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Autore: damnhudson    02/10/2012    4 recensioni
"Odiava quando la gente la obbligava a parlare, quando veniva obbligata a raccontarsi. Si poneva spesso delle domande verso queste persone, si chiedeva perché volessero sempre sapere così tanto di lei che in fondo non era nulla di speciale. May aveva un problema di fondo: aveva paura di risultare troppo noiosa, per quello non raccontava niente, aveva paura soprattutto che la gente facesse come lei, ovvero distrarsi al suono delle sue parole. Per questo May non raccontava, non parlava con nessuno, nemmeno da sola. "
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.
 
May era tornata a casa da circa due settimane, con settembre appena iniziato, passava le sue giornate con la testa sui libri, cercando di memorizzare quanto più vocaboli possibili, in modo tale da non fallire il test d’ammissione all’università che aveva scelto a undici anni. Si era anche ammalata di ritorno dalla Spagna, la madre ci aveva scherzato su, dicendo che il suo corpo si rifiutava di stare a casa, ma non sapeva che effettivamente poteva essere così. Jay, era uno di quei ricordi che si sarebbe tenuta per sé, con fare egoistico, per non dividerlo con nessuno. Quei ricordi erano i suoi, solo i suoi e non si sentiva di condividerli con nessuno. Tre giorni dopo ricevette l’invito ad una festa. Ci pensò molto… Non voleva perdersela, ma ormai non era più quel tipo di persona. May Sommers era cambiata in due mesi. O meglio, il cambiamento stava avvenendo lentamente, ma stava arrivando. Aveva iniziato a studiare in biblioteca e aveva incontrato Finn, un ragazzo gay, che diventò subito suo amico. Se qualcuno era suo amico, allora le cose stavano cambiando.
Non c’era un giorno che non pensasse a Sofia. Non c’era un giorno che passava che non pensava a come stesse Jay.
L’otto settembre aveva fatto il test d’ammissione. Si era svegliata con un grosso mal di testa. La ragazza era una di quelle che credeva nel destino o cose del genere, perciò si convinse che non l’avrebbe passato. I giorni passavano con la famiglia Sommers, che a turno controllavano la cassetta delle lettere, aspettando quella giusta, ma arrivavano solo bollette. Bollette del gas, bollette dell’acqua, bollette della luce… Tra un po’, sarebbero arrivate anche le bollette dell’aria che respiravano. Ma non si lamentava, anzi. Passava i suoi pomeriggi con Finn, che aveva scoperto frequentare il secondo anno nella sua stessa università. Il ragazzo la faceva sentire accettata, si accettavano a vicenda. Era altissimo, un gigante, quasi... Due metri sarebbero stati esagerati, ma al metro e novanta ci arrivava. Ben piazzato di spalle e le lentiggini. Ed era suo amico. Non poteva essere più felice.
Poi la lettera arrivò e May scoprì di aver passato quel test. I suoi genitori erano così orgogliosi di lei e lo sarebbe stato anche Jay. E Tom. Tom le aveva detto che lei era la migliore di tutti… Anche lui credeva in lei. Finn le chiese di uscire, per andare a festeggiare.
«Non mi hai mai raccontato della tua vacanza in Spagna.» Fece il ragazzo, guardandola, mentre sorseggiava il suo drink.
«Ho conosciuto due ragazzi. Si chiamano Jay e Tom… Sono stati importanti, voglio bene ad entrambi e… ci siamo divertiti, sì.» Divertiti era un parolone, si erano scannati, mezzi stuprati, presi a pugni, scelti, allontananti, salutati… In fin dai conti, May non poteva proprio lamentarsi, aveva vissuto un’estate piena di ricordi che si sarebbe portata dietro per il resto della sua vita… Ah, la sua vita!
«May Annabeth Sommers… Andiamo! Sono tuo amico… Perché non mi racconti?» Chiese il ragazzo disperato. May si strinse nelle spalle e gli sorrise, iniziando a raccontare per filo e per segno ciò che le era successo durante quell’estate. Era la terza volta che May si sentiva compresa ed ascoltata. Era la terza volta che qualcuno le chiedeva di parlare, per starla a sentire… Era la terza volta che trovava un amico sincero. May non poterò fare a meno di sentirsi felice.
 
