Fanfic su attori > Coppia Farrell/Leto
Segui la storia  |       
Autore: Ale666ia    06/10/2012    2 recensioni
Un mondo in putrefazione.
O sopravvivi o sei uno di loro.
Genere: Angst, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

I
 
Paesaggio sterile, arido, morto.
Baracche fatiscenti si affacciano sul ciglio della strada, assi di legno spezzate, insegne penzolanti nel vuoto non si sfracellano al suolo per qualche fortuito caso.
Vetri rotti, bottiglie di birra lasciate a terra, il liquido contenuto al loro interno evaporato da giorni, forse mesi. Cigolii di porte lasciate aperte, cardini che non verranno mai più oliati.
Strade in terra battuta reclamate da sterpaglie rinsecchite, la natura si riprende lentamente ciò di cui l'uomo l'aveva privata.
Desolazione.
Desolazione ovunque.
In questa desolazione Jared c'era cresciuto. Aveva imparato a cavarsela da solo, anzi... aveva dovuto imparare a cavarsela da solo. Era stato un obbligo, una necessità, un dovere.
Se voleva sopravvivere, accettare il fatto che le persone potessero andarsene dalla sua vita da un momento all'altro era l'unico modo per andare avanti, giorno dopo giorno.
Perché mentre lui cresceva, gli altri se ne andavano per sempre, lasciandolo al suo destino. Era sempre stato così, da quando tutto era cominciato.
A tredici anni aveva perso il padre, a sedici la madre, a ventidue il fratello.
E adesso se ne stava lì, in completa solitudine, appollaiato su una roccia sotto il sole cocente. Un fucile in mano, una spiga di grano al lato sinistro tra le labbra vagamente screpolate. Il vento che gli scompigliava i capelli lunghi fino alle spalle, un po' annodati.
Non aveva più fatto caso al suo aspetto esteriore, da quando era rimasto solo. Anche perché non aveva più specchi su cui controllare la propria immagine: avventurarsi in città per procurarsene uno era pericoloso e quelli rimasti in paese erano stati distrutti. Forse ce n'era rimasto qualcuno nella cantina di tutte quelle case, ma le cantine non gli erano mai piaciute. Il buio, gli spazi chiusi, la muffa... elementi che contribuiscono a farti desistere dall'avventurarti alla ricerca di oggetti futili.
L'unica superficie su cui si poteva riflettere era lo schermo del suo telefonino, solo che era di dimensioni ridotte. Decisamente scomodo. Avrebbe dovuto procurarsi uno di quegli iPhone, invece. I display immensi sono utili per radersi la barba.
Serrò gli occhi, scrutando l'orizzonte. Il calore del sole faceva tremolare il paesaggio in lontananza, rendendogli difficoltosa la perlustrazione del territorio. Ogni volta che si occupava di quell'operazione -fare la vedetta, si ritrovava sempre a riflettere sulla stessa cosa: il suo era un futuro mancato.
Da piccolo diceva sempre di voler fare il pompiere. O il veterinario. O qualsiasi altro lavoro che consistesse nel fare del bene agli altri -tranne una volta in cui aveva affermato di voler fare il paleontologo, ma questi sono dettagli.
Diceva che avrebbe girato il mondo. La sua fissazione era il Paraguay, fissazione che era nata solo perché lo Stato aveva un nome simpatico. Oppure, diceva, sarebbe andato a visitare la Terra del Fuoco. Suo fratello maggiore gli spiegava che la Terra del Fuoco era un posto freddissimo, al contrario di quello che si aspettava lui. Ma Jared no, Jared continuava a dire che sarebbe tornato da quel viaggio abbronzato e pieno di sale tra i capelli. Avrebbe portato conchiglie e collane di fiori a tutti, a detta sua. Shannon lo correggeva, dicendogli che le collane di fiori erano Hawaiane e i genitori sorridevano felici ad entrambi, promettendo che un giorno avrebbero fatto una gita in tutti i posti che avrebbero voluto visitare.
Invece no.
Non era mai accaduto nulla di tutto questo.
Niente Terra del Fuoco, niente Hawaii.
Tutto quello che rimaneva della vita precedente era il paese in cui era cresciuto e che avrebbe continuato a crescerlo fino a quando quella routine infernale non se lo sarebbe portato via.
 
