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Autore: DarkshielD    06/10/2012    2 recensioni
’ Quell’abbraccio commosso tra padre e figlio lo riportò a qualcos’altro, qualcosa di lontano, oscuro come la notte, indistinto come nebbia: il calore di un corpo senza identità, una voce affettuosa, un fuoco assassino, urla familiari, movimenti bruschi dettati dal panico e, sopra a tutte le altre, una voce rabbiosa che gridava.
Traditore.
E all’improvviso, tutto divenne freddo. ‘

Il tempo può cancellare anche i più grandi orrori, e sanare le più mortali ferite.
Ma il destino è un essere che non dimentica. Nessun debito può rimanere irrisolto di fronte a lui.
[Ancora ferma al quarto capitolo. Fatta qualche modifica qua e là.]
Genere: Azione, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il silenzio che ora regnava sembrava quello di una tomba.

Ratchet sentì in fastidioso brivido risalirgli su per la schiena, seguito da una più gradevole sensazione di calore.

Nonostante le emozioni e lo sforzo della corsa fatta per raggiungere l’ultimo piano sotterraneo, e da lì la camera di controllo, il freddo che usualmente dominava la prigione gli era penetrato fin nelle ossa.

Ora capisco perché nelle carceri muoiono così tanti prigionieri.

Altro che torture…  finiscono congelati!

Si appoggiò un istante alla consolle di controllo, tentando di riprendere un respiro normale senza riuscirci. A ogni inspirazione sentiva chiaramente le ferite che gli marchiavano tutto il corpo: molte erano escoriazioni, alcune bruciature, due erano alquanto profonde. Non aveva la più pallida idea di come se le era ritrovate addosso, perché non se le era procurate combattendo contro gli infiltrati della prigione.

Ma non era quello il momento di pensarci.

Voi bastardi… non crederete di sfuggirmi…

Tentò di stabilire una connessione con la camera di controllo centrale: trovato il contatto giusto, era necessario attendere qualche minuto prima che si stabilizzasse e fosse possibile comunicare, e nell’attesa di quei pochi minuti, lasciò vagare lo sguardo per esaminare la camera.

Quando abbassò gli occhi sul pavimento, l’unico suono che gli sfuggì fu un’esclamazione di sorpresa.

Su pavimento, a pochi passi da lui, tre cadaveri di soldati imperiali giacevano in posizioni scomposte, ognuno con un taglio netto e profondo alla gola e dei sottili rivoletti di sangue che sgorgavano dalle ferite. Sul pavimento andava allargandosi una grossa chiazza rossa, e, a un esame più attento, un fastidioso odore metallico permeava l’aria.

Ratchet non deglutì nemmeno, tanto era forte la sensazione di nausea che l’aveva colto.

La penombra della camera era talmente fitta che gli permetteva di distinguere a fatica i piccoli dettagli, ma sembrava che i cadaveri non presentassero altre ferite oltre a quei tagli. Sembravano in condizioni perfette, quasi non avessero nemmeno avuto il tempo di rendersi conto di quello che era successo.

- Pronto? Pronto? Mi sentite? -

Una voce preoccupata gracchiò dal piccolo altoparlante posto poco sopra la consolle, vicino ad un microfono di ottone dalla forma conica. Ratchet sobbalzò nell’udire quella voce, ritornando faticosamente alla realtà. Doveva avvertire il tenete colonnello Yerzek, o chi in quel momento aveva preso in mano la situazione.

- Qui parla il maggiore Ratchet, della Guardia Pretoriana, mi ricevete? -

- Forte e chiaro, signore. -

- Dovete avvertire il tenente colonnello Yerzek che ho localizzato il punto di fuga degli evasori: è nel sesto sotterraneo, ala ovest, cella 46. Gli evasori sono cinque in tutto e hanno parecchi complici all’interno della prigione. -

- Farò riferire immediatamente, signore. -

Mi domando cosa farà… Si chiese il lombax

- Ho una comunicazione da parte del signor generale per lei, signor maggiore. – continuò l’addetto dall’altra parte del filo: - Mi ha ordinato di riferirle un messaggio. -

- E sarebbe? -

- Testualmente: ‘Non faccia sciocchezze, maggiore’. - Ratchet sollevò un sopracciglio nel sentire il messaggio, prima di rispondere: - Grazie. Riferisca che non ne tenterò. -

