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Autore: Always Sil    08/10/2012    7 recensioni
Questo dovrebbe essere il giorno più bello della mia vita, ma se continua così sarà il giorno della morte di Peeta Mellark, morto a causa dell’agitazione.
Mi alzo e inizio a camminare avanti ed indietro lungo il corridoio, senza mai allontanarmi troppo dalla porta.
[Spoiler: Mockingjay]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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It's True, I was made for you

C’è chi scrive per lavoro, chi scrive per divertimento o per passione.
Ma tutti noi siamo degli scrittori, e ogni giorno scriviamo intere pagine di un libro che nessun’altro può copiare.
Il libro della nostra vita.
Ci sono storie  di persone diverse, che alla fine, in un modo o nell'altro,  finiscono nello stesso libro.
Nel libro della mia vita ci sono molte pagine ancora vuote, pronte ad essere scritte non solo da me, ma anche da Katniss.
La mia storia e la sua si sono intrecciate  per sempre, creando  un unico libro, con i capitoli più belli di tutti.
Quei capitoli che se potessi, li  rileggerei all'infinito.
Ed ora eccomi qui, ad aspettare che l’inchiostro indelebile  scriva sul mio, nostro, libro un altro capitolo su uno dei giorni più felici della mia vita.
Batto nervosamente il piede destro per terra, mentre fisso intensamente  la porta che ho di fronte a me, come se riuscissi a vedere oltre.
Vorrei entrare, stringere la mano a Katniss, ma lei me lo ha vietato.
Le sue parole sono state “Entra e giuro che finisco il lavoro che gli ibridi non hanno finito”
Un infermiera  mi si para davanti e , con voce da mamma preoccupata, mi dice “signor Mellark, vuole che le porti un panino?” scuoto la testa “Gentile, ma no grazie” rispondo.
Sono troppo nervoso, il mio stomaco è totalmente chiuso, sempre ammesso che io abbia ancora uno stomaco.
Non mi piacciono molto gli ospedali, sono tutti uguali, bianchi, asettici e mi fanno venire in mente troppi brutti ricordi, tipo Capitol City e il Distretto 13.
Questo dovrebbe essere il giorno più bello della mia vita, ma se continua così sarà il giorno della morte di Peeta Mellark, morto a causa dell’agitazione.
Mi alzo e inizio a camminare avanti ed indietro lungo il corridoio, senza mai allontanarmi troppo dalla porta.
Katniss è entrata alle 19.00 circa e sono due ore che aspetto, se non mi dicono niente, entro io.
“Peeta?” qualcuno mi chiama e mi poggia una mano sulla spalla.
Mi scosto spaventato e mi giro, come se  mi aspettassi di vedere qualche nemico, ma l’unica persona che mi trovo d’avanti è la Signora Everdeen.
“Signora Everdeen, mi scusi” dico arrossendo “scusami tu e..” non le lascio finire la frase che inizio a fare domande a manetta “Allora, sta bene? Cioè, stanno bene? Posso entrare? ” annuisce, e un sorriso fa capolinea sul suo volto sciupato.
La porta della camera è socchiusa, busso e sento un  flebile “Entra” .
Prendo un respiro profondo ed entro.
Ho immaginato tante volte questo momento, ma nessun sogno è paragonabile alla scena che ho davanti: Katniss, un po’ pallida e sudata, è sdraiata nel letto, gli occhi chiusi, la bocca socchiusa e respira piano.
I capelli neri sono legati nella sua solita treccia e il ciuffo è appiccicato alla fronte.
Tra le braccia magre, culla un fagotto di coperte rosa.
Come attratta dal mio sguardo apre i suoi penetranti occhi grigi e mi guarda con un sorriso stanco
“Perché sei più pallido te di me? Insomma, tutto il lavoro l’ho fatto io” dice con voce flebile ma gioiosa.
Le sorrido e mi avvicino a lei, anzi a loro.
Perché tra le braccia di Katniss dorme beata una piccola bambina con la  boccuccia socchiusa.
I folti capelli neri, così simili a quelli della madre, le ricoprono quasi tutta la testa, le manine paffute sono appoggiate sul petto di Katniss , proprio sopra il suo cuore.
Guardo mia figlia incantato.
È una femmina, io l’ho sempre detto, Katniss era convinta del contrario.
Alzo lo sguardo verso mia moglie, che contempla la bimba con un sorriso che le va’ da un orecchio all'altro.
“sei stata bravissima” le dico, baciandole i capelli.
Scuote la testa “noi siamo stati bravissimi” mi corregge.
“Come la chiamiamo?” chiedo baciandole la punta del naso.
“Avrei voluto chiamarla Prim, ma non voglio affidarle questo peso, quindi pensavo Violet”
sussurra.
Violet, Violet Mellark.
Suona bene.
“La vuoi prendere in braccio?” mi domanda.
Annuisco e lei mi passa in braccio la bambina.
è così piccola, indifesa, pura.
La sistemo meglio sulle mie braccia e lei, non sentendo più il contatto con il petto della madre, apre  gli occhi.
Subito rimango folgorato dal colore dei suoi occhi.
Le iridi sono azzurre, azzurre come il cielo sereno, azzurre come le mie.
Inizio a cullare Violet e , mentre lei chiude gli occhi, mi scende una lacrima.
“Peeta, tutto bene?” mi domanda Katniss.
“Si” inizio “Solo che non posso crederci che questa meraviglia sia la nostra bambina” continuo.
“Lo è davvero, è nostra” dice lei.
“Non sai quanto ho sognato questo momento Kat” mi siedo sul letto, attento a non fare del male sia a Violet sia a Katniss.
La bambina dorme  beata tra le mie braccia, la manine unite, il petto che si alza e abbassa.
Qualcuno bussa alla porta e la signora Everdeen entra nella stanza.
“Scusate se vi disturbo”  dice piano, per   non svegliare la piccola “ma devo portare la bambina al nido per la notte” i suoi occhi brillano di gioia.
Gioia che non credevo poter vedere ancora dopo la morte di Prim.
“D’accordo mamma” le risponde Katniss “si chiama Violet”.
La signora Everdeen sorride radiosa, le passo la bambina tra le braccia e lei sussurra “benvenuta, Violet”.
dopo averla messa nel lettino la porta fuori dalla camera, così rimaniamo soli io e mia moglie.
“Se sei stanca, ti lascio dormire” le dico dolcemente, un parto è di sicuro stancante.
Lei si mette comoda tra i cuscini e sbadiglia, io non riuscendo a trattenermi le dico 
“Ti amo” mentre le bacio la fronte, “Ti amo tanto”  un bacio in mezzo agli occhi, “Ti amo..” inizio, con un leggero bacio sulla guancia “più di quanto..” continuo, dandole un bacio sull'altra guancia “tu possa immaginare” finisco a pochi centimetri dalla sua bocca.
Lei annulla tutte le distanze e mi bacia.
Ogni suo bacio è come se fosse il primo, il suo calore, il suo amore sono cose che mi dona anche solo con un piccolo gesto.
“Ti amo anche io” mi dice, e con le braccia cinge il mio collo.
Un sorriso fa’ capolinea sul suo volto e poi mi sussurra all'orecchio “Quindi, visto che mi ami così tanto, i pannolini a casa glieli cambi tu”.
Sbatto le palpebre un paio di volte e poi scoppio a ridere.
“Tutto quello che vuole, signora Mellark” le sussurro di rimando.
La sento rabbrividire “potrei abituarmici” mi dice sempre al mio orecchio.
“Dormi” le tolgo le braccia dal mio collo, appoggiandole sul lenzuolo.
“Resti con me?”  mi chiede, intrecciando le sue dita alle mie
“Sempre” le rispondo, guardando il nostro intreccio di dita.
Oggi abbiamo scritto insieme il capitolo più bello di tutti,
un capitolo chiamato Violet,
Violet Mellark. 
   
 
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