Crossover
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Autore: ToraStrife    03/10/2012    4 recensioni
Ogni mattina, quando sorge il sole....
Si, ma chi si occupa di farlo sorgere, questo sole?
Parallelismo tra due divinità apposite, all'inizio di una loro giornata di lavoro, che spunti il sole dal Monte Olimpo, o da una landa abitata da quadrupedi.
... Ogni mattina, per far sorgere il sole, non importa se sei un Dio o altro, inizia a correre!
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ogni mattina, quando si leva il sole, non importa chi sei, comincia a correre.
La notte stava volgendo al termine. In una terra che nessuno conosce, in un palazzo reale  che non è noto a nessuno, situato in una città di cui tutti ignorano l'esistenza, un regale unicorno alato si abbandonò in un non altrettanto regale sbadiglio.

- E' quasi l'ora. -

Il turno era quasi finito, lo splendido manto stellato che avvolgeva il cielo aveva ormai concluso il suo compito.
Un vigile stallone guardiano, affaticato anch'esso dal peso dell'armatura ed elmo portati, senza sosta, per quelle diverse ore di guardia, colse al volo le parole della sua sovrana, e, dopo una breve conferma presso il cucù alla parete, fece il cenno convenuto a una domestica di passaggio: era venuto il momento di svegliare la sorella.


Una mattina  come tante, lassù, su un famoso Monte dell'Antica Grecia. Eos, la 'Dea dalle rosee dita',  stava frantumando la suddetta gentile descrizione, omaggio di Omero stesso, scrocchiandosi in continuazione le falangi  come un Kenshiro  che si prepara a una battaglia.
Ed in effetti, la sua battaglia quotidiana si stava avvicinando.
Era quasi l'alba e il sole doveva sorgere ad ogni costo: era la prassi che si ripeteva da migliaia di anni, tutti i giorni, perché così doveva essere. Variavano gli orari da estate a inverno, ma il levarsi del sole era un fenomeno che non poteva mancare: sarebbe stato come andare contro la Natura stessa, quella che quel branco di scalmanati, che tutti chiamano Dei, avevano donato al mondo degli umani, e del cui funzionamento avevano piena responsabilità.
La cosa più frustrante era che, in tutto l'Olimpo, lei fosse l'unica ad averne coscienza.
Eos guardò l'ora: mancava poco. Prese i suoi utensili e si preparò per la battaglia.


La domestica passò davanti all'ingresso delle stanze private regali del castello. Quattro occhi severi l'accolsero. Un po' intimidita dalla coppia di guardie reali, la cameriera balbettò la scusa che la costringeva a presentarsi loro davanti.

- E' l'ora. Devo svegliare la Principessa. -

Le espressioni delle guardie si distesero: uno abbozzò persino un sorriso di intesa.

- Lo sappiamo. Passa pure. -

Mentre la timida ancella oltrepassò l'ingresso, si sentì confortata dall'inaspettata frase di gentilezza da parte di una delle guardie.

- A proposito... Buongiorno. -

La cameriera sorrise, e cortesemente rispose al saluto.

- Grazie, e buongiorno anche a voi. -

Sentirsi un'intrusa: era un pò quello l'effetto che dava l'addentrarsi in stanze così private dove sai che risiede una creatura millenaria, di rango talmente elevato da non sapere se considerarla una sovrana o addirittura una dea.
Se non avesse conosciuto a fondo la natura gentile della Principessa, l'umile serva avrebbe quasi tremato come una foglia secca, al timore della reazione del regale unicorno, dopo averle disturbato il sonno.

- Buongiorno cara -

La cameriera fece un urlo soffocato e sobbalzò: non si aspettava certo che la Principessa fosse già desta e pronta ad accoglierla con un radioso sorriso.
Era così presa di sorpresa che si ritrovò, per dirla in termini umani, "nel pallone", e cominciò a farfugliare incomprensibili giustificazioni in preda all'agitazione.
La principessa ridacchiò divertita di fronte alla reazione dell'ancella.

