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Autore: Ila_Chia_Echelon    07/10/2012    1 recensioni
La incrociai passando per un'impervia stradina di montagna, ed era bella, Dio se era bella.
Ilaria.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La incrociai passando per un'impervia stradina di montagna, ed era bella, Dio se era bella. La morbidezza delle forme era una beatitudine così piacevole al tatto da indurre un calore improvviso e rassicurante a divampare nel mio petto scarno. La strinsi convulsamente tra le mani, ignorando la prudenza, non pensando al fatto che potesse frantumarsi e ferirmi con le affilate schegge del suo essere scintillante, irradiante luce propria. La sentii penetrare al di sotto dell'epidermide secca e screpolata, percorrere ogni singolo centimetro e unirsi allo scorrere incessante del sangue. Chinai la testa, vinta da una forza troppo grande, non reggendo all'impeto di quel fiume nato da un punto imprecisato ed interno al mio corpo. Tremai, lasciai che i brividi mi assalissero e per un attimo tentai disperatamente di non respirare, perchè anche una semplice inspirazione causava dolore allo sterno, perchè anche questo piccolissimo gesto rallentava il mio riempimento. Ed io non volevo più essere vuota, non ora che ero ad un passo dal tanto agognato rifugio, da quella torre sicura e protetta. Di nuovo, uno spasmo, ebbe la meglio sulla fragilità delle mie ossa e, gli occhi iniettati di sangue scuro e viscido, reclinai la testa all'indietro in una vana ricerca del cielo. I fitti rami coprivano la lucida distesa celeste e non un ricordo della sua squisita lucentezza navigava nel grigio assoluto del mare contenuto nella mia testa. Tutto era nebbia, io stessa ero ad un passo per dissolvermi in essa, mentre scaltra logorava la mia pelle per cercare di rubarmi Lei. Allora, proprio allora, capii. Erano le note più alte di questa macabra canzone, le più belle, le più sublimi, le più difficoltose, quelle che ti tolgono tutta l'aria dai polmoni, che arrivano a farteli bruciare, che spesso evito. Tutto ciò per cui vale la pena vivere in quel momento è un semplice acuto, liberare la voce da qualsiasi immaginaria catena e spingerla sempre più in alto, oltre qualsiasi confine naturale, finchè non abbandona qualsiasi forma di umanità per convertirsi al divino, a pura luce immateriale e perfetta. Strinsi i pugni fino al punto che anche le mie deboli unghie riuscirono a strappare un timido spruzzo di sangue alla carne semi consumata, elaborai tutto ciò che non vedevo in quell'angolo della mia razionalità che ancora mi seguiva nel il mio cammino e la sentii.

Sentii la Felicità entrare in possesso del mio essere, riempirmi e definirmi, costruire un senso intorno al mio corpo rinvigorito, farmi spalancare gli occhi verso una nuova realtà e sollevarmi dalla terra bagnata di quel sentiero fangoso.

E mai più la lasciai andare. 

   
 
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