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Autore: AgnesDayle    02/10/2012    5 recensioni
In un Mondo Magico sconvolto dalla guerra, Hermione Granger ha ormai perso la sua estate, costretta a vivere in una linea di confine tra il bene e il male. Non sa, però, che Draco Malfoy ha stretto un patto con Voldemort e che è pronto a tutto pur di salvarle la vita.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Voldemort | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Nel vento ostile


Nel vento ostile:

l’ultimo giorno di vita di Hermione Granger


 

16 ottobre 2004

Era un osservatore molto attento.
In passato, quando ancora il suo mondo era perfetto e l’Oscuro qualcosa su cui poter solo fantasticare, suo padre aveva l’abitudine di portarlo all’esclusivo Club dei Duellanti cui era iscritto. In quelle occasioni, Lucius lo faceva accomodare accanto a sé e lo invitava a osservare i duelli che si susseguivano davanti a loro, facendogli notare ogni più piccolo movimento.

Rotazione della mano verso destra: Petrificus Totalus.

Braccio piegato verso il petto: Protego Horribilis.

Bacchetta puntata in basso: Impedimenta.

Ma il duello cui stava assistendo in quel momento non sarebbe terminato con una stretta di mano né con un brindisi al vincitore. I movimenti serrati, i violenti scoppi e le fugaci scintille promettevano solo un esito e lui non poteva fare altro che aspettare.
Del resto, Draco Malfoy era un osservatore molto attento. Niente di più.
Fu così che riuscì a vedere, senza comprenderne fino in fondo il significato, il passo sbagliato che avrebbe interrotto la furiosa danza che fino a quel momento aveva sconvolto la sala d’ingresso della Gringott, lasciandola pressoché distrutta: il corpo leggermente sbilanciato in avanti, la stretta sulla bacchetta un po’ meno salda, gli occhi offuscati da un’inspiegabile resa.

— Avada Kedavra.

Nella luce verde che seguì quelle gelide parole, un sibilo raggiunse il corpo di Hermione, strappandone la vita come il vento d’autunno con le foglie. Quasi riuscì a vederla, quella foglia rossastra, appena ingiallita dalle sofferenze degli ultimi anni, che lasciava i rami rinsecchiti e prendeva a vagare nel nulla.
Fu solo in quel momento, mentre il corpo della ragazza si afflosciava su stesso in modo innaturale, che Draco distolse gli occhi e trovò la forza per cacciare fuori un urlo strozzato.
Non fu più capace di percepire il tempo, dimenticò rischi e paure: un unico pensiero illogico occupava la sua mente ed era quello di raggiungerla. Se ci fosse riuscito, qualcosa sarebbe sicuramente cambiato. Ne era assurdamente certo.

— Ma guarda… Un Malfoy che si dispera per una Sanguesporco,— commentò la voce che aveva popolato i suoi peggiori incubi negli ultimi sei anni.—  Chissà cosa direbbero i cari Lucius e Narcissa…

Lo ignorò, continuando a correre verso Hermione.

— Purtroppo non lo sapremo mai, vista la loro triste dipartita.

Forse voleva provocarlo, forse non desiderava ucciderlo a sangue freddo e preferiva scatenare una reazione in lui, così da poter dare inizio a un altro duello mortale. Draco, però, non era un uomo d’azione, non era fatto per le gesta eroiche da Grifondoro né per le mosse intelligenti da Corvonero o quelle leali da Tassorosso. Era un Serpeverde, lui. E questo, in tutti quegli anni di guerra, non era mai cambiato.

— Suppongo che il buon vecchio Lucius ti Crucierebbe fino a farsi bruciare la bacchetta tra le mani. E se questo non fosse sufficiente a farti rinsavire, ti scaglierebbe un Imperius permanente. La cara Narcissa, invece, si dispererebbe oltraggiata, ma come sempre cercherebbe di coprire la tua colpa agli occhi di tutti. Del resto, è morta per questo motivo.

C’era un vuoto nel suo petto, che gli impediva di percepire tutto il resto. Persino le parole del Signore Oscuro, fredde e provocatorie, gli arrivavano solo a tratti, senza mai penetrare veramente quel vuoto che aveva dentro e che aveva iniziato ad allargarsi quando, ormai sei anni fa, aveva perso la prima persona cara a causa di quella guerra: l’amico di sempre Vincent.

— Da parte mia, invece, posso capirti.— disse senza mostrare impazienza per il suo silenzio e quelle parole, forse per il significato o forse per le odiose esse sibilanti, accesero una luce di interesse nella sua mente.— La Granger non è una comune Sanguesporco, anzi oserei dire che non è nemmeno una comune strega. Posso capire la tua infatuazione.

No, non poteva. Hermione Granger aveva sempre rappresentato ciò che lui non sarebbe mai stato. E se in passato, da ragazzino, il desiderio per lei era stato poco più di un prurito, un fastidioso pungolo che aveva gestito con la sua amata tendenza alla dissimulazione, negli ultimi anni si era trasformato in qualcosa di ben diverso di una semplice infatuazione. Hermione rappresentava ciò che lui non sarebbe mai stato, ma che adesso sarebbe voluto diventare. Rappresentava la promessa di un cambiamento e, per quanto potesse essere illusoria, Draco era sopravvissuto solo grazie a lei e ai giorni, alle notti, ai baci che gli aveva concesso.

