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Autore: Silver Pard    10/10/2012    9 recensioni
Tassorosso è la casa degli avanzi, dei perdenti, dei dimenticati.
Beh, pensa Tom Riddle, è arrivato il momento di cambiare le cose.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tassorosso, Tom O. Riddle
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Contesto generale/vago
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L’arte del Tassorosso consiste in questo:

I singoli che vanno contro gli interessi della casa non sono benaccetti.

Un Tassorosso non è mai solo, non è mai sguarnito di protezione.

Se meriti rispetto, rispetto avrai – ma prima devi farti valere.

Se passi il segno, la casa ti revocherà il suo appoggio e ti isolerà.

Se togli un Tassorosso dal gregge e gli fai brandire lo stendardo della sua casa, lui brillerà.





Tom Riddle arriva allo Smistamento con una mente aperta, e si morde il labbro quando si siede sotto il Cappello Parlante.

Riconosco questo sangue, gli dice il Cappello, ma il sangue non è tutto.

Bene
, risponde lui, che si rifiuta di essere un mago di serie B perché orfano, si rifiuta di valere di meno solo perché non può risalire al nome del suo bis-bis-bis-qualcosa nonno. Alla fin fine non conosce nemmeno il nome di sua madre. Tanto lui è capace di meglio. Non ha bisogno di poter contare sull’eventuale magia dei genitori per poterli superare. In treno, mentre gli altri bambini parlavano della loro magia accidentale, ha trovato assurdo il loro accontentarsi “dell’accidentale,” o che nessuno di loro paresse intenzionato ad andare oltre, a sfruttarla a dovere invece di aspettare le bacchette di cui almeno loro avevano previsto l’arrivo.

Fame di conoscenza, hmm, nota il Cappello, e lui lo sente, mentre se ne va a zonzo per la sua mente come se avesse ogni diritto di starci. Non si è mai sentito più violato in vita sua, seduto su un vecchio sgabello con un copricapo magico in testa a ficcare il naso in tutto quello che è e in tutto quello che ha fatto di lui ciò che è. Non lo sopporta, non tollera questo altro che gli scivola nella testa, tra i ricordi, tra i pensieri. Peggio, neanche gli importa di trovarsi sulla testa di Tom Riddle, a leggere i pensieri di Tom Riddle.

Sete di metterti alla prova, oh sì, ma come, esattamente? Intendi usare l’astuzia? Vincerai la gloria con intrepide imprese o con incantesimi innovativi? Desideri aver ragione a ogni costo, o è la semplice vincita ad appagarti?

Io cambierò le cose
, afferma Tom, spinge in cima ai suoi pensieri il desiderio che è sorto in lui mentre ascoltava le chiacchiere sui meriti di questa o di quella casa, sull’avere il sangue giusto, i contatti giusti – il desiderio di dimostrare a tutti quanti che si sbagliano.

Certamente, lo rimbrotta il Cappello, ignorando il suo pensiero. Per piccolo che sia il cambiamento, chiunque si sia seduto sotto di me ha cambiato il mondo in qualche modo, con la sua semplice esistenza.

La sua presunzione, anche di sapere ciò che alberga nella sua testa, lo irrita. Io intendo fare di più.

Ahh
, dice il Cappello, con un tono di divertito compiacimento. Lui avverte un lampo di rabbia, fulmineo e furente, come la prima volta che Dennis Bishop l’ha spinto nel fango perché era strambosbagliatomostro. Beh, poi ha imparato a non farlo più. Allora, Tom Orvoloson Riddle, dove ti metto…?

Tom ci riflette su, ricorda l’impudenza degli studenti in rosso e oro, che gli hanno ricordato i bambini dell’orfanotrofio che ferivano con le parole e ancora di più con le pietre. Non gli piace l’idea di essere governato dalle emozioni, dalla sua immagine pubblica e da ciò che pensano gli altri, o di passare sette anni tra persone che da questo si lasciano governare.

Serpeverde, dunque? Dove riconosceranno il sangue nella tua bocca, la pulsione al successo nei tuoi occhi?

Gli piacciono il serpente sul loro stemma e l’allusione al sangue, allo scoprire le sue origini e da dove proviene la magia che è dentro di lui… Gli accende una fame che ha del disperato. Ma pensa alle occhiate sentenziose degli studenti in verde e argento, ai giochi di potere con cui li ha visti lottare per tutte le poche ore di un viaggio in treno, a come si vantavano di una tradizione e di un sangue secolari che non li hanno resi certo più potenti. Non gli piace l’idea di farsi bastare l’oggi e non il futuro, di un è sempre stato fatto così, di un il mio sangue è forte perciò mi accontento di essere meno di quel che potrei essere. Successo, sì, quello lo vuole, ma non ha senso se si fermerà a ciò che le altre persone considerano successo. Questo nuovo mondo sembra avere standard atrofizzati.

