiro, un’esplosione nel cuore, lo sguardo appannato.
Una lacrima cadde sul tasto del Do.
Stonò, ma nessuno se ne accorse, nell’atmosfera di festa che regnava in quel piccolo garage della periferia di Sheffield.
E continuò, la morte nel cuore, finché lei crollò stremata a terra, col fiatone e il capogiro per il troppo ridere e ballare, con il suo stupendo sorriso sempre stampato sulle labbra.

A pensarci ora…
A pensarci ora, fa ancora male.

E a pensarci ora, e riflettendoci…
Lei non è semplicemente la sua migliore amica.
E non lo è mai stata.



~


Ok. 
È andata tanto male? O vi è piaciuta?
In breve, lasciatemi una recensione, bella o brutta che sia.
Così capisco se continuare o meno a disturbarvi con queste scemenze che partorisce la mia mente di fangirl.
Così rendiamo la vita più facile a tutti, sì?
Un bacio, e mille grazie se l'avete letta tutta. Non sapete quanto sia importante per me.
Bi_Lu
   
 
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