Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Nihal_Ainwen    03/10/2012    3 recensioni
"-Dico solo che ho bisogno che qualcun altro conosca la mia...”Storia”, se così si può definire.- gli spiegò tracciando disegni astratti nella sabbia.
-Fammi capire, vorresti parlarmi di te?- domandò Finnick incredulo."
Non so voi, ma io sono sempre stata curiosa di sapere cosa intendesse dire la cara Johanna Mason con "No one left I love". Ebbene, ho provato a farmi una mia personale teoria.
Spero che vi piaccia.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Haymitch Abernathy, Johanna Mason, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Johanna era seduta sulla spiaggia del distretto quattro e guardava il riflesso della luna sul mare incresparsi ad ogni alito di vento. Si trovava nel villaggio dei vincitori. Le era stato concesso di andare a trovare l’unica persona per cui forse provava ancora qualcosa. Le verità, è che era stato concesso a lui, di poter ospitare lei nel suo distretto. E chissà che cosa aveva dovuto fare per farsi accordare il permesso. La ragazza non ci voleva nemmeno pensare. Le dava fastidio, un fastidio tremendo, immaginare con quante donne doveva essere stato per salvare sé stesso ma soprattutto per proteggere Lei, Annie Cresta.
Mentre rimuginava su tutto ciò, non si era accorta che Finnick era uscito di casa e l’aveva raggiunta sulla riva. Si accorse di lui, solo quando le si sedette affianco e le sfiorò la spalla con il braccio. La ragazza sobbalzò sorpresa, per poi lanciargli un pugno di sabbia umida addosso.
-Ehi, io non ho fatto niente per meritarmelo!- si lamentò lui guardandosi il petto insabbiato.
Johanna si domandò perché avesse quel maledetto vizio di andare in girò mezzo nudo: la distraeva.
-Mi andava, stacci.- gli rispose lei alzando le spalle. La verità è che l’aveva un po’ spaventata, ma non l’avrebbe mai ammesso.
-Allora, a cosa devo la tua gentile visita?- le chiese lui guardando la spuma delle onde.
-Potrei morire. O meglio, potremmo morire entrambi.- cominciò lei.
-Non moriremo, né io né te. C’è il piano e... – lei lo interruppe con un gesto della mano.
-Dico solo che ho bisogno che qualcun altro conosca la mia...”Storia”, se così si può definire.- gli spiegò tracciando disegni astratti nella sabbia.
-Fammi capire, vorresti parlarmi di te?- domandò Finnick incredulo.
Lei lo guardò e semplicemente annuì.
 
 
La casa era piccola, due stanze, fatta completamente in legno. Una era la camera da letto dei suoi genitori, con l’enorme e morbido letto matrimoniale, sul quale si divertiva spesso a saltare. L’altra era tutto il resto: salone, cucina, la sua “cameretta”. Il bagno era fuori, in una specie di capannone a parte, aveva solo lo stretto indispensabile. Non erano certo ricchi, ma chi lo era nei distretti?
Nella camera principale, c’era una donna intenta ad apparecchiare il vecchio tavolo di legno. Intanto controllava che non bruciasse nulla di quello che stava cuocendo e fischiettava. Mentre prendeva tre bicchieri, dalla porta di casa entrò un uomo sorridente e con due asce in mano: una era grande, l’altra molto più piccola.
La donna si girò verso di lui con sguardo raggiante. Erano entrambi castani, anche se lei aveva i capelli molto più chiari. E mentre lui aveva due grandi occhi nocciola, lei li aveva verdi e con un taglio allungato. Lui alto e ben piazzato, lei bassina e minuta.
Proprio quando la porta stava per chiudersi, sgusciò all’interno una bambina. Doveva avere al massimo sette anni e non poteva che essere loro figlia. Era magra e aveva i capelli castano scuro, legati in una coda. Al centro del viso pallido, campeggiavano due occhi verde smeraldo, grandi e vispi. Aveva il nasino all’insù, qualche lentiggine sugli zigomi e la boccuccia rosea atteggiata in un ampio sorriso.
-Ciao mamma!- esclamò andando a sedersi a tavola.
-Ciao tesoro.- ricambiò la donna. -Mark, non dirmi che l’hai portata di nuovo al lavoro con te.- continuò riferendosi al marito, che si era seduto a sua volta.
-Beh, sì. Che c’è di male in fondo.- rispose lui grattandosi la testa.
-C’è che è una ragazza! Anzi, una bambina! Ti sembra normale che se ne vada in giro a cercare di abbattere alberi?- lo sgridò la moglie poggiando le mani sui fianchi.
-Ma siamo nel distretto sette. Qui tutti abbattono alberi.- si difese lui incerto.
-Tutti gli uomini caro. E lo sai.- ribatté la donna mettendo i piatti in tavola.
-Ma mamma, a me piace! E poi sono brava, l’ha detto anche Jon.- si intromise la bambina incrociando le braccia la petto.
-Johanna, non fare storie e mangia per favore.- tagliò corto la madre agitando la mano, come a voler scacciare un moscerino fastidioso.
-Melanie, ascoltami, tu lo sai perché lo faccio.- le disse il marito, fattosi d’un tratto serio.
La donna si adombrò, guardò il marito negli occhi e annuì. La bambina si chiese cosa significasse tutto ciò. Poi capì.
Si tenevano tutti gli anni. Venivano scelti, in una pubblica mietitura, due tributi tra i dodici e diciotto anni per ogni distretto, un maschio e una femmina. In tutto, ventiquattro. Solo un vincitore, solo uno usciva dall’arena. Solo uno sopravviveva. Erano i giochi di Capitol City, fondati dopo la ribellioni dei tredici distretti. L’incubo di ogni famiglia dei dodici distretti. Lo svago di ogni abitante di Capitol City.
Gli Hunger Games.
 
