Crossover
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Autore: Registe    02/10/2012    3 recensioni
Seconda storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone". Sono passati tre anni dagli avvenimenti narrati ne "Il Castello dell'Oblio", e i membri dell'Organizzazione hanno perduto gran parte dei loro poteri e sono ridotti a vagare per il loro mondo primitivo come vagabondi o ladruncoli qualunque. Auron e Mu invece si sono uniti alla Resistenza contro il Grande Satana, anche se Auron non e' ancora riuscito a dimenticare la breve storia d'amore vissuta con Zachar tre anni prima. Nella Galassia Mistobaan, ancora sotto l'influsso del condizionamento, e' diventato il fedele braccio destro dell'Imperatore. Ma il Grande Satana non intende rimanere a guardare, e tentera' con ogni mezzo in suo potere di riprendersi il suo servitore...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 13 - La spada e l'amore


Fushikidan

Gli scheletri del Fushikidan con il generale Hyunkel




Auron era venuto a salvarla.
Che importava se erano prigionieri in un palazzo infestato da demoni sospeso a mille miglia dal suolo, se un mostro armato di falce sbarrava loro la strada e sembrava deciso a farli a pezzi?
Auron era venuto a salvarla, e accanto a lui Zachar si sentiva pronta ad affrontare qualsiasi cosa.
Il mostro, Killvearn si chiamava, un nome macabro quanto il sorriso dipinto sulla sua maschera nera, aveva tirato fuori una carta da gioco e puff, un attimo dopo i due membri dell'Organizzazione erano stati inghiottiti da una botola apparsa dal nulla e sparita altrettanto rapidamente. A Zachar non importava nulla di loro, ma l'avversario che lei e Auron dovevano fronteggiare non andava preso alla leggera.
“Non sottovalutarlo, Auron.” il mercenario si era posizionato tra lei e Killvearn, la Masamune sguainata in posizione di guardia. “Con quei suoi trucchetti è riuscito a fregare persino Mistobaan!”
“Piro Piroro, questi umani non riescono a comprendere la tua grandezza, Killvearn! Come osano chiamare trucchetti i tuoi geniali numeri di teatro? Killvearn è un artista, ignoranti che non siete altro! Killvearn è il più...”
“Chiudi quella fogna di bocca!” Zachar fece partire la palla di fuoco in direzione dell'esserino sulla spalla di Killvearn. Con la sua vocina querula e martellante la snervava ancora di più del suo padrone.
Killvearn, Killvearn, aiuto!”
L'essere mascherato scattò lateralmente e la palla di fuoco si schiantò contro la parete, lasciandovi un buco annerito e fumante.
“Però Zachar, ti vedo in forma!” il sorriso di Auron era sincero e complice, e Zachar si ritrovò a sorridergli a sua volta.
“E' grazie a te, credo.”
“Se avete finito con le smancerie.... “ Killvearn iniziò a roteare la falce tra le dita, sempre più veloce. Zachar lanciò un'altra palla di fuoco, ma quella si infranse contro la girandola della falce e si spense in un innocuo sbuffo di fumo. “... che lo show abbia inizio!”
La falce rotante generò un turbine, e Zachar fu rapida a innalzare uno scudo magico prima che lei e Auron ne venissero investiti.
“Oh, quella patetica difesa non vi basterà...”
L'onda di vento magico fu deviata dalla barriera di Zachar e passò loro accanto senza sfiorarli, ma quasi subito la maga notò qualcos'altro in mezzo alle spire vorticose del turbine. Degli oggetti piatti e leggeri che venivano sballottati qua e là nel vento, come dei pezzi di carta...
Strinse gli occhi per distinguerli meglio, ma si muovevano così veloci che era impossibile. Forse erano semplicemente appunti del demone gnomo finiti in mezzo al turbine magico, dopotutto si trovavano nel suo laboratorio. L'importante comunque era mantenere attivo lo scudo magico fino a che l'attacco di Killvearn non...
Uno dei pezzi di carta attraversò lo scudo, volteggiando proprio di fronte ai suoi occhi. Era proprio un pezzo di carta, ora lo vedeva benissimo. Una carta da gioco.
Un sette di quadri.
“AURON, ATTENTO ALLE CAR....”
Troppo tardi: il sette di quadri le aveva sfiorato la punta dello stivale.
BOOOOOOM.
L'esplosione scagliò Zachar in aria, facendole perdere il controllo della barriera magica. Il turbine la afferrò in un istante, violentissimo, strattonandola e mandandola a sbattere contro pareti e scaffali.
In balia del vortice, Zachar non riusciva a muovere un dito, impotente come una foglia trascinata dalla tempesta, il sopra e il sotto che si confondevano in una spirale senza senso, ogni suono cancellato dal fischio lacerante del vento. Non riusciva nemmeno a urlare, la bocca serrata per paura che il vento le invadesse i polmoni, e non aveva idea di dove si trovasse Auron; le uniche sensazioni che riuscivano a farsi strada fino a lei erano le fitte di dolore ogni volta che il suo corpo privo di controllo urtava qualcosa.
E poi finalmente la forza del vento si attutì, e Zachar riuscì ad aprire gli occhi. La prima cosa che vide fu una sconfinata parete azzurra, e nello stesso istante il vortice morì del tutto e una sensazione agghiacciante la afferrò alla bocca dello stomaco. Il suo corpo, privo di appoggio, fu trascinato verso il basso.
Stava precipitando nel vuoto.
Stavolta urlò con tutte le sue forze.
Alla sua destra il muro esterno del Baan Palace scorreva velocissimo verso l'alto in un susseguirsi di macchie bianche e grigie. Il turbine di Killvearn doveva averla scagliata fuori dalla finestra del laboratorio, e ora la attendeva una caduta di centinaia di metri verso le acque del lago sottostante. Disperatamente allungò una mano e cercò un appiglio sul muro, con il solo risultato di lacerarsi il palmo.
Tra i suoi incantesimi non c'era nulla che potesse aiutarla. La magia che lei e Kaspar padroneggiavano era prevalentemente offensiva, in grado di causare gravi danni e perfetta per distruggere, ma non poteva nulla in frangenti come quelli. Lacrime di rabbia le salirono agli occhi, subito portate via dal vento che la accompagnava nella caduta.
No... non può finire così, non ora che ho ritrovato Auron... no!!
Qualche divinità di quel mondo dovette ascoltare la sua preghiera, perché improvvisamente la sua caduta si arrestò, e Zachar si ritrovò faccia a faccia con qualcosa di scuro e morbido.
Lo stridio di una creatura sconosciuta si innalzò nel cielo, e Zachar vide due ali possenti spiegarsi ai lati del corpo di rettile su cui era atterrata. Senza pensare si strinse più forte che poté al collo della creatura, che aveva cominciato a risalire di quota. Era troppo piccola per essere un drago, anche se ci somigliava. Le ricordava degli animali selvatici che aveva visto talvolta nelle regioni montuose dell'Amn... com'è che si chiamavano? Viverne. Doveva essere una viverna.
L'animale la portò fino a una terrazza malmessa e invasa di detriti dove Zachar scorse tre figure che le venivano incontro.
Demoni, pensò, una palla di fuoco già incandescente sul suo palmo, ma poi riconobbe gli inconfondibili capelli viola di una di esse e si sentì invadere dalla commozione.
“Zachar, meno male! Grazie agli dèi Shaka sa comunicare con gli animali! Dov'è Auron?”
Lei e Mu si erano visti solo un paio di volte durante l'avventura al Castello dell'Oblio, e non avevano mai avuto il tempo di scambiarsi più di qualche parola, ma Auron le aveva parlato spesso di lui durante il viaggio nelle Stanze della Memoria. Lo considerava il suo migliore amico.
Zachar non conosceva gli altri due uomini che erano con lui, ma sapeva che di Mu poteva fidarsi.
Ancora a cavallo della viverna, gli gridò: “Mu, Auron sta combattendo con Killvearn! Devo andare da lui!”
Con lo sguardo individuò la finestra del laboratorio da cui era caduta e spronò con le ginocchia i fianchi della viverna, sperando vivamente che le obbedisse.
“Vai bella, ti prego! Vola!”
“Aspetta Zachar, veniamo con te!”
“Non c'è tempo!” queste ultime parole le gridò che già si era allontanata dalla terrazza. Non aveva mai cavalcato una creatura come quella, ma necessità fa virtù: non poteva permettersi esitazioni. La vita di Auron dipendeva da lei.
In meno di un minuto aveva raggiunto la finestra, e lo spettacolo che si ritrovò di fronte le fece saltare il cuore in gola.
Auron era a terra e si divincolava disperatamente nel tentativo di liberarsi da una catena che gli avvolgeva l'intero corpo. La sagoma nera e minacciosa di Killvearn torreggiava su di lui, la falce che roteava lenta e inquietante tra le sue dita.
“Una trappola geniale Killvearn! Un tocco di classe!” l'esserino con un occhio saltellava contento sulla spalla del suo padrone. “E adesso voglio proprio vedere come lo farai fuori. Sarà uno spettacolo degno di te Killvearn, lo so, ne sono certo! Piro Piroro!”
“Io non credo proprio!”
La catena di fulmini eruppe dal palmo della sua mano e colpì Killvearn dritto in mezzo al petto. L'essere mascherato fu sbalzato contro la parete, e Zachar scese in tutta fretta dal dorso della creatura atterrando sul davanzale della finestra.
“Grazie, bella” il tempo di una rapida carezza sul muso della viverna ed era in ginocchio al fianco di Auron, cercando di sciogliere la catena che lo imprigionava.
“Zachar! Stai bene! Io... credevo che...”
“Devo ringraziare i tuoi amici. Ora sta' fermo, ti tiro fuori di qui!”
Afferrò due pezzi della catena tra le mani e concentrò il potere del fuoco sui palmi, cercando di ignorare il dolore delle ferite che si era fatta nel tentativo di aggrapparsi al muro. In pochi secondi gli anelli della catena si surriscaldarono e poi si fusero, e presto Auron fu in grado di rimettersi seduto. Zachar notò con sollievo che non era ferito.
“Zachar... sei sensazionale. Ero venuto per liberarti, ma sei stata tu a salvare me. Grazie.”
Gli sorrise con dolcezza, e stava per rispondergli quando vide un'espressione di allarme dipingersi sul viso di lui.
“Sta' giù!!”
Prima che potesse capire cosa succedeva le braccia di Auron la circondarono e la spinsero verso il basso, mentre appena sopra le loro teste si udì il sibilo di una lama che fendeva velocemente l'aria.
“Spiacente di interrompere il vostro momento, piccioncini, ma lo spettacolo non è ancora finito!”
Un altro sibilo agghiacciante, stavolta interrotto da rumore di metallo che cozza su metallo. Zachar si rimise in ginocchio e vide Auron con la Masamune in pugno, sollevata in orizzontale per bloccare il colpo della falce di Killvearn. L'essere mascherato sembrava piuttosto bruciacchiato e malmesso dopo il colpo subito, ma non potevano permettersi di abbassare la guardia.
Senza neanche rimettersi in piedi Zachar lanciò una sfera di ghiaccio, che Killvearn riuscì per un soffio a evitare spostandosi di lato. L'attimo di distrazione però fu sufficiente ad Auron per aprire una breccia nella sua difesa e menare un fendente micidiale che gli tagliò la falce a metà.
“Oooops. E adesso cosa farai, mascherone?”
Auron non gli diede il tempo di replicare: continuò a incalzarlo con affondi e fendenti violentissimi, che Killvearn ormai poteva solo schivare con la forza della disperazione. Con i suoi trucchetti sleali e imprevedibili era un avversario temibile, ma in corpo a corpo non valeva granché. Si limitava a schivare, senza nemmeno cercare di impadronirsi di una nuova arma o di usare il manico della falce per difendersi in qualche modo.
Ma stavolta non mi inganni. Lo so che stai per tentare un altro dei tuoi giochetti sporchi.
Quando l'esserino con un solo occhio tentò di avvicinarsi al suo padrone con una carta da gioco in mano, Zachar lo bersagliò con una scarica di palle di fuoco. La carta e il cappello della creaturina si ridussero in cenere, e lui stesso finì a rotolarsi sul pavimento tra acuti strilletti mentre cercava di estinguere il fuoco che gli consumava i vestiti.
“Prendi questo, schifoso!”
La sorte del suo amichetto dovette distrarre o preoccupare Killvearn, perché vide il colpo di Auron con un attimo di ritardo. La sua schivata fu troppo lenta.
La Masamune saettò rapidissima e lo prese tra capo e collo, decapitandolo in un unico, preciso fendente.
Il corpo di Killvearn si accasciò a terra con un tonfo secco, mentre dal collo troncato fuoriusciva un liquido biancastro simile a latte inacidito. A quella vista l'esserino con un occhio mandò uno strillo acutissimo e scappò via dal laboratorio volando a zig zag come ubriaco, gli abiti ancora fumanti e a brandelli.
La testa di Killvearn si fermò al centro della stanza, fissandoli con il suo sorriso inquietante. Auron le sferrò un calcio, sputando a terra con disgusto.
Zachar avrebbe voluto inseguire l'esserino, ma la fatica la sopraffece. La testa le girava come se ancora in balia del vortice magico di Killvearn. Ora che l'adrenalina del combattimento era calata, si sentiva a pezzi.
Auron la raggiunse e la prese tra le braccia, stringendola forte a sé. Avrebbe voluto fargli mille domande, dirgli mille cose, tutto ciò che in tre anni si era tenuta dentro credendo che non lo avrebbe mai più rivisto, ma lui non gliene diede il tempo: le prese il viso tra le mani e la baciò, un bacio ardente, appassionato, pieno di un'urgenza e di una disperazione che le fecero capire che lui lo aveva atteso a lungo, sognato contro ogni logica, che lo aveva desiderato con tutto il suo essere più di qualsiasi altra cosa al mondo.
In quel momento capì che anche lei lo aveva sempre desiderato. Le sue labbra si schiusero al contatto con quelle calde e sicure di Auron, e ricambiò il bacio con una gioia e un'energia che non aveva più provato da tre anni.

 

“Narratore?”
Narratore: “Sì?” *voce flautata palesemente infida*
“Perché il mio piano non ha funzionato? Alcuni scheletri sono ancora qui!”
Narratore: “Perché mi sono sadicamente divertito a mandartelo in fumo, è ovvio! Le Registe attualmente sono al bagno, quindi le redini della storia le tengo io! E conoscendo quanto tempo chiacchierano quelle due quando fanno la doccia direi che avrò campo libero per almeno un paio di serie. Quindi ho tutto il tempo per divertirmi ancora un po’ alle tue spalle!”
“E hai anche il coraggio di dirmelo così, in faccia?”
Narratore “Certo!” *sorseggia the al limone* “Tu sei solo un misero personaggio, ed io il Narratore. E adesso, invece di lagnarti come un piccolo emo, perché non torni in scena? Il pubblico attende …”
Zexion sospirò, e lanciò una seconda occhiata oltre la colonna. I mostri dell’armata del Fushikidan stavano dialogando nella loro strana lingua, ma senza dubbio stavano commentando l’apparizione di Kaspar. Le loro orbite vuote erano puntate in direzione del corridoio.
L’unica sua speranza era la leggera massa del detonatore P11 che si ritrovò a stringere in mano con ancora più disperazione del solito; non poteva permettersi il lusso di uscire di lì ed implorare l’aiuto di Zam Wesell, non quando l’odore di lei gli rivelava chiaramente che si stava battendo con qualcosa di molto più serio di qualche scheletro animato. O di presentarsi a lei ed all’Imperatore a mani vuote.
Tra lui e la piramide che imprigionava Mistobaan vi erano un centinaio di passi. Dopo il prendere la mira con un blaster, la corsa era sempre stata una sua nemica. Tutti gli agenti speciali degli olomovies imperiali riuscivano a correre tra le sparatorie, le bombe, i raggi laser o le mine antiuomo e ne uscivano con al massimo qualche capello bruciacchiato ma freschi e riposati come se avessero appena terminato una passeggiata. Quando era stato a Carida per esercitarsi riusciva tutt’al più a trascinarsi sulla pancia dopo quegli allenamenti. In realtà non aveva bisogno di giungere fino alla fine, gli sarebbe bastato portarsi a metà del salone per poi lanciare il piccolo detonatore contro gli accumulatori e sperare che fosse sufficiente per sfondare il campo di energia magica. Se non fosse riuscito nemmeno a raggiungere quel punto o se gli scheletri del Fushikidan lo avessero intercettato prima … preferì non pensarci.
Tirò un profondo respiro e si lanciò oltre la colonna quando gli parve che gli scheletri avessero le orbite vuote rivolte altrove, il detonatore attivato nella mano destra.
Il pavimento era liscio sotto gli stivali.
Circa al quinto o al sesto passo sollevò il braccio con l’esplosivo, il cuore in gola e l’immagine di Mistobaan prigioniero che si avvicinava.
Sentì la presenza del non morto con l’olfatto, ma non fu nulla rispetto al colpo sul basso ventre che ricevette l’attimo successivo: crollò sulla pancia e rotolò sul fianco, osservando il manico della lancia che calò una seconda volta contro di lui e per poco non gli portò via un occhio. Si alzò sulle ginocchia e allontanò a sé il detonatore quando parò l’asta con entrambe le mani.
Si rimise in piedi del tutto e spostò il peso prima su un piede e poi sull’altro, sforzandosi di non rovinare a terra: lo scheletro era più leggero di lui ma più alto, e di certo quelle blande lezioni di autodifesa dei servizi segreti non gli sarebbero di certo bastate contro gli altri nemici in arrivo.
L’olfatto lo avvisò subito, ed abbassò di scatto la testa quando una prima freccia arrivò verso di lui; si piantò nel pavimento, ma lo scheletro alla sua destra riprese la mira mentre quello che lo aveva attaccato continuava a premere contro di lui con la lancia. Cercò il P11 con un piede per calciarlo verso Mistobaan, ma l’avversario lo spinse in tutt’altra direzione.
L’arma brillava di verde, pronta ad esplodere in una manciata di minuti, ma quei mostri sembravano interessati solo a lui. Un terzo scheletro con una vecchia spada arrugginita puntò nella sua direzione, e Zexion mollò la presa sulla lancia di colpo; rotolò per terra mentre l’avversario scivolava in avanti, finendo dritto sulla traiettoria dello spadaccino.
Quell’acrobazia lo lasciò senza fiato, e quando cercò di lanciarsi contro l’esplosivo si ritrovò davanti altri tre mostri. Evitò una seconda freccia, ma gli scheletri che aveva appena affrontato lanciarono le loro ombre su di lui e gli mostrarono le punte della lancia e della spada.
Fu preso dal panico.
Si trascinò indietro sul pavimento, impacciato nella stessa tunica dell’Organizzazione. La creatura armata di lancia piantò la punta dell’arma in una delle pieghe dell’abito, ed il movimento gli si bloccò a metà. Il suo elemento accorse prima ancora che se ne rendesse conto.
Gli scheletri fecero qualche passo indietro, spinti dal vento che arrivò dal corridoio; uno perse l’arco, un altro cercò di opporsi con un grande scudo di cuoio. L’asta della lancia che impigliava il suo vestito si piegò per poi spaccarsi a metà, e ritrasse di corsa le gambe per rimettersi in piedi: con il cuore ancora in gola alimentò l’aria del suo lieve potenziale magico, ed il turbine di vento freddo allontanò da lui i mostri guardiani.
La luce verde del detonatore diventò rossa, e capì che non c’era più tempo.
Tutto il vento comparso nella sala si concentrò sull’esplosivo.
Meno tre.
Guidò l’aria con un unico movimento del braccio, scuotendola fino a generare un mulinello.
Meno due.
Privi della morsa dell’aria, gli scheletri ritornarono subito in formazione d’attacco, persino quelli che avevano perduto le armi nell’attacco. Li guardò oltre il ciuffo, ma riversò tutta la sua attenzione sul vento e sul P11 in movimento.
Meno uno.
Uno dei mostri lo raggiunse con un salto e gli strinse quello che restava delle sue dita sul polso, accompagnato dall’odore di morte e di marcio che sentì fin nel profondo dei polmoni quando lasciò libera la corrente d’aria, che spinse avanti il detonatore.
Il fragore investì tutto. Zexion si ritrovò sul pavimento della stanza per la quarta o quinta volta, colpito dall’energia sprigionata dal piccolo esplosivo: la colonna dietro a cui si era nascosto poco prima fu attraversata da un’enorme crepa accompagnata da centinaia di frammenti di cristalli che attraversarono il posto in maniera disordinata. Il calore delle Pietre della Sapienza, nascoste nell’abito, si fece sentire immediatamente e lasciò un rapido sollievo lungo il torace, alleviando la fitta di dolore giunta dopo l’urto. Con la testa che ancora gli girava portò un braccio agli occhi, e si accorse che la mano funesta che vi era ancora stretta non aveva più un braccio a cui attaccarsi. Quello che rimaneva della creatura del Fushikidan era un mucchietto di ossa carbonizzate, e sopra di esse Mistobaan levitava circondato da un anello di fuoco, con gli occhi gialli che brillavano ancora più luminosi del solito da sotto il cappuccio.
COLORO CHE HANNO OSATO SFIDARE L’IRA DEL MIO SIGNORE LA PAGHERANNO CARA!”

 

Narratore: “Ma come è possibile? Quel ragazzino doveva lasciarci le penne! Perché ha evocato i suoi poteri elementali all’ultimo secondo, perché …”
“Eh ehm…”
Narratore: “Se scopro cosa è andato storto io …”
“Eh ehm …”
Narratore: “Ma cos …? Amatissime e venerabili Registe! Cosa ci fate in accappatoio? Siete tutte bagnate, vi prenderete una broncopolmonite, non posso rischiare che la vostra divina presenza venga sfiorata dai germi, perché non andate ad asciugarvi e …”
Registe: “NARRATORE COSA STAVI FACENDO?”
Narratore: “Stavo solo rimuovevo qualche personaggio inutile e lagnoso che …”
Registe: “L’UNICO ESSERE INUTILE E LAGNOSO QUI DENTRO SEI SOLO TU! E CI SONO UN PAIO DI SOAP OPERAS CHE CERCANO UN NARRATORE DISPERATAMENTE, LO SAI?”
Narratore: “Sì … mi è giunta voce …” *sparisce prima che concretizzino la minaccia *
Registe: “Qui non si può nemmeno fare una doccia in santa pace …”

  
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