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Autore: ferao    05/10/2012    11 recensioni
Sei giorni dopo, Audrey tornò dal lavoro con un gran sorriso sulle labbra.
Percy ebbe paura. Quel sorriso, rivolto proprio a lui, poteva significare decine di cose diverse, che andavano dal “mi dispiace” all’“avevi ragione tu” al ben più inquietante “sto per ucciderti, Avada Kedavra!”; in quest’ultimo caso, il giornale che teneva tra le mani non avrebbe costituito un efficace riparo e la bacchetta era troppo lontana, per cui poteva solo avere paura.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Le irritanti note iniziali:
salve a tutti! Finalmente torno a pubblicare una storia “seria” (leggasi: estranea al circuito delle follie in cui mi sono buttata ultimamente).
La storia in questione costituisce uno degli attesissimi seguiti alla mia long Una brezza lieve, ma può essere letta indipendentemente da questa; tanto, tutti i dettagli che è necessario conoscere sono e saranno richiamati qui.
Per l’ispirazione devo ringraziare sentitamente lady hawke, la quale non è solo un fulgido esempio di ottima scrittura nell’archivio di EFP, ma è anche un vulcano di idee sconsiderate e geniali.
Per il resto, cercatevi le note in fondo, che non intendo spoilerare tutta la storia qui.
Buona lettura e buon divertimento!
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Zio per un giorno

 
 
 
 
Capitolo 1: La scelta
 
 
 
Sulle prime non si era affatto preoccupato di ciò che stava accadendo. Per niente. Nonostante sapesse, per esperienza diretta, che non era mai bene che la sua dolce metà facesse cose come sedersi al tavolo della cucina per ore e riempire pergamene su pergamene della sua grafia fitta e incomprensibile, Percy Weasley aveva deciso che, almeno per quella volta, si sarebbe risparmiato l’angoscia dell’incertezza e avrebbe semplicemente ignorato ciò che Audrey stava facendo.
Ignorato, certo. E fino in fondo. Niente domande, niente curiosità, niente di niente. Qualsiasi cosa stesse architettando sua moglie, Percy non voleva entrarci. Era ancora vivo in lui il ricordo di quando, all’incirca quindici anni prima, Audrey si era seduta ad un altro tavolo in un’altra casa – ma sempre in cucina, chissà come mai – e aveva iniziato un folle piano per organizzare il loro matrimonio, all’insaputa di lui. Percy se lo ricordava, e ricordava anche come qualunque blando tentativo di sapere cosa Audrey stesse combinando avesse portato solo a mutismi, occhiatacce e terribili accuse come “non-ti-fidi-di-me”.
Insomma, sarebbe stato meglio per tutti se Percy si fosse fatto gli affari suoi. E così fu. Lasciò che sua moglie spargesse ovunque fogli e penne ed evitò con cura di farle domande di qualsiasi tipo.
Tanto, prima o poi lo avrebbe saputo comunque. Grazie al cielo Audrey non gli nascondeva mai nulla.
 