— Credo che senza il suo aiuto, Potter non avrebbe resistito così a lungo. Eppure, da tempo mi sono convinto che non sia di ristrette vedute come il suo amico. Anche oggi, mentre duellavamo, nei suoi occhi c’era un certo piacere perverso quando scagliava gli incantesimi più letali.

Adesso, negli occhi spalancanti di Hermione, c’era solo il vuoto. Lo stesso vuoto che mi riempie il petto?, si chiese mentre si piegava sulle ginocchia e avvicinava le dita al viso immobile della ragazza. Li chiuse e, come per un riflesso spontaneo, anche lui dovette serrare i suoi. Hermione era morta.

— Cosa vuoi?— si costrinse a domandare, provocando una sinistra risata alle sue spalle.

— Concederti la possibilità di salvare la tua Sanguesporco, che altro?

Draco richiamò alla mente le parole che gli aveva detto sua madre qualche giorno dopo la battaglia di Hogwarts, poco prima che venisse trovata in un vicolo di Londra fatta a pezzi: “Qualsiasi promessa ti faccia, qualsiasi patto ti proponga, ricorda che l’Oscuro non fa mai niente senza che ci sia un prezzo da pagare.”

— Perché dovresti prenderti questo disturbo dopo averla uccisa?

A fatica si sollevò e con ancora più difficoltà rivolse gli occhi verso il mago più potente e pericoloso di sempre, che alla sua domanda piegò il capo deforme verso destra e lo scrutò con curiosità indolente, rigirandosi la bacchetta che si mormorava fosse appartenuta a Silente.

— Oh, nessun disturbo, credimi. La domanda piuttosto è un’altra: riusciresti a cambiare Hermione Granger?

— Cambiare?— domandò iniziando a intuire quale fosse il prezzo che gli avrebbe chiesto.

— Voglio la Granger tra le fila dei miei Mangiamorte. Con le sue informazioni e le sue sorprendenti capacità, sarà decisiva per l’esito della guerra contro l’Ordine.

— Hermione non tradirebbe mai i suoi amici.

Voldemort sorrise e Draco pensò che continuava ad essere il peggiore sorriso che avesse mai visto.— Forse la vecchia Hermione, ma non giurerei lo stesso sulla ragazza contro cui ho combattuto oggi. Puoi forse dire che in tutto questo tempo la sua innocenza sia rimasta intatta? O che magari non l’hai mai vista infierire su un nemico a terra con troppa veemenza?
Draco tacque e, dall’espressione soddisfatta che gli rivolse, questo per Voldemort dovette valere quanto un’ammissione. Il fatto era che avrebbe anche potuto negare la verità, ma non riusciva a vederne il senso. Hermione era cambiata e, negli ambienti vicini all’Ordine della Fenice, si mormorava delle preoccupazioni che quel cambiamento aveva destato nei suoi compagni di sempre.

— Forse basterebbe raccontarle di ciò che hai visto oggi, di come l’hai vista morire. Sai Draco, gli eroi sono sopravvalutati: la morte resta sempre un forte incentivo per tutti.

Morte.

Cambiamento.

Hermione.

Draco sapeva di non essere un eroe, nella sua vita non c’era una sola azione di cui potesse andare fiero. Non sapeva, invece, se per Hermione la morte avrebbe fatto la differenza di cui parlava l’Oscuro, ma per una volta si lasciò guidare dall’istinto così da prendere la sua decisione senza riflettere troppo sulle conseguenze e con un unico pensiero fisso: salvare Hermione.

— Cosa devo fare?

Voldemort annuì, senza celare la sua soddisfazione, e con un gesto della bacchetta scagliò un potente fascio di luce poco lontano da loro. La luce, dalle sfumature cangianti, iniziò ad espandersi fino a dare vita a un portale.

— Da lì tornerai indietro, precisamente a ventiquattro ore fa: l’ultimo giorno di vita di Hermione Granger.

Mentre il ragazzo spariva in un lampo di luce, il Signore Oscuro si concesse una breve risata. Era raro che avesse qualcosa per cui gioire, ma quel giorno avrebbe festeggiato: se il giovane Malfoy in un caso improbabile fosse riuscito nella sua impresa, avrebbe sottratto all’Ordine uno dei componenti più validi; se non ci fosse riuscito, lei sarebbe morta comunque.
In ogni caso, la vendetta sui Malfoy era stata portata a termine.
Draco lo avrebbe scoperto alla fine di quell’unica giornata.


