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Autore: Killapikkoletta    07/10/2012    2 recensioni
Un mondo che non ricorda il suo passato, una città che vorrebbe governare su tutto. Ma c’è chi sa, chi ricorda e deve essere eliminato. I ribelli stanno preparando il contrattacco…. Felici Hunger Games che possa la buona sorte sempre essere a vostro favore.
(Momentaneamente in sospeso)
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Dreams come true
 
 
 
Mi massaggiai il braccio, lamentandomi “si può sapere perché l’hai fatto?!”
 
“È da più di un’ora che sbadigli e la prof ti sta guardando male! Non voglio passare i guai a causa tua!”, mi rimproverò la mia compagna di banco.
 
“Silvia non ti preoccupare, la DeMagistralis ci conosce da cinque anni ed è più che in grado di distinguerci”, dissi cercando di rassicurarla e stiracchiandomi con noncuranza. In risposta ricevetti un’altra gomitata, stavolta più forte, su un fianco. Alzai gli occhi al cielo e mi convinsi a seguire sul serio la lezione, non ero molto interessata alla noiosa vita di Alessandro Manzoni ma mi impegnai a concentrarmi. 
 
Quando sentii il trillo della campanella che segnava la fine delle lezioni, scattai in piedi come una molla e più veloce di un fulmine gettai astuccio e libro nello zaino per poi schizzare fuori da quella prigione che chiamavano scuola. Una volta varcato l’enorme cancello di ferro arrugginito mi rilassai e inspirai profondamente l’aria fresca di una giornata di inizio inverno. 
Non odiavo la scuola, mi piaceva imparare e poter stare con i miei compagni di classe. Quello che odiavo era essere costretta in un’aula inchiodata alla sedia per sei ore! Ero un tipo iperattivo, preferivo agire prima di pensare e questo spesso mi faceva cacciare nei guai.
 
“Giorgia aspettami!”, Silvia mi raggiunse dopo qualche minuto senza fiato e si aggrappò al mio braccio per riposarsi.
 
“Potrei venire da te a pranzo?”, le chiesi cominciando ad incamminarmi verso casa sua senza aspettare una risposta. Lei sorrise e mi prese per mano facendomi fermare.
 
“Sapevo me lo avresti chiesto, infatti mamma ha già cucinato per tre!”, disse compiaciuta di aver anticipato le mie intenzioni. Non che fosse stato tanto difficile da intuire visto che tutti i giovedì, per un motivo o per un altro, mi fermavo da lei a mangiare. 
 
“Ecco le mie due gocce d’acqua preferite!”, mi voltai di scatto pronta ad intercettare qualsiasi colpo a stesse per raggiungermi, riuscii appena in tempo a girarmi per bloccare un pugno che altrimenti mi avrebbe colpito in piena faccia.
 
“Sara! Non assecondare la sua pazzia!”, gridò con rabbia Silvia. Odiava quando io e Sara giocavamo a prenderci a pugni, passatempo che invece noi adoravamo. 
 
Io e Silvia ci conoscevamo dai tempi dell’asilo ed eravamo diventate subito amiche, all’inizio stavo con lei solo perché trovavo divertente il fatto che somigliasse così tanto a me, ma poi con il passare del tempo imparai ad adorarla con tutti i suoi pregi e difetti. Avevo anche perso ogni interesse nella ricerca di una spiegazione riguardante il perché fossimo identiche, era un gioco che ormai mi aveva stufato e un rompicapo praticamente irrisolvibile così lasciai perdere.
 
Arrivammo davanti casa di Silvia in un batter d’occhio, abitava a duecento metri da scuola, una bella fortuna per chi non amasse svegliarsi presto la mattina! Salutammo Sara e ci fiondammo sul letto senza neanche toglierci gli zaini dalle spalle. Mi misi a sedere, se fossi rimasta sdraiata sarei di certo crollata dalla stanchezza.
 
“Mi dici perché sei così stanca?”, chiese Silvia interrompendo un mio sbadiglio.
 
“Non ho dormito molto stanotte, ho fatto un incubo.” Lei alzò la testa e mi guardò con curiosità invitandomi a continuare.
 
“Ti ricordi quei libri che abbiamo letto un po’ di tempo fa? Quella trilogia distopica…”
 
“Hunger Games?”, chiese interrompendomi
 
“Già,” le risposi senza entusiasmo “ho sognato di partecipare agli Hunger Games e…bè…non ero la favorita.” Silvia rimase in silenzio e iniziò ad accarezzarmi una gamba.
 
“È solo un incubo non preoccuparti”, mi disse per tranquillizzarmi.
 
La mia amica aveva ragione, era solo uno stupido incubo. Per di più gli Hunger Games erano dei giochi nati dalla fervida immaginazione di un’abile scrittrice, non potevo davvero essere spaventata. Non riuscivo a capire perché quella notte mi fossi spaventata per così poco, eppure non ero una fifona. Anzi, spesso vedevo film horror e visitavo case stregate. Allora perché solo ripensare a quel sogno mi faceva accapponare la pelle?
 
“Guarda il lato positivo!”
 
“E quale sarebbe?”, le chiesi scettica.
 
“Anche dovessero esistere gli Hunger Games presto sarai al sicuro, tra poco compirai diciannove anni e io sono già fuori pericolo!”
 
Le tirai una cuscinata, odiavo quando ostentava la sua insopportabile abilità nel ragionare! Purtroppo lei intercettò il mio colpo e mi ritrovai con un cuscino in piena faccia. Sapevo che parlarne con lei mi avrebbe fatto stare meglio, infatti ora ero tranquilla e mi stavo piegando in due dalle risate mentre Silvia imitava il nostro ba-ba-balbettante professore di storia.
Passare i pomeriggi a casa di Silvia era il massimo, ridevamo e giocavamo come delle bambine, scherzavamo e ci raccontavamo le stupidaggini fatte in passato. Amavo la mia vita e niente avrebbe potuto farmi cambiare idea.
  
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