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Autore: Noth    07/10/2012    3 recensioni
Poi era arrivato quell’Eli. Era arrivato su facebook ed aveva promesso di farlo sentire meno solo. Blaine non ci aveva nemmeno pensato all’inizio, ma la solitudine avanzava, e lui si sentiva sempre più di troppo, lasciato indietro, inutile, non degno di interesse. E quell’Eli continuava a promettere che avrebbe fatto andare le cose per il verso giusto. Blaine non voleva credere alle sue promesse, ma alle volte era così facile. Così semplice. Così stupido.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Forse.







Blaine Anderson aveva fatto tante cose che non gli erano piaciute. Aveva passato la sua vita ad essere un codardo, era fuggito, aveva partecipato al bullismo contro la madre di Marley, era stato egoista, a volte, ma non quando si trattava di Kurt. Fino ad allora lui era stato il suo porto sicuro. Era certo che non avrebbe mai fatto nulla contro di lui, nulla per ferirlo, perché con Kurt non poteva permettersi di sbagliare. Non poteva permettersi di perderlo.

 

Però Kurt era andato via, aveva inseguito il suo sogno, come era più che giusto che fosse, e Blaine lo sapeva che sarebbe successo, se lo aspettava da mesi, eppure era stato lo stesso come cadere. Sapeva che avrebbe toccato terra e subìto il colpo e, mentre cadeva, pensava di essersi preparato. Ma la verità era che, per certe cose, non ci si poteva preparare affatto. Ed allora cadeva a terra, si schiantava al suolo e faceva male tanto quanto se non se lo fosse aspettato.

Sapere le cose in anticipo non le rendeva meno dolorose.

 

Kurt viveva il suo sogno, e Blaine era davvero orgoglioso, un po’ anche si sforzava di esserlo, oltre alla solitudine che provava ogni volta che lo vedeva apparire sullo schermo in videochiamata su Skype con quel sorriso da orecchio a orecchio perché sì, cavolo, era a New York. E lui era a Lima, com’era giusto che fosse. E lo avrebbe raggiunto. Un giorno. Forse.

 

Allora si perdeva tra i racconti di Kurt e desiderava più di ogni altra cosa poter toccare la sua pelle, abbracciarlo e sentire il suo profumo, invece che ricordarlo e basta. Voleva toccare i suoi capelli fissi di lacca e baciare il suo sorriso, invece di osservarlo inerme come un uomo che fissa una tomba. Rideva forzatamente, perché voleva che credesse fosse felice. Poi ogni tanto gli chiedeva qualcosa per sé, ma non era mai importante come le avventure nella Grande Mela di Kurt, ovviamente, e allora lasciava perdere, sentendosi ogni secondo un po’ più solo.

 

Poi era arrivato quell’Eli. Era arrivato su facebook ed aveva promesso di farlo sentire meno solo. Blaine non ci aveva nemmeno pensato all’inizio, ma la solitudine avanzava, e lui si sentiva sempre più di troppo, lasciato indietro, inutile, non degno di interesse. E quell’Eli continuava a promettere che avrebbe fatto andare le cose per il verso giusto. Blaine non voleva credere alle sue promesse, ma alle volte era così facile. Così semplice. Così stupido.

 

Ed aveva ceduto, perché non ne poteva più, aveva creduto di essere più forte. Aveva detto a Kurt più volte che aveva paura della distanza perché conosceva se stesso e, alla fine aveva avuto ragione. Non era forte. Era uno stupido, un idiota e si odiava per quello che aveva fatto, ma l’aveva fatto e per quanto desiderasse tornare indietro, fingere che non fosse mai accaduto, cancellare ciò che era successo, non aveva il potere di controllare gli eventi. Aveva tradito l’amore della sua esistenza per la solitudine che lo aveva mangiato vivo a morsi, ed era imperdonabile. Lui per primo non riusciva a perdonare se stesso. Come avrebbe potuto farlo Kurt?

 

Blaine sapeva che non lo avrebbe fatto, ma il solo pensarlo gli dava i conati. Doveva fare quanto in suo potere per fargli capire che, se non poteva perdonarlo, comunque gli dispiaceva da morire. Che era stata la cosa più sbagliata della sua vita, che se avesse potuto sistemare le cose si sarebbe fatto del male più e più volte, ma la verità era che si era già ferito mortalmente ferendo Kurt. Venendo meno a ciò che aveva sempre detto.