***
15 ottobre 2004

 Gli abitanti di Torphichen, un suggestivo villaggio poco distante da Bathgate, erano abituati  da sempre agli stranieri. Soprattutto nel periodo di luglio e agosto, le sparute strade venivano popolate da appassionati di storia medievale e ordini religiosi cavallereschi,  in cerca del famoso Priorato e di croci celtiche. Quei volti sconosciuti, per quanto insoliti o eccentrici, non si fissavano mai nella memoria della gente del luogo, fin troppo consapevole che nel giro di qualche giorno non li avrebbe rivisti mai più.
Forse era questo il motivo per cui la sfuggente Emma Falling era riuscita, suo malgrado, a suscitare una certa curiosità. Era una donna vestita in modo sempre impeccabile, taciturna ma dal sorriso cortese; solo di rado si mostrava in paese, con una bicicletta color lavanda e una borsetta perfettamente abbinata al cappello e alle scarpe. Nulla di cui valesse la pena parlare, quindi. Ma c’era qualcosa in quella sconosciuta che inspiegabilmente attraeva gli abitanti di Torphichen: alcuni di loro si erano domandati che età potesse mai avere, con quell’atteggiamento fin troppo giovanile e disinvolto per le rughe che le segnavano il volto; altri si erano chiesti come potesse vivere nel vecchio cottage dei Macpherson, senza aver mai chiamato qualcuno per ristrutturarlo; altri ancora dicevano soltanto che quella straniera portava guai e che non poteva trattarsi di una semplice studiosa dei Cavalieri Ospitalieri, come aveva più volte spiegato alla pettegola Gillian Forbes.
Erano passati diversi mesi dal suo trasferimento nella campagna scozzese, ma Emma Falling, conosciuta nel Mondo Magico come Hermione Granger, continuava a non passare inosservata all’interno del villaggio. A volte, quando grazie all’incantesimo di Disillusione aveva potuto ascoltare indisturbata le chiacchiere della gente su di lei, si era convinta che la magia fosse in grado di lasciare un’esigua traccia anche nei Babbani, così da renderli  in qualche modo sensibili alla presenza di un mago o di una strega e non lasciarsi convincere del tutto da una Pozione Polisucco che avrebbe ingannato anche il più potente mago di sempre.
Appena tornata a casa dopo una breve visita alla bottega dei Forbes, Hermione ebbe il tempo di sistemare la spesa con un distratto movimento di bacchetta e dare una rapida occhiata all’antico orologio a cucù della sala pranzo,  prima di tornare di nuovo fuori, all’aria fresca di ottobre, diretta al luogo dell’appuntamento.
Avvolta in una giacca di panno, Hermione camminava senza alcuna fretta, scrutando il paesaggio ormai divenuto familiare. L’erica in fiore, con i suoi colori vivaci, si faceva sempre più rada, lasciando che la terra si riempisse di un tappeto scricchiolante di foglie rosse e gialle e l’aria si impregnasse dell’odore dolciastro di frutti ormai guasti. Aveva atteso l’autunno con un’ansia crescente, quell’anno. Lo aveva desiderato nei giorni in cui il sole era stato troppo luminoso e l’aria troppo allegra per il suo stato d’animo. Adesso, al tramonto, non si chiudeva più in casa in attesa di un segnale dell’Ordine, ma trovava la forza di uscire e percorrere i sentieri deserti, mentre ogni pensiero razionale ed emozione venivano cancellati dalla nebbia che, silenziosa, aleggiava intorno a lei.
Aveva compiuto venticinque anni meno di un mese prima, Hermione e la sua estate era finita da tempo. E sebbene gli ultimi anni fossero stati sconvolti da tanti lutti e tradimenti, ancora oggi era convinta che l’estate fosse sparita dalla sua vita quel famoso due maggio, quando la vittoria era stata ad un passo da loro ed era bastato un attimo perché si dissolvesse, portata lontano dal vento ostile. Nulla era bastato: né la morte di Nagini né l’inaspettato inganno di Harry. Voldemort, rimasto sprovvisto dei suoi terribili Horcrux, non aveva perso tempo ad abbandonare il campo della battaglia, mostrando al mondo quell’istinto di sopravvivenza tanto caro ai Serpeverde.
Non c’era stata più nessuna pace, nessuna gioia da quel momento. Solo un ostinato vento contrario che ad uno ad uno li aveva strappati, impietoso, da quel ramo che era la vita, lasciandoli marcire a terra poco prima di venire trascinati inesorabilmente nel nulla.
Hermione sollevò lo sguardo e sorrise amara alla vista delle foglie che, imperterrite, continuavano ad aggrapparsi ai rami, nonostante non ci fosse più traccia di verde in loro e avessero un colore ancora più scuro e smorto di quelle che già giacevano a  terra. Lei, Harry e tutti gli altri erano quelle foglie: combattevano senza speranza e continuavano a farlo solo perché era l’unica cosa che sapessero fare, ma dentro di loro, in fondo, erano già morti  e presto il vento ostile sarebbe giunto a trascinarli via con sé.
Si chinò e raccolse una foglia di quercia che subito si sgretolò nel pugno che la strinse.

— So che sei qui.

Lui non disse nulla, costringendola ad alzarsi da terra e cercarlo con lo sguardo. La bacchetta in mano.

Era strano rivivere quella scena, pensò Draco osservandola tra le querce e gli abeti.
Ricordò che le aveva fatto notare come la Polisucco avesse esaurito i suoi effetti, mostrando al mondo
i suoi occhi castani e i capelli ispidi. Stavolta non trovò la forza per ripetere quelle parole.

Malfoy la fissava, indecifrabile come ad ogni incontro. Eppure c’era uno strano rossore sul suo viso, un’inquietante luce nei suoi occhi solitamente freddi. Ma Hermione non gli chiese spiegazioni, ricordando a se stessa come il ragazzo tendesse a chiudersi in un silenzio gelido davanti a qualsiasi domanda personale.

