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Autore: Vampire Berry    06/10/2012    6 recensioni
Eccomi qui a pubblicare una comica descrizione degli eroi di Troia che, ormai anziani, si ritrovano a banchetto nel palazzo di Odisseo a rievocare antichi ricordi, ormai corrotti dal tempo... Ma fino a che punto la memoria tirerà loro brutti scherzi?
Spero vi piaccia, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, è il primo racconto epico che pubblico!
Vi auguro buona lettura! :)
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AGAMENNONE (alzandosi a fatica in piedi e reggendo con mano tremante il calice di
vino)
: Achei robusti schinieri, quante avventure abbiamo affrontato in gioventù, quante
vittorie e quante sconfitte! Ma mi vanto d'essere stato il sire di genti che vi ha condotto alla
vittoria contro i Troiani! Brindiamo in memoria di quel mirabile giorno!

(Silenzio. Tutti si guardano trattenendo un sorriso, poi scoppia un boato di fragorose risate.)

ODISSEO: Vecchio Atride rincitrullito! Io, almeno, per quanto sia segnato dalla vecchiaia,
mi vanto d'aver conservato abbastanza senno da poter ricordare con chiarezza il giorno della
nostra vile fuga dal campo di Troia!

AGAMENNONE (si gratta la testa con sguardo confuso e borbotta fra sé): Che Zeus
Cronide mi abbia davvero sottratto il senno? Eppure ricordo bene quella grande costruzione
piena d'uomini valorosi al suo interno, ideata da Odisseo... Una mucca di legno, se non
sbaglio...

(Intanto le risate proseguono.)

ACHILLE: Agamennone, il venerando pastore di genti, l'unico che fra noi abbia perduto,
oltre la giovinezza, anche la ragione! (risata) Chissà allora cosa ricordi della nostra disputa
per la schiava Briseide: rimembro ancora che tu mi ordinasti di consegnartela, ma io, il
valoroso Pelide, non mi sono piegato al tuo volere né ho versato una lacrima, al contrario di
te, che, ferito nell'orgoglio, volesti essere lasciato solo per piangere la sconfitta!

AGAMENNONE: Insolente! Come osi infangare il mio nome con queste fandonie? Divino
Pelide, che io non debba estrar la spada punta acuta dal fodero e farti rimangiar quanto hai
detto! (estrae la spada con fatica, tentando di colpire Achille che, nel frattempo, si è alzato
maldestramente dalla sedia, ha sollevato con sforzo una lancia e attende il momento
opportuno per scagliarla.
)

ACHILLE: Bada, vecchio, che Zeus non mi faccia tornar le forze, e allora dovresti fuggire
come vile coniglio che, pieno di timore il candido petto, balza per la prateria, tentando
invano di sfuggire alle zanne di cani affamati!

MENELAO (dopo essersi alzato dalla sedia aiutato dal bastone, si interpone tra Achille e
il fratello
): Pelide, tu oggi vuoi davvero farmi scendere nell'Ade dalle risa che susciti nel mio
cuore! Proprio tu parli di orgoglio, Achille, che hai subìto la peggiore delle infamie! Non
rimembri il giorno in cui Ettore Priamide ti legò al cavallo e ti trascinò per tutto il campo di
Troia, e ti liberò solo per vederti correre alla nave, intontito dallo sgomento?

(I presenti ridono, perfino i servi.)

ACHILLE (furente, scaglia la lancia, che tuttavia non raggiunge neppure metà della
distanza tra lui e Menelao
): Atride senza moglie! E' così che devo chiamarti! Tu, sciocco di
un Menelao, che non sei stato neppure in grado di tenerti la bella Elena prole di Zeus, che
adesso è ancora laggiù, nella reggia di Troia, sposa di Paride, uomo ben più valoroso di te!

(Menelao sta per scagliarsi contro Achille, quando interviene Odisseo, che, su gambe
malferme, si avvicina ai compagni e tenta di placarne gli animi.
)

ODISSEO: Achei non più giovani ma ancora valorosi, deponete le armi e tornate a tavola a
festeggiare! Non è degno d'uomini come voi rassomigliar a vecchie bestie che, prive di
senno, si azzuffino senza aver più zanne né artigli!

AGAMENNONE: Parli bene, Laerziade, l'agile mente non l'hai perduta! Solo la memoria
offusca i tuoi pensieri: se c'è in questa sala qualcuno che assomiglia a bestia, quel tale sei tu,
che, presso la bella Circe, fosti tramutato in maiale assieme ai tuoi compagni!

(Risate generali. Odisseo, paonazzo dalla vergogna, non risponde e invita gli eroi a tornare
a tavola.
)

ODISSEO (chiama a sé un giovane servo): Ragazzo, non perder tempo e portaci del buon
vino! Ricorda sempre che sei al servizio del divino Odisseo che, quando tornò dopo anni di
assenza alla sua bella Itaca, uccise tutti i Proti (fra sé: si chiamavano così, giusto?) proprio
in questa sala, aiutato dal caro figlio Diomede!

(Entra Diomede zoppicando, aiutato da due servi.)

DIOMEDE: Oh sciagurato Odisseo, tu, che avevi fama d'essere di agile mente, mi costringi
ad udire tutto ciò! Se ti sentisse il tuo amato figlio Tersite... Questo è il suo vero nome! Ci
sono tante cose che avresti potuto dimenticare, ma non il figlio del tuo nome... Cioè, un
figlio tuo che ha il tuo nome... Un nome che sia tuo figlio... (borbotta fra sé imbarazzato,
poi, sedutosi a tavola, fa un cenno con la mano e ordina dell'altro vino
).

MENELAO: Ah, eccoti, caro vecchio Diomede! Di cosa stavamo parlando poc'anzi?

DIOMEDE: Di nulla, sono appena giunto qui!

AGAMENNONE: Eh, Diomede, una volta ti vantavi d'essere il più degno fra i compagni
d'Odisseo per forza e mente, ma quelli erano altri tempi! Non potrò mai dimenticare il tuo viso
spaurito nell'affrontare gli dei che si erano mischiati ai Troiani!

DIOMEDE (guardandolo bieco): Eccolo, il sire di genti, l'Atride, che fu ucciso dalla propria
moglie Clitennestra, aiutata dall'amante Egisto, nel proprio palazzo! (fra sé, perplesso: ma che ci fa
qui un'ombra? Come avrà fatto ad uscire dall'Ade?)

(Intanto Penelope esce dalle proprie stanze e si reca presso la tavola.)

PENELOPE: Ah, che siate dannati tutti voi Argivi, e tu per primo, Antinoo (indicando Agamennone) Quanto è triste
vedere costoro, appropriatisi del palazzo del mio caro marito Ogisseo, assente ormai da
decenni! (piange sommessamente.)

ODISSEO: Sposa tra le spose, ma cosa dici? Son io tuo marito, il prode Ogisseo, tornato qui
da moltissimi anni!

PENELOPE: No! Tu non sei il mio sposo, non hai superato la prova del letto, non ricordi?

ODISSEO: Prima o poi mi tornerà in mente il segreto del letto nuziale, cara, ne sono certo...

PENELOPE (infuriata): Il mio povero cuore non può sopportare più a lungo! Vattene da
questo palazzo, tu e i tuoi amici buoni solo a banchettare, fuori!

(Gli eroi si guardano dubbiosi, ma non si muovono. Penelope chiama a sé tutti i servi che, su richiesta della loro sovrana, si erano accuratamente armati, e li incita alla lotta. Gli schiavi si lanciano sui presenti, che fuggono come meglio possono dal palazzo.)

AGAMENNONE (versando lacrime durante la fuga): Ahimè, adesso rimembro tutto!
Questa fuga mi sembra così familiare poiché è avvenuta davvero anche a Troia: fuggimmo
vilmente tutti nascosti nella grande mucca di legno per proteggerci dai dardi dei Danai!


















  
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