Allora Corvonero, dice con sicurezza il Cappello.

Lui mette in dubbio questa sua certezza, e viene distratto dalla testa che ormai gli prude e dalle persone nella Sala Grande che si agitano per il tempo che sta passando lì sotto, ma non vuole prendere questa decisione alla leggera. Sette anni della sua vita valgono la giusta riflessione. Per quanto brami di conoscere ogni cosa di questo nuovo mondo in cui si trova, dove non è strambosbagliatomostro ma magicogiustovoluto, i Corvonero gli sono sembrati troppo interessati ai loro libri e ai loro problemi teorici, e troppo poco all’applicazione, ai mezzi sociali e politici necessari per vedere i loro progressi oltrepassare il pantano della tradizione magica. Ciascuno di loro sembrava soddisfatto dell’essere il leader di se stesso, soli nella propria correttezza. Tom non vuole essere un mero individuo tra i tanti; che senso avrebbe?

Sei sicuro? pondera il Cappello, offensivo nel suo dubbio.

Tom spinge ancora una volta in cima ai suoi pensieri il ricordo delle conversazioni che gli fluivano attorno, ma questa volta con i particolari: i meriti di questa casa o di quell’altra, sempre corvonero non sarebbe male, ma preferirei grifondoro/serpeverde; Tassorosso lo zimbello di tutti. Dentro, il desiderio di dimostrare a tutti quanti che si sbagliano. Sotto la superficie egoista, un’antica e quasi dimenticata voglia: il desiderio di essere apprezzato, di avere un posto per sé, di stare in mezzo a persone che non ghignino appena lo vedono.

Non avevi detto che ogni casa è degna? domanda Tom, mellifluo come la biscia che una volta l’ha morso sul polso perché aveva scordato che era selvatica, e non un giocattolo ai suoi ordini solo perché sapeva parlare la sua lingua.

Molto bene, conclude il Cappello, e per un attimo Tom percepisce il suo orgoglio – nessuno è mai stato orgoglioso di lui prima d’ora, potrebbe persino perdonargli l’invasione del suo essere – prima che annunci forte e chiaro: « TASSOROSSO! »





Durante le sue prime settimane a Hogwarts, Tom si sveglia automaticamente nel cuore della notte dalla paura. Delle ombre, dell’idea che potrebbe essere un sogno e che potrebbe essere finito in manicomio, proprio dove gli avevano sempre detto sarebbe finito.

Tom il pazzo. Tom il mostro. Tom che si muoveva come un fantasma affamato, distaccato dal mondo e senza mezzi per farsi vedere dagli altri, senza mezzi che non fossero il dolore e la paura.

Non ha trofei da stringere per ricordare a se stesso che è più potente di coloro che lo odiano, né ombre conosciute; è esattamente l’opposto dell’orfanotrofio, e se alla luce del giorno questo lo allieta, al buio ha solo paura della mancanza di familiarità, come ogni altro essere umano.

La differenza che lo rassicura fino all’alba è questa: non è solo. Nessun bambino all’orfanotrofio avrebbe condiviso volentieri una stanza con lui e dubita che in un manicomio sarebbe diverso. A Hogwarts, nella casa della lealtà, alloggia in un dormitorio e nessuno (per ora) è sobbalzato o ha provato a non chiudere occhio per tutta la notte nel tentativo di controllarlo e di prevenire le sue possibili macchinazioni.

Si fidano tutti così tanto.

Per esempio: il primo vantaggio dell’essere un Tassorosso che nota è che Silente smette di guardarlo come un qualcosa che gli si è attaccato allo stivale. Anzi, se mai lo guarda lo fa con espressione disorientata, come se non potesse concepire come una persona destinata in maniera così lampante a una casa con un cervello potesse finire a Tassorosso. Sembra aver dimenticato tutto ciò che ha sentito dire di Tom all’orfanotrofio, tutto ciò che ha disprezzato senza farsi problemi, semplicemente perché Tom adesso veste nero e giallo.

(Tutti sanno che i Tassorosso sono leali, zelanti, onesti, disponibili. Anche quando l’individuo sotto il tasso è solitario, astuto, subdolo, attento.)