— Sei più silenzioso del solito.— disse alla fine.

Sorrise, ma fu un sorriso strano. Diverso.— Ero affascinato da quel che vedevo.

Lo guardò, chiedendosi se quel complimento fosse sincero. In tutti quegli anni non era mai riuscita a comprenderlo. E non sapeva se fosse a causa dei suoi pregiudizi o se dipendesse da lui, ma Hermione non si sarebbe mai fidata di Malfoy. Ancora ora, nonostante tutto, una parte di sé lo odiava. Dopo la patetica fuga da Hogwarts, Voldemort aveva punito duramente coloro che lo avevano tradito e deluso, scatenando una nuova ondata di terrore. Adesso non restava altro Malfoy, se non quello che le stava di fronte: Narcissa, per quella bugia che avrebbe potuto portare alla sconfitta dei Mangiamorte, era stata Cruciata per giorni e giorni e solo dopo tempo si era scoperto da chi…Da Lucius stesso che, soggiogato dall’Imperius dell’Oscuro, dopo aver ucciso la moglie, era stato costretto a gettare un Ardemonio su Malfoy Manor e entrarvi dentro, in attesa della morte. Ma neanche questo era stato sufficiente a dare vita a un cambiamento significativo nel ragazzo. Ancora adesso, si ostinava a stare in bilico tra due mondi in lotta: parecchi anni prima aveva iniziato a collaborare con l’Ordine, passando utili informazioni sull’identità dei Mangiamorte e sui movimenti di Voldemort stesso. Ma nulla più di questo. L’azione non faceva per lui, le aveva spiegato in passato. Ma ai suoi occhi—che troppe volte avevano pianto morte, che troppo spesso avevano dato morte—, Draco continuava ad essere il codardo che non era stato capace né di uccidere né di salvare Silente. In bilico, tra l’estate e l’inverno, tra il bene e il male, la vita e la morte.

— Potrò mai dirti qualcosa di bello, senza che tu mi debba guardare in quel modo?— sbuffò, mentre le si avvicinava.

— Così come?— chiese, stringendo la presa sulla bacchetta. Forse una sciocchezza, forse una vecchia abitudine nata ai tempi di Hogwarts. Ma in fondo Malfoy non era mai cambiato: perché avrebbe dovuto fidarsi di lui?

Il ragazzo finse di pensarci.— Diffidente…— fece un passo verso di lei.— Ostile…— ne fece un altro e le fu davanti.— Potrei anche smettere di baciarti, sai?— domandò, con un sorriso appena accennato.

Hermione gli mise le mani sul petto, annullando ogni distanza tra loro. Si baciarono e fu un bacio diverso da tutti quelli che si erano scambiati in quei mesi… In quei mesi che si erano rivelati privi di senso, in cui un giorno Malfoy era soltanto un informatore scomodo, il giorno dopo era diventato l’informatore scomodo che all’improvviso l’aveva baciata e quello dopo ancora l’informatore scomodo con cui si era spinta ben oltre i semplici baci. Non che se ne fosse scoperta innamorata da un giorno all’altro. Non era tempo per l’amore, quello né d’altra parte credeva possibile un amore per Draco. La verità era che, per quanto la detestasse, c’erano momenti in cui aveva invidiato la capacità di Malfoy di stare immobile, indifferente al vento ostile che, inesorabile, aveva strappato via un’esistenza dopo l’altra. Hermione aveva desiderato fermarsi un attimo, assaporare il gusto del grigio, sostare sull’orlo di un precipizio. E quando lo aveva fatto, si era scoperta più simile a lui di quanto avesse mai potuto immaginare: non era più la Grifondoro d’un tempo, fiera e sicura della bontà di ogni sua azione; adesso c’erano macchie scure sulla sua bacchetta e la sua stessa bontà era stata messa in crisi dalla morte di Luna, dal dolore dei Weasley, dal tradimento di Seamus.
La sua estate era finita. Adesso anche lei viveva in un perenne autunno, tra il bene e il male, tra la vita e la morte.

— Perché sei qui?— le domandò diverso tempo dopo, mentre se ne stavano nudi sotto le coperte del suo letto.

Si mosse, nel tentativo di coprirsi meglio.— Perché è casa mia?— rispose alla fine, sollevando le sopracciglia.

Non si stupì quando le rivolse uno sguardo infastidito.— Non fingere con me, Hermione. Perché sei qui? Cosa cerchi?

— Io…— cominciò in difficoltà, ma non c’erano parole né ragioni nella sua mente.

— Tu?— la spronò spazientito dal suo silenzio. Dal momento che non diede segno di voler rispondere, continuò:— Non lo sai o non vuoi saperlo. Eppure non è così difficile. Cerchi il cambiamento, Hermione. E io posso dartelo.

— Cosa intendi?

Draco si alzò e andò alla ricerca dei suoi vestiti.— Adesso verrai con me. Ci sono dei luoghi che devi vedere.

— Ma se Harry…— protestò alzandosi dal letto.

La interruppe con un gesto della mano.— Harry ti raggiungerà grazie a quelle monete che usate per comunicare. Quando ti cercherà, ti lascerò andare.

