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Autore: bittersweet Mel    09/10/2012    3 recensioni
Era così vicino a lui che gli sarebbe bastato allungarsi lievemente in avanti e tendere il braccio per toccarlo, per stringerlo a sé in un abbraccio e, magari, già che c’era anche scop- ah, cattivi pensieri, cattivi.
Ma non era assolutamente colpa sua, la sua grande disgrazia era suo fratello: perché quando dormiva sembrava tanto un angelo, con le sue labbra appena inarcate verso l’alto e le guance paffute, mentre appena apriva gli occhi si trasformava in un demone?

[Sora/Roxas], per Ella , cara onighiriSora.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Roxas, Sora
Note: AU | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nessun gioco
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«Voglio un gelato!»
Quante volte questa frase è uscita dalla bocca irriverente di Roxas? Troppe, pensa Sora.
Mio fratello è fatto così, continua a rimuginare il moretto, e devo tenermelo nonostante la voce fastidiosa, il carattere impossibile e le manie compulsive omicide verso i miei confronti.
«Voglio un gelato!» continua ancora il più piccolo, assottigliando gli occhi e puntando i piedi a terra come se fosse un bambino ancora più piccolo di quello che è, mentre le braccia si incrociano al piccolo petto e i denti emettono uno strano suono stridulo quando strisciano l’uno contro l’altro.
Mio fratello è un idiota, pensa allora Sora sorridendo e scuotendo il capo, mentre allunga un braccio e porge delle monete all’altro.
«Te ne farò dare un morso.» finisce di parlare Roxas con gli occhi intrisi di una nuova luce; intanto la smorfia di poco prima si trasforma in un piccolo sorriso sulle labbra a bocciolo e gli occhi si illuminano quasi.
Mio fratello è bello quando sorride, considera infine Sora mentre osserva il biondo correre via.


«Mio fratello è bello quando sorride.»

Sora non aveva mai e poi mai immaginato di arrivare a questo punto, con un’erezione nei pantaloni e una mano fin troppo vicina ai boxer azzurri-  con tanto di disegnini sopra.
Oh meglio sì, aveva immaginato di potersi eccitare almeno una volta nella sua vita, ma mai al pensiero del suo fratellino chinato a novanta gradi intento a gemere senza pudore.
Non aveva mai, mai e poi mai immaginato di doversi svegliare nel cuore della notte, con il fiato corto e l’orribile sensazione di essere un’emerita testa di cazzo infoiata per un ragazzo, maschio e per giunta sangue del suo sangue.
E invece succedeva tante volte, fin troppe.
Sora si addormentava nel letto affianco a quello di Roxas, sospirava profondamente e si lasciava cullare dalla morbidezza del suo guanciale finché quello veniva trasformato dai suoi sogni in qualcosa di più allettante e dalle sembianze tremendamente familiari.
Allora sognava. Sognava di baciare il biondo, di accarezzarlo, di farlo voltare e di prenderlo.
Lo sognava in tutte le posizioni, in tutti i posti e in tutti i modi, finché non si svegliava di punto in bianco nel letto, gli occhi sgranati rivolti al soffitto e le coperte attorcigliate intorno alla vita; l’unico suono a fargli compagnia il suo respiro strozzato e quello più tranquillo di Roxas al suo fianco.
E solo Dio sapeva quale grande forza di volontà gli impediva di alzarsi dal suo scomodo letto e di gettarsi sopra al biondo, rendendo realtà uno dei tanti sogni che lo avevano come protagonista.
Però Sora desisteva, mentre una mano si schiantava sopra la sua fronte e si tirava i capelli in indietro quasi con disperazione.
«Dannazione.» mormorò con un grugnito il moro, deglutendo e sollevando quasi con riluttanza il lenzuolo che gli avvolgeva completamente, nemmeno fosse un baco da seta, l’intera parte inferiore.« Questa sera è ancora peggio del solito.» finì la frase con un singulto,lasciandosi cadere all’indietro sopra al materasso e allargando le braccia.
Inspirò profondamente un paio di volte, ritrovandosi con il fiato mozzato e un principio di un embolo alla porte.
Allora tossì, strizzando gli occhi e inspirando dal naso in modo un po’ più irregolare, mentre la mano destra si aggrappava al pigiama sottile che indossava per stringere qualcosa.
Roxas, nel letto affianco, sospirò appena e mugolò qualcosa che non arrivò alle orecchie del gemello, mentre il suo intero corpo si voltava dalla parte opposta e ritornava a sonnecchiare.
Sora si passò ancora una volta la mano tra i capelli spettinati e si mise a sedere sul bordo del letto, non dopo mille combattimenti contro il lenzuolo malefico.
Appoggiò i piedi contro il pavimento di legno e sollevò le dita dei piedi come per gustarsi la sensazione del legno sotto la pianta.
Poi sollevò lo sguardo azzurro, che nel buio della notte si trasformava quasi in blu, e osservò il volto pacifico del fratello.
Era così vicino a lui che gli sarebbe bastato allungarsi lievemente in avanti e tendere il braccio per toccarlo, per stringerlo a sé in un abbraccio e, magari, già che c’era anche scop- ah, cattivi pensieri, cattivi.