Sapeva – no, era una mera presunzione, parrebbe ormai – che Silente non lo avrebbe perso di vista. Sapeva di essere stato imprudente nell’entusiasmo della scoperta di essere magico e non “un ragazzo bizzarro,” aveva rivelato troppo di sé. Non lo avrebbe dovuto stupire il rifiuto di un perfetto estraneo, solo che il professore era stata la prima persona come lui che aveva incontrato, magica, e pensava – avrebbe voluto essere accolto, sapere che finalmente avrebbe trovato il suo posto. Invece era ancora il bambino che nessuno sopportava.

Ma adesso, mimetizzato da tasso, Tom riceve quasi le stesse occhiate negligentemente benevole che vanno a ogni altro Tassorosso. Il che è illuminante per svariate ragioni.

Il secondo vantaggio dell’essere un Tassorosso non è un vantaggio – si accorge di guardare alle cose da un punto di vista “Serpeverde,” e deve smetterla se desidera realizzarsi qui – ma è un qualcosa da cui può trarre beneficio.

I Tassorosso, molto semplicemente, fanno gioco di squadra, pensano come una tribù. È una curiosa ventata d’aria fresca. Nessuno era mai stato dalla sua parte, ora sì, e solo perché un cappello ha detto Tassorosso.

Il motto della sua nuova casa è nessuno viene lasciato indietro, e Tom nota che nonostante arrivino spesso ultimi nelle gare – i Tassorosso seguono l’andatura del membro più debole – loro finiscono sempre. Uniscono le forze contro chiunque venga da fuori (un esercito pronto all’uso, pensa lui, e ne immagina la ferocia rivoltata contro chi lo ha ferito o lo ferirà) e sono disposti a seguire con prontezza se la persona alla guida si dimostra meritevole di rispetto.

C’è potere nascosto, e a Tom viene in mente un serpente – l’aveva chiamata Amaunet, intendendo squame-scure-come-ombre-in-una-notte-senza-luna – che gli ha rivelato la parte essenziale della sua specie: sii paziente, resta nascosto, sii sempre consapevole della tua forza e assicurati che i nemici la sottovalutino, colpisci e rivelati solo quando devi.

Ha fatto una scelta migliore di quanto gli attribuiscano i suoi contemporanei delle altre case.

Qui potrebbe essere felice, un qualcosa che non aveva immaginato per se stesso quando l’insegnante di Trasfigurazione aveva sbatacchiato i suoi averi come le catene di Marley per dargli una lezione.

(La lezione che Tom ha imparato non era dovresti essere buono perché

Era: questo è così perché lo dico io, e se non ti attieni a queste regole ti farò del male o ti farò paura. Perciò non farti beccare. Ottimo consiglio, ha scoperto, quando ha smesso di sobbalzare a un certo movimento della bacchetta.)





Tom è un Legilimens naturale, anche se non sa di dover chiamare così questa sua abilità fino al terzo anno. I pensieri degli altri toccano i suoi ogni volta che incontra i loro occhi. In mezzo ai Serpeverde di un certo tipo percepisce la ripugnanza superficiale per quelli col sangue misto, per i mezzosangue e i babbani, sente il loro scrutinio – la loro intenzione di usarlo. In mezzo ai Grifondoro può vedere il loro disprezzo e la convinzione sdegnosa che a un tasso equivalga debolezza, ingenuità e stupidità. In mezzo ai Corvonero avverte il curioso, istintivo desiderio di dissezionarlo ogni volta che si dimostra geniale senza sforzo, ricercano l’origine della sua intelligenza, della sua abilità a fare ed essere di più di quanto loro stessi potrebbero sperare.

I pensieri dei suoi compagni di casa sono unici nella sua esperienza. Ci sono sicuramente invidia, antipatia, e tutte quelle emozioni meschine che disprezza, ma c’è anche un forte senso di casa, e clan, e nostro, anche quando a un dato qualcuno non piace lui personalmente.

È un enigma intrigante, al punto da riuscire quasi a controbilanciare il bisogno radicato fin nelle sue ossa di assicurarsi che nessuno pensi mai più a lui come a una cosa da usare. Non ha mai dimenticato quelle volte all’orfanotrofio in cui la sua capacità di influenzare i sentimenti altrui gli si è rivoltata contro, risultando in brutti pensieri che lo portavano a trasalire, lo portavano a odiare, lo portavano alla determinazione di essere autonomo e di non dover mai dipendere da chi era più potente di lui.

A Tassorosso è costretto a dipendere dagli altri. Nessuno (finora) l’ha usato contro di lui. L’idea che potrebbe abituarcisi lo innervosisce.