- Sissignore. -

 E chiuse la comunicazione. Si appoggiò stancamente alla consolle, cercando di calmarsi almeno un po’: era stanco, ferito e in netta inferiorità numerica rispetto a Kaden e i suoi. Di colpo la sua voglia di rischiare la vita e lanciarsi all’inseguimento scivolò via con le sue ultime forze. Spostò di nuovo l’attenzione sui tre cadaveri, esaminandoli con un po’ più d’attenzione rispetto a prima: tagli sulla gola a parte, continuavano a sembrargli immacolati come se avessero appena cominciato il turno. Uno di loro era disteso sulla schiena, il viso rivolto verso Ratchet, e negli occhi spalancati e spenti sembrava specchiarsi un’ombra di rimprovero nei confronti di quel lombax per niente intenzionato a vendicarlo del suo assassino.

- Non guardarmi così. - Disse Ratchet - Ho passato molti più guai di quanto tu possa credere, oggi. - Voltò lo sguardo, pensieroso, per poi rivolgersi di nuovo al cadavere.

- Mi ricordo bene le loro facce, sai? -

Sembrava quasi che il morto rispondesse, con quella espressione di vago rimprovero.

- Non ti preoccupare. Presto li vedrai sulla forca. -

+

Il silenzio che da diversi minuti pervadeva l’ufficio del tenente colonnello Yerzek pareva carico di elettricità.

Il teracnoide era stato letteralmente tempestato di domande su quando, come, con quali materiali e su quale terreno era stata costruita la caserma e quali eventi storici di particolare rilevanza ha dovuto sopportare dalla sua costruzione e quali eventuali cambiamenti sono stati apportati alla struttura, se e quante ristrutturazioni e lavori di manutenzione ha subito. Non era riuscito a rispondere a tutte quelle domande apparentemente fuori luogo in quanto molte risalivano al periodo in cui il teracnoide di Fastoon non aveva nemmeno sentito parlare, né era riuscito a capire a cosa tali nozioni potessero mai tornare utili in uno stato d’emergenza come quello in cui si trovavano.

Una volta ottenuto un numero sufficiente di risposte, Heanp si era chiuso in un pensieroso silenzio, chino sulla pianta della prigione.

- Diciamo, in un certo senso, che ho delle piccole teorie e che questo risulta essere il momento perfetto per trovare conferma. - questa era stata la quasi divertita risposta alla perplessa domanda del teracnoide.

Marcus, dal canto suo, non accennava a un solo moto di nervosismo o impazienza, lasciando lavorare il suo simile in pace, limitandosi eventualmente a rispondere a qualche sua domanda, con un vago sorriso divertito sul muso.

Non… non capiscono chi è che si stanno lasciando sfuggire? Pensava intanto Yerzek, senza comprendere. Uno dei criminali più odiati dall’Impero, colui su cui pende una taglia di diversi milioni di bolt… e voi ve la ridete come due ragazzi?...

Il silenzio venne interrotto da un bussare e, all’ordine di Marcus, la porta si aprì ad entrò un giovane soldato cazar in divisa, che presentò il saluto e disse, rivolto a Marcus:

- Siamo riusciti a localizzare la via di fuga degli evasori, signore: sesto sotterraneo della prigione, ala ovest, dalla cella numero 46. Abbiamo mandato una truppa punitiva. -

- Come l’avete scoperto? -chiese Heanp, alzando lo sguardo dal foglio.

- Dal maggiore Ratchet, signore. Ci ha contattato dalla camera di controllo dell’ultimo piano sotterraneo. - Il cragmita sorrise e voltò lo sguardo in direzione di Marcus: - Vi lascio il comando, amico mio, sistemate eventuali pasticci. E, soprattutto, non fate danni. - disse. Il cragmita si limitò ad annuire, divertito.

- Sei pratico della prigione, soldato? - chiese poi, rivolto al cazar

- Sissignore. - fu la risposta. - Magnifico. Allora portami dalla nostra squadra punitiva, voglio venire con loro. -

+

Kaden rallentò, certo di aver posto abbastanza distanza fra sé e cella.

Il braccio che reggeva la lanterna gli faceva quasi male a causa di tutto il tempo passato a tenerlo in alto, a far luce ai suoi compagni nell’oscurità del posto.