Jared aveva venticinque anni. Quando ogni giorno si svegliava, la prima cosa che faceva era rimanere in silenzio totale nel letto. Non si stiracchiava come avrebbe fatto una persona normale.
Niente era più normale. Di conseguenza lui si era adattato, con riluttanza.
Rimaneva in ascolto di eventuali rumori che non avrebbero dovuto esserci.
Poi, sempre con lentezza dettata dal perenne stato di allerta in cui si ritrovava, poggiava i piedi sul legno del pavimento, attento a non produrre scricchiolii. Se il giorno precedente si era addormentato senza brutti presentimenti, si rivestiva. Altrimenti, gli bastava allungare la mano sulla scrivania per afferrare la pistola, tralasciando l'atto del mettersi qualcosa addosso perché aveva dormito con i indumenti del giorno precedente. La sua igiene personale era andata abbastanza peggiorando negli ultimi anni e se ne rendeva conto, ma era una cosa di secondaria importanza, visto come stavano le cose.
Dopo essersi alzato, toglieva i vari listelli alla porta (ne aveva personalmente applicati altri), sbloccava tutte le serrature, e con circospezione apriva uno spiraglio. Quando era sicuro del via libera, si dirigeva con più tranquillità al piano inferiore, pur sempre tenendo la pistola carica a portata di mano. Faceva colazione con qualche lattina di roba trovata nel mercato locale o nella dispensa -la maggior parte delle volte si trattava di fagioli. Oppure carciofi sottolio, ceci, pomodori secchi, cipolline. Se andava bene, erano pesche sciroppate. Rondelle di ananas. Macedonia.
Se andava ancora meglio, raccoglieva dal piccolo orto di casa le fragole, le patate, l'insalata, i pomodori. Nella libreria casalinga aveva scoperto dei libri sulla coltivazione e li aveva divorati nei rari momenti di tranquillità. Quel minuscolo appezzamento di terreno recintato era l'unico sprazzo di normalità della sua folle e triste vita. Proteggeva i frutti e le verdure dagli attacchi di storni e altri uccelli con delle cassettine di plastica. Gli dispiaceva vedere come quegli uccelli volessero a tutti i costi le sue fragole. Qualche volta si inteneriva e le divideva con loro. Altre volte, li osservava dalle finestre di casa con uno sguardo accusatore, pensando che fossero degli irriducibili ingordi.
Dopo la colazione Jared tirava fuori da sotto il tavolo posizionato in mezzo alla sala da pranzo un baule argentato. Lo apriva e ne tirava fuori un fucile. Lo imbracciava, prendeva dei caricatori sia per esso che per la pistola, ed infine apriva il portone di casa (sempre dopo svariati minuti di armeggiamenti con chiavi e listelli).
Ed il suo viso veniva investito dalla polvere rossa del paese che se un tempo era stata la sua casa, ora era solo uno sterile mucchio di legna abbandonata. Si guardava attorno con circospezione, i sensi tesi al massimo, le orecchie che captavano qualsiasi rumore molesto. Una volta stabilito che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi, se ne andava a zonzo, senza una meta. Oppure saliva sul tetto di un edificio e rimaneva lì a scrutare il mondo circostante. Oppure disegnava, ma era un'attività che non riteneva sicura: gli impediva di concentrarsi sulle attività attorno a lui.
Questa era la sua vita.
Da tre anni a questa parte.
Da quando si erano portati via Shannon.
 
C'erano anche delle giornate vagamente più movimentate.
Ad esempio, quando vedeva qualcosa muoversi all'orizzonte.
Allora il suo cuore gelava. Si appiattiva a terra, spalmava letteralmente il corpo contro qualsiasi oggetto che potesse fungere da scudo. E poi si arrischiava a sbirciare nuovamente.
Ci metteva sempre del tempo, prima di sparare. Innanzitutto perché non voleva uccidere qualche animale innocente. In secondo luogo perché uccidere non è mai una bella cosa.
A volte i movimenti colti dai suoi occhi si rivelavano dei miraggi, quindi riponeva il fucile, prendeva un paio di respiri profondi e tornava alle sue occupazioni.
A volte no.
A volte vedeva chiaramente una figura che avanzava in modo discontinuo verso la sua direzione. Un punto nero che si faceva mano a mano più grande e definito. E il suo cuore cominciava a pompare adrenalina in ogni parte del corpo, le mani tremavano ed il petto sembrava liquefarsi per quel calore terribile che si espandeva sotto la pelle. La sudorazione aumentava. Pregava il nulla (non aveva mai avuto fede in niente, se non in se stesso) perché quell'apparizione fosse solo -appunto- un'apparizione. Ma non lo era.
Quindi si decideva ad imbracciare il fucile. Trovava una posizione comoda. Portava agli occhi il mirino telescopico e tentava di bloccare il tremore che accompagnava ogni suo gesto.
Premeva il grilletto.
Il proiettile usciva dalla canna. Ci si trasformava, in quel proiettile. Fendeva l'aria, la penetrava a velocità terribile, seguiva una traiettoria che sperava non venisse intaccata da niente e nessuno.
Si schiantava contro il bersaglio.
Gli trapassava da parte a parte il cranio, facendo volare brandelli di cervello e pezzi di cranio ovunque. Compiva la sua missione sanguinaria, terminando la sua corsa nel mezzo di quella landa desolata, adagiandosi sul terreno incolto e selvaggio.
E solo quando vedeva il nemico stramazzare a terra, Jared tornava in se.
Tirava un sospiro di sollievo, lentamente l'adrenalina diminuiva e lui tornava alle sue abitudini immutate e quotidiane.
 
Si barcamenava in quel mondo alla deriva, cercando di non affogare nella pazzia.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Coppia Farrell/Leto / Vai alla pagina dell'autore: Ale666ia