Quando Tom ha agito in maniera erronea per un Tassorosso – quando non ha partecipato alla loro prima partita di Quidditch della stagione, quando ha reagito istintivamente con violenza quando un altro ragazzo lo ha preso in giro, quando non si è lasciato trascinare nei giochi di carte per passare il tempo – si è reso conto immediatamente di aver fatto un passo falso. Ha percepito la loro incomprensione nei confronti suoi, del suo riserbo e del suo distacco, della sua freddezza di fronte all’amicizia; eppure sotto quegli stessi pensieri c’è sempre stato un il cappello ha detto Tassorosso perciò questo dev’essere il suo posto. Gli sono state fatte delle concessioni perché malgrado le sue azioni era comunque un Tassorosso, un membro di un gruppo selezionato, era uno di loro. Aveva solo bisogno di aiuto per adattarsi, e per forza, povero orfano, probabilmente solo tutta la vita sua.

Questo tipo di alleanza spontanea è… utile.

Si adatterà come deve, perché crede che ne varrà la pena – che la forza nascosta nella casa di Tassorosso è di quelle che erodono le montagne. È semplicemente questione di capire come. Non può imbastire una rete di conoscenze come farebbe da Serpeverde, non può intrecciare alleanze collegiali come un Corvonero, non può semplicemente atteggiarsi a leader e aspettarsi che gli altri ricadano naturalmente nel ruolo di seguaci, come farebbe da Grifondoro. Tassorosso, indubbiamente, richiede maggiore sottigliezza. Deve prima essere parte di loro per poter provare a guidarli.

Comunque sia, li guiderà.





« Tom, puoi aiutarmi con i miei compiti di Trasfigurazione? »

Tom guarda con diffidenza Elaine McKinnon, e poi le rapide occhiate degli studenti sparpagliati per la Sala Comune dietro di lei. Il loro scopo è cercare di accoglierlo, convincerlo lentamente a diventare una parte attiva della casa; seppure non potesse leggere i loro pensieri lo capirebbe dai loro sguardi studiatamente distratti. Non c’è alcuna vera pressione nei loro tenui tentativi di trasformarlo (ha il sospetto che lo ritengano un po’ troppo disastrato per i normali metodi di creazione di Tassorosso funzionali), ma c’è un tempo limite.

Nessuno sa meglio di lui che hai solo una quantità finita di tempo prima che tutti rinuncino a te, a dispetto della forza delle loro buone intenzioni.

Beh. È un bene che offrano loro il ramo d’ulivo, perché deve confessare (a se stesso soltanto) che per una volta non sa come procedere, come avvicinarsi all’integrazione con queste persone bizzarre che semplicemente non rientrano nella sua visione del mondo, dove tutti hanno cattive intenzioni e non hanno ancora potuto metterle in pratica.

« Certamente » risponde, e le fa segno di sedersi nella poltrona libera accanto a lui, quella che è rimasta vuota fin da quando ha rivendicato quell’angolo della stanza per sé. « Fammi vedere qual è il problema. »





Al suo tredicesimo compleanno, Tom trova delle storie su una camera segreta creata da Serpeverde e nascosta da qualche parte a Hogwarts.

Ha appena trascorso il suo secondo Natale a Hogwarts, ed è stato divertente e tutto sommato piacevole; ha ricevuto regali che per lui non significavano nulla se non che qualcuno avesse voluto farglieli. Sospetta che questa non smetterà mai del tutto di essere una novità.

Ne legge in uno dei suoi nuovi libri – la camera dei segreti, la chiama l’autore, un nome fantasioso che gli strappa un sorriso, nonostante il suo vecchio io, quello affamato di fantasmi, si dimeni e provi a riassumere il controllo.

La scoperta basta a lasciarlo insonne durante il conto alla rovescia delle ore che li separano dall’anno nuovo, vaga per i corridoi cercando di valutare obiettivamente questa camera dei segreti. Non è un Serpeverde, sebbene possieda la lingua di un serpente, e non è un Corvonero, che desidera la conoscenza al punto da rincorrere dicerie infondate. È un Tassorosso, e di certo il potere della casa non verrà conquistato attraverso aspirazioni e mezzi Serpeverde.

Il pensiero della camera dei segreti prude, appena sotto la pelle. Se fosse più fantasioso, direbbe che lo sta chiamando. Perché lui è un rettilofono, è in possesso del famoso dono di Serpeverde, e non sa niente dei suoi genitori, da dove venissero – è interamente possibile che uno di loro potesse addirittura essere stato un lontano parente. Se i Black e simili possono far risalire le proprie stirpi fino al Medioevo, di certo non dovrebbe essere troppo difficile trovare una famiglia che discenda da Salazar Serpeverde.

