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Autore: Achamo    01/10/2012    2 recensioni
Correva e il fiato gelava lungo la trachea.
Correva e i polmoni si riempivano e svuotavano rapidamente dell’aria invernale.
Correva e sentiva il cuore scoppiare.
Correva e le vene spingevano le tempie.
Correva e il sangue caldo penetrava nella carne.
Tossì irrigidendosi.
Erano minuti che inseguiva tra rami morti ed erba nera un uomo.
Puntò la pistola verso le gambe del suo obbiettivo, la distanza non era eccessiva. Tirò il cane della pistola e l’indice forzò il grilletto. Il proiettile di metallo colpì invisibile una gamba dell’uomo che cadde a terra, come se il suo scheletro fosse evaporato.

Capitolo pilota
Genere: Azione, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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H.O.C.H.

Capitolo pilota

Correva e il fiato gelava lungo la trachea.
Correva e i polmoni si riempivano e svuotavano rapidamente dell’aria invernale.
Correva e sentiva il cuore scoppiare.
Correva e le vene spingevano le tempie.
Correva e il sangue caldo penetrava nella carne.
Tossì irrigidendosi.
Erano minuti che inseguiva tra rami morti ed erba nera un uomo.
Puntò la pistola verso le gambe del suo obbiettivo, la distanza non era eccessiva. Tirò il cane della pistola e l’indice forzò il grilletto. Il proiettile di metallo colpì invisibile una gamba dell’uomo che cadde a terra, come se il suo scheletro fosse evaporato.
Fasci di luce si muovevano saltellando tra i rami di quel bosco, che si avvicinarono all’uomo steso a terra.
“Bel lavoro amico”. Un ragazzo gli toccò la spalla destra e corse armato verso l’uomo colpito.
Arrancava l’aria fredda a fatica. Si sedette a terra in cerca di sollievo, ma quel manto nero era gelido ed umido.
Non era ancora il momento d’interrogare la propria coscienza o di pregare per la propria anima.
Si alzò stringendosi con la mano l’addome sentendo con le dita gelide la camicia che copriva il giubbetto antiproiettile e s’avvicinò all’uomo a cui aveva sparato.
Afferrò una trasmittente e comunicò che il target era a terra.
Puntò nuovamente l’arma violenta contro l’uomo, non notando che altre tre mani erano intente nella stessa cosa.
“Cos’è ‘H.O.C.H.’?”.
L’uomo a terra scoppiò in una malsana risata che li fece sussultare. “Fanculo!”. Quella provocazione smosse l’animo dei presenti che tremavano dalla rabbia.
“Te lo ripeto: cos’è ‘H.O.C.H.’?”. Non si spazientì e riformulò la domanda.
“Anch’io te lo ripeto: FANC...!”. Un violento pugno gli girò la testa facendogli sfuggire del sangue dalle gengive.
“Non sei nella posizione adatta, rispondimi o questa volta ti sparo alla testa…”. Era sempre stato una persona impulsiva e dalla scarsa pazienza.
“N-non lo so”.
“Dimmelo!”. Non suonava più come una richiesta, ma come un ordine.
“Non lo so!”. Un altro pugno strappò l’insolenza dal volto di quell’uomo, che a terra gemette.
“Cos’è ‘H.O.C.H.’?”.
“E’ il codice Asklepius” Questo lo sapeva bene.
“Per cosa?”.
“Minacci, ma non agisci!”. Odiava sentirsi dire parole che tagliavano il suo orgoglio. Sapeva che non doveva esagerare, doveva frenare il suo istinto, così, clemente, gli scagliò l’ennesimo pugno al volto sfigurato dalla sofferenza.
“Perché non parli?”.
“E’ un codice per-”. La voce si spezzò come cristallo azzurro in un soffio di vento nero. Un proiettile perforò l’occhio sinistro dell’uomo uccidendolo sul colpo. Il sangue scaldato dalla paura e dall’impeto della fuga bagnava il volto dell’uomo prosciugando la sua anima della linfa vitale.
Nessuno dei presenti aveva sparato, il colpo proveniva dagli alberi della foresta.
“Merda!”. Tutti si voltarono nel senso opposto puntando la pistola e scrutando tra le tenebre nere chi potesse aver sparato. Cercavano un assassino dall’occhio felino.
“Il target è deceduto, inoltre siamo sotto tiro”. Versò parole nella trasmittente.
“Ci pensiamo noi. Allontanatevi immediatamente”. Una risposta giunse metallica.
Nessuno vide qualcosa e lentamente, avanzando in stato d’allerta, puntando le pistole nel vuoto tetro, si avvicinarono al SUV nero con cui tutti tranne lui s’erano mossi.