 
-Stavamo meglio di tanti altri.- affermò Johanna annuendo.
-E i tuoi... Beh, che fine hanno fatto?- le chiese Finnick inclinando la testa di lato e guardandola con la coda dell’occhio.
-Mia madre è morta tre anni dopo. Un incidente, schiacciata da un tronco pericolante.- minimizzò lei scuotendo la testa. –Almeno non ha assistito alla mia Mietitura  e non è stata costretta a guardare il miei Hunger Games.- continuò tranquillamente. –Mio padre non è stato così fortunato.-
 
 
Aveva tredici anni, la sua seconda Mietitura. Il suo nome era in quella boccia di vetro solo due volte mentre altri molte di più. Era fortunata, poteva permettersi il lusso di non dover chiedere le tessere. Non sarebbe capitato a lei, come l’anno scorso. O almeno era quello che le aveva detto suo padre. In quel momento lui si trovava con tutti gli altri adulti, con tutti quelli con più di diciotto anni. Lei invece stava in fila dietro altre ragazze, in attesa di sapere a chi sarebbe toccato andare in quell’inferno quest’anno. Poteva anche essere lei in fondo. Per un anno si era salvata, certo, ma chi le assicurava che oggi sarebbe andata allo stesso modo? Non c’era niente di più falso nelle parole di suo padre, ora se ne rendeva conto. Nessuno sapeva chi sarebbe stato estratto dall’accompagnatore.
Mentre pensava alle inutili rassicurazioni che le erano state fatte, l’accompagnatore del suo distretto era salito sul palco ed aveva fatto partire il solito filmato sulla guerra. Johanna si asciugava di continuo le mani sudate sulla gonna color panna, sgualcendola sempre di più senza curarsene. Aveva la forte tentazione di scrocchiarsi le dita, ma evitò: sua madre le diceva sempre che era una forma di maleducazione.
-Bene!- esclamò Monet. –Che ne dite se cominciassimo dalle dolci ragazze?- chiese come tutti gli anni con la sua orribile voce affettata.
Ovviamente, gli rispose solo il silenzio. Indi per cui, s’incamminò a passi corti verso la boccia. Aveva cambiato colore di capelli rispetto all’anno scorso: era passato dal verde all’arancione. Li portava corti ma evidentemente dovevano essere eccessivamente cotonati perché sembravano il nido di un uccello. Era vestito completamente di giallo canarino, con lustrini applicati su giacca e pantaloni. Portava delle strane scarpe a punta arancioni, in tono con i capelli. In fondo, lui sembrava proprio un uccello. Infilò la mano all’interno e, prolungando il supplizio di Johanna, sfiorò vari foglietti, solo per poi rimescolare tutto. Dopo qualche manciata di secondi, che alla ragazzina parvero eterni, Monet si decise ad afferrare un biglietto e ad estrarlo dalla boccia.
Quello che avvenne dopo, sembrava estremamente irreale. Non poteva essere vero, ci doveva essere un errore. Sì, doveva per forza essere uno sbaglio. Non poteva toccare a lei.
-Johanna? Su tesoro, vieni qui.- la incitò Monet, notando lo spazio che si era creato intorno a lei. A quel punto, la ragazzina non poté far altro che deglutire e muovere il primo passo verso la morte.
-No!- urlò suo padre, squarciando il silenzio gelido che era caduto dopo l’enunciazione del nome del primo tributo. – Non porterete via mia figlia! Non posso permettervelo.- sbraitò portandosi davanti al palco.
A quel punto due pacificatori gli si avvicinarono, lo afferrarono per le braccia e lo portarono via con la forza.
Johanna sentiva suo padre gridare, dimenarsi e imprecare. Avrebbe voluto aiutarlo, sarebbe voluta scappare. Eppure non poteva. L’unica cosa da fare ormai, era salire su quel maledetto palco e fare buon viso a cattivo gioco.
 
 
-Cosa fecero a tuo padre?- chiese Finnick, incapace di trattenersi.
-Beh, semplice: gliene diedero parecchie e non lo fecero passare a salutarmi.- cominciò lei, per essere interrotta quasi immediatamente dal ragazzo.
-Tutto qui? E’ stato fortunato a... Che c’è?- chiese vedendo l’occhiata spazientita che la ragazza gli rivolgeva.
-C’è che non mi fai finire, testa di pigna.- esclamò lei tirandogli altra sabbia umida.
-Ops, scusa. Continua pure allora.- rispose annuendo.
-Bene. Comunque, tornando a mio padre, finito il mio tour della vittoria, lo ammazzarono come esempio per tutti gli altri. Ovviamente, questo non l’hanno trasmesso in televisione.- concluse Johanna sbuffando.
-Immaginavo che avrebbero fatto qualcosa del genere. E’ nello stile del presidente Snow. In fondo, quest’edizione della memoria, non serve più o meno alla stessa cosa? Vuole eliminare la “ragazza in fiamme”, la famosa “Ghiandaia Imitatrice”, solo per stroncare la speranza e per dare un esempio a chi osa opporsi a lui. Tutto qui. Noi siamo...sacrificabili. Purché raggiunga il suo scopo.- disse Finnick alzando lo sguardo verso il cielo per poi riportarlo sul mare.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Nihal_Ainwen