*
 
Le settimane all’università volavano, così come i primi mesi. Settembre ed Ottobre non lasciarono nemmeno i segni del loro passaggio, fu Novembre a fare il tempo più freddo, portando le piogge sempre più pesanti. Ironia della sorte May odiava la pioggia. Novembre era scuro. Novembre le avrebbe portato diciannove anni. Novembre passava veloce, così come le goccioline scivolavano su un vetro ormai appannato, in un battito di ciglia era già il ventidue novembre, il giorno del suo compleanno. Sospirò, quando sua madre le cantò la canzoncina. Si era rifiutata di avere una festa in grazia di Dio, aveva solo da studiare. La signora Sommers però si era rifiutata di lasciare che la figlia non avesse una festa decente e d’accordo con Finn si mise ad organizzare qualcosina già dagli inizi di Novembre, così da avere tutto il tempo di organizzarsi e dividersi le cose da fare. Finn fremeva. Adorava fare questo genere di cose e poi aveva incanalato alla perfezione lo stile di May. Tutto doveva essere giallo e… silenzioso. Diavolo, no! Non aveva capito un cavolo dello stile della ragazza. Aveva un modo molto lavativo di vestirsi e non badava assolutamente alla concordanza dei colori. La signora si occupò del posto: affittò una sala abbastanza grande incorporata ad una chiesetta fuori città mentre Finn degli invitati e la cosa da mangiare. Sarebbe stata una festa da urlo, anche se May avrebbe dato di matto, conoscendola almeno un po’.
Alle otto e mezza del ventidue novembre, la signora Sommers chiamò a gran voce sua figlia, facendola preoccupare e dicendo che la nonna stava male e si doveva correre a casa sua. Un espediente come un altro. Ovviamente lei non si oppose, adorava sua nonna nonostante questa le desse sempre troppo da mangiare.
«Casa di nonna era dall’altra parte della strada, mamma.»
«Sei troppo intelligente per non aver capito nulla.» La ammonì la donna, guardandola. Rimproverandola.
«Ti sto dando un’opportunità per riportarmi a casa.» Rispose dunque May.
«No, tesoro…» Rispose facendo un cenno negativo con la testa e sorridendole stancamente, come sempre. May sbuffò. Avrebbe ammazzato sia sua madre sia il complice che la salutava con un sorriso stampato in volto.
«Arrivederci, signora S.» Salutò Finn. La “signora S.” mosse la mano salutandolo e tornando da dove era arrivata.
«Oh, Finn Carrol, ti ammazzo. E ti ammazzerò così lentamente che mi chiederai pietà per farti cessare di soffrire.» Fece May, avvicinandosi a lui, minacciosa puntandogli un dito contro.
«Calmina tigre!» Le disse lui, guardandola. «Andrà bene. Ho anche chiamato una band per suonare alla tua festa, dovrebbero arrivare un poco più tardi, però…»
«Seh, seh. Ti odio lo stesso e ho fame.»
 