Ma non era assolutamente colpa sua, la sua grande disgrazia era suo fratello: perché quando dormiva sembrava tanto un angelo, con le sue labbra appena inarcate verso l’alto e le guance paffute,  mentre appena apriva gli occhi si trasformava in un demone?
Sì, un vero e proprio demone, ma senza corna e coda.
Aveva voglia di toccarlo adesso, di passargli le labbra sopra al collo e morderlo, per sapere se aveva davvero lo stesso buon odore che gli solleticava il naso nei suoi sogni e se il suo sapore era afrodisiaco come sognava che fosse tutte le notti.
«Ah, no!» scosse la testa violentemente, come a scacciarsi via quei pensieri dalla testolina mora che si ritrovava.
Si sbatté le mani sopra le guance un paio di volte, mentre un piccolo “ ciak” risuonava per la stanza ogni volta che le mani si scontravano contro la pelle.
«Avanti Sora, respira. Respira e respira ancora.»
« No Sora, non respirare, muori e stai zitto. » una voce strascicata e appesantita dal sonno risuonò lieve per la stanza, facendo scattare sul letto il moretto.
Si portò una mano al cuore, Sora, che per un attimo gli parve quasi scoppiare per davvero, mentre con gli occhi azzurri cercavano la faccia del fratello in mezzo al buio.
E Roxas era li, con gli occhi ancora chiusi e la bocca incrinata verso il basso che se ne stava tranquillo nel letto; per un attimo Sora pensò di essere impazzito, di aver sentito la voce del fratello per colpa dei costanti sogni che lo vedevano come protagonista indiscusso, ma quando sentì il biondo sospirare e vide la sua bocca socchiudersi allora si rassicurò quasi, mentre l’idea di essere trasportato in un ospedale psichiatrico spariva sempre di più in lontananza.
« Non sei molto gentile, fratellino. Se morissi poi ti mancherei.» disse Sora con un nota falsamente accusatoria nella voce, mentre con una mano tastava il materasso in cerca del lenzuolo.
Tempo di sentire due o tre mugolii assonnati da parte di Roxas e il frusciare delle coperte nel letto opposto al suo e il moro riuscì ad acciuffare il lenzuolo giusto in tempo.
Se lo portò sopra la vita per coprire il suo “piccolo disagio” qualche secondo prima che gli occhi azzurri del fratello si aprissero e si puntassero su di lui.
Erano acquosi e socchiusi, faticavano perfino a rimanere aperti, ma erano tanto belli.
Per lo meno così la pensava Sora mentre rimaneva a fissarli quasi in contemplazione, mentre stringeva appena i suoi per riuscire ad aguzzare la vista nonostante il buio presente.
Roxas sbadigliò apertamente, senza nemmeno curarsi di portarsi una mano davanti alla bocca, e lasciò che le lacrime gli annebbiassero per qualche secondo la vista.
Si passò una mano sopra gli occhi e li strofinò lentamente, un po’ come quando lo faceva da bambino con i pugni stretti tra le lenzuola calde, finché non puntò nuovamente lo sguardo sopra al fratello maggiore.
«Beh?» domandò con un cipiglio stanco il biondo, come sempre di poche parole ma di molti sguardi accigliati.
Sora sorrise apertamente mostrando i denti in un riso divertito, mentre una mano si appoggiava dietro la nuca e grattava appena i capelli castani scompigliandoli ancora più del dovuto.
«Mi annoiavo, tutto qui.»
«Ah davvero?» domandò Roxas assottigliando appena lo sguardo e osservando il fratello quasi con sospetto, mentre il sonno pian piano scemava e lasciava spazio alla lucidità.
Insomma, ancora sentiva le mani formicolare e gli occhi bruciare dalla stanchezza, ma l’idea che il suo adorato fratellone stesse nascondendo qualcosa lo incuriosiva tremendamente.
E infatti si issò completamente sul letto quasi freneticamente,  mettendosi dopo qualche secondo quasi immobile sopra al materasso e con gli occhi azzurri puntati in quelli di Sora, mentre lo scrutava attentamente.
«Avanti fratellone, dimmi che hai.»
Cazzo, pensò Sora mentre sentì una spiacevole – o per lo meno cercava in tutti i modi di catalogarla in quel modo, anche se era tutt’altro- fitta al ventre alle parole dell’altro.
Diamine, diavolo ancora più dannazione: possibile che si eccitasse tremendamente ogni volta che sentiva il biondo chiamarlo con quel  vezzeggiativo?
Sì, perché altrimenti non aveva senso quel nodo alla bocca dello stomaco e il pulsare delle sue parti basse.
E dire che aveva tanta voglia di piangere, Sora, e magari di prendere un martello e tirarselo sopra al pene urlandogli contro qualcosa come:  « E’ tuo fratello piantala, piantala, piantala!»
Invece non poteva far altro che continuare a sorridere in quel suo modo che tutti chiamavano “stupido” e scuotere appena la testa, sghignazzando un po’ e muovendo i piedi vicino al bordo del letto.
«Te l’ho detto Roxs, mi stavo solo annoiando.» disse con semplicità e aggiungendo anche una scrollata di spalle.
Peccato che il biondo era tutt’altro che convinto, specialmente perché vedeva che di tanto in tanto il moretto si gettava occhiate allarmate verso il basso e poi ritornava a sorridere in una maniera un po’ più tirata, quasi falsa.
E certe cose agli occhi di un fratello che parla poco ma osserva molto non sfuggono di certo.
«E quindi quando ti annoi ti rotoli nel letto e poi gemi ripetutamente? » domandò con un lieve ghigno il biondo, mentre osservava l’altro con noncuranza,  come se non avesse detto niente di importante o di minimamente imbarazzante.
E invece di imbarazzo ce n’era molto adesso; Sora aveva preso a colorarsi completamente di rosso, mentre le orecchi bruciavano quasi quanto le sue gote. Il respiro faticava perfino ad uscire e il cuore batteva tanto forte come quella volta in cui la madre lo aveva beccato con le mani sporche di marmellata e la tenda del salotto completamente appiccicosa.
Sì, la sensazione di essere stato beccato con le mani nel sacco – pacco, in quella situazione era ancora più adeguato- era decisamente quella che calzava a pennello.
Si schiarì la voce un paio di volte e tentò di guardare ovunque, anche fuori dalla finestra dove l’unico spettacolo che poteva sperare era un grande magazzino in disuso, fuorché  il viso del fratello.
Eppure c’era quel qualcosa che gli faceva guizzare gli occhi verso il viso paffuto di Roxas, che faceva scivolare lentamente lo sguardo di Sora verso gli zigomi poco accentati e poi verso le labbra appena imbronciate.
Per non parlare della voglia immane che aveva di lanciare il lenzuolo all’aria e saltare addosso a Roxas, afferrandogli la testa fra le mani e iniziare a baciarlo completamente, tutto, fino a spogliarlo e toccarlo, ma era meglio smettere di pensare a quello che davvero voleva fare, perché altrimenti non sarebbe riuscito a scappare da quella situazione.
 Sospirò piano, trovando nemmeno lui sapeva dove il coraggio di alzare lo sguardo e di osservare per lo meno il volto del fratello, anche se evitava accuratamente gli occhi fin troppo simili ai suoi.
Allora scosse appena la testa e una risata flebile e tesa gli uscì dalle labbra, mentre i piedi continuavano a dondolare a terra.
«Stavo combattendo contro uno gnu.» disse la prima cosa che gli passò per la testa, mentre l’espressione sembrava  seria quasi stesse dicendo una cosa sensata.
E in un certo senso non era così strano pensare di lottare contro uno Gnu; il loro cagnolino Simba si era rotolato a terra migliaia di volte con il pupazzetto a forma di gnu che avevano vinto una sera alle giostre in uno di quei giochi in cui vinceva chi riusciva a lanciare più cerchi di plastica dentro un canestro.
Quindi la scusa era plausibile secondo la mente di Sora, ma non altrettanto per quella di Roxas, che invece guardava il fratello con un’espressione tutt’altro che convinta.
Incrociò le braccia al petto, il biondo, e scosse appena la testa mentre gli occhi guardavano il fratello e gli comunicavano – meglio delle parole, in quel momento- quanto fosse stupida la cosa che aveva appena detto.
«Ti rendi conto, vero, che non ci credo nemmeno un po’, eh?» domandò con voce ironica dopo qualche secondo, alzandosi con un sospiro dal letto e sollevando entrambe le braccia al soffitto.
Roxas si stiracchiò per bene la schiena, storcendo appena il naso al rumore delle sue ossa che scrocchiavano in maniera preoccupante.
Sora fissò interdetto il fratello più piccolo, mentre si sistemava ancora meglio il leggero lenzuolo e un lembo di coperta sopra le gambe; sperava non fosse troppo evidente che cercava di coprire qualcosa, anche se il fatto di continuare a metterci le mani sopra e gettare occhiate preoccupate non aiutava più di tanto.
Infatti il biondo, dopo essersi stiracchiato per bene, sorrise quasi sadicamente e fece scorrere lo sguardo sul corpo del fratello, soffermandosi sopra il ventre.
«Che cosa nascondi li?»
«Un enorme pacco per te.»gli venne una gran voglia di rispondere, ma prontamente si morse la lingua tra i denti e fece scivolare via l’immagine di un Roxas inginocchiato di fronte a lui che toglieva un fiocco dalla punta del suo pene.
«Ho solo freddo, hai presente?» rispose invece con voce normale, facendo spallucce e guardando l’altro negli occhi con espressione innocua.
E se c’era una cosa in cui Sora era bravo erano proprio le espressioni del genere, quelle che ti colpivano per la loro semplicità e naturalezza, come se a parlare fosse un bambino con gli occhi grandi e il sorriso sulle labbra morbide.
Però c’era anche da dire che Roxas lo conosceva da quasi diciotto anni con annesse le varie bugie che dicevano a mamma quando erano più piccoli, quindi con il tempo aveva capito quando il fratello fingeva o meno.
“Bugia” gli urlava la sua testa appena posava lo sguardo sugli occhi falsamente innocenti di Sora e sul suo sorriso tirato, quindi visto che stupido il biondo non era scosse appena la testa, mentre un sorriso abbastanza ironico gli ravvivava la bocca.
«Se hai tanto freddo perché hai lasciato la finestra aperta e ti sei messo il pigiama leggero?» insinuò per l’ennesima volta Roxas, camminando in avanti per quei pochi passi che separavano il suo letto da quello del fratello. Solo una volta essere arrivato tanto vicino a Sora che quasi le loro fronti si toccavano – perché ovviamente il biondo si era chinato, così da osservare il maggiore dritto negli occhi- si fermò, agrottando le sopracciglia. «Potevi mettere anche una coperta pesante, non trovi?»
E Sora sudava freddo, stretto tra le lenzuola e con le mani artigliate alla stoffa come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
Sudava freddo e si mordeva l’interno guancia perché cazzo, possibile che suo fratello avesse davvero quell’ascendente su di lui?
Possibile che adesso che lo vedeva così vicino il suo cervello si era scollegato, era andato in panne e lo aveva abbandonato? Sì, decisamente possibile, tanto quanto era probabile che le sue mani avevano preso a formicolare dalla voglia di afferrare la testa di Roxas e la sua pancia aveva iniziato ad aggrovigliarsi.
E il cuore pulsava forte, l’adrenalina gli scorreva nelle vene e gli arrivava dritta alla testa, che girava quasi vorticosamente.
Un colpo di tamburi, un tuono in lontananza, il rombo di una moto; il cuore sembrava bloccargli ogni via d’uscita.
Inspirò profondamente e deglutì, Sora, mentre gli occhi guardavano la propria immagine riflessa nelle iridi del fratello minore.
Aprì la bocca per parlare, per dire qualcosa tipo «Non dire sciocchezze, Roxas, gli elefanti rosa non esistono.», ma non riuscì a far altro che sospirare piano.
Senza nemmeno rendersene conto, con quello che era puro istinto e nient’altro, Sora sollevò entrambe le mani e le appoggiò dietro al collo di Roxas, chiudendole in una stretta.
Strattonò velocemente il biondo in avanti e se lo fece cadere addosso, tra le sue gambe, mentre anche lui scivolava sopra al letto e rimbalzavano appena sul materasso morbido.
Tra le coperte disfatte e un “ugh” sorpreso del più piccolo rimasero fermi in quella posizione, con Roxas stordito sopra Sora e il moro imbarazzato con ancora le mani appoggiate vicino al collo del fratello.
«Che fai, che succede?»stava per chiedere con una nota pungente nella voce Roxas, ma rimase zitto zitto, mentre sentiva il naso del fratello strusciare sopra la giugulare, andando a nascondere il volto caldo nell’incavo della sua spalla.
Sora continuò a darsi dello stupido, a maledire il cervello che aveva deciso di abbandonarlo nel momento del bisogno, e a muoversi piano sotto al fratello.
Fece scivolare una mano sopra al schiena del biondo, accarezzandola piano come se avesse paura di rompere quel momento di imbarazzo e sospiri mal trattenuti.
Sollevò di qualche centimetro il capo, riprendendo a muovere piano il naso sopra al collo teso di Roxas, inspirando il leggero profumo di fresco che sentiva.
Era caldo e profumato, suo fratello, e sapeva ancora di sonno.
Non sapeva esattamente che genere di “ profumo” potesse essere quello, ma lo faceva sentire quasi addormentato, alla prese con un bel sogno avvolgente e caldo quasi quanto una trapunta di lana.
Però come ogni momento bello andava rovinato da qualcosa, perché non poteva rimanere così per sempre.
Roxas deglutì appena e poi appoggiò le braccia sopra al materasso, issandosi quel che bastava per guardare negli occhi Sora e sollevare un sopracciglio.
«Sora, che stai … ?» lasciò la frase in sospeso, troppo pensieroso al momento per poter aggiungere altro.
E poi non voleva nemmeno sapere davvero la risposta, il biondo, perché sentiva quel lieve filo di tensione che avvolgeva e si intrecciava al momento; per quanto fosse curioso e amasse rompere le scatole al fratello non voleva spezzare quel filo, non voleva rovinare qualunque cosa potesse tenere unita.
Il moretto era della stessa opinione, infatti si morse il labbro inferiore e sollevò nuovamente la mano destra, appoggiandola sopra la nuca del più piccolo.
Gli passò le dita tra i fini capelli scompigliati, inspirando un po’ d’aria e cercando di calmare il respiro che pian piano sembrava volerlo strozzare.
«Non faccio niente.» rispose piano, a bassa voce, in quello che sembrava tanto un soffio di parola, mentre la mano da sopra la testa scendeva piano e seguiva il contorno della faccia del fratello fino a fermarsi sopra al mento.
Era strano, pensava Roxas, solitamente due fratelli non si abbracciano in quel modo, ma finché era piacevole perché non lasciar fare?
Infatti scosse piano la testa e allentò la presa delle sue braccia, ritornando a scivolare sopra al corpo dell’altro con delicatezza.
Lasciò che i loro petti aderissero e nel movimento il lenzuolo scivolò a terra, attorcigliandosi tra i loro piedi fuori dal materasso.
«Continua a non fare nulla, allora.» fece Roxas altrettanto a bassa voce, appoggiando la guancia sinistra contro al collo del moro e chiudendo gli occhi. «A me sta bene così.»
Sora fremette appena sotto al corpo del fratello, strizzando appena gli occhi e cercando di respirare meno affannosamente, di trovare un modo per far ritornare il suo cuore a battere normalmente.
Eppure no, appena riusciva a tranquillizzarsi c’era la sua mente che lo faceva guizzare verso il fratello, che gli faceva sentire amplificato il suo corpo e il suo respiro vicino a lui; e allora riprendeva a battere forte, il cuore, e il respiro cavalcava veloce e si infrangeva contro il volto del biondo.
Il moretto annuì un po’, lievemente, e le braccia sopra la schiena di Roxas ripresero a muoversi piano in altre carezze gentili.
Rimase fermi così per un bel po’, cullati dai battiti impazziti del cuore di Sora e quelli più calmi di quello del biondo, che man mano che i minuti passavano iniziava a sentire anche lui una specie di aspettativa alla bocca dello stomaco.
Andava davvero bene così? Poteva rimanere sopra sua fratello in quella strana situazione imbarazzante senza dire nulla?
Dopotutto Roxas non era un tipo di molte parole, questo si sapeva, ma non riusciva ugualmente a non avere delle risposte.
Quindi si schiarì piano la voce, rimanendo comunque con la guancia appoggiata al collo del fratello.
«Hey Sora … » borbottò sospirando poco dopo, mentre gli occhi si schiudevano un po’. «Anche se mi piace questo “niente” voglio lo stesso sapere che succede.»
Il moro se lo aspettava, oh se se lo aspettava!
Se c’era una sicurezza che continuamente frullava nella testa di Sora, beh, quella era che suo fratello prima o poi avrebbe sempre e comunque detto la sua per sapere di continuo più cose.
Quindi si era preparato, ovvio, ad una domanda del genere in quei minuti pochi minuti di silenzio, ma ancora non sapeva se dare o meno una risposta.
Con che coraggio poteva dire a suo fratello che lo eccitava da morire? Come minimo si sarebbe ritrovato un pugno in faccia e il giorno dopo una visita dallo psichiatra.
E allora poteva dirgli dell’altro; poteva parlare sinceramente e dirgli che lo trovava bello, bello come non mai, e che non sapeva perché ma lo voleva sempre vicino.
Sì, anche se erano fratelli ed era così dannatamente sbagliato e stupido.
Sora prese un profondo respiro e fece scivolare le mani dalla schiena del biondo al suo petto, facendo una lieve pressione per farlo alzare.
Roxas afferrò al volo la situazione e si sollevò appena, rimanendo comunque seduto sopra le gambe del fratello.
Il moro sorrise appena, faticando a deglutire, e cercò di dare un filo logico ai suoi pensieri sconnessi.
Perché non riusciva a parlare chiaramente? Di solito era così facile per lui, invece adesso sentiva la lingua quasi intorpidita e la mente che vagava da una parte all’altra.
Ok, respirò lentamente e si buttò a capofitto, senza rimpianti.
«Mi piaci e voglio stare con te anche se sei mio fratello e so che è strano e sbagliate e che probabilmente mi odierai ma io lo voglio lo voglio lo voglio davvero.» disse tutto d’un fiato mentre le guance incominciarono ad ardere e i suoi occhi si posarono altrove, dappertutto tranne che sul volto del fratello davanti a lui.
E Roxas?
Beh, il biondo si era preparato a sentire di tutto e di più uscire dalla bocca del fratello, magari un’altra delle sue stupidate sui dugonghi, e invece rimase paralizzato dalle parole di Sora.
Nel giro di pochi secondi, attimi in realtà, tutto prese una forma diversa.
In un istante tutto girò vorticosamente, ogni singola cosa parve vibrare sotto il suo sguardo, tutto, tranne il volto imbarazzato di Sora sotto di sé.
Il cuore prese a battere all’impazzata, come mai in tutta la sua vita, e il fiato si condensò in gola.
E più vedeva la faccia rossa del maggiore sotto di lui e le sue mani sentivano la pelle del petto dell’altro scottare sotto i polpastrelli, più una strana sensazione alla pancia si condensava.
Senza nemmeno rendersene conto tutte le sue emozioni  si condensarono nel suo corpo, facendogli addirittura girare la testa.
Sora era suo fratello, suo fratello che era attratto da lui.
Suo fratello che adesso non riusciva a guardarlo negli occhi e che aveva le guance rosse e calde come due mele bollite.
«Io ti piaccio in quel senso?» domandò flebile, quasi sconvolto, mentre sollevava una mano e andava a punzecchiare la guancia gonfia del fratello.
Sora sbuffò appena come esasperato, mentre muoveva la testa a destra e a sinistra per mandare via il bollore che gli solleticava l’intero corpo.
Annuì però alla domanda del fratello, mormorando un altro: «Mi piaci.»
«E adesso … Andrai a nasconderti da qualche parte?» chiese ancora Roxas, mordendosi il labbro inferiore per non sorridere alla faccia imbarazzata del fratello.
Sora sotto di lui mugugnò appena e annuì.
«Dentro un armadio o sotto il letto sono posti troppo stupidi, non è vero?»
«Sì, lo sono, ma ti si addicono.»
Sora sbuffò forte, mentre ritrovò il coraggio di sollevare lo sguardo e di fissare negli occhi il fratello.
Arrossì ancora un po’, arricciando le labbra e scuotendo appena la testa.
Strusciò la testa sopra al materasso e si morse il labbro inferiore, torturandolo con i denti pur di non fare quello che voleva da anni.
Però ci pensò Roxas a chinarsi in avanti quasi automaticamente, sorridendo appena e continuando a strofinare un poco la guancia sopra quella dell’altro, deglutendo e sentendosi tanto impacciato e imbarazzato.
Però trovava davvero stupido, proprio tanto, nascondersi dentro un armadio o sotto al letto; erano posti così ovvi che anche un bambino gli avrebbe usati, ma alla fine nella sua mente Sora era davvero come un bimbo esagitato messo dentro il corpo di un adolescente.
«Io non mi nasconderei.»  continuò a parlare poco dopo con voce piatta, quasi estraniata da quello che stava dicendo.
Anche perché non stava molto a ragionare sulle parole che gli uscivano dalle labbra ora come ora anzi, non ascoltava nemmeno quello che diceva perché le sue labbra erano concentrate a sfiorare lentamente la guancia di Sora, schioccandogli sopra un piccolo bacio.
Perché lo stava facendo, dannazione? A lui suo fratello non piaceva, davvero, non lo aveva mai pensato come nulla di più di un fratello maggiore fin troppo ossessivo.
Però adesso che sapeva di piacergli, adesso che riusciva a capire come ci si sentiva a venire voluti da qualcuno, beh, non riusciva a trattenersi dallo sfiorare con le labbra l’altro ragazzo.
Era una specie di “grazie” per avergli detto quelle parole, ecco; per Roxas adesso era così, erano dai baci di gratitudine.
Sospirò appena e si morse il labbro inferiore, osservando per quanto riusciva in quella posizione il volto del fratello sotto di lui.
Smise di mordersi il labbro e riposò la bocca sopra la guancia dell’altro, facendola scivolare appena verso il basso e strusciando il naso contro il collo.
Il labbro inferiore di Sora aveva preso a tremare intanto, mentre sentiva le labbra del fratello strisciare piano sopra il suo corpo e lo facevano pian piano scigliore.
Ed era strano davvero, perché sentiva gli organi dentro di lui fremere e bollire per davvero, ma probabilmente stava esagerando.
«Bruci Roxas, stai bruciando.» mormorò a bassa voce poco dopo, continuando a borbottare qualche parola senza senso.
Continuò così per un po’, Sora, a borbottare di tanto in tanto finché non decise di tacere, di godersi quei leggeri baci che ancora Roxas continuava a lasciargli sul collo.
Ed ecco che finalmente Sora aveva smesso di parlare, sì.
Adesso il biondo non aveva voglia di sentire la sua voce, perché altrimenti si sarebbe imbarazzato ancora di più.
Anche perché poi avrebbe dovuto ribattere in qualche modo e adesso era sicuro, più che certo, che la sua voce sarebbe risultata tremendamente tremolante e stupida.
Stupida, stupida, stupida come i suoi pensieri e i suoi occhi che non riuscivano a staccarsi dalla faccia di Sora sotto di lui; tanto lo avrebbe picchiato forte la mattina dopo, ancora e ancora per tutto il tempo che gli sarebbe rimasto da vivere per quello che gli stava per far fare.
Perché pian piano la sua bocca scivolava quasi spinta da una forza superiore verso l’altro ragazzo, strofinandosi con lentezza sopra la guancia morbida, e pian piano sentiva l’impellente bisogno di appoggiare le sue labbra sopra quelle dell’altro, come se fossero la cosa più bella e gustosa del mondo.
Non aveva mai voluto baciare suo fratello in vita sua, l’aveva sempre ritenuto una cosa orribile, eppure adesso sentiva quasi un richiamo verso quei due pezzi di pelle morbida e dal colore leggermente più scuro rispetto al resto del corpo, un invito vero e proprio perché le budella ritornarono a contorcersi e il respiro gli si bloccò in gola mentre, lentamente, le sue labbra dalla guancia svoltarono a sinistra fino a sfiorare il lato della bocca di Sora.
Si fermò per qualche secondo, inspirando profondamente e cercando di ignorare la sensazione simile all’ansia che gli solleticava la bocca dello stomaco.
Aprì piano le labbra e le richiuse subito dopo, vicino alla bocca dell’altro e scostandosi subito dopo.
Era morbida, diamine.
Morbida, calda, bella.
Strizzò appena gli occhi e ritornò ad appoggiare le labbra sopra quel piccolo lato di bocca, questa volta issandosi un po’ sopra al corpo di Sora per riuscire a muoversi meglio e ad accostare per la terza volta la sua bocca su quella dell’altro.
Sfiorò il labbro inferiore, poi quello superiore e poi quasi tutta la bocca, senza mai appoggiarsi sopra definitivamente.
Sora dal canto suo stava impazzendo, letteralmente.
Prese un respiro profondo lasciando uscire il suo respiro caldo e ancora abbastanza tremolante contro le labbra del ragazzo, lasciando che si infrangesse su di esse. 
Roxas aprì piano la bocca al gesto del fratello e sembrò voler quasi respirare il sospiro di Sora, mentre pian piano si chinava ancora un po’.
Sora mugolò un qualcosa di sconnesso, mentre la sua mano si alzò piano e prese tra le dita una ciocca di capelli di Roxas,  stringendola piano, mentre i suoi occhi si chiudevano.
«Baciami oppure, Rox, giuro che lo faccio io.» disse il moro con il fiato corto e la bocca che sfiorava quasi quella del fratello.
Roxas era sadico e bastardo, questo Sora lo sapeva bene, e adesso ne aveva l’ennesima prova: lui stava morendo, scommetteva di tutto che si vedeva benissimo, e l’altro ancora indugiava lento, quasi disinvolto.
Sì, sadico era la parola giusta.
Per Roxas quei minuti passati a sfiorargli la bocca lo avevano fatto quasi impazzire, mentre sentiva la voglia di posare definitivamente la bocca sopra quella dell’altro ma, al tempo stesso, voleva rimanere a sentire quella sensazione di attesa e di aspettativa solleticargli l’intero petto.
Però appena sentì le parole di Sora  sorrise, lasciandosi scivolare fuori dalle labbra una risata sopita, quasi soffusa, mentre riapriva gli occhi a li puntava sopra al volto in penombra dell’altro ragazzo.
Era imbarazzante baciarlo, davvero, però alla fine che c’era di male?
Erano solamente due labbra che si sfioravano, no?
Allungò una mano da terra e l’appoggiò lenta, delicata, sopra la guancia destra dell’altro, sfiorando con il pollice la pelle e solleticandola appena.
Si sistemò meglio sopra al corpo di Sora, sedendosi bene al centro del petto e facendo scivolare per bene l’altro sopra al materasso, e si chinò nuovamente, questa volta facendo coincidere le due fronti per qualche secondo, mentre sentiva i capelli scivolare sopra la faccia di Sora.
Prese fiato e poi deglutì, mettendo a tacere per un secondo il pulsare del cuore e dell’intero corpo, che pareva ascoltare i battiti del suo organo e imitarli alla perfezione.
Appena il fiato gli ritornò in gola e l’aria riuscì a fluirgli nei polmoni Roxas si abbassò come poco prima, sfiorando con le labbra prima il naso, poi il labbro superiore – che prese tra le labbra per qualche secondo, tirandolo- e infine fece coincidere le sue labbra, strusciandole appena le une sulle altre in un bacio casto.
A Sora venne quasi voglia  di ridere. 
Probabilmente era pazzo, forse tutta quella vita stramba lo aveva mandato fuori di capoccia, ma ora sentiva il suo cuore che gli parlava e gli diceva qualcosa tipo:” Hey, ma quello che ti sta baciando è Roxas!”
Spostò lentamente le labbra dalle quelle del fratello  e rise, una risata agitata e tremolante.
«Q-Questo è davvero strano, non pensi?» domandò Sora poco dopo, scuotendo la testa e osservando stranito il fratello.
Roxas dal canto suo annuì a sua volta, quasi sorpreso del suo stesso gesto.
Poi scosse le spalle, ruotando gli occhi al cielo e lasciando un altro bacio sopra la bocca di Sora; un po’ ci
aveva preso gusto, doveva ammetterlo.
«Molto strano, tanto strano. Ma non è così male, davvero.»
«Vallo a dire al mio pene che sta per esplodere.» pensò un secondo Sora, deglutendo e annuendo al fratello, tirando una ciocca bionda di capelli dell’altra tra le sue dita.
«Posso fare un’altra cosa strana?» domandò a brucia pelo poco dopo, guardando il fratello minore con enorme aspettativa, con gli occhi quasi luccicanti.
Sì, stava usando gli occhi che usava quando era piccolo per convincere la madre a comprargli le caramelle e Roxas non riuscì a non ridere di sfuggita, mentre tirava tra l’indice e  il pollice la guancia destra di Sora.
Annuì alle sue parole, curioso di vedere un’altra cosa “ strana”.
«Ok, allora io … Mh, vado, eh.» Disse contro le labbra del fratello con un mormorio teso.
Con il pollice che era sceso sul suo collo qualche minuto prima risalì fino alla bocca e dopo aver accarezzato il labbro  inferiore le schiuse un po', tirandogli in basso il pezzo di pelle che aveva accarezzato.
«Non preoccuparti, ok? » disse e avvicinò la bocca alla sua. 
Prima di tutto gli baciò il labbro superiore e poco dopo si staccò,  tirando fuori la punta della lingua.
Inizialmente si divertì a far passare la punta della lingua contro l'interno del labbro superiore, e subito dopo Sora sentì un fremito lungo la schiena al pensiero di poter esplorare la bocca del fratello e la cosa non era mai stata così allettante in vita sua. 
Scese e con la lingua tracciò il contorno del suo labbro inferiore, che teneva abbassato con il pollice proprio appena sotto al labbro, per poi poggiare la bocca alla sua. 
Infilò lentamente la lingua nella sua bocca prendendo a sfiorare la punta dell'altro, passando poi la propria attorno alla lingua di Roxas. 
Roxas sospirò piano a tutte le emozioni che si facevano vive nel suo corpo, e doveva dire che  di sensazione ce n’era tante, forse  troppe per essere contenute in un solo corpo.
Perché si sentiva vibrare dall’interno, come se tutte le sue ossa avessero iniziato a fremere come non mai e avessero contagiato tutti gli organi.
Piacevoli fitte, quasi simili a scariche elettriche, percorrevano l’intero corpo dei due ragazzi, partendo dal ventre e raggrumandosi nello stomaco, lanciando di tanto in tanto raffiche improvvise di eccitazione. 
Roxas dischiuse ancora un po’ le labbra, seguendo un istinto che nemmeno sapeva di avere, e incurvò la testa di lato per permettere alla bocca di Sora di plasmarsi perfettamente con la sua.
Appoggiò le labbra contro quelle dell’altro ragazzo e timorosamente, non sapendo nemmeno da dove cominciare, mosse la lingua contro quella dell’altro.
La sfiorò appena la prima volta, sentendo a quel contatto umido un lungo brivido lungo la schiena, e sospirò nel bacio.
Poi ritornò ancora a sfiorarla, lentamente e con estrema calma, muovendo il suo piccolo organo un po’ impacciato e chiudendo gli occhi, mentre le mani si appoggiavano una sopra al collo di Sora e l’altra sopra la sua testa, spingendola appena in avanti.
Il moro si muoveva lento sotto al fratello, aprendo la bocca e muovendo a sua volta la lingua in quel bacio che da tanto aveva aspettato.
E Roxas era … Era wow, non c’erano altre parole o termini che in quel momento gli potevano sfiorare la mente.
Roxas per lui era davvero “ wow” e quel bacio era “ super-wow”, perché gli faceva battere il cuore talmente tanto forte da farlo quasi esplodere.
Le mani di Roxas che lo sfioravano, i suoi respiri sulle labbra, ogni cosa era dannatamente strana e piacevole che sarebbe rimasto volentieri tra le sue labbra per sempre.
Era una dannato romanticone, non c’era che dire.
Passarono diversi minuti persi in quel bacio, mentre le bocche si staccavano le une dalle altre di tanto in tanto per poter respirare finché entrambi non abbandonarono la bocca dell’altro per potersi guardare negli occhi.
Rimasero fermi a riprendere fiato finché Sora decise di spezzare quel silenzio, perché non voleva renderlo imbarazzante come spesso accadeva dopo un bacio.
Quindi il moretto si schiarì la voce e afferrò il volto di Roxas tra le mani, accarezzandogli le guance con i pollici.
«Mi piace non fare “nulla”, fratellino.»
«Ah …» sbuffò Roxas appena sentì quella frase, scuotendo la testa e lasciandosi andare in una risata soffusa, mentre sentiva pian piano l’ansia scivolare via.
Ok, come sempre Sora sapeva come smorzare la tensione, era ovvio.
«Ma certo Sora, specialmente se quello che avevi era “ niente” come dicevi te, eh?» disse ironico poco dopo, scivolando giù dal corpo di Sora fino a sdraiarsi di fianco al fratello.
Sora si passò una mano sul petto, sentendo già la mancanza del fratello sopra di lui; ma c’era qualcosa di più importante adesso, come il prendersi cura di una parte di sé.
Quindi con un sospiro si mise a sedere sul letto, osservando attentamente il fratello biondo sdraiato di fianco a lui.
«Io vado un attimo in … Mh, bagno. Devo lavarmi la faccia, sì.» esclamò con un lieve rossore sulle guance, scrutando il biondo per qualche secondo prima di alzarsi definitivamente dal letto.
Oh, la testa girava dopo tutto quello che era successo, ma non avrebbe dato la soddisfazione al suo piccolo e tenero fratellino di vederlo barcollare fino al bagno con un’erezione con i fiocchi tra i pantaloni.
Quindi sollevò la testa con aria onorevole e si incamminò verso la porta, le gambe lievemente divaricate e il fiato corto.
Sul letto Roxas aveva preso a ridere forte, ignorando il fatto che fosse notte inoltrata, e si rotolava appena sul materasso, osservando Sora che apriva la porta e se la chiudeva veloce alle spalle, non senza avergli mostrato prima il dito medio.
«Ah, un’ultima cosa!» mormorò il moro riaprendo la porta della camera e ficcandoci la testa dentro. «Te lo volevo dire da tanto tempo: sei davvero bello quando sorridi.»
E con queste ultime parole sparì dietro la porta, lasciando che la risata di Roxas si spegnesse e si tramutasse in un sorriso leggero, mentre si copriva con le coperte del fratello e lo aspettava li nel letto.

«Mio fratello maggiore è ancora più bello quando sorride, invece.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mel.
Oh, wow. Davvero, un grande “wow” e un applauso a questa ragazza che è riuscita a postare qualcosa sul fandom dopo mesi di inattività.
Sì, mesi passati nella bambagia ad ascoltare musica e scribacchiare altre cavolate.
Beh, non c’è molto da dire, eh. Dedico questa mia storiella a Ella,  visto che le avevo promesso un mio ritorno in grande stile -!?- e perché così, voglio dedicarle una So/Roku stupida e romantica.
Grazie per aver letto, ovviamente; spero di ricevere le vostre opinioni, commenti, eccetera eccetera.
Bai bai, Mel.
   
 
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