Predicava di avere coraggio e, alla fine, il codardo era lui.

 

Spese tutti i suoi risparmi, chiese addirittura soldi a suo fratello, per prendere il primo aereo per New York. FIccò quattro vestiti in valigia e scappò a chiedere scusa in tutti i modi che conosceva, perchè non sapeva cos'altro fare. Voleva solo vederlo. Solo toccarlo.

 

New York era così grande, così piena di gente che quasi si perse. Non erano decisamente più a Lima, si trattava di milioni di abitanti, di macchine, di possibili interessi per Kurt, e di un mondo del quale ancora non si sentiva di fare parte, ma del quale faceva parte l'amore della sua vita e, per questo, cercò di convincersi di appartenerci, così da alleviare per qualche secondo il morso violento della solitudine sul suo stomaco.

 

Prese un taxi e cercò di capirsi alla meglio con l'autista portoricano, dandogli l'indirizzo di casa di Kurt e guardando la sua immagine riflessa nello specchietto retrovisore, passandosi una mano sui capelli coperti di gel per essere impeccabile, invidiabile, perfetto come la persona che stava andando a trovare. Di nuovo sentì il peso del senso di colpa, ed il nome di Eli gli sbucò nella mente, ma Blaine lo ricacciò violentemente negli angoli delle cose che non voleva ricordare, come la reazione dei suoi genitori al coming out, la storia di Chandler ed il momento in cui Kurt era partito per New York.

 

Riuscì miracolosamente ad arrivare all'appartamento, in un quartiere che nemmeno aveva idea di dove fosse e controllò il numero dove avrebbe dovuto bussare. Fuori dall'edificio c'era un banco per la vendita dei fiori e non riuscì a trattenersi dal comprare un mazzo gigantesco di rose rosse che stava proprio proprio davanti alla piccola cassa. Si avvicinò e le acquistò tutte, inspirandone il profumo e sperando che, se mai Kurt avesse deciso di sbatterlo fuori casa, l'odore di quelle rose gli avrebbe sempre ricordato lui. Salì le scale ed arrivò davanti ad una porta di metallo dove, all'interno, si sentivano delle voci. Blaine percepì il colletto stringergli la gola e sperò di non sembrare tanto nervoso quanto davvero fosse. Respirò a fondo, sollevò davanti a sé il mazzo dall'odore dolciastro e bussò, con la mano tremante. Prese un altro respiro e cercò di dimostrare un po' di autocontrollo.

 

Kurt aprì il portone facendolo scorrere e, non appena vide Blaine i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa ed un sorriso di gioia pura gli invase il volto, spezzando per sempre il cuore dell'altro. Come poteva aver fatto una cosa del genere all'unica persona che avesse mai sorriso in quel modo vedendolo alla sua porta? Dio, quanto si sentiva male. Voleva mollare il mazzo di fiori e scappare, perchè Kurt meritava di meglio, ma Blaine non voleva lasciarlo andare. Perchè voleva Kurt, lo aveva sempre voluto. Come sarebbe riuscito a dirglielo?

 

S-sorpresa!” fu tutto ciò che uscì dalla sua bocca, e Kurt quasi fece un sobbalzo al suono della sua voce, il che non fece che peggiorare le cose.

 

Blaine!” esclamò, trattenendo a stento la felicità. Dio, era così felice, così adorabile, come aveva potuto pensare anche solo per un secondo che non lo amasse? Come aveva anche solo potuto accettare le avance di Eli? Voleva morire.

Kurt gli si gettò addosso, abbracciandolo e stringendolo forte, continuando a ridere per la felicità e Blaine lo strinse a sua volta, sorridendo come un ebete per la prima volta da settimane e godendosi il momento, sapendo che non poteva durare.

 

Forse ti perdonerà, diceva una voce dentro di sé, ma Blaine non era uno sciocco. Aveva fatto una cosa terribile, e le conseguenze sarebbero state atroci. Voleva gridare.

 

Quando si allontanò, Kurt stava ancora sorridendo, sull'orlo delle lacrime, ed il cuore di Blaine si strinse violentemente, causandogli una fitta,a quella vista.

 

Non ti allontanare, Kurt, non andare via.