Era circa un quarto d’ora che percorrevano il cunicolo sotterraneo che si trovava oltre la parete di pietra della cella 46.

Il soffitto era alto, ma il tunnel abbastanza stretto da non permettere il passaggio di più di tre persone contemporaneamente, reso solido e resistente ad esplosioni e terremoti mediante una complicata serie di aste, travi e assi di legno resi marci e fatiscenti dal tempo e dall’umidità. Vi si respirava un’aria fredda e umida, dall’odore vagamente dolciastro.

Kaden ringraziò in silenzio l’esistenza di quel tunnel, perché più di una volta gli è tornato utile ai suoi scopi.

È un bene che il governo sia riuscito a distruggere ogni dato relativo l’esistenza di queste costruzioni prima dell’invasione di Fastoon. Ed è un vero peccato che  i cragmiti ora ne scoprano l’esistenza, cominceranno a cercarne e distruggerne il più possibile

Si voltò indietro e si fermò nel sentire dei passi  in lontananza, per veder arrivare dal buio Nencer e Sacha.

-Il lombax non ci ha seguito- Comunicò Sacha, avvicinandosi a Kaden.

- Bene, un problema in meno -

-  Inoltre mentre venivamo qui abbiamo ricevuto una comunicazione da uno dei nostri dalla caserma. Sembra che abbiano scoperto la scorciatoia -

Kaden sorrise ironico a quella notizia, ripensando a Ratchet.

Sono decisamente troppo tenero. Forse era davvero meglio se ti mettevo a tacere.

+

Il cunicolo era terminato, sbucando in una serie di canali ampi e rettangolari dalle pareti in pietra resa scura dall’umidità, percorsi da un’acqua torbida e costeggiati da strette passerelle in legno. Uno sgradevole odore permeava l’aria. Il gruppetto di evasori si era ritrovato nelle fogne.

- Magnifico. Davvero magnifico. - sebbene fosse sussurrato, il commento di Nencer si sentì molto chiaramente nel corridoio che stavano attraversando.

- Silenzio. - ordinò Kaden, tendendo le orecchie: nulla si sentiva, a parte il costante sciabordio dell’acqua. Il gruppo si spostò quasi di corsa, attento a non metter i piedi su pezzi di legno troppo marcio e guidato dal lombax biondo, l’unico che conosceva bene la strada.

- Non voglio far scoppiare la tua bolla di ottimismo, Kaden, ma non crederai davvero che non ci arriveranno presto col fiato sul collo, vero? – Continuò Nencer.

- Lo so. - rispose il lombax - ho piazzato alcuni dei nostri anche qui. -

- Qui? Mi domando chi sia stato tanto in vena di avventure da accettare. -

- Ti assicuro che non è necessario essere dell’umore giusto. Solo sufficientemente alto da premere un bottone, in modo da fare agli imperiali che ci verranno dietro una bella sorpresa. - fece una pausa – Non ne usciranno vivi, questo te lo assicuro. –

+

- Non potete aver organizzato quello che avete organizzato! -  una voce di donna risuonò nel livello più basso del sotterraneo della vecchia acciaieria abbandonata in cui si trovava. Era una lombax dai bei capelli ramati e gli occhi chiari, di un rosa tenero. Fissava costernata il simile dagli occhi azzurri e il pelo grigio chiaro che le sorrideva innocentemente davanti, come se quella della donna fosse una reazione esagerata a qualcosa di assolutamente innocuo.

- Detto così in effetti sembra terribile, Madeleine. – asserì con aria colpevole – E mi scuso per avertelo fatto pensare. Ma ti assicuro che non accadrà nulla che non sia stato premeditato. E ovviamente… - lasciò intravedere un vago sorriso di incoraggiamento – Nessun innocente ne soffrirà. – le parole di rassicurazione dell’uomo, per quanto fossero suonate convincenti, non intaccarono minimamente le preoccupazioni della lombax. Preoccupazioni che avevano ragione di rimanere al proprio posto.

- Non sto scherzando, Reginald. – Sbottò – Qui rischiate ben più di essere catturati. Rischiate di far sprofondare mezza città! Avete la minima idea del numero di vite innocenti che rischiate di stroncare?! – all’accusa il lombax dal pelo grigio alzò prima le spalle, poi si fece serio e puntò uno sguardo duro sulla donna: - Te l’ho detto, Kaden non verrà preso. E se ciò malauguratamente avvenisse, venderà la sua pelliccia ad assai caro prezzo. – sorrise – Inoltre, ti consiglio di non prendertela direttamente con lui visto che l’idea è stata di Sacha. Conosci Sacha, ama fare le cose sia con discrezione che in grande stile. E, credimi – alzò una mano per interrompere la lombax, che sembrava ben decisa a smontare le sue convinzioni - …ben pochi sanno far collimare le due cose come lo sa fare lui. –

Non si mostrò minimamente scoraggiato dall’espressione furiosa di Madeleine quando continuò: - Ti assicuro che le cose non possono che andare per il meglio. Quindi tranquillizzati, e attendi con fiducia. -

+

Da quando Sindegar Heanp era uscito dall’ufficio, una calma innaturale era calata nell’ampia stanza rettangolare dal soffitto basso. Yerzek era rimasto immobile accanto ad un angolo della scrivania, senza osare muoversi o fiatare, nonostante le spalle cominciassero a fargli male a causa del lungo tempo passato a tenerle contratte e le zampe protestassero per la forzata immobilità. Continuava pavidamente ad osservare Marcus come in attesa di una condanna definitiva, il quale a sua volta continuava tranquillamente ad andare avanti e indietro per l’ufficio. Marcus tuttavia sembrava aver totalmente dimenticato la presenza del suo subordinato nell’ufficio, perché le uniche cose che si era limitato a fare dall’uscita di Heanp era diffondere un’altra serie di istruzioni ai soldati e riprendere la sua passeggiata circolare per l’ufficio, con la testa bassa e gli occhi gialli che vagavano distrattamente dal pavimento ai ritratti dei colonnelli che negli anni precedenti avevano occupato quello stesso ufficio appesi al muro, e gli scaffali carichi di documenti. Prese distrattamente nota del fatto che in quella stanza, che ospitava da lungo tempo un solo occupante, non avesse foto o dipinti che ritraessero civili. Si chiese se era una coincidenza, o se l’occupante ufficiale di quel posto seguisse il protocollo militare alla lettera, non lasciando nessuna traccia che possa far carpire al nemico i propri punti deboli. Lasciò perdere l’ultima ipotesi: nessuno nell’esercito imperiale era così pignolo da non lasciare nel proprio ufficio nemmeno una foto dei propri cari. Il dettaglio tuttavia lo portò verso un altro pensiero.

- Credo – disse Marcus all’improvviso, facendo sobbalzare Yerzek – Che qualcuno dovrà informare il colonnello Darkwood di ciò che sta accadendo. – si fermò, puntando gli occhi color oro sul teracnoide, uno strano cipiglio tra il serio e il divertito sul viso. Yerzek non deglutì nemmeno quando si ritrovò a fissare quello sguardo, e sentì una velenosa ondata di rabbia e paura investirlo: si era completamente dimenticato, in quel susseguirsi di guai, del fatto che non era lui il responsabile ufficiale della caserma, anzi.

- Non credo sarà contento... – continuò lentamente Marcus, fissando attentamente il teracnoide e riprendendo la sua passeggiata - …Ma questa è pur sempre la sua caserma, e il nostro Mastino deve pur sempre sapere cosa succede nella sua Cuccia. Poverino: tanta fatica per tenere il proprio territorio nell’ordine più perfetto, poi si allontana qualche settimana ed ecco che le iene arrivano a devastare. Ahi, ahi, ahi. – Sorrise, per nulla dispiaciuto al pensiero di come Darkwood potrebbe prendere la notizia del fatto che il famoso Alister Azimuth sia stato clamorosamente catturato, imprigionato e fuggito sul suo territorio, in sua assenza.

Yerzek sentì i muscoli delle dita contrarsi dolorosamente, e si sforzò più che mai di mostrarsi impaurito e sottomesso: si rendeva ben conto che Marcus si divertiva di fronte alla paura altrui, e preferì lasciarlo fare: non voleva ingigantire l’ondata di guai che già vedeva profilarsi all’orizzonte. Non osò immaginarsi la reazione del colonnello, anzi, spinse il pensiero da parte: il peggio era già accaduto, l’essenziale ora era prepararsi mentalmente a ciò che lo avrebbe seguito.

Yerzek batté un paio di volte gli occhi, guardando con aria vagamente persa Marcus, mentre questi lo fissò con l’aria interrogativa di chi avesse appena impartito un ordine e non capiva perché non veniva eseguito alla lettera.

- Io… vado subito ad informare il colonnello, signore. – Reagì infine il teracnoide – Non credo abbia ancora lasciato Teracnos. Con permesso. – presentò il saluto, e si avviò a passi nervosi verso la porta.

Non fece in tempo ad arrivare alla maniglia che qualcuno, all’altra parte, bussò.

- Entrate. – sospirò Marcus. La porta si aprì ed entrò un soldato dall’aria preoccupata che presentò il saluto prima di parlare.

- Signore, sono stati rinvenuti dei comunicatori portatili all’interno della caserma. –  Comunicò, rigido. Yerzek, che si era fatto da parte, deglutì nel vedere le pupille di Marcus contrarsi pericolosamente. Il suo presentimento aleggiava in aria, pesante come un incudine.

- E allora? – proferì il cragmita, nella voce nemmeno un’ombra del tono tranquillo che aveva mantenuto fino ad allora.

- Appartengono tutti alla caserma, ma sono stati spostati in modo da essere difficili da individuare e… - Marcus alzò la testa, e gli occhi dorati si strinsero in fessure pericolose – …Erano tutti sintonizzati su onde radio sconosciute. –

- Quanti erano? – ringhiò Marcus con voce bassa.

- La loro presenza è stata scoperta solo pochi minuti fa. Per ora solo due. – disse il soldato con voce nervosa – Ma ne stiamo cercando altri. Un gruppo di tecnici è stato incaricato di intercettare la posizione dei comunicatori con cui si sono allacciati. –

- Bene. – Ringhiò Marcus distogliendo lo sguardo e puntandolo verso le finestra, verso il cielo di piombo. – Spalancate gli occhi. – disse – C’è qualche altro verme, qui, che crede che basti una divisa da imperiale per garantirgli una gita di piacere nella caserma. Appena ne trovate uno, trascinatelo qui. Faremo una gradevole discussione sulle maniere da tenere in casa altrui. –

+

 

Dopo quello che era parso essere un infinito lasso di tempo, anche il tratto delle fogne era finito. Kaden aveva continuamente cambiato direzione, zigzagando apparentemente alla cieca, guardando oltre ogni angolo come se si aspettasse di veder spuntare un mostro orribile, ed infine era giunto ad un tombino da quale era uscito, permettendo al resto della squadra di godersi nuovamente un’aria che non puzzasse in modo irrespirabile. Erano usciti in quello che sembrava essere un vicolo cieco delle Dark Alley, completamente deserto. Sacha aveva colto l’attimo di pausa per montare il pesante silenziatore alla pistola ed allontanarsi di qualche metro, per sbirciare fuori dal vicolo. Kaden fece mente locale: in quel preciso istante si trovavano nella vecchia zona industriale, completamente disabitata, se non si tiene conto di cani, barboni e criminali da due soldi che abitualmente frequentano la zona. Quella notte, tuttavia, nessuno doveva incrociare la loro strada.

- Nessuno. – disse Sacha, che si era allontanato per controllare fino in fondo alla strada. Nencer fece una smorfia preoccupata. Kaden lanciò uno sguardo ad Alister per accertarsi delle sue condizioni: da un po’ di tempo aveva smesso di sussultare a causa di un movimento troppo brusco. Era semisvenuto, e le sue condizioni sembravano peggiori che mai.

- Respira ancora. – Commentò Tarx, leggendo l’ansia sul volto del lombax biondo – E continuerà a farlo, anche se smetterai di preoccuparti. -

Kaden annuì, distogliendo a malincuore lo sguardo dal generale e cercando quello di Sacha – Coraggio, arriviamo a quel benedetto Save Point prima che i diversivi di Reginald smettano di collaborare. -

+

Nella camera di controllo della caserma, la decina di tecnici incaricati di decodificare i messaggi inviati dai comunicatori ritrovati misteriosamente fuori posto videro il volto di Marcus congestionarsi, bloccato in un’espressione a metà tra un ringhio e un sorriso forzato. Forse temendo ripercussioni a livello personale, il più coraggioso si affrettò a cercare parole di rassicurazione e Yerzek finalmente si decise a defilarsi per avvertire il colonnello Darkwood di ciò che sta accadendo nella sua caserma, ma prima che qualcuno riuscisse a fare una mossa, Marcus sorrise, di un sorriso così raggiante che i malcapitati testimoni temettero per la sanità mentale del loro superiore.