*
 
«Sono in ritardo.» Disse May, guardando l’amico, seduta su una sedia, mentre osservava la gente muoversi, ballare e divertirsi alla sua festa.
«Chi, tesoro?» Chiese Finn.
«Come chi? La band. Mica possiamo ancora utilizzare lo stereo. Quanto dovrà pagare mia madre di corrente?»
«Dannazione, se tua madre mi avesse avvisato che - » Il suo discorso si interruppe perché, suonarono alla porta. « - non ho finito, ovviamente, aspettami.» May sbuffò ancora, guardandolo allontanarsi ed aprire la porta ad altra gente. Per un secondo aveva pure sperato che fosse la band tanto attesa. Chissà quali sfigati avevano raccattato in meno di venti giorni. Non poteva essere una band famosa e poi non si era nemmeno mai confidata con Finn su quale genere musicale le piacesse. Sentì il cellulare vibrare, lo prese, veloce tra le mani, controllandolo. Un nuovo messaggio. Jay. Il cuore le passò dall’altra parte, se era possibile… Pensò che fosse uno scherzo, che… dannazione, non si sentivano da un sacco di tempo. Si era ricordato del suo compleanno. Finn fece in tempo ad avvicinarsi a lei, che ancora non aveva letto il messaggio.
«Chi è?» Chiese dunque il moro, guardandola.
May si grattò la fronte, sistemando il lungo ciuffo biondo dietro l’orecchio, inspirò a fondo. «È Jay… Ti ricordi? Te ne ho parlato…»
«Sì, è il tipo che hai frequentato in Francia, mi ricordo.»
«Spagna, Finn! – Fece lei, guardandolo. – Leggilo tu!» Gli passò il cellulare, osservandolo mentre apriva il messaggio.
«Ehy, May! – Iniziò Finn, leggendo con calma. – Siamo a Jakarta, che non ho ancora capito dove sia… Spero che il fuso non ci abbia fottuto. Sennò buongiorno, May!! Noi ti mandiamo tanti auguri di buon compleanno! Noi inteso come Jay, Nathan, Siva, Max e Tom… Ci sono anche Kelsey, Nareesha e Tia, la mia lucertola. Nareesha è la ragazza di Siva, te l’avevo detto e Kelsey è la ragazza di Tom. E’ bionda più di te! – Finn storse la bocca. Jay era un po’ stupido se le diceva della nuova relazione di Tom, ma comunque guardò May, era tranquilla.- Ti mandiamo un abbraccio e, appena Nathan scoprirà dove abiti, anche un bel regalo… TheWanted più rispettive ragazze e lucertole.»
«Ah. – disse poi la ragazza, portandosi una mano all’altezza dello stomaco. - » Finn le sorrise, avvicinandosi per abbracciarla. Il destino le riservava qualcosa di inaspettato, pensò. May pensò al nome… The Wanted. Se avevano un nome, significava che la band stava andando e non poté fare a meno di sentirsi felice.
«Sommers, questa musica mi annoia!» Iniziarono le lamentele generali dei ragazzi che si spostavano dalla pista alle fette di pizza sui tavoli. Almeno tenevano la bocca occupata mangiando, molto meglio.
«Merda, sono in ritardo…» Bofonchiò Finn, guardandosi intorno. May non si pose nessuna domanda, parlava della band. Ma dovevano essere davvero in ritardo, avrebbero preso la metà di quello che gli avevano promesso, ecco. «Li ammazzo tutti! Spaccandogli le loro chitarre in testa… Tesoro, mi aspetti?»
«Se smetti di chiamarmi tesoro, sì.»
Finn sorrise spostandosi, qualcuno si avvicinò a May, facendole gli auguri, lasciandole il pacchetto dei loro regali, qualcuno le chiese dove fosse il bagno. C’era anche Luke, il suo vecchio fidanzato… Con una nuova! Quel ragazzo cambiava le ragazze come le mutande, mentre lei studiava come una dannata per non pensare ad un unico ragazzo. Quando era diventata un’adolescente come le altre, col cuore in mille pezzi che affondava il dolore nel cibo? Che stronzata.
«Eccoli, eccoli…» Fece Finn eccitato, perché poi? Bussarono alla porta, attirando l’attenzione di tutti, non appena entrarono nella sala. May mangiava un pezzo di pizza, portato da Chantal, una persona che, onestamente, non conosceva, quando sentì la voce di Nathan. Merda.
«Finn Carrol… Ti odio.» Sussurrò al ragazzo che l’osservava da lontano, mentre aspettava che tutti e cinque i ragazzi entrassero nella saletta. Jay alzò lo sguardo, sorridendole, facendole un cenno con la mano. Jakarta, eh? Si piazzarono al centro della sala, con i microfoni che May ancora non aveva notato, Nathan ne prese uno.
«Jakarta non ci piaceva tanto – storse il muso, sorridendole. – E, avendo un amica a Londra, abbiamo pensato di farci un salto… Almeno qui capite come parliamo!» Nathan rise. La gente rimase un po’ a fissarli. Cioè, come aveva fatto Finn a portarli qui? Era… assurdo, quasi. Dovevano essere in tour con tutta quella buona gente nominata da Jay… Ma Jay era lì e giocherellava con un tamburello, con i capelli che gli cadevano morbidi sul viso e i suoi occhioni cercavano lei.
«Non ho ancora una soluzione, ci sto pensando… - Iniziò Jay, che prese posto al centro della sala. Uhm… - Ma… io sono qui, May. Sono tornato in fin dai conti… Quindi, stiamo a casa per le vacanze, almeno una settimana, poi non lo so… Ricordi le relazioni a distanza? Proviamoci. Prima o poi tornerò sempre a casa da te.»
A parte il fatto che le aveva fatto una specie di dichiarazione davanti a tutti, e terminato di parlare lui, si erano girati verso di lei, aspettando una risposta che tardò ad arrivare. Che cogliona, stava aspettando troppo come sempre. Se non poteva averlo, avrebbe dovuto mandarlo via tempo fa. Ma lei voleva quel ragazzo e, con un sorrisone, annuì.
 