E ti guarderò di nuovo combattere e morire.
Forse stavolta sarà diverso, però.

***

Il primo posto in cui si Materializzarono era terribilmente freddo, al punto da sembrare che l’autunno fosse finito da molto tempo. Si trovavano circondati da imponenti montagne  dalle cime innevate e il vento gelido frustava ininterrottamente i volti nudi. Presa da un iniziale smarrimento, Hermione fu destata dalla mano di Draco, che cercò la sua e, in una presa salda, la condusse in direzione di una collina.
— Dove siamo?

— In questo momento non importa. Cerca di fidarti, per una volta…— le rispose senza nemmeno voltarsi a guardarla.

Quelle parole furono seguite da un silenzio scomodo, spezzato unicamente dal suono dei passi sulla neve e dai fischi ostili del vento.

— La prima volta che sei venuta da me, era successo qualcosa. Adesso voglio sapere cosa ti aveva sconvolta al punto tale da cercare proprio me.

Hermione non capiva perché Draco avesse atteso così tanto tempo per chiederle spiegazioni. Non che si fosse mai aspettata una domanda di quel genere, quello che davvero la stupiva era quell’improvvisa e apparentemente immotivata curiosità. Decise di rispondere, perché in fondo era pur sempre una persona razionale, consapevole delle sue scelte. A quella domanda aveva già dato una risposta diverso tempo fa.

— È stata la notte in cui abbiamo riportato a casa Ginny.

— Ah, quindi eri talmente felice che volevi festeggiare con un ex Mangiamorte.— commentò dedicandole un’occhiata vagamente divertita da sopra le spalle.

Hermione lo guardò male, ma continuò comunque a parlare. Aveva atteso così tanto di poter spiegare le sue ragioni a qualcuno che non fosse lei stessa che adesso era presa da una strana urgenza.— Era passata quasi una settimana dalla sua scomparsa e finalmente avevamo catturato Alecto Carrow. Avevamo terminato la Veritaserum e non c’era niente e nessuno che la potesse indurre a parlare. Harry era sconvolto, la guardava con autentico odio e io…— dovette deglutire al ricordo di quelle ore interminabili,— Io alla fine ordinai a tutti di uscire dalla stanza e lasciarmi sola con la prigioniera. Come sempre, tutti mi assecondarono, forse convinti che avessi avuto una delle mie idee brillanti.— si fermò bruscamente, costringendo Draco a fare lo stesso.— Non c’era nulla di originale in quello che feci ad Alecto Carrow.

— L’hai Cruciata.— concluse Draco, voltandosi a guardarla. Era serio, non c’era traccia di ilarità negli occhi grigi che la scrutavano.

Hermione distolse gli occhi non appena annuì.— Ma non fu sufficiente e così dovetti scagliare anche un Imperius. Quella notte Alecto morì e Ginny fu salva.

Draco le prese di nuovo la mano e riprese a camminare verso la collina.

— Quella notte hai scoperto un nuovo lato di te, qualcosa che ti ha fatto una tale paura da cercare proprio me: non abbastanza buono da considerarmi tuo amico, non abbastanza malvagio da uccidermi.

Hermione sollevò gli occhi sorpresi e li posò sulla nuca del ragazzo che continuava imperterrito a fare un passo dietro l’altro. Avrebbe voluto fermarsi, ma lo assecondò.— Quella notte ho scoperto che se voglio, se ho una buona ragione, posso essere crudele come loro.

Le rispose una fievole risata, che di divertito aveva ben poco.— Crudele come loro, dici? Guarda lì.— le disse, fermandosi improvvisamente.

Dovette impiegare qualche momento prima di comprendere cosa significasse ciò che stava guardando. Si trattava di due vecchi capannoni industriali che sembravano cadere a pezzi, avvolti in una cupola evanescente che Hermione identificò come una miriade di incantesimi di protezione. Ma non fu questo a toglierle il fiato, quanto piuttosto il macabro scenario che si stagliava tra le due strutture: non erano fantasmi, come aveva ipotizzato in un primo momento, né Inferi; erano uomini e donne, come lei e Draco. Forse più come me, si disse mentre scrutava le figure pressoché svestite che si aggiravano all’interno di quello spazio.

— Sono Nati Babbani, vero?

— Non ti muovere da qui. Se andassi avanti, l’incantesimo di Disillusione si spezzerebbe e ci vedrebbero.— l’avvertì avvolgendola in un abbraccio che più che una protezione le sembrò un modo per tenerla ferma.

— Cosa fanno? Che posto è?

— L’Oscuro ha incaricato alcuni esperti o presunti tali di scoprire come sia possibile per un Babbano rubare la magia.

— La magia non si ruba.— protestò lei, orripilata all’idea del genere di incantesimi e torture potessero essere inflitti in quel luogo infernale.— Dobbiamo salvarli.

Quasi odiò il sorriso tenero che le rivolse quando le accarezzò la guancia con le dita sottili.— Domani verrai con i membri dell’Ordine. Oggi saresti sola contro tutti, sai che io non ti sarei utile.

— Sei solo un codardo,— gridò, scostandosi con rabbia.— Perché mi hai portata qui, allora? Per il gusto di farmi soffrire?

Il sorriso non sparì, ma si fece tagliente.— Li odi, Hermione?— mormorò, prendendole di nuovo la mano e stringendo più forte di come avesse fatto fino a quel momento.

— Sì, li odio. Vorrei…Vorrei farli a pezzi.

A quelle parole si portò una mano alle labbra, terrorizzata come se qualcuno le avesse appena puntato la bacchetta contro. Forse anche di più

— Ecco l’oscurità che cercavi.— disse con calma, impugnando la bacchetta.— Possiamo andare.


***


In un primo momento, Hermione si convinse che la Materializzazione non fosse riuscita e che fossero ancora in quel luogo freddo e innevato. Ormai era notte e, benché l’aria fosse meno pungente, sembrava che la neve continuasse a cadere sulle loro teste. Ma non era neve, la sostanza che turbinava nell’aria e che si stava appiccicando alle loro giacche. Era cenere.
Era un posto che, per sua fortuna, aveva visitato una sola volta nella sua vita, ma le bastò guardare il cancello ormai scardinato e la struttura ormai ridotta a uno scheletro, per riconoscere Malfoy Manor. O quel che ne restava…
L’ala sinistra del maniero era andata distrutta nell’incendio appiccato anni e anni prima dal suo stesso proprietario. Sulla destra, invece, i vetri delle finestre erano andati in frantumi e l’intera facciata era ancora più nera di come apparisse nei suoi peggiori incubi.

— Perché mi hai portata qui?

— In fondo per te è cominciata quella notte…

Non chiese spiegazioni, stavolta. Sì, per lei tutto era iniziato—o finito?— in quell’elegante villa, quando Bellatrix le aveva dato il primo vero assaggio di crudeltà, strappandole insieme al dolore ogni traccia di innocenza.

— Cosa pensavi mentre ti torturava?

I loro volti erano illuminati da una luce fioca, che proveniva da una sottile patina di magia che racchiudeva il Manor, conferendogli un’immagine ancora più tetra. Del giovane riusciva a scorgere solo lo sguardo attento posato su di lei e le labbra sottili appena arrossate dal freddo.

— Pensavo a mentire in modo convincente.

Lui annuì, forse ricordando la spada di Godric e il tono isterico di sua zia.— Magari all’inizio, quando ancora non eri arrivata al punto di perdere te stessa sotto la Cruciatus. Ma c’era qualcos’altro che strisciava nel tuo inconscio e sai a cosa mi riferisco…

— Vendetta.— mormorò, guardandolo duramente.— Volevo che soffrisse quello che stavo patendo io.

Draco accorciò ogni distanza tra loro e, mentre la teneva abbracciata a sé, le parlò con voce sottile, lasciando che il suo respiro le accarezzasse il collo.— Sì, anch’io provavo un senso di vendetta in quel momento. La parte più razionale e spaventata di me lo negava, ma in fondo provavo un sottile piacere nel vederti subire quel trattamento.— la stretta si fece più forte, non appena cercò di scostarsi.— Tutta quella bontà, quella purezza, quel candore finalmente venivano insozzati dal male, marchiati come lo sono stato io a sedici anni.

— Lasciami.— ordinò, mentre cercava invano di allontanarlo da sé.

Sembrò accontentarla, ma con le mani le artigliò le sottili spalle e strinse fino a farle male. La guardava con occhi assenti, un’espressione crudele ad alterare i lineamenti del viso.— Cosa ne potevi sapere tu dell’oscurità? Per quelli come te è sempre stato tutto facile, tutto chiaro: ci siete voi, con il vostro amore e la vostra vocazione; e poi ci siamo noi, che nasciamo crudeli, codardi, infidi…

— Ho visto il male, l’ho vissuto sulla mia pelle.— farfugliò, dimenandosi allarmata.

Le rispose una risata amara, cattiva.— Sogni Malfoy Manor, Hermione? Sogni di correre tra le sale buie, mentre un grosso serpente ti insegue per divorarti? Di non avere un luogo in cui rifugiarti perché la tua casa è piena di nemici? Sogni gli occhi vacui dei traditori uccisi e le urla sconnesse dei torturati? Le vedi mai le mani sottili di tua madre artigliarsi tra loro e l’umiliazione di tuo padre privato della sua bacchetta?

Smise di muoversi e si abbandonò al suo abbraccio.— Sogno di non essere mai fuggita, di essere rimasta lì con Bellatrix.

— Sei fortunata, allora.

— Perché?

— Io sono bruciato insieme al Manor e a mio padre. Sono la cenere sotto i tuoi piedi.


***

— Fermati. Dove siamo adesso? Perché mi stai mostrando questi posti?

Si erano appena Materializzati in aperta campagna. Aveva perso il senso del tempo, ma viste le prime luci del nuovo giorno dovevano aver trascorso delle intere ore abbracciati davanti al Manor, incerti su chi dei due avesse più bisogno di conforto.

— Volevo che fossi pronta…

— Pronta per cosa?

— Vedi quel rudere?

Poco distante da loro, all’ombra di un imponente faggio dalle foglie ingiallite, c’era una vecchia cascina abbandonata: le imposte sbarrate, la vernice scrostata dei balconi, la ruggine delle inferriate…tutto faceva pensare che quel luogo fosse disabitato da anni. Ma Hermione apparteneva a un mondo dove la prima lezione impartita era proprio quella di non dare adito all’apparenza e neanche quella volta si lasciò ingannare.

— Lì troverai l’uomo che stai cercando da anni.

— Come fai a sapere chi sto cercando?— si sentì domandare, con voce improvvisamente tesa.

Draco la guardò con sufficienza.— Per favore, abbi il buon gusto di non insultare la mia intelligenza!

— Come fai a esserne certo?

— Sai, nonostante tutto il tuo disprezzo, a volte è utile non prendere posizione in una guerra. I traditori sono portati a fidarsi di quelli come me, ad accettare da bere, inconsapevoli del Veritaserum che è stato versato un attimo prima.

Traditori…

Svanì in un lampo e riapparve a qualche metro di distanza dalla porta. Bastò un cenno della bacchetta perché questa scoppiasse in una nuvola di detriti.

— Homenum Revelio!— urlò, appena fu dentro.

Un fiotto di incantesimi la raggiunse da un angolo buio, alla sua sinistra, ma si rivelarono troppo fragili e lenti per Hermione, che non ebbe problemi a neutralizzarli e a lanciare uno Schiantesimo. Dal tonfo che ne seguì, capì che quella patetica battaglia era già terminata.
Prese a camminare in direzione del nemico — il traditore…—, ma fu colta alla sprovvista dall’improvvisa luce che illuminò la stanza. Si girò allarmata per tirare subito un sospiro di sollievo alla vista di Malfoy impegnato ad aprire le persiane con cenni distratti della bacchetta.
Quando tornò a guardare dritto davanti a sé, dovette chiudere gli occhi alla vista del corpo ai suoi piedi.

— Expelliarmus.— respirò profondamente,— Incarceramus.— un altro respiro,— Innerva.

Quando i loro occhi si incontrarono, Hermione seppe che Draco non le aveva mentito.

— Sei stato tu.

Gli occhi del traditore si riempirono di lacrime e Hermione avrebbe voluto ferirlo per ogni lacrima versata.

— Hermione, per favore…

Crucio.— non urlò, non pianse, fu mortalmente calma mentre lo guardava contorcersi. Non c’era traccia di calore dentro di lei, solo gelida soddisfazione. La sua mente, lucida come sempre, le suggerì che era inevitabile: la sua estate era finita.

Crucio.

La sua estate aveva occhi celesti che da insicuri si facevano improvvisamente protettivi.

Crucio.

La sua estate era un posto riservato solo a lei nello scompartimento di un treno, l’odore delle pergamene nuove mescolato a quello delle Api Frizzole.

Crucio.

La sua estate aveva un solo colore: quello della sua Casa, quello dei caminetti della Torre, quello dei suoi capelli.

Crucio.

La sua estate era finita il due maggio, la notte in cui Seamus Finnigan aveva ucciso Ron.

Ava…— le parole si incastrarono in gola, raschiando e ferendo.

Solo allora si rese conto che le era stata tolta la bacchetta e che qualcuno le stava urlando qualcosa addosso, trattenendola per le spalle.

— Non sei come loro,— le diceva la voce con rabbia.— Non lo sarai mai. Non hai mai cercato Bellatrix per vendicarti. Non hai Cruciato la Carrow per crudeltà, ma solo perché era necessario. Non sei come loro.

Minuti, ore… Quanto tempo dovette trascorrere prima che cedesse alle braccia che la stringevano, Hermione non lo seppe dire con certezza. Ma alla fine lo fece, permettendo a quelle parole di fare breccia nel groviglio confuso che aveva preso il posto della sua amata razionalità.
Non sei come loro…
Nonostante tutto, non era come loro e non lo sarebbe mai stata.

Draco la raggiunse ai piedi del faggio in cui l’aveva lasciata poco tempo prima. La colpì la naturalezza con cui l’abbracciò quando le si sedette accanto, incurante del manto di foglie umide che ricopriva il terreno, triste lascito della vita che giorno dopo giorno stava abbandonando l’albero.

— L’hanno portato in un posto sicuro.

Hermione si limitò ad annuire, incapace di pensare a quello che avrebbe fatto se lui non fosse intervenuto.

— Non fa molto freddo qui,— mormorò nel tentativo di spezzare quel silenzio carico di tensione.

Il sole si era fatto spazio tra le nubi in modo che i raggi facessero capolino trai rami ancora carichi di pioggia ed Hermione potesse dimenticare il freddo patito nel corso della notte.

— L’autunno è sempre imprevedibile,— rispose Draco, stropicciandosi gli occhi arrossati.— Forse è il periodo dell’anno in cui mi rivedo di più.

— Perché oscilla tra l’estate e l’inverno senza mai prendere posizione?— domandò senza nemmeno nascondere il tono sarcastico.

Draco scosse la testa, divertito.— Le persone si lasciano prendere dalla malinconia quando arriva l’autunno, perché credono che le foglie a terra e i rami spogli siano uno scenario di morte. Ma è falso, Hermione: qualsiasi percorso segua, ciò che cade oggi, domani tornerà a guardare il sole.

— Ma non sarà mai lo stesso,— obiettò con gli occhi fissi sulle foglie intorno a loro.