Nel giro di un anno e mezzo, Audrey aveva finito. Risultò che ciò che aveva prodotto così febbrilmente altro non era che un romanzo, su cui la donna fantasticava da molto tempo e che si era decisa a mettere su pergamena solo dopo molte riflessioni e dubbi interiori. La cosa non sorprese Percy, che conosceva la sua passione per la letteratura; non si stupì nemmeno quando, ad una sua incuriosita domanda sul tema del libro, Audrey rispose:
– Non te lo dico, prima voglio vedere se me lo pubblicano. Sai, per scaramanzia.
Percy approvò la decisione, e mantenne un rispettoso silenzio circa il misterioso libro, anche – e soprattutto – nei confronti dei loro parenti.
Ci volle però solo un altro mese, perché la notizia divenisse di dominio pubblico.
– Devo dirvi una cosa – annunciò Audrey nel bel mezzo di una rimpatriata familiare con i Weasley. C’erano tutti: dagli ormai anziani genitori di Percy ai suoi fratelli, e tutta – tutta – la torma dei loro nipoti, ad eccezione di Molly e delle due figlie di Bill, che si trovavano ancora a Hogwarts. Auditorio migliore non poteva esistere.
La notizia che la Obscurus Books aveva accettato con entusiasmo di pubblicare il romanzo di Audrey fu accolta da tutti con grande gioia, nemmeno si fosse trattato di un nuovo bambino in arrivo; in quel momento di festa generale, Percy non poté che sentirsi partecipe dell’estremo orgoglio di sua moglie, la quale – lo sapeva bene – in quel modo aveva realizzato un sogno che teneva nel cassetto sin da quando era ragazza.
Questo orgoglio crebbe esponenzialmente quando giunse a casa loro la prima copia in assoluto del romanzo, una cortesia che la Obscurus Books si premurava di fare a ciascuno dei suoi autori. All’incirca due giorni dopo, il libro fu pubblicato; tutti i Weasley e i numerosi parenti di Audrey se ne procurarono una copia e iniziarono a sfogliarla, curiosi di vedere cosa fosse riuscita a produrre la loro cara ragazza.
Il gradimento, com’era prevedibile, fu pieno e totale da parte di tutti.
Solo Percy si astenne dal precipitarsi subito a leggerlo. Era curioso, certo, e i commenti dei suo fratelli non facevano che peggiorare la situazione, ma frenò l’impazienza e aspettò che si creasse in lui quella predisposizione mentale di attesa controllata che, si diceva, avrebbe aumentato il piacere della lettura e il compiacimento per la scontata bravura di Audrey.
Attese all’incirca dieci, dodici giorni, e quando si sentì pronto prese il libro tra le mani.
Si accomodò sulla sua poltrona preferita e lesse.
E lesse.
E lesse.
E una volta che ebbe terminato, lanciò il libro dall’altra parte della stanza.
 
 
 
