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Autore: MegJung    10/10/2012    3 recensioni
Quando il paranormale si unisce al gentil sesso allora sarà davvero la fine per ogni uomo...
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero nella cucina di casa mia, non c'era nessuno, o almeno pensavo che fosse così. Alle mie spalle c'era il mio ragazzo che, vedendomi, si terrorizzò come se avesse avuto la visione di un fantasma. Nella sua mano destra impugnava un enorme coltello da cucina e senza esitazione lo conficcò nella mia testa.
Il buio più totale.
Caddi a terra e rimasi paralizzata mentre lui scappava via e la mia vista si oscurava sempre di più.
Un attimo nel vuoto, poi mi sembrò che tutto stesse ritornando come prima. La vista ritornò nitida come prima e riuscii ad alzarmi. Non so cosa mi era successo, ma ero ancora viva: con il coltello ancora infilzato nel mio cranio, mentre sentivo il mio sangue caldo che scorreva sulla testa lentamente.
Lui era il mio ex ragazzo.
Udii verso camera mia il suono del pianoforte, lui adorava suonarlo e sicuramente era lui l'artefice di quei suoni.
Riuscivo a camminare, nonostante avessi una ferita mortale, il mio passo era stranamente leggero e silenzioso, anche se indossavo ai piedi dei grossi anfibi neri.
Vendetta, ecco cosa mi teneva ancora in vita, non avrei avuto l'anima in pace finchè non avrei spento quella sete. Ero insaziabile.
Passai per l'ingresso di casa, dove vi era un enorme specchio e vidi riflessa la mia immagine. Ero alta, magrissima e pallida come un cencio; i miei occhi celeste chiaro parevano spiritati ed erano cerchiati di nero; i capelli mi arrivavano spaventosamente quasi fino alle ginocchia, arruffati e per metà rossi per il sangue che scivolava sulla mia testa e l'altra biondo dorato; la bocca era stranamente sporca di sangue. Avevo indosso abiti che non avevo mai visto prima: un cappotto viola, a maniche larghe, che arrivava alle ginocchia dal quale s'intravedeva in pizzo bianco di una gonna nera, le gambe erano fasciate da calze a strisce nere e bianche, dando l'idea di avere due stecchini al posto degli arti inferiori. Non mi riconoscevo più, ma non ne feci una tragedia, forse era quello l'aspetto che avrei dovuto avere nel mondo dei morti e non era poi così male da come affermano apocalittici gli esaltati.
Camera mia era la vicino, ci sgattaiolai dentro, lui non si accorse che gli ero vicina, stavo alle sue spalle. Sfilai dalla mia testa il coltello con cui mi aveva aggredito e lo puntai sulla sua schiena, pronta per ammazzarlo. Ma un attimo prima che facessi quel atto lui si accorse di me, si girò e io potei vedere nei suoi occhi castani il terrore che imperversava in tutto il suo corpo, mentre io fulminea gli conficavo il coltello in pieno petto , uscendo dalla schiena. Così lui morì.
Addio Amore mio.
Lasciai tutto e uscii di casa, andando per le piccole viuzze del centro della città, dove incontrai le mie migliori amiche: Cri e Fè.
Non erano tanto diverse da me, anche loro non sembravano più essere umane.
Cri era pallida esattamente come me, ma aveva un'aria meno scheletrica della mia, visto che aveva il visto chiotto e dolce. I suoi occhi marroni erano cerchiati di un viola intenso e le sue labbra erano rosse scarlatte e sporche. I capelli castani erano raccolti in una elaborata acconciatura e cadevano in un enorme massa di boccoli disordinati. Rammentava Maria la sanguinaria. L'abito era senza dubbio antico, viola con qualche riflesso rosso di velluto. Indossava un corsetto broccato di argento e con lunghe maniche che arrivavano quasi a terra, la gonna era lunga, ma non troppo ingombrante. Aveva anche lei una ferita di coltello, ma sulla spalla a differenza mia. 
Fè era rimasta scura e i suoi capelli neri corti erano completamente scompigliati e i suoi occhi nero carbone erano cerchiati di bordeaux. Aveva addosso una tunica bianca molto semplice e smanicata, con un cinturone dorato alla vita. C'era sull'abito un lungo schizzo di sangue sulle zone delle ginocchia. Sul braccio destro piccoli pezzi metallici, proiettili, era stata fucilata.
<< Viò hai fatto il tuo dovere? >> mi chiese Cri.
Intendeva sicuramente l'uccisione di lui.
<< Affermativo. Voi li avete uccisi? >> .
Entrambe trascinarono vicino a sè i loro rispettivi cadaveri, Cri portava il ragazzo a cui era andata dietro per anni e Fè una specie di sua fiamma, solo che questa se ne approfittava di lei senza amore.
Insieme facemmo un ghigno inquietante che rammentava un sorriso satanico. Eravamo diventate creature della notte o simili? Probabile, Cri pareva un elegante vampiro, Fè una specie di lupo mannaro, io che ero la più pallida, quasi luminosa, forse ero uno spettro.
Con i cadaveri dietro, andammo sul terrazzo di casa mia, io portai il corpo senza vita di lui, sotto al chiaro della luna sottile e il silenzio della notte.
Guardai per l'ultima volta il suo cadavere, comunque era stata una bella storia d'amore. Amore: cosa ormai per me diventata sconosciuta.
Misi le mani nella sua lunga e sottile ferita nel petto e lo squartai in due, mettendo in bella mostra il cuore che un tempo batteva. A mani nude, tirai fuori con violenza il suo cuore caldo, che faceva scivolare sangue sulle mie mani pallide, tingendole di rosso. Dopo aver preso l'organo, famelica iniziai a mangiarlo, amavo il sapore del sangue come spuntino di mezzanotte. Intanto Cri e Fè non rimasero con le mani in mano: la prima aprì il cranio al ragazzo e con le sue unghie affilate raccolse le sue cervella e le mangiò con gusto, la seconda stava divorando vorace un organo del basso ventre, presumibilmente la prostata. Il pavimento grigio del terrazzo fu insudiciato dal sangue, liquidi corporei e pezzi di organi. Dopo aver banchettato ciò che avanzò fu lanciato l'una contro l'altra, come un gioco, insozzandoci delle viscere delle nostre vittime.
Fu divertente, adoravamo l'odore del sangue, l'odore della vendetta.
Dopo esserci sporcate abbastanza, abbandonammo il terrazzo, saltando da un tetto all'altro. Io correvo veloce, Fè pareva un animale feroce, Cri aveva problemi a correre a causa del vestito.
Sotto di noi altre donne come noi a perseguitare altri uomini, decidemmo di parcipare alla festa buttandoci dal palazzo, cadendo in piedi. Il cosidetto sesso forte si terrorizzò ancora di più e noi partecipammo a quello spettacolo sanguinario e appagante. 
La mia vista iniziò ad appannarsi finchè nulla mi fu chiaro e non riuscii a capire più nulla.
Il buio.
Avevo gli occhi aperti ed ero avvolta nel buio della mia stanza, mi ero appena svegliata, fra il calore delle coperte.
Era tutto un sogno
L'unica cosa che riuscii a sussurrare fu: << che figata di sogno>>.
   
 
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