 

Che ci fai qui? Non ti aspettavo prima di due settimane!” disse Kurt, trascinandolo dentro il suo appartamento. Mezzo vuoto, arredato a casaccio, ma in un certo senso proprio come se l'era immaginato quando Kurt glielo aveva descritto su Skype.

 

Lo so, lo so, ma non ce l'ho fatta ad aspettare, mi mancavi da morire.” rispose Blaine, e Kurt assunse quell'espressione che un po' lo faceva assomigliare a quella di una madre.

 

Mi sei mancato tantissimo anche tu, è meraviglioso vederti.” rispose, e Blaine si buttò su Kurt, baciandolo, e la verità di quanto gli fosse mancato lo colpì come un pugno nelle costole. Come aveva potuto baciare Eli quando le labbra di Kurt erano perfette? Soffici, calde, e sapevano come muoversi per incastrarsi alla perfezione con le sue. Sentì le lacrime salirgli in gola, ma non poteva piangere o tutti avrebbero fatto domande, allora si schiarì la voce e si allontanò da Kurt, mordendosi le guance per non emettere un verso di disappunto.

 

Rachel gli si catapultò addosso, abbracciandolo, e si chiese cosa avrebbe pensato lei di quello che aveva fatto. Come la avrebbe presa. Forse non gli importava.

 

 

Le due coppie erano uscite e si erano recate in questo bar dove, solitamente, si faceva del karaoke. Kurt gli aveva tenuto la mano, raccontato ancora di New York, e Blaine si sentiva come sull'orlo di un precipizio. Così sporco, così stupido. Dio, voleva più che mai riavvolgere il tempo, raggiungere il se stesso di qualche settimana prima e prendersi a schiaffi per non fargli commettere nulla di stupido. Ma non poteva, ed era troppo tardi.

 

Troppo tardi per non sbagliare, e lui, Blaine Anderson, a sbagliare era una specie di garanzia.

 

Non si era nemmeno accorto che Rachel ed il suo compagno della NYADA avevano smesso di cantare “Give Your Heart a Break”, ma di colpo capì che l'unico modo nel quale poteva chiedere scusa a Kurt era cantargli una canzone. Come quando si erano conosciuti, anzi, la stessa di quando si erano conosciuti. Quella canzone che era così speciale per lui, che significava l'universo e le stelle nella loro relazione. Era la cosa migliore che poteva tentare. Era la sua unica occasione.

 

Voglio cantare qualcosa.” mormorò, e l'amico di Rachel gli indicò un tizio a cui chiedere, così si avvicinò e domandò se poteva usare il pianoforte. L'uomo annuì distrattamente e Blaine si avviò verso lo sgabello. Si sedette e guardò la platea. Il problema era che non vedeva un pubblico, lui vedeva Kurt, che lo guardava curioso, orgoglioso e sorridente, e sapere di stare per infrangere quel sorriso era una consapevolezza troppo orribile per trattenere le lacrime ancora a lungo. Si disgustava veramente tanto, al punto che tutte le docce che aveva fatto non erano riuscite a levargli l'odore di Eli di dosso e ciò gli dava il voltastomaco. Si dava il voltastomaco.

 

Si sedette, e provò quella sensazione di panico che precede il pianto. Quando cerchi con tutto te stesso di trattenere le lacrime ma sai che non potrai riuscirci per sempre. Ti si chiude la gola, pizzicano il naso e gli occhi mentre si riempiono di lacrime che vorresti mandare via guardando in alto o non sbattendo le palpebre. Ma prima o poi cadono.

 

Erm, ciao a tutti. Io... volevo cantare una canzone davvero speciale per me. Ed è la canzone che ho cantato la prima volta che ho incontrato l'amore della mia vita. Quindi Kurt questa... questa è per te.” disse al microfono, ben felice che l'attenzione della maggior parte della gente fosse rivolta altrove, mentre la sua si focalizzava al centro del suo petto, dove il cuore batteva furiosamente mentre fissava Kurt che sorrideva felice.

Come posso farti questo?

 

 You think I'm pretty without any make-up on

 You think I'm funny when I tell the punch line wrong

 I know you get me, so I let my walls come down, down
Before you met me, I was a wreck

 But things were kinda heavy, you brought me to life

Now every February you'll be my valentine, valentine
 

Non era riuscito a nascondere niente. La voce era rotta, il viso contratto per trattenere le lacrime e la melodia troppo triste per essere una dedica felice. Si era tradito da solo, anzi, che brutta scelta di parole.

Non poteva più aspettare, non poteva più mentirgli, doveva dirglielo e pregarlo di perdonarlo. Non voleva nemmeno pensare che avrebbe potuto non farlo, gli veniva da vomitare al pensiero.

 

Ti prego, Kurt, non abbandonarmi.

 


Let's go all the way tonight

 No regrets, just love

 We can dance until we die

 You and I, we'll be young forever
You make me feel like I'm living a teenage dream

 The way you turn me on, I can't sleep

 Let's runaway and don't ever look back

 Don't ever look back
My heart stops when you look at me

 Just one touch, now baby I believe

 This is real, so take a chance

And don't ever look back, don't ever look back
 

Sì, il sorriso di Kurt era sparito, era questione di attimi, e Blaine si sentiva la morta in gola. Desiderava solo scomparire e non dover vedere il cuore di Kurt spezzarsi a causa delle sue parole. Raramente si era mai disgustato tanto.

 

 

Camminare per quel parco era una tortura. Sentiva qualcosa bloccato in gola, come un enorme sasso appuntito che tagliava sempre più a fondo a seconda di entro quanto sarebbe riuscito a sputarlo fuori. E non mancava molto. Gli sudavano i palmi e Kurt gli camminava accanto, torturandosi le mani. Blaine sapeva che aspettava il momento più opportuno per chiederglielo. Lo sapeva. E non volevo rispondere.

Non permettermi di farti questo.

E' stato commovente. Mi viene quasi da chiedermi perchè lo fosse.” disse, rimanendo sul vago.

Non puoi dirglielo.

Bè, mi sei davvero mancato.” rispose Blaine, prendendosi mentalmente a schiaffi. Dopo tutto quello che aveva fatto aveva ancora il coraggio di mentirgli?

Mi sei mancato anche tu, e sono davvero felice che tu sia qui.” mormorò Kurt, gli occhi lucidi di emozione e con quel sorriso speranzoso e carico di fiducia che gli faceva venire voglia di prendersi a calci.

Dio, perchè doveva essere così adorabile? Avrebbe potuto giustificarsi agli occhi di se stesso se non fosse stato Kurt. Ma era lui, e Blaine non era in grado nemmeno di trovare delle scuse.

Ma... il tuo esserti commosso e quell'espressione triste... Ti prego, non continuare a fingere che vada tutto bene.” disse, lo sguardo corrucciato mentre la preoccupazione invadeva i suoi occhi come un'onda.

Era il momento di dimostrare quanto Blaine ci tenesse. Di spiegare. Di dire addio, forse.

Smisero di camminare, il cuore di Blaine faceva i salti mortali nel petto.

Io... sono stato con qualcuno.” ammise.

Poté sentire distintamente il suono del cuore di Kurt che si spezzava, accompagnato da un'espressione che non avrebbe mai dimenticato: la delusione assoluta, la perdita di fiducia, la tristezza. Immediatamente i suoi occhi furono invasi dalle lacrime ma si rifiutava di farle scendere.

 

Era Sebastian, vero?” domandò, la voce spezzata e le labbra tremanti.

 

No, non... non era Sebastian e non... non significa niente, è stata solo una volta okay?” rispose, faticando come mai gli era capitato di guardarlo negli occhi, perchè lo accusavano. Lo spezzavano.

 

E chi era allora?” chiese, mentre la voce gli si spezzava sull'ultima sillaba.

 

Non importa chi è stato, quello che importa è che ero da solo, avevo bisogno di te. Avevo bisogno di averti vicino e tu non c'eri. Mi sentivo solo ed io... mi dispiace da morire, Kurt.” spiegò, ma il ragno che gli si aggrappava alla gola non se ne andava, perchè l'espressione di Kurt, la sua fottuta espressione era così distrutta, così terribilmente delusa e triste che Blaine si sarebbe preso di nuovo una granita in faccia pur di non poter vedere lo scempio sul suo viso.

 

E tu pensi... pensi che io non mi sia sentito solo?” esclamò, deglutendo le lacrime e, oddio, Blaine si sentiva morire. “Pensi che io non mi sia sentito tentato? Non ho ceduto perchè sapevo cosa significava! Significava qualcosa di orribile e disgustoso e...”

 

Mi dispiace, Kurt, Dio, mi dispiace davvero da morire!” gridò in risposta, perchè non credeva di essersi mai sentito peggio in vita sua. Voleva fosse solo un incubo, desiderava tornare a quasi un anno prima, quando tutto era perfetto e quando Kurt gli sorrideva toccava il cielo con un dito. Ed ora si trovava all'inferno, ed aveva perso il suo angelo.

 

Non voleva tutto questo.

 

Kurt corse via, con una mano davanti alla bocca, mentre il cuore di Blaine si sgretolava con la sensazione di non potersi mai più rimettere in sesto. Era stato l'essere più stupido della terra. Una delusione. Così solo...

 

Fu tutto uno scappare, mentre Blaine lo rincorreva, ma si sentiva come se fosse stato a piedi a cercare di raggiungere un treno. E si domandava perchè lo rincorresse, quando era ovvio che oramai lo odiasse.

Stupido ipocrita, mio Dio.

Forse era il caso di mettersi in mezzo alla strada.

 

Tornarono nell'appartamento e Kurt non riusciva nemmeno a camminargli accanto, e come biasimarlo. Se Blaine si era sentito solo a Lima, ora si sentiva mille volte peggio. Perchè l'unica persona che gli era rimasta vicina tutto il tempo, che lo aveva fatto sorridere e gli aveva preso la mano, era delusa. Delusa in modo probabilmente irreparabile, ed era solo colpa sua, addossargli la sua solitudine era stata la cosa più sbagliata in assoluto.

Kurt gli lanciò una coperta in modo che non dovessero stare sotto la stessa, e si sistemò il più lontano possibile da Blaine, ma non abbastanza lontano da impedirgli di sentire i suoi singhiozzi e di volersi soffocare col cuscino per questo.

 

Il suo stupido egoismo lo aveva fatto piangere.

 

Non cercò nemmeno di dormire, perchè se la vita era un incubo, nel sonno non poteva far altro che peggiorare. Rimase lì, a contare i singhiozzi di Kurt e a domandarsi perchè, nella sua vita, non riuscisse a fare nulla di buono. Mandava tutto a puttane, era fatto così, e questa volta gli stava costando caro.

 

 

Blaine era una delusione, per se stesso e per gli altri, ma era testardo, ed era innamorato. Aveva fatto una cosa terribile, e odiava le conseguenze di quel gesto, ma non poteva cambiarlo. Una cosa, comunque, era certa: non avrebbe lasciato che Kurt gli scivolasse dalle mani, e sì, questo era ancora più egoista da parte sua, ma non poteva pensare di averlo perso. Si sarebbe fatto perdonare, avrebbe riguadagnato la fiducia persa. Era l'unica cosa che poteva fare.

 

Pensò a Kurt e continuò a chiedergli scusa. Non gli importava di null'altro se non quello. Era il suo obbiettivo, il suo unico obbiettivo per riportare la sua vita in carreggiata. Da solo, come sempre, ma se il premio sarebbe stato poter vedere Kurt sorridergli di nuovo avrebbe vissuto in mezzo alla strada.

 

Kurt.

Il suo nuovo obbiettivo era Kurt.

E gli avrebbe dimostrato che era un idiota, sì, ma che lo amava.

Magari un giorno avrebbe potuto perdonarlo.

Forse.

 

Suonò il cellulare.

Un messaggio.

Kurt.

Lo aprì con il fiato corto.

Lasciami tempo. Non ti dirò mai addio.”

 

E Blaine non rispose, perchè sapeva che Kurt non voleva una risposta, ma le lacrime di gioia gli esplosero comunque sul viso.

Forse era vero, forse Kurt era troppo per lui.

Eppure, per qualche misteriosa ragione, era ancora suo.

Forse.


















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Spazio Autrice:

Okay, questa fanfiction è stata davvero un parto. Scritta con Barely Breathing di sottofondo.
Mamma mia, stare nella testa di Blaine è deleterio, veramente, ora capisco perchè soffre così tanto.

Spero vi sia piaciuta!

Alla prossima!

Noth

   
 
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