Uno di loro aprì tutti gli sportelli ed entrò per controllare, mentre gli altri scrutavano l’esterno.
“Nulla fuori posto!”. Parole maledette dallo stesso alito di morte che poco prima li aveva sfiorati. Un proiettile silenzioso perforò la camicia e il giubbetto, progettato per salvare la vita umana da un’arma da fuoco, allo sventurato che dimostrò di conoscere bene la canna di una pistola. I presenti si voltarono verso il compagno ferito, che s’accasciò a terra mantenendo l’arma rigida verso il vuoto nero. Sentiva la disperata volontà di mantenersi cosciente e la forza per non abbandonarsi alla sofferenza del metallo che gli aveva frantumato l’ultima costola destra.
Un ragazzo lo sollevò tirandolo per il braccio sinistro e lo fece salire al sicuro sul SUV.
“Abbiamo un ferito, mi dirigo all‘ospedale”. L’uomo che aveva ispezionato l’auto comunicò l’accaduto in modo meccanico.
Una volta a bordo del mezzo, si diressero rapidi verso la città che viveva sotto la luce artificiale dei grattacieli di cristallo.
“Sei conciato male…”. Un ragazzo dai capelli corvini leggermente mossi e dallo spirito di fiamma commentava la ferita del compagno.
“...potrebbe venirti una setticemia e potresti addirittura morire”. Commentò questa volta un uomo con i capelli ricci e castani, seduto sul secondo sedile anteriore.
“La vuoi smettere? Vuoi che crepi, eh?”. Le parole erano sputante nel sangue.
“Ahaha! Io si!”. Il ragazzo dai capelli corvini rise divertito dal suo macabro sarcasmo.
“Se morissi, da chi scroccheresti i soldi per la birra?”. Cercava parole per distrarsi dal dolore.
“Dal mio amicone, non è così bel biondino?”. Il giovane dai capelli mossi si rivolse al conducente.
“Anche no”. Rispose il guidatore. ”…che dirà tua moglie?”. Chiese al ferito che prima di rispondere sospirò.
“S’arrabbierà, questa camicia me l’ha regalata lei…”. Disse mentre le mani premevano sulla ferita e il sangue macchiava i sedili.
Gli amici che tentavano di distrarlo e d’incoraggiarlo per non fargli chiudere gli occhi e la sua sofferenza: la scena gli ricordava il film ‘Reservoir dogs’ del suo amato regista Quentin Tarantino, di lui conosceva ogni minuzioso particolare.
L’auto nera sfrecciava lungo le ampie strade della città, abbandonando le sfavillanti luci degli uffici del centro e delle antichità romane.
Giunsero in pochi minuti al pronto soccorso, dove il conducente si fermò per fare scendere il prima possibile il ferito.
“Io resto qui ragazzi, non potrei mai abbandonare a questo gelo la mia ‘Bambolina’”. Avvisò il guidatore accarezzando l‘auto nera, mentre gli altri correvano portando il compagno ferito all’interno del Pronto Soccorso.
La carne bruciava e il sangue correva ancora, tanto da assaporarlo sulla lingua. Ormai la sensazione e l’odore di quel rosso scarlatto lo nauseavano.
Sentiva sulla camicia anche l’odore di morte che ormai lo accompagnava e gli donava il pericolo da sei anni.
Nausea, come la prima volta che sparò ad un uomo.
Nausea, come la prima volta che vide morire un compagno.
Nausea, per essere carne e carnefice.
Le luci artificiali facevano risplendere il pavimento in marmo latteo che lentamente si macchiava di minuscole gocce di sangue.
Una barella gli corse incontro spinta da alcuni infermieri dai camici immacolati. La mente lo stava abbandonando al sangue. Cadde a terra a causa di una vampata di dolore, non riuscendo più a sostenersi sulle spalle dei compagni. Le voci soffuse gridavano qualcosa per lui incomprensibile. Chiuse gli occhi per vedere tenebre azzurre.

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Achamo & il suo inutile monologo…
”Questo è il capitolo pilota, molto ridotto, di una storia che sto scrivendo da tempo e che difficilmente pubblicherò su EFP a causa della sua lunghezza, ma che (mi auguro) vorrei pubblicare appena terminata. Perciò, fatemi sapere cose ne pensate =) Vi incuriosisce? Vi fa tremare e stare in ansia per il protagonista? Come vi sembra la grammatica e il lessico? Siate sinceri e fatemi sapere. Vi ringrazio in anticipo!".

   
 
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