— Sarà più forte.

Si voltò verso di lui e le sembrò di vederlo davvero per la prima volta. Cosa n’era stato di quel ragazzino viziato che aveva giocato a fare il Mangiamorte? Cos’era successo al giovane che, dopo aver scoperto quanto potesse bruciare quel gioco, si era rifiutato di prendere posizione nella guerra? Possibile che fosse cambiato in una notte? O forse era stata lei a non voler vedere un cambiamento lento, ma inevitabile?
Qualsiasi percorso segua, ciò che cade oggi, domani tornerà a guardare il sole.
Hermione sorrise, quando le venne in mente un’idea che per quanto attraente lei stessa trovò assurda: forse Draco aveva visto in lei il suo cambiamento, forse aveva trovato in lei un appiglio per sollevarsi da terra, diverso ma più forte.
Ripensò alla notte appena trascorsa, ai posti in cui l’aveva portata e alle parole che le aveva detto. Rivide tutto ciò che le aveva mostrato sotto un’altra luce, la luce di quel sole che nonostante il pallore riusciva comunque a darle sollievo. Stette per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma fu interrotta dall’improvviso calore emanato dal falso galeone che teneva sempre nella tasca dei pantaloni.

— Si tratta di Harry,— gli spiegò, guardando assorta la moneta,— Ha ricevuto una soffiata su un attacco simultaneo dei Mangiamorte al Ministero e alla Gringrott. Sarà sicuramente un modo per farci dividere, ma non vedo cos’altro potremmo fare se non assecondarli.
Respirò profondamente e si costrinse ad alzarsi, pronta all’ennesimo scontro.

— Potremmo…— mormorò una voce nervosa dietro di lei,— Potremmo andare in quel tuo cottage babbano e riposarci un po’.

Suo malgrado si ritrovò a sorridere, quando incontrò gli occhi grigi venati di un’insolita ansia. Scrutavano la sua figura, come se fossero impazziti, come se fosse l’ultima volta che la vedevano.
Gli accarezzò i capelli e le sembrò il primo gesto tenero che gli rivolgeva. — Ho capito cosa hai voluto mostrarmi, stanotte. Non lo dimenticherò.
Gli voltò le spalle e si Smaterializzò.
Strinse le foglie morte nei pugni, si sollevò da terra e la seguì.
L’ultimo giorno di vita di Hermione volgeva al termine.


***


L’incantesimo di Anteactus era ancora in via di sperimentazione, ma Voldemort sapeva che non avrebbe fallito con il giovane Malfoy. Il meccanismo era molto semplice, in realtà: lo sprovveduto che osava varcare il portale non ne sarebbe uscito mai più, ma sarebbe stato condannato a rivivere per il resto dei suoi giorni quell’unico giorno concessogli, nel disperato quanto vano tentativo di cambiare quel particolare che lo avrebbe liberato.
Quando apparve nella sala d’ingresso della Gringrott, non si stupì nel vedere l’agguerrita Sanguesporco puntare la bacchetta contro di lui, mentre altri combattenti più saggi si allontanavano dalla battaglia. Presero a duellare davanti a Draco Malfoy, come avevano già fatto quasi ventiquattro ore prima. Il cerchio stava per chiudersi: la Granger sarebbe morta e Draco avrebbe rivissuto per sempre quel giorno insieme a un fantoccio, che avrebbe detto e fatto ogni cosa nello stesso identico modo.
Hermione Granger fece il suo passo falso, lo guardò per un momento smarrita e Voldemort non perse tempo a scagliare l’Avada Kevadra.
Seguirono un tonfo e un urlo strozzato, ma era tutto sbagliato.
Il corpo che giaceva inerme, con il capo poggiato sulle cosce di una persona piangente, era quello di Draco Malfoy.


***

A Hermione,
A prescindere da cosa accadrà adesso,
non dovresti avere paura,
perché so che oggi è il giorno migliore
che io abbia mai vissuto:
il giorno del mio cambiamento.






Note:
Ed eccomi con questo nuovo esperimento! Finora la mia esperienza su EFP si è limitata a racconti originali e, anche se da tanto tempo avevo voglia di provare a scrivere una fanfiction, è stato grazie al Contest indetto da ElleSinclaire che ho deciso di buttarmi. Il bando richiedeva una storia ambientata in autunno con protagonisti Draco ed Hermione, una storia che parlasse di guerra e che culminasse con la morte di un personaggio(lo trovate qui!). Il risultato non so davvero valutarlo, perché ho cercato di dare la mia personale visione di un possibile legame tra Draco ed Hermione, senza allontanarmi troppo da ciò che hanno vissuto all'interno della saga. Spero che sarete voi a dirmi se avete apprezzato la storia e se sono riuscita in qualche modo a convincervi che, se la guerra fosse continuata e Ron fosse morto in circostanze così brutte, Draco ed Hermione avrebbero potuto avere una simile chance!
Il titolo e le riflessioni di Hermione sull'autunno sono ispirate alla poesia di Verlaine Chanson d'automne, mentre le ultime parole di Draco sono tratte dalla canzone Videotape dei Radiohead.
Vi ringrazio per aver letto la mia storia,
Agnes

   
 
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