È la prima volta che prende seriamente in esame se stesso e il suo potenziale retaggio alla luce delle idee sovente contraddittorie del mondo magico, mancanza che non sarebbe stata accettabile se fosse finito per davvero nella stessa casa di Serpeverde. C’è un libro dal titolo poco allettante – La natura della nobiltà, giusto? – in cui Tom potrebbe trovare le risposte alle sue domande. Almeno avrebbe qualcosa dietro di sé: una famiglia, se volesse guardarla alla maniera dei Tassorosso; un significato, se volesse guardarla da Serpeverde. Se reclutasse aiuto dai suoi soci nella casa del serpente, potrebbe perfino rintracciare la sua famiglia-

Tassorosso, ricorda a se stesso. Lealtà (ma a quale causa? La sua, se ci riesce), onestà (non esatto equivalente di sincerità, come lui ben sa), duro lavoro (l’unico modo per garantire davvero dei risultati), applicazione (perché un mago sufficientemente determinato può imparare a compensare le lacune di potere magico con la creatività, l’abilità e il dominio di un solo incantesimo particolarmente efficace) e impegno (rinunciare a un obiettivo è impensabile).

Prima deve concentrarsi sulla sua casa e sulla sua reputazione all’interno di questa; solo dopo potrà gingillarsi con quelli che siano i piccoli, brutti segreti che deve contenere la storia della sua genesi. E devono essere brutti, perché come altrimenti sarebbe potuta finire sua madre sulla soglia di un orfanotrofio babbano in una fredda notte d’inverno, senza nulla oltre al figlio nel ventre?

Ripensandoci, forse non vuole saperne proprio nulla. Forse dovrebbe restare semplicemente a Tom Riddle, invece di farne un definitivo Tom Riddle, figlio di, o Tom Riddle, discendente di, o Tom Riddle, nato babbano. Che sia il suo stesso nome a definirlo, perché certamente è unico a sufficienza da garantirlo.

La comunità magica riversa fin troppa importanza in purosangue, mezzosangue, nato babbano per i suoi gusti – lo infastidisce l’apparente convinzione che l’ascendenza sia anche solo minimamente rilevante. Non dovrebbero preoccuparsi del suo sangue, dovrebbero preoccuparsi delle sue capacità, della sua mente, dei suoi piani. Non dovrebbero preoccuparsi di se i suoi genitori erano babbani o purosangue, mendicanti o reali – dovrebbero preoccuparsi di Tom.

(Del suo nome completo, è arrivato ad apprezzare di più il Orvoloson di suo nonno. Contiene freddo, formale, magico latino – volo, volare, o desidero/voglio – e nulla compiace Tom più dell’idea che le sue radici risiedano in questo mondo, piuttosto che nei fenomeni da baraccone e da circo a cui gli orfani pensano appartenga.)

Allontana i pensieri sulla Camera dei Segreti per un’altra volta e torna alla Sala Comune a leggere testi politici che qualche servizievole Corvonero gli ha dato in cambio di appunti di Storia della Magia.





La guerra infuria nella Gran Bretagna babbana, e Londra è messa a fuoco dai bombardamenti quando torna all’orfanotrofio nell’estate dopo il suo terzo anno.

Continua a pensare che di certo qualcuno si dovrà accorgere che va in zona di guerra ogni estate, ma non succede mai – e se succede, non importa a nessuno. I babbani stanno mandando via i bambini per la loro sicurezza mentre Tom si addentra nella stazione dei treni e sente quanto tutto sia sbagliato, è come – come una squama cresciuta incarnita sotto pelle vecchia e quasi mutata, perché a Tom non saprebbe trovare parole umane per esprimerlo. Non è innaturale, non può essere un tradimento, perché non avendo dato la sua fiducia questa non può essere stata tradita.

Passa tre giorni soffocato da un inesorabile miasma di incertezza e paura, ascoltando con la stessa concentrazione di ogni altro orfano l’ululare delle sirene dei raid aerei. Tutto ciò gli rinfaccia che è ancora umano, mortale quanto sua madre mentre si rannicchia al buio vicino agli altri bambini, desiderando che le bombe non cadano su di loro, sperando (non confidando, come ha sempre fatto finora) che la sua magia faccia di questo desiderio realtà.

Alla mattina del quarto giorno, diversi suoi compagni di classe lo trovano, e insistono che parta con loro.

Gli ci vuole mezzo minuto per ricordarsi di chiedere incantesimi protettivi e tutele per l’orfanotrofio – non intende rimetterci piede mai più, e stando alla lealtà Tassorosso, non ci tornerà, ma mai sottovalutare Silente.

I sorrisi raggianti di tutti lo innervosiscono per un breve istante, finché non capