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Autore: HystericalFirework    09/10/2012    3 recensioni
How I wish, how I wish you were here,
we are just two lost souls swimming in a fish bowl.

- E la cosa ancora più assurda- continua lei come se stesse parlando entusiasticamente di un libro che ha appena finito di leggere – è che… beh, ti ricordi quella vecchia foto di noi due? Io ce l’ho ancora a casa, mi ricorda i bei vecchi tempi.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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So, so you think you can tell
heaven from hell?
Blue skies from pain?
Can you tell a green field
from a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?

 
 
 
Corre, corre così veloce che le fanno male i polmoni. Tutti i vagoni sono pieni, manca solo l’ultimo da visitare, e se non c’è posto neanche lì sarà costretta ad aspettare il prossimo treno.
Che sarebbe passato dopo un’ora, peraltro.
E’ una ritardataria cronica, se ne rende conto. Tutte le mattine la stessa storia, tutte le mattine è costretta ad aggrapparsi al corrimano del treno e fare tutto il viaggio per Roma in piedi, con gli auricolari piantati nelle orecchie come quando era ragazzina e prendeva quello stesso treno a quella stessa stazione per andare al liceo.
Ma erano cambiate tante cose in quegli anni.
Si lascia sfuggire un sorriso mentre percorre gli ultimi passi affrettati verso la sua meta.
Anche se con il fiato strozzato e i capelli in un groviglio indistinto, Mia riesce ad arrivare all’ultimo vagone e si lascia scappare un sorriso: semideserto. Nessuno ha mai voglia di arrivarci, è il posto dei solitari.
E’ salva, arriverà a lavoro in tempo.
Il cellulare squilla impaziente nella sua borsa. Come sempre ci metterà almeno cinque minuti a trovarlo, dato che in precedenza l’aveva gettato alla rinfusa là dentro.
 
 
 

And did they get you to trade
your heroes for ghosts?
Hot ashes for trees?
Hot air for a cool breeze?

 
 
Ennesimo colloquio di lavoro.
Ad Alex giacca e cravatta erano sempre state strette, una volta, se lo ricorda ancora, aveva detto: “Non finirò mai come quegli impiegati tristi e grigi sul treno delle sette e mezza, di quelli con la ventiquattr’ore che sembrano tanti soldatini di stagno”.
Mai dire mai, pensa sconfortato.
Mentre ripassa mentalmente ciò che avrebbe dovuto dire di lì a poche ore al suo papabile nuovo capo, una figura compare irruenta all’entrata del vagone.
Regge con una mano una grossa borsa a fiori e con l’altra vi fruga dentro alla disperata ricerca di qualcosa.
E’ una ragazza piuttosto esile, con capelli scuri sopra le spalle e una grossa sciarpa di lana che le avvolge il collo, ma è girata di spalle e Alex non riesce a scorgerne il viso.
Estrae vittoriosa un telefonino dalla borsa e se lo porta all’orecchio. Inizia a parlare, un fiume di parole che sgorgano dalla sua bocca e a malapena arrivano all’orecchio del giovane.
- No, sì, non potresti aspettare che arrivi io?- trafelata, si rimette la borsa in spalla e si dirige velocemente verso i posti a sedere liberi.
Si accomoda proprio di fronte a lui e continua a parlottare con l’interlocutore telefonico.
- No, ti ho detto che la voglio controllare, Marta ancora non mi convince del tutto nel ruolo di Cathy. Voglio sentirla recitare di nuovo, okay?
Alex continua ad ascoltarla rapito, cercando di scrutare il viso nascosto in parte da un groviglio scuro di capelli.
- No, diamine no!- nell’infervorarsi tira un calcio nello stinco di Alex con i suoi anfibi e lui geme leggermente.
- Oddio scusa, io…- alza lo sguardo per rivolgersi a lui e il loro sguardo si incontra.
- … Alex?- sospesi. Rimangono sospesi.
- Daniele, ti chiamo dopo- riattacca il telefono e lo lancia nella borsa.
- Non ci posso credere, Alex Lambretti!- lui sbatte gli occhi un paio di volte.
- Mia? Mia Berghi? Oh mio dio!- sul volto di entrambi compare un sorriso radioso e si abbracciano come due vecchi amici che non si vedono da tempo.
- Non ci siamo più vista da… beh, da quando è finito il liceo!- rise Mia stringendogli forte la mano.
 
 

 Cold comfort for change?
Did you exchange a walk on part in the war
for a lead role in cage?

 
 
- Allora- esordisce lei – cosa fai nella vita? Suoni ancora?
- A dir la verità… ho smesso da un bel po’. Sto andando ad un colloquio di lavoro per la filiale di una banca.
- Ma dai! Non ti ci avrei mai visto… Al liceo ti lamentavi sempre dei soldatini con la ventiquattr’ore- Mia ha una risata contagiosa.
Ce l’ha sempre avuta, pensa Alex con uno dei suoi sorrisi a metà.
- Oh quanto mi è mancato il tuo sorriso sghembo! Non sapevi fare altro una volta… Ti ricordi quella foto? L’unica foto che avevamo insieme… Mi ero lamentata così tanto perché dopo quattro scatti consecutivi ero riuscita ad ottenere solo un mezzo sorriso da te!
- Già… dov’eravamo? Ah, al Festival del Cinema! Quell’anno mi ci avevi trascinato a forza per vedere uno dei tuoi registi preferiti e chiedergli un autografo.
- Cinque ore di fila solo per sentirci dire di tornare il giorno dopo! Sai, l’anno scorso quando l’ho conosciuto di persona quel regista ho pensato a te…
- Ah sì? Conosciuto di persona? Cos’hai fatto, scavalcato i bodyguard pur di vederlo?
- Beh, in realtà ho lavorato in collaborazione con lui per una serie televisiva…
- Aspetta Mia, vuoi dirmi che lavori nel cinema adesso?
- Sì! Aiuto-regia!- risponde fiera ed entusiasta.
- Wow, congratulazioni… sapevo che ce l’avresti fatta, sono davvero fiero di te.
- Come quando ho vinto quel concorso a scuola per aver girato il miglior cortometraggio di tutti?
- Proprio come quella volta- sospira Alex lasciando vagare il suo sguardo nel vuoto.
 
 
 

How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls
swimming in a fish bowl.

 
 
 
- E invece dimmi un po’… com’è andata a finire con Laura?- Mia legge nella sua stessa voce un velo invisibile di tristezza e spera che Alex non se ne sia accorto.
Lui si lascia sfuggire un grugnito e guarda dall’altra parte.
Mia aveva imparato a conoscere bene quel gesto con gli anni, quel richiudersi del ragazzo in una corazza protettiva, quel tacito “Lasciami in pace, non ne voglio parlare con nessuno, non ne voglio parlare neanche con me stesso!”.
- Com’è andata le altre due volte che ci abbiamo provato… un paio d’anni fa mi ha lasciato per un altro, con il quale tra l’altro si è anche sposata.
- Oh… - silenzio. Silenzio imbarazzato, perché mentre dieci anni prima avrebbero saputo esattamente cosa dirsi, e le parole non avrebbero avuto freni, e si sarebbero abbracciati e avrebbero condiviso l’una le lacrime dell’altro, ora è come parlare con qualcuno di estraneo, qualcuno di così lontano nel tempo da sembrare solo una comparsa di uno dei tuoi film preferiti.
Mia si lascia sfuggire una risatina e se ne pente subito dopo.
- Perché ridi?
- E’ ironico, speravo per te che quella con Laura fosse la volta buona, insomma… Ah, no è imbarazzante.
- Cosa è imbarazzante?
- No, dai lascia perdere… vecchi ricordi del liceo, sai quante cose sono cambiate da allora.
- Ehi Mia, ora sono curioso, dimmi!- esclama lui prendendola per le spalle.
- Okay, okay, ma prometti di non ridere.
- Non riderò!- dice Alex mettendosi la mano sul cuore.
- Mi fa strano anche dirlo, ma… sai, tu sei stato il mio primo vero amore. E ti ho lasciato andare, forse perché ti volevo troppo bene, forse perché sapevo che non avrei avuto speranze visto e considerato che tu eri completamente perso di Laura.
Silenzio. Solo silenzio mentre intorno a loro le persone continuano a parlare, a dormire, ad ascoltare la musica.
- Lo so, è assurdo, ma preferivo averti come amico e vederti felice piuttosto che lasciarti andare definitivamente- sorride.
Alex non proferisce parola, le indirizza solo un mezzo sorriso di rimando.
- E la cosa ancora più assurda- continua lei come se stesse parlando entusiasticamente di un libro che ha appena finito di leggere – è che… beh, ti ricordi quella vecchia foto di noi due? Io ce l’ho ancora a casa, mi ricorda i bei vecchi tempi. Marco mi dice sempre che sono innamorata delle occasioni perse e forse ha ragione.
- Chi è Marco?- la interrompe lui, come svegliato da un sonno profondo.
- Marco? Oh, è il mio ragazzo. Stiamo insieme da quattro anni ormai, e abbiamo in programma di sposarci.
- Wow Mia, sono felice per te!
- Ti auguro davvero tutto il bene del mondo, Alex, te l’ho sempre augurato- gli stringe la mano e gli stampa un bacio sulla fronte.
Poi si alza e prende la borsa, sta per scomparire di nuovo, proprio com’era ricomparsa.
Sta per andare al lavoro dei suoi sogni, il lavoro che ha rincorso come una forsennata e che è riuscita ad ottenere con tanti sacrifici, il lavoro di cui aveva tanto parlato ad Alex.
Ma lui non l’aveva mai ascoltata, era troppo impegnato a correre dietro ad una ragazza, ma soprattutto alla sua vita che sembrava sempre sfuggirgli di mano.
- Beh, questa è la mia fermata, ci vediamo Alex!- lo saluta con un cenno della mano e scende con un balzo dal treno.
 
 
 

Year after year,
running over the same old ground
What have we found?
The same old fears.
Wish you were here.

 
 
In un angolo del treno, un giovane uomo tira fuori dalla tasca della sua giacca grigia da soldatino di stagno un vecchio foglio ingiallito e piegato.
E’ una foto che ritrae un ragazzo dal sorriso sghembo e una ragazza bassina e bruna che lo abbraccia, radiosa come non mai.
Stringe la fotografia nel palmo della mano.
Una lacrima scende furtiva bagnando il vecchio inchiostro e cancellando il volto di lei.
Rimane solo un ragazzo che osserva il viso sbiadito di lei con un sorriso sghembo e pieno d’amore. 





Song: Wish you Were Here- Pink Floyd
  
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