- Oh, cara! Non volevo spaventarti. Calmati, lo so già. Devo prepararmi per sostituire mia sorella. -



Era giunto il momento della grande battaglia. Un nemico implacabile, tenace e particolarmente testardo la stava attentendo. Come ogni mattina tutti i suoi sforzi ed energie sarebbero state impegnate nell'ardua impresa. Ma lei era Eos, la dea dell'Aurora, doveva svolgere il suo compito fino in fondo.
Aprì le braccia che brandivano le armi pronte all'uso, inspirò a pieni polmoni e lanciò il suo terribile urlo di battaglia.

- SVEGLIA PIGRONE!! -

Un baccano infernale si scatenò come mille trombe dell'apocalisse.
Una carica di valchirie sotto forma di onde sonore partì al galoppo in direzione del nemico.
La reazione del nemico si limitò a un girarsi dall'altra parte.
Oltre il fallimento, la beffa: l'avversario le voltava le spalle.
Tentò di picchiare altre volte il gong con la mazza, direttamente vicino all'orecchio di quel fannullone.
Il nemico ripiegò...dentro le coperte.
Piano di emergenza: bombardamento a tappeto, tramite bacinella piena d'acqua gelida.
Il nemico fece una manovra evasiva, schizzando fuori dal giaciglio prima che questi venisse inondato completamente.
- Ehy, ma sei impazzita? - protestò Apollo, l'illustre divinità greca. - Avevi intenzione di bagnarmi? -
- Avevo intenzione di svegliarti, tzé. - specificò stizzita la Dea - E adesso muovi quel maledetto fondoschiena! -
E se ne andò, soddisfatta per aver compiuto il suo dovere quotidiano.
Salvo fermarsi due passi dopo, al sentire il recidivo russare del Dio del Sole.



Per essere ancora buio, la luce magica, che proveniva dalla finestra di una stanza del palazzo, gettava un'aria inconsueta di vitalità.
In pochi comunque potevano accorgersene, dal momento che la maggior parte degli abitanti erano ancora attaccati ai loro giacigli, cullati nel sonno ristoratore che da lì a poco sarebbe volto al termine.
Giusto qualche guardia o qualche lavoratore notturno, un giornalista, un fornaio, avrebbero potuto vedere come dalla stessa finestrella fuoriuscissero nubi di caldo vapore acqueo, reso ancora più evidente dal contrastante freddo della notte circostante.
L'interno della stanza in questione era tutto opaco, per colpa della grande quantità di umidità concentrata, unita al calore dell'acqua che in quel momento stava scorrendo dalla bocca di un gargoyle in marmo.
Una enorme vasca piastrellata con simboli alternati, che rappresentavano rispettivamente un sole infuocato e uno spicchio di luna calante, faceva teatro al consueto bagno regale.
La principessa al suo interno si stava divertendo come una puledrina. Anche se l'orario era decisamente inusuale, quello era uno dei suoi momenti preferiti della giornata.
Niente di meglio che qualche minuto in quell'acqua calda e schiumosa per rilassare il corpo e contemporaneamente scacciare via il torpore portato dal sonno.
L'unica cosa che la sovrana rimpiangeva era il poco tempo concessole per godere di quegli attimi: le sembravano uno spreco quell'enorme quantità d'acqua e sapone, usati per un bagno così breve.
Fosse stato per lei, avrebbe passato ore a giocare con le bolle, lisciare pazientemente le zampe e il manto candido con una morbida spugna imbevuta di bagnoschiuma.
Quel momento della giornata, tra l'altro, la riportava ai bei tempi in cui, ancora piccola, amava giocare  nell'acqua insieme alla sorella.
Migliaia di anni fa, ormai.
Una domestica fece capolino sulla soglia, con in bocca un vassoio sul quale vi era adagiato un morbido e lindo asciugamano, accuratamente piegato: implicito segno che la colazione era pronta e bisognava sbrigarsi.
La regale bagnante manifestò il suo lieve disappunto con uno sbuffo sull'acqua, sollevando piccole increspature e una minuta quantità di bolle.
Si pose sotto il getto del gargoyle per risciacquarsi, e poi uscì dalla vasca, mentre la domestica estese con gli zoccoli l'asciugamano, per poi poggiarglielo sulla schiena.
Una veloce passata sulla testa per asciugarle la criniera, e poi una frizionata lungo le zampe e il corpo, con particolare cura a non tralasciare residui umidi alla base delle ali.
La chioma variopinta, permeata di energia magica, si sistemò quasi da sola, estendendosi, quasi dotata di vita propria, nella sua usuale maestosità, ricordando in parte una bandiera al vento.
La domestica guardò quell'arcobaleno peloso con una punta di invidia: non era da tutti essere dotati di una criniera che non avesse bisogno di spazzola.



- Ogni volta è la stessa storia... ma non ce l'ha un cuore quella lì? -
Apollo aveva salutato il mattino con dei lamenti, ma non gli si poteva, in fondo, dare torto: aveva appena rischiato la vita.
L'aria bruciacchiata del peli della schiena, unita ai brandelli del pigiama, nonché una fiammella ancora accesa su un ciuffo di capelli, erano indizi evidenti sull'azione drastica che era stata effettuata allo scopo di schiodarlo dal suo futon.
O meglio, di quello che non rimaneva del suo futon: ora vi era un cratere, un ground zero annerito, a testimonianza dell'indelicatezza delle Dee dell'Aurora oggigiorno.
L'attuale rappresentante di quest'ultima categoria, Eos per l'appunto, stava ancora ansimando per riprendere il controllo di sé, mentre sulla spalla un bazooka, ancora rovente per il colpo detonato, stava emanando dalla bocca di fuoco un sottile filo di fumo.
Immagino vi stiate chiedendo che ci facesse un bazooka nell'antica Grecia, ma questo solo nel caso non conosciate il mondo di Pollon.
Altrimenti, la cosa non vi avrà stupito più di tanto.
Questo comunque sfatava il mito vociferato fin dalla notte dei tempi, che sosteneva che quando Apollo dormiva, non lo svegliavano neanche le cannonate.
Come appurato, in realtà le cannonate lo svegliavano eccome, si trattava solamente di prendere bene la mira.
L'urgenza di spegnere i residui d'incendio spinsero il Dio verso il bagno.
Un getto d'acqua gelida, che schizzò in piena faccia dal rubinetto rotto e mai riparato (o meglio, riparato da Efesto, il che voleva dire più o meno la stessa cosa), ottenne l'effetto desiderato, anche se non fu affatto una cosa piacevole.
Il contatto con il gelo del lavandino ricordò al Dio di una certa impellenza fisiologica ( è un Dio, ma pur sempre su immagine di uomo).
Immaginate lo sconforto che assalì Apollo nel constatare che l'unico bagno disponibile fosse occupato da Dioniso, intento a vomitare i residui della sbornia, provocata la sera prima dalla nota bevanda del quale era rappresentante.



E avevano anche il coraggio di chiamarla "colazione frugale".
Sembrava tutto fuorché qualcosa di scarno e fatto di corsa.
Una tavola imbandita, curata in ogni particolare, con ogni prelibatezza pensabile.
Qualcosa la cui preparazione che doveva aver messo in moto un esercito di cuochi già da qualche ora.
Una montagna di dolci, ciambelle, bigne, krapfen, e soprattutto torte, delle quali la Principessa andava matta.
Senza parlare della caffetteria: cappuccino all'italiana, qualsiasi tipo di caffé, té, cioccolata calda e chi più ne ha, più ne beva.
Dal momento che era davvero tardi, la Sovrana si limitò a un paio di sorsi del suo tè all'ibisco, nonché un paio di fette (non morsi,
fette) di una torta alla ciliegia dall'aspetto particolarmente invitante.
Anche qui, una delle domestiche presenti sospirò silenziosamente sul fatto che la sovrana sembrasse immune a qualsiasi accumulo di calorie nel corpo.
O forse era lo sforzo magico di dover spostare un astro, a bruciare tutti quegli zuccheri in una botta sola?
La sovrana, finito l'ultimo sorso di tè, posò magicamente la tazzina levitante, e animò il tovagliolo per pulirsi la bocca.
Ormai era davvero venuto il momento di raggiungere la sorella.