- Continuate il vostro lavoro. – disse, il tono di voce nuovamente calmo e leggero – e mettetemi in comunicazione con il generale Sindegar Heanp. Sono sicuro che abbia un fonotrasmettitore con sé. -

+

Heanp finì col constatare che la squadra mandata ad inseguire i ribelli giù per il tunnel era anche troppo.

Stretto. Stretto, e costruito in fretta e furia. Le travi sono marce e le pareti più instabili di quanto sembrano. O non sanno che rischiano di rimanere seppelliti vivi o hanno più coraggio di quanto sembra.

Concluse che la costruzione di quel tunnel doveva risalire alla grande guerra, ma dopo di essa è stato soggetto al completo abbandono da parte della civiltà. Dal conflitto in poi, solo muffa, parassiti, animali e intemperie dovevano essersi presi cura di quel posto.

Non aveva paura, ma un oscuro presentimento gli diceva che la via di fuga degli evasori non era così sicura come credeva.

Pur essendo una razza inferiore, i lombax non erano stupidi. Non lo erano affatto.

- …Com’è il tempo laggiù? -. la voce nasale di Marcus rise all’orecchio del cragmita attraverso il comunicatore. Heanp fece una smorfia: - Un po’ sotterraneo signore. E anche parecchio umido direi, ho le cartilagini che scricchiolano come  non mai. – sorrise nel sentire la risata dell’altro.

- Mi dispiace del vostro malessere. – commentò Marcus, tranquillo. – State ancora inseguendo la selvaggina o ha già sfoderato gli artigli? –

- Purtroppo la selvaggina non è nemmeno in vista, signore. – disse Heanp. Rallentò il passo, nel notare il tono insolitamente allegro del collega – O forse l’avete già adocchiata con i vostri cannocchiali? –

- Non è possibile inseguire qualcosa quando sei disarmato e chiuso in una stanza lontano dal terreno di caccia ma sapete… pur chiuso qui, ho trovato una traccia per voi, signor generale. – Heanp ridusse gli occhi a due fessure e si fermò, premendosi il fonotrasmettitore all’orecchio. Riconosceva quel tono scherzoso. Marcus era arrabbiato.

- Illuminatemi. – disse.

- La selvaggina ha ben pensato di prenderci in giro, signor generale. Uno scherzo assai stupido e di pessimo gusto, direi, ma suppongo di non poter pretendere alcunché da un gruppo di zotici che credono di poter dare il via a qualcosa che nemmeno immaginano. Lo scherzo è proprio quella via di fuga indicataci dal maggiore Ratchet, signor generale.

- Se volete insinuare che il maggiore ci abbia preso in giro… -

- Oh, su quello ci accerteremo più tardi. – Soffiò Marcus – Ma i ribelli indubbiamente… -

- Signore? – Alcuni soldati si erano fermati, e guardavano interrogativi il cragmita. Heanp tuttavia non fece cenno di averli sentiti. Immaginava quello che stava per dire Marcus dall’altra parte del fonotrasmettitore, sebbene non riuscisse a formularlo a parole, lo intuiva.

- Sono stati ritrovati cinque comunicatori accesi e nascosti in giro per la caserma, ognuno sintonizzato su un’onda diversa. Alcuni erano stati sistemati a mo’ di diversivi, ma altri… beh, svolgevano il loro bel lavoro.

- Marcus, cosa- - l’altro lo interruppe.

- Vi consiglio di tornare indietro di gran carriera, signor generale. – Sibilò il cragmita, una chiara nota rabbiosa nella voce – Quella che è una via di fuga per i ribelli, è una trappola per gli imperiali. -  

La linea si interruppe, sostituita da un fruscio.

All’improvviso Heanp udì uno strano scricchiolio e per un disperato istante credette che provenisse dal trasmettitore. Ma lo scricchiolio si tramutò rapidamente in un rombo assordante, così forte da scuotere il terreno.

Poi, delle urla disperate si mescolarono al rombo, costringendo il cragmita ad alzare lo sguardo.

 In quell’unico istante in cui lo vide, non riuscì a credere ai propri occhi.

Un’enorme massa nera precipitava verso di lui, travolgendo tutto.

Non ebbe il tempo di capire cosa fosse, che travolse anche lui.

+

Una grande scossa di terremoto sorprese Ratchet mentre risaliva le scale per tornare in caserma, talmente forte da costringerlo ad appoggiarsi al muro per non cadere. Quando terminò, il lombax rimase immobile ancora per un po’, incerto sul da farsi, la divisa un po’ ingrigita dalla polvere che si era staccata dalla parete. Alzò lo sguardo verso il soffitto, in cerca di crepe, ma non ne trovò: il carcere doveva essere una struttura molto solida.

Che cosa è stato?...

Incerto sul da farsi, ma sicuro che quella scossa non fosse stato un fenomeno naturale, si affrettò a raggiungere i cragmiti.

+

Nel tunnel sotterraneo, il fonotrasmettitore di Heanp si riagganciò nuovamente alla linea della caserma e riprese a gracchiare nel silenzio di tomba rotto solo dal rumore di qualche ciottolo caduto.

- …Suppongo quella fosse la colonna sonora del gran finale, eh, generale?

Per diversi secondi, l’unica risposta che Marcus ebbe fu il silenzio assoluto, poi…

- Dei gran zotici, dite voi. Di pessimo gusto, dite voi. – gracchiò Heanp, riemergendo dalla montagnola di terra, detriti e polvere che l’aveva seppellito, cercando di togliersi quanto più sporco possibile dalla faccia  con una mano sola, l’altra impegnata a reggere il trasmettitore, semidistrutto da un sasso che l’aveva colpito.

- Perché, non siete forse d’accordo con me? – chiese Marcus, con una nota divertita nella voce. Heanp sbuffò e prese a togliere la terra anche dalla divisa nera. Nel frattempo, alcuni dei soldati che erano con lui emersero dai detriti, alcuni confusi, altri decisamente spaventati, tutti sporchi e impolverati. Il cragmita gli riservò non più di un’occhiata: sembravano tutti vivi e, a parte qualche graffio e contusione, incolumi.

- Oh, no, no. – disse Heanp. Il quell’istante, uno dei soldati urlò, indicando qualcosa sopra le loro teste. Il cragmita alzò la testa  ma, a differenza delle esclamazioni e delle facce sorprese degli altri, la sua espressione irritata non cambiò di fronte al singolare spettacolo che gli si parò davanti.

Pochi metri sopra di loro aleggiava una spessa nebbia cerulea, dai riflessi quasi argentati, che si espandeva lentamente a tutto il soffitto del tunnel. E, nella nebbia, grossi, neri, pesanti massi galleggiavano pigramente, come grotteschi palloncini spigolosi.

- Non potrei mai essere in disaccordo con un affermazione del genere, Marcus. Credevo i ribelli avessero studiato un modo più elegante di fuggire. – disse Heanp, rabbuiandosi nello studiare la nebbia azzurrina.

- E’ davvero uno scherzo di cattivo gusto. –

Dall’altra parte del trasmettitore, dopo un istante di pausa, Marcus scoppiò a ridere.

- …E non credo sia finito qui. – Ghignò il cragmita – Non abbiamo tenuto conto dei giornali, mio caro. Domani, quando si verrà a sapere del putiferio che è scoppiato stanotte, quei gazzettini da due soldi avranno da sbizzarrirsi. -

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed infine mi sono decisa  a mettere su questo capitolo. Ovviamente, continuo ad aver dubbi, né è la roba epica che mi aspettavo.

Non ero sicura se era il caso di chiudere il capitolo con il commento di Sindy o no, perché in realtà volevo farvi sapere di come Alister alla fine si era messo in salvo, ma non sono riuscita a trovare un modo per collegare le due cose, e poi non mi suonava tanto bene come finale.

Comunque i ribelli alla fine sono fuggiti e sono riusciti a salvarsi la coda. Non rivedrete Alister in scena per un po’, o almeno credo. Sicuramente, non all’inizio del prossimo capitolo.

Lasciatemi un commentino se il capitolo vi è piaciuto o se avete qualcosa da dire, sarò molto felice di avere un po’ di feedback.  ^^

Silver.

 

  
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