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Autore: Soly_D    06/10/2012    10 recensioni
Vincitrice dei Trofei Originalità, Miglior Scena Sviluppata e Miglior Citazione Sviluppata al contest "The Winner" - secondo round di Nede.
«Prima ti ho mentito, ho bevuto solo un bicchiere», sorrise, «Non ti avrei baciato, se non avessi voluto farlo davvero».
[Trunks/Marron]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marron, Trunks | Coppie: Marron/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Soly Dea
Rating: verde
Genere: sentimentale, romantico, introspettivo
Avvertimenti: //
Ruolo del Contest: questa fanfiction partecipa al contest “The winner” - secondo round di Nede. E’ un concorso senza classifica, dove ognuno riceverà un merito speciale in base alla propria storia.
Citazione:
Come in ogni ora…come in ogni poesia
Un drink e poi tutto continuerà
Ma se avessi la testa di certo capirei
Siamo ancora qui…noi ancora qui
Ma tu…perché tu non senti questi miei tormenti?
[KARIMA- COME IN OGNI ORA]
Personaggi: Marron/Trunks
Note: è la mia prima Marron/Trunks, spero di aver fatto un buon lavoro. Fatemi sapere ;)





The right person


Trunks camminava da solo per le strade della città, lo sguardo basso e le mani nelle tasche dei costosi pantaloni indossati quella stessa mattina alla riunione svoltasi alla Capsule Corporation.
Ne aveva abbastanza di quelle quattro mura che tutti chiamavano “lo studio del presidente”, del suo portatile pieno di file importantissimi per gli ultimi progetti dell’azienda e di quelle svampite delle sue segretarie. Ne aveva abbastanza del lavoro e soprattutto della sua immagine in qualità di direttore di una delle più grandi imprese del mondo: Trunks si sentiva considerato come una semplice fonte di soldi, quelle inutili banconote che sembravano fare la felicità della gente.
Mai una volta che fosse andato a cena con una collega non interessata al suo portafogli, mai una volta che qualcuno si fosse impegnato a scavare nel suo animo e a far emergere il vero Trunks, quello che amava il combattimento e la natura, quello che sapeva divertirsi e far divertire.
E in quella notte d’inverno, la cosa che gli parve più allettante fu trascinarsi fino a un bar poco in vista e lasciare che l’alcol gli facesse dimenticare tutti i suoi problemi almeno per un po’ di tempo.
Si coprì la testa con il cappuccio del giubbotto, in modo che nessuno lo riconoscesse, ed entrò senza fare rumore, sentendosi subito avvolgere da una piacevole sensazione di calore e dall’aroma pungente del caffè appena preparato. Raggiunse il bancone, borbottando un saluto riferito al cameriere, e infine ordinò un drink che non tardò ad arrivare.
Non era mai stato un accanito bevitore, ma la consapevolezza che – dopo qualche bicchierino – tutti i problemi sarebbero svaniti nel nulla, era una soluzione momentanea alquanto interessante. Poco importava se il mattino dopo si sarebbe risvegliato chissà dove, con un’emicrania da far paura e i suoi problemi ancora più numerosi e complicati di quanto li ricordasse: Trunks non reggeva l’alcol e questo era un dato di fatto. Ne ebbe una nuova conferma quando, solo al secondo goccio di drink, prese a girargli vorticosamente la testa tanto che i suoni e gli odori cominciavano ad amplificarsi gradualmente: lo scricchiolio della porta che si apriva, il fruscio della folata di vento che si era intrufolata all’interno del locale, il rumore di piccoli passi che – lenti e cadenzati – scandivano il tempo impiegato dalla proprietaria per raggiungere il bancone, il suono cristallizzato di gioielli che si toccavano ad ogni minimo movimento, il tonfo ovattato di una borsa che veniva poggiata sul bancone e ancora lo scricchiolio della sedia a contatto con il pavimento freddo e lucido, infine un profumo delicato e intenso ad invadere le narici del presidente.
«Trunks!».
Capelli biondi, occhi azzurri, sguardo fiero e sorriso da mozzare il fiato: avrebbe riconosciuto quella ragazza tra mille, nonostante i sensi annebbiati dall’alcol.
Trunks si tolse il cappuccio e si limitò a un cenno della testa, gli occhi sbarrati e la bocca dischiusa come in procinto di parlare, ma scartò subito l’idea di iniziare il discorso: in quelle condizioni, non sarebbe stato in grado di mettere insieme più di due parole.
Marron gli si sedette a fianco, ordinò una semplice cioccolata calda e gli rivolse un sorriso sincero.
«Come va a lavoro?».
Trunks rise quasi istericamente, passandosi una mano fra i capelli e abbassando lo sguardo subito dopo. Era entrato in quel bar appositamente per dimenticare il lavoro per una serata ed ora Marron non faceva altro che rigirare il coltello nella piaga. Ma in fondo, che colpa ne aveva lei?
Farfugliò un «Bene...» con fare completamente disinteressato e le chiese se ci fossero novità dalle sue parti, alla Kame House, su quella spiaggetta isolata dal mondo intero, dove Trunks sarebbe andato volentieri a passare una bella vacanza, lontano dal caos cittadino.
«Papà vuole che io impari le arti marziali in modo che possa difendermi dai “malintenzionati”, come li chiama lui...», rispose la bionda, girando e rigirando tra le mani il suo bracciale di perle. «In fondo, non credo che sia una brutta idea... Anche mamma è d’accordo... Non si sa mai!».
Una lieve risata rimbombò nelle orecchie di Trunks, un suono ovattato ma piacevole che lo portò a sorridere di gusto.
Marron continuò a parlare con lo sguardo fisso sull’amico e quegli occhi così simili ai suoi, quegli occhi azzurri che emanavano sincerità e dolcezza, ma anche determinazione e sicurezza. Quegli occhi su cui il giovane Brief non si era mai soffermato più di tanto, ma che ora cominciava ad osservare sul serio: erano gli occhi più belli che avesse mai visto.
Marron parlava, parlava, parlava, senza mai fermarsi. Dalle arti marziali era passata alle stupidaggini del maestro Muten, al modo in cui si erano conosciuti i genitori, alle avventure che suo padre e Goku avevano vissuto da bambini e alla festa di compleanno di Pan.
Trunks annuiva semplicemente, senza ascoltare davvero. La voce della ragazza era talmente pacata da farlo sentire bene e da trasportarlo in un altro mondo, i suoi sguardi lo avevano letteralmente ipnotizzato e il suo sorriso sembrava volesse invogliarlo a rimanere lì per tutta la notte.
«Ma... Trunks, mi stai ascoltando?».
Lo aveva scoperto. Il presidente fece cenno di sì con la testa, accennando a un po’ di stanchezza.
Marron scrollò le spalle, poco convinta, e continuò a parlare del più e del meno.

Trunks non seppe stabilire con precisione quanto tempo fosse passato dall’arrivo di Marron, ma a giudicare dalla testa che sembrava volergli scoppiare e dallo stomaco in tumulto, doveva essere notte inoltrata. Sentiva la stanchezza prendere possesso del suo corpo, mentre i sintomi dell’alcol si facevano più accentuati e la voce di Marron diventava un rumore in lontananza, come un sussurro trasportato dal vento, simile al suono delle onde che si infrangono a contatto con la brezza marina.
«Sicuro di stare bene? Quanto hai bevuto?».
«Tre o quattro bicchieri...».
Marron sgranò gli occhi, basita. «Ma tu non reggi l’alcol!».
Trunks si limitò ad un’alzata di spalle, mentre Marron gli accarezzava il volto e lo fissava con sguardo apprensivo. «Sei ubriaco», constatò a malincuore, «Vieni, ti accompagno a casa».
«Non sono ubriaco», ribatté lui con tono tranquillo. «Sono solo un po’ stanco».
Osservò Marron ticchettare le dita affusolate sulla superficie del balcone e rivolgergli un’occhiata di rimprovero. «Trunks Brief, tu non stai affatto bene».
Il ragazzo sorrise con amarezza e «Tu credi?», chiese ironicamente.
Marron annuì decisa, alzandosi in piedi e cingendo le spalle possenti di Trunks con un braccio. Il ragazzo sentì il cuore accelerare, mentre una strana sensazione di calore si diradava in tutto il corpo.
Marron gli sorrise dolcemente e lo invogliò a seguirlo fuori dal locale, probabilmente per riportarlo a casa. Ma i suoi piani andarono in fumo nel momento in cui Trunks, con una lieve pressione sui suoi fianchi, la fece risedere e premette le proprie labbra contro quelle di lei.
Marron sgranò gli occhi e, presa alla sprovvista, allontanò il corpo di Trunks da sé con una lieve spinta sul suo petto. Cercò di capire cosa fosse esattamente successo e perché, ma le gote arrossate e il cuore a mille non l’aiutavano di certo.
«Sei ubriaco, Trunks. Non sai quello che fai», disse infine, prendendo la borsa e dirigendosi verso l’uscita del locale. Aveva sognato quel momento talmente tante volte che quasi stentava a credere che fosse diventato realtà, ma l’ultima cosa che voleva era approfittare dello stato di confusione di Trunks.
«Aspetta!».
Marron si voltò, il suo braccio stretto nella presa ferrea del ragazzo.
«Prima ti ho mentito, ho bevuto solo un bicchiere», sorrise, «Non ti avrei baciato, se non avessi voluto farlo davvero». Quelle parole erano venute fuori quasi da sole, perché improvvisamente si era fatto tutto chiaro: non era stato quel drink ad annebbiargli i sensi, era stata la sola presenza di Marron. Il suo sorriso genuino, il suo atteggiamento fiero ed elegante, la sua bellezza quasi surreale, la dolcezza delle sue parole, il suo arrossire per un semplice bacio e quell’atteggiamento di apprensione nei suoi confronti l’avevano letteralmente stregato.
Finalmente aveva trovato qualcuno che non fosse interessato solo ai suoi soldi, qualcuno che lo apprezzasse interamente, pregi e difetti compresi.
E forse, si disse, era sempre stato innamorato di Marron.
Lei sorrise e gli gettò le braccia al collo, un dolce bacio a suggellare quel momento così magico.
Uscirono insieme dal locale e Trunks prese la ragazza tra le braccia, spiccando il volo verso una meta sconosciuta in quella fredda notte d’inverno dal finale inaspettato ma sempre inconsciamente desiderato.


mt
  
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