Il Dio che stava sostando in quel momento sull'ingresso della cucina somigliava più a Ulisse alla fine della sua Odissea.
Stava ancora ripensando alle saggie parole che gli disse una volta suo padre, capendone finalmente il significato.

"Apollo, 
mio amato figliolo, tu sai che cos'é l'eternità?"
"No, Zeus, padre mio."
"Lo comprenderai solamente nel momento in cui avrai uno scoppione di pancia, e l'unico bagno disponibile sarà occupato"


Ma altre calamità erano in agguato.
Apollo si mise le mani nei capelli, nel constatare lo stato della cucina: sembrava che ci avessero combattuto la Guerra di Troia nell'interezza dei suoi dieci anni. Soprattutto per la parte che riguardava l'incendio della città.
Un fumo nerastro infatti fuoriusciva  dalla zona dove dovevano esserci i fornelli.
Apollo si fece prendere dal panico.
- Aiuto! Un incendio! Accorrete! -
Una veloce indagata alla fonte della nube nerastra fece tuttavia calmare la scenata del Dio. Senza, però, cancellargli l'espressione terrorizzata.
- Papino! Sei sveglio! -
Ad accoglierlo era la dolce e allegra figura di sua figlia, con sorriso, passatemi il termine visto il padre, "solare".
- Pollon! Piccola mia, a quest'ora dovresti essere a letto! -
Apollo si perse per un attimo nel viso della bambina, ideale nucleo contornato da quella criniera bionda che lambiva il tutto, come i raggi del sole di cui Apollo era il diretto responsabile.
E a proposito di sole....
- No, papino! Sei tu che a quest'ora dovresti essere già a lavoro! -
Un'occhiata all'infame cucù sulla parete palesò al terrorizzato genitore la cruda realtà. Era davvero così tardi?
Pollon però era una bambina giudizievole, ed avendo previsto per tempo quella situazione (anche perché era roba di tutti i giorni), si era alzata prima per spignattare in cucina, allo scopo di preparare la colazione per il fortunato papà.
Il che spiegava, soprattutto, il campo di battaglia di cui sopra.
Non che fosse in realtà un completo disastro in cucina, a onor del vero: dopotutto era lei a portargli amorevolmente il pranzo al sacco ad ogni pausa pranzo. Per tramezzini e polpette di riso, infatti, se la cavava più che bene.
Il problema veniva quando la piccola si metteva in testa di cimentarsi in qualcosa di nuovo e sconosciuto, e guarda il caso, quella mattina era una di quelle volte.
La biondina, fiduciosa di fare una sorpresa al suo adorato papino, aveva preso in prestito per l'occasione quello che pensava essere un libro di ricette esotiche. Il titolo le era completamente sconosciuto, una strana parola latina o greca che non aveva mai letto.
- Ecco, papino, è pronto, con tanto amore! - Fringuellò la figliola raggiante.
La colazione presentata sul piatto era tutto un programma.
Un ammasso informe di carne tremolante, viscida, squamosa, dalla quale ogni tanto spuntava qualche occhio che osservava il  malcapitato avventore. Per non parlare del tentacolo che uscì fuori dal piatto, tentando di ghermire Apollo, allo scopo di avvicinarlo a una grottesca bocca tappezzata di file di denti sottili e acuminati, cosparsi di una appiccicosa sostanza verde pulsante.
Per la cronaca, il titolo del libro in questione era Necronomicon.
- Mamma mia com'é tardi! Mi fermerei a mangiare ma poi papà Zeus si arrabbia, lo sai! - Fu la pietosa scusa del Dio, sotto lo sguardo di disapprovazione della cuoca.
Fece in tempo a sgraffignare un paio di toast bruciati, per avviarsi con passo svelto verso le scuderie.
- Allora te lo porterò più tardi come pranzo! - Propose la bambina senza perdersi d'animo.
- No! - Urlacchiò di getto il Dio del Sole. - Il dottore mi ha imposto digiuno per tutto il giorno! -
Ovviamente era una bugia, ma tanto quello spettacolo gli avrebbe tolto comunque la fame.



Il monile e il diadema levitarono direttamente dal vassoio argentato, verso la testa e il collo della sovrana. I coprizoccoli erano già stati sistemati.
Tutta la bigiotteria in oro era stata preventivamente lucidata a dovere, e ora, addosso al manto della reggente, conferiva alla stessa un aspetto ancora più aristocratico.
La principessa rimirò
nello specchio lo spettacolo del suo riflesso per un lungo attimo, prima di introttarsi soddisfatta verso il luogo di lavoro.

Intanto, l'alicorno che avevamo incontrato a inizio storia stava ciondolando a tratti la testa, cercando di combattere i colpi di sonno che la assalivano: quel turno era stato particolarmente faticoso, e la stanchezza si stava facendo sentire, anche per un essere straordinario come lei.
Solamente una voce familiare riuscì a ridestarla del tutto dalla situazione di stallo tra sonno e veglia
- Ciao, cara, sono in ritardo? -
- Sorella maggiore! -
L'incontro con la sorella avvenne con un 'abbraccio' gioioso ma formale:
entrambe poggiarono rispettivamente la testa sul dorso dell'altra.
Staccandosi di malavoglia, le due sovrane si scambiarono l'ultimo saluto prima di cambiarsi di ruolo.
Rimasta da sola, la Sovrana scrocchiò un paio di volte il collo, e si concentrò.
Era giunto il momento di lavorare.




Arrivato di corsa nelle scuderie,  vide che il sole era già pronto sul carretto, ingannando l'attesa con la solita sigaretta.
Con un balzo saltò sul posto di guida, e impugnando le redini, le agitò per una rapida partenza.
Il carro non si mosse, per una ragione particolare.

- DOSANKOS! - Urlò a squarciagola Apollo, al culmine dell'irritazione.

Il fido cavallo era ancora nella sua casupola, a ronfare il sonno del giusto.

- Come osi dormire più del tuo padrone! - Lo rimproverò il Dio, inutilmente, di fronte al beato russare dell'equino.

Per pigrizia, ehm, per mancanza di tempo, sorvoleremo sui particolari che seguirono, ma per darvi un'idea, prendete la scenetta del risveglio, sostituite
Apollo con Dosankos, ed Eos con Apollo.
Bazooka incluso.


E ancora una volta il miracolo avvenne. Un bagliore di luce accecante si sprigionò dal corno della Principessa.
E anche quella mattina le tenebre vennero scacciate dal timido spuntare del Sole, il quale alzandosi dall'orizzonte, portò la luce e il calore.
La notte scese dal palcoscenico e fece posto al nuovo giorno.
Tutti gli abitanti si svegliarono, e le strade cominciarono a riempirsi di vita.
Soddifatta del compito portato a termine, la sovrana si avviò verso la sala del trono: importanti impegni mondani l'avrebbero attesa, come al solito.
Ma c'era comunque per rilassarsi un po'.
Una fiammata in cielo materializzò uno fascio di fogli arrotolato.
- Il giornale di oggi! -
Tenersi informata sugli accadimenti del suo regno faceva parte dei suoi doveri di reggente.
Con la magia fece levitare il giornale, il quale si aprì da solo.
Dopo un'occhiata la Principessa assunse uno sguardo corrucciato: che avessero sbagliato consegna? Non era la solita gazzetta. E certamente quanto riportato sopra non riguardava alcun territorio sotto la sua giurisdizione.


E ancora una volta il miracolo avvenne. Il miracolo di sfuggire alle ire di Zeus per via dell'ennesimo ritardo.
Parcheggiato il carro nel cielo, Apollo sospirò e tirò fuori il consueto giornale da leggere.
Un'occhiata allo stesso però lo lasciò interdetto.

- Ma che razza di giornale è questo? -

Non era il familiare quotidiano sulle vicende dei mortali. Anzitutto le foto: non una che ritraesse esseri umani. Solo cavalli. Esclusivamente cavalli.
Nonchè le notizie: non una che parlasse di vicende a lui familiari. Niente Monte Olimpo, niente Grecia.
Equ.... non riusciva neppure a pronunciarlo. Che razza di paese era?
Quella era l'ultima volta che si sarebbe affidato ad Eros per farsi comprare il giornale. Quel dannato pennuto!
Distogliendo lo sguardo dal quotidiano, Apollo vide in lontananza una figura alata passare.
- Eros, razza di incapace! Vieni qui! -
La figura parve sentire il richiamo del Dio, poiché volse la testa nella sua direzione, virando per avvicinarsi.
Man mano che la figura si avvicinava, facendosi più distinta, Apollo si convinse di aver preso un granchio.

- Posso esserle utile? -

Non si trattava di quel bamboccione figlio di Artemide, come inizialmente credeva, ma di un pegaso.
Certamente non un pegaso grande e maestoso come quello che una volta aveva cercato di assumere al posto di Dosankos.
Costui, anzi, costei, era molto più minuta, persino strana. 
Gli aveva pure risposto, ma quello è il meno, anche Dosankos parlava, dopotutto.
Non aveva l'espressione da ebete stampata come il piccolo Eros, ma lei non scherzava in quanto a stranezza. Due pupille in perenne rotazione, apparentemente indipendenti l'una dall'altra, come gli occhi di un camaleonte.
Cercare di seguire il suo sguardo provocò ad
Apollo un giramento di testa, mentre lo stomaco cominciò a sobbalzare per indurre conati.
Pressò una mano sulla bocca per soffocare la nausea, mentre agitando l'altra palesò lo scambio di persona e congedò quella strana creatura alata.
Vedendola volare via a traiettorie zigzagate e impossibili, degne dei più strani avvistamenti UFO. Apollo notò che la cavallina portava a tracolla una borsa contenente alcuni incartamenti.

- Non sapevo che il vecchio Zeus avesse  avviato un servizio di consegna giornali. - Battendosi una mano sulla fronte per la dimenticanza. - Il giornale! Mi sono dimenticato del giornale sbagliato! -

Guardò ancora una volta quello strano ammasso di fogli. 
Lo prese e lo lanciò in testa a Dosankos, che stava sonnecchiando beatamente senza essersi nel frattempo accorto di nulla, lamentando l'unica spiegazione plausibile che gli fosse venuta in mente.

- Accidenti a te, dannato ronzino! Le tue dannate riviste erotiche falle recapitare a casa tua! -

Dosankos guardò stranito il padrone, pensando che avesse appena dato di matto. Poi diede un'occhiata all'oggetto dello scandalo, e a sua volta si grattò il mento con lo zoccolo, chiedendosi come potesse essere definita "rivista erotica" un giornale senza alcuna foto osé.

Naturalmente, più tardi, Zeus negò di essere al corrente riguardo sistemi di pony express per consegne di giornali.



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Questa storia finisce qui, ma in realtà è un ciclo che si ripete e che coinvolge tutti, partendo dagli Dei fino ad arrivare agli esseri umani, anche a distanza di millenni.


"« Per arrivare a timbrare il cartellino d'entrata alle 08:30 precise, Fantozzi, 16 anni fa, cominciò col mettere la sveglia alle sei e un quarto. Oggi, a forza di esperimenti e perfezionamenti continui, è arrivato a metterla alle 07:51... vale a dire al limite delle possibilità umane... "




Vi auguro buongiorno, chiunque voi siate.
Io me ne torno a dormire.

  
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