*Ciaociaociao.*
Ma… è finita. Oddio, è finita davvero. Questa ff sa di estate, perché se non sbaglio l’ho iniziata a luglio… euh. E’ male fisico quello che senso? E’ il mio cuore che smetti di battere… ç_ç Ce la farò non preoccupatevi per me.

Ci sono due cose/tre cose da dire…
- La prima è che questo finale non era quello giusto per questa ff. Doveva avere un altro finale, TOTALMENTE diverso da questo. Era un finale diverso… Credo che non vi dirò nulla, perché ci scriverò un’altra cosa su quello, spacciandola come una one shot. ( No, questo fandom non lo abbandono, vi farò arrivare un sacco di cose scritte. ) E’ stata cambiato il finale perché ho ricevuto una minaccia di morte da Francesca ( aka grofflicius qui su EFP ) quindi se vi ha fatto più piacere questo finale ringraziate lei, sennò ammazzatela. No. Se doveste farlo non m’importa…
- Sto ancora soffrendo per i miei bambini… Jay e May ( McSommers rulez. Io shippavo per la Tay, volevo dirvelo!! ) sono così jhfcjdhf, come fanno ad essere tanto belli? Forse è per questo che soffro tanto a lasciarli. Sono una parte di me… Li amo troppo e ho già concluso…
- Tre. Se siete arrivate fino a questo capitolo e avete letto ogni singola parola di questa storia, grazie. Grazie mille per avermi supportato, per avermi seguito e fatta sentire speciale. May sono io e vedere tanto affetto nei confronti della ragazza mi fa sentire amata come non mai. Io e la mia ciccina ve ne siamo grate… Davvero. Sono arrivata qui che credevo che questa ff sarebbe finita del dimenticatoio molto presto e invece l’avete messa nelle seguite, preferite… Grazie a chi ha recensito, lasciandomi un parere. A chi non l’ha fatto ma mi a seguito comunque, in silenzio. Grazie per le preferite e le seguite… Grazie di tutto.
Ma un ringraziamento speciale va a Francesca ( merda! ) che mi ha ispirato questa storia, che l’ha resa davvero fattibile e che mi ha sempre, sempre spronato a scrivere. ♥♥
 
Grazie ancora di cuore,
Marti.
   
 
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