 
– Allora, l’hai finito?
Percy sorrise in risposta alla moglie, che lo osservava raggiante dall’altro lato del tavolo. – Il tuo libro? Certo, l’ho letto tutto in giornata. E ho anche riletto alcune parti. È lungo, ma l’ho finito.
Il sorriso di Audrey si allargò ancora di più e i suoi occhi brillarono. – Oh, Perce, – disse, – non hai idea di quanto sia felice. Temevo… che non ti piacesse, o che…
– Perché mai? È un buon romanzo. Trama complessa, ottima grammatica, stile variegato, interessante caratterizzazione dei personaggi e spunti molto originali… insomma, è impeccabile, e per essere un primo libro è eccezionale. Sul serio.
Audrey gongolò e divenne tutta rossa. – Sì, beh, mi ci sono impegnata molto…
– E si vede. Complimenti.
Percy ammiccò, poi chinò la testa e riprese a mangiare in silenzio. – Più che altro – riprese dopo un po’, – mi hanno sorpreso alcune tue scelte. Ad esempio, perché ti sei firmata “A.J. Bennet” invece che “Weasley”?
– Oh, – rispose lei, che si aspettava quella domanda, – è stata un’idea degli editori. Sai, volevano evitare che un eventuale successo del libro fosse legato solo al nostro cognome. È diventato piuttosto famoso, dopo la guerra, e…
– Capisco. Molto onesto, da parte loro.
– Già. Sono stata davvero fortunata a trovare degli editori così.
– E dimmi, sono stati loro a suggerirti di aggiungere… certe parti al libro?
Anche quella domanda non arrivava del tutto inattesa. – No, è stata una mia idea – disse Audrey in fretta. – Sai, pensavo che stessero bene con la trama, e che rendessero il tutto più… corposo, ecco.
– Capisco.
– Già.
– Bene.
Di nuovo silenzio, interrotto solo dai rumori delle posate. Audrey sapeva che sarebbe stato, come dire, imbarazzante dover rendere conto a suo marito di aver inserito certe scene nel suo romanzo, e temeva una sua reazione indignata o infastidita; invece sembrava averla presa piuttosto bene. Fiu.
– A proposito, – disse dopo un po’, sempre con allegria, – siccome le prime due settimane di vendite sono andate oltre ogni aspettativa, la Obscurus ha proposto al Ghirigoro di ospitare una presentazione del mio libro, e questo ha accettato. Devo ancora dirlo a tutti gli altri, volevo che tu lo sapessi per primo, e…
– Una presentazione? Al Ghirigoro? Quando?
– Tra una settimana. Dicono che me lo merito, visto che è una vita che un romanzo scritto da una strega non piaceva così tanto al pubblico!
– Quindi, sarà una presentazione presentazione? Con i giornalisti, i lettori…
– … e i parenti, sì. E firmerò i libri. Una presentazione presentazione, insomma. Non è… meraviglioso?
Percy guardò Audrey negli occhi. Non la vedeva così emozionata da anni – l’ultima volta, forse, era stata quando gli aveva detto di essere incinta per la seconda volta: anche allora aveva quello sguardo luminoso e quel sorriso che la faceva sembrare una bambina.
La gioia fatta persona. Quanto era bella.
Peccato, pensò Percy, che di lì a pochi secondi si sarebbe trasformata in una Banshee.
– Buon per te, cara. Ne sono davvero lieto.
Sentirsi chiamare in quel modo stupì Audrey, e molto. Sebbene, in genere, sia normale che un marito si rivolga alla propria moglie dicendo “cara”, dopo più di quindici anni di matrimonio stabile e felice, lo stesso non poteva dirsi per Percy: in tanti anni che conosceva Audrey, aveva usato vezzeggiativi come “cara”, “tesoro” e “amore” solo in casi molto particolari, e di solito avevano un significato pesantemente sarcastico.
Siccome, però, in quel momento non c’era niente che potesse giustificare uno scoppio di acidità, la donna non si preoccupò più di tanto.
– Grazie, Perce. Per me significa molto che tu…
– Quindi, immagino che siano tutti invitati a questa presentazione. I miei parenti ed i tuoi.
– Ma certo. Non dovrebbe durare molto, ma temo che tra una cosa e l’altra mi porterà via l’intera mattinata. E poi pensavo di portare tutti a pranzo fuori.
– Ottima idea. Vi auguro di divertirvi molto e di passare una bella giornata.
Audrey aggrottò le sopracciglia e smise di sorridere. – Scusa, ma credo di aver capito male. Hai detto “vi auguro”?
– Esatto. – Percy abbassò la testa, pronto a (come direbbero i Babbani) sganciare la bomba.
Sua moglie tacque per qualche istante; quando parlò, la sua voce era cambiata, diventando più simile a un ringhio. – Vorresti forse dire… tu non hai intenzione di venire, vero?
Cercando di non pensare alla morte imminente, Percy prese fiato.
– No, Bennet. Non verrò alla presentazione del tuo libro, né ora né mai.
 
In casi normali, sarebbe bastata un’affermazione del genere per trasformare la pacifica Audrey in una Banshee. Non trasformarla davvero, ovviamente: era solo il modo scherzoso in cui i suoi parenti definivano i suoi scoppi di rabbia – anche se, a dirla tutta, di scherzoso c’era poco e niente. Più niente che poco.
– Ah. – Il tono di voce gelido come una lapide era il primo sintomo della metamorfosi. – E perché, di grazia?
Percy alzò il capo e la guardò. Il secondo sintomo (rossore diffuso in tutto il volto) si stava rapidamente manifestando; troppo tardi per fare marcia indietro, anche se non l’avrebbe fatto comunque.
Ringraziò mentalmente la signora Bennet, sua suocera, per aver ospitato Molly e Lucy a cena quella sera; sarebbe stato diseducativo, per loro, vedere come il loro padre suscitava istinti omicidi in sua moglie.
– Oh, sei abbastanza intelligente da arrivarci da sola, tesoro. Avanti.
– Se è uno scherzo, non fa ridere. Piantala.
– No, non la pianto. – Percy dismise il tono sarcastico e optò per una rabbia contenuta. – Lo sai, vero, cosa hai fatto?
– Immagino che tu stia per dirmelo – ringhiò Audrey. Il rossore stava rapidamente virando verso un colorito violaceo.
– Hai inserito scene che raccontano nei dettagli la nostra vita intima, accidenti a te – ruggì lui. – Ho dovuto leggerle due volte, perché non credevo possibile che tu avessi fatto una cosa simile.
– Cos… il problema sarebbe questo?! – strillò Audrey.– Tu non verrai alla presentazione del mio libro perché ci sono un paio di scene spinte?! Ma sei impazzito?
Io sarei impazzito? E tu che avevi in testa, quando hai scritto quelle quattro scene? Sì, le ho contate – aggiunse, prima che Audrey potesse ribattere. – Dannazione, Aud! In pratica c’è tutta la nostra prima volta, per non parlare di quelle successive! Per Godric, se penso che l’hanno letto tutti i nostri parenti mi si accappona la pelle!
– Oh, andiamo, non puoi essere davvero arrabbiato per una cosa simile! – esclamò Audrey. – Oggigiorno questi argomenti non sono più un tabù, e inoltre non sono stata affatto volgare nelle descrizioni, me lo hanno detto tutti!
– Certo, peccato che tu non abbia parlato delle esperienze sessuali di tutti, ma delle nostre. Di me e di te, maledizione.
– E di che avrei dovuto parlare?! A qualcosa dovevo pur ispirarmi; preferivi che descrivessi ciò che ho fatto con altri prima di te?
– Avrei preferito che non ne parlassi affatto, ecco cosa.
Se Audrey ormai era pienamente immersa nella sua “fase Banshee”, Percy si difendeva molto bene: si era tenuto dentro quelle osservazioni per un giorno intero, rimuginandole fino a non sopportarle più, e ora voleva sfogare tutta la rabbia e la vergogna accumulate.
Merlino, tutti avevano letto quel libro. I suoi fratelli, i suoi genitori, i cugini di sua moglie, Shacklebolt, forse persino (Godric non volesse!) sua figlia Molly, tutti lo avevano letto; ed era impossibile che qualcuno di loro avesse pensato che nelle scene di sesso Audrey descrivesse qualcosa di diverso da ciò che faceva regolarmente con suo marito. Definire tutto ciò “umiliante” era riduttivo.
– Nemmeno ne avessi parlato in maniera negativa! – ululò Audrey, decisa a difendere strenuamente il suo lavoro. – Dimmi quand’è che il protagonista maschile fa una brutta figura, dimmi!
– Non è questo il punto! – rispose Percy con lo stesso tono. – Sai cosa ho sentito dire l’altro giorno da Ron?
– Spero qualcosa di peggio del solito.
– “Percy? Davvero? Ma se la cosa più sporca che ha fatto in vita sua è stata soffiarsi il naso!” – continuò l’uomo, imitando la voce di suo fratello. – Non riesci proprio a capire quanto sia imbarazzante, per me, una cosa simile?
– No, non lo capisco. E soprattutto, non capisco perché ciò ti impedisca di starmi accanto in un momento così importante della mia vita. Sto realizzando un sogno, cazzo, e tu ti preoccupi di quello che forse la gente pensa di te?
– Di quello che la gente, adesso, sa di me.
– Sei ridicolo.
– E tu sei una cretina.
– La settimana prossima verrai con me, che ti piaccia o no.
– La settimana prossima andrai senza di me, o non andrai affatto. Io non verrò di certo a farmi prendere in giro anche in pubblico.
Si guardarono in cagnesco, entrambi offesi e furibondi. – Fa’ come ti pare – sibilò infine Audrey. – Starò molto meglio senza di te.
– Non ringraziarmi, per me è un piacere – borbottò lui, mentre sua moglie usciva dalla cucina a passo svelto.
 
Non era certo la prima volta che litigavano. Quando erano ancora ragazzi, una ventina di anni prima, tra loro erano volate parole ben più grosse e offese ben più feroci di quelle che si erano scambiati quel giorno; e anche adesso che erano adulti, innamorati e sposati, talvolta sentivano il bisogno di alzare il volume della voce durante le loro discussioni.
Qualsiasi fosse la ragione che li scatenava, però, i loro litigi erano sempre destinati a concludersi entro breve tempo, vuoi perché uno dei due – in genere Percy – arrivava a chiedere scusa, vuoi perché entrambi si rendevano conto di quanto fossero sciocchi e infondati i loro battibecchi.
Quello, però, non era un normale bisticcio. Oh, no. Percy si sentiva profondamente oltraggiato, come mai prima di allora; il fatto poi che sua moglie non comprendesse le sue motivazioni lo feriva ancora di più. Non capiva che tutto ciò lo esponeva al ridicolo persino più del solito? Per tutta la vita era stato oggetto di derisioni più o meno giustificabili, e quello era decisamente il colpo di grazia. Non poteva, non poteva proprio sopportare una cosa simile, né intendeva appoggiarla.
Per questo era fermamente deciso a non stare accanto a Audrey, il giorno della presentazione del suo libro.
Lei, da parte sua, se anche poteva capire una giusta dose di imbarazzo in Percy non riusciva ad accettare il suo atteggiamento così negativo. Va bene, avrebbe dovuto avvertirlo, o almeno chiedergli se era d’accordo sul fatto che lei si ispirasse così tanto alla loro vita intima; ma era il caso di prendersela a quel modo? Dannazione, era tutta la vita che sognava un momento come quello, un momento di minima celebrità, in cui non era più solo l’archivista del Ministero o la magazziniera del Ghirigoro o l’aiutante dell’apotecario Oleg Bennet, ma l’autrice di un libro che piaceva alla gente. Una persona conosciuta.
E l’unica cosa che desiderava era condividere quella gioia con coloro che amava. Perché Percy non lo capiva? Perché non le rimaneva accanto?
 
In sintesi, quel litigio non si concluse entro breve tempo.
 
 
 
Sei giorni dopo, Audrey tornò dal lavoro con un gran sorriso sulle labbra.
Percy ebbe paura. Quel sorriso, rivolto proprio a lui, poteva significare decine di cose diverse, che andavano dal “mi dispiace” all’“avevi ragione tu” al ben più inquietante “sto per ucciderti, Avada Kedavra!”; in quest’ultimo caso, il giornale che teneva tra le mani non avrebbe costituito un efficace riparo e la bacchetta era troppo lontana, per cui poteva solo avere paura.
– Allora, – esordì Audrey, la voce stranamente allegra e squillante. – Cos’hai deciso per domani?
Percy inarcò un sopracciglio. – In che senso?
– Nel senso: sei sempre convinto di non voler venire al Ghirigoro?
– Mia sciocca moglie, – rispose lui, mettendo via il giornale e scuotendo la testa, – l'idea di poter di venire non mi è mai passata per la mente.
Lei non fece una piega. Si piazzò in piedi di fronte a lui, il sorriso smagliante sempre stampato in volto. – Benissimo. Significa che avrai la giornata libera, giusto?
– Beh, – si sistemò gli occhiali, – essendo domenica, giorno della settimana tradizionalmente dedicato al riposo dal lavoro, , avrò la giornata libera.
– Non avrai nulla da fare, quindi.
Che discorso era quello? Strano, molto strano. – N-no, nulla… a meno che Kingsley non mi chiami per motivi urgenti.
– Oh, tranquillo. Ci ho già parlato io, e mi ha assicurato che non ti disturberà.
Cosa?! Audrey aveva parlato con Kingsley affinché lui avesse la domenica completamente libera? E perché mai?
– Ah, beh, g-grazie, sei stata molto… ehm…
– Figurati. Cosa non si fa per il proprio marito! – Audrey sorrise ancora, poi si accomodò sul bracciolo della poltrona. – Quindi, – aggiunse poi, – visto che sarai privo di impegni domani, non ti dispiacerà fare qualcosa per me, vero?
La voce di Audrey era calda e dolce, era difficile pensare che stesse per combinargli qualche tiro mancino. Perché, allora, Percy si sentiva così preoccupato?
– Ecco, io… no, certo che no.
Bene.
La donna si alzò in piedi e si rimise davanti alla poltrona. – È più un favore che fai ai tuoi fratelli che a me, in verità, – disse. – La presentazione del libro potrebbe tirare per le lunghe, e i nostri nipoti si annoierebbero di sicuro…
Nipoti?
– … per cui ho pensato che, visto che sei l’unico che non verrà al Ghirigoro, potresti occuparti di loro finché non sarà finita.
– U-un momento. Di loro chi?
Audrey sgranò gli occhi e si finse sorpresa. – Ma come, loro chi? I nostri nipoti! I figli di Bill, Ron, George, Ginny… e le nostre ragazze, ovviamente, non credo che a loro interesserebbe venire alla presentazione…
– No.
Il monosillabo gli era uscito spontaneamente dalle labbra. Audrey osservò soddisfatta suo marito: era rimasto congelato sulla poltrona, le sue mani stritolavano i braccioli e i suoi occhi mandavano lampi di puro terrore. Goccioline di sudore erano spuntate sulla sua fronte.
– Come dici, caro? – chiese la donna, soave.
– No – rispose lui, boccheggiando. – No. Niente nipoti. No.
– Oh! – ghignò Audrey. – Significa che preferisci venire con me, tesoro?
– Non ho detto questo. – Percy inspirò a fondo e cercò di riprendersi dallo shock. – Non verrò mai alla tua presentazione, mai.
– Beh, allora ti conviene adattarti a fare lo zio per un giorno, amore mio. O preferisci che chieda a tua madre di convincerti?
Il riferimento a sua madre era un colpo basso, e Percy lo incassò malissimo. – Sei una… una…
– Non farmi troppi complimenti, che poi arrossisco. Vado a preparare la cena, massimo un’ora ed è pronta. A dopo!
E sogghignando trionfalmente corse in cucina, lasciando Percy distrutto sulla poltrona.
 
Che fare? Darla vinta a Audrey e seguirla alla presentazione, dimostrando così di approvare il suo operato, oppure rimanere sulle sue posizioni e sopportare stoicamente una mattina e un pomeriggio in compagnia di quelle bestie selvagge dei suoi adorabili nipoti?
La scelta era meno scontata di quanto sembrasse.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le inutili note finali:
1) Dio, quanto mi mancavano questi personaggi! Avevo un serio bisogno di rituffarmi in questa atmosfera, non sapete quanto!
2) La Obscurus Books è una casa editrice davvero esistente nel mondo magico: tra gli altri ha pubblicato anche “Gli animali fantastici, dove trovarli”. Fonte (sito in inglese): http://www.hp-lexicon.org/wizworld/places/w_pl_diagon.html#obscurus_books
3) Come dicevo sopra, a lady hawke devo la geniale idea di immaginare Percy in versione “babysitter dei suoi nipoti” per un lungo intero giorno – argomento che costituirà il prossimo capitolo. L’idea di Audrey che inserisce scene osé in un suo libro invece mi viene da una mia personale riflessione che ha seguito lo scoppio del caso “50 sfumature di qualsiasicosa”, ossia: cosa pensano i coniugi/compagni/fidanzati degli scrittori circa le scene “spinte” che questi inseriscono nei loro libri e che talvolta sono ispirate a loro? Alcuni saranno anche contenti e lusingati, ma altri…
… ed ecco, ho dovuto scriverci su una fanfiction. Per vostra sfortuna.
4) Grazie ad Agne per il betaggio superlampo! <3


Bon, note finite. Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare presto, abbiate fede!
Grazie di aver letto, e spero che vi sia piaciuto questo prologo!
Sempre vostra,
Fera
 
 
PS: per chi ha seguito UBL… non siete curiosi di vedere com’è cresciuta Molly? Nel prossimo capitolo la vedrete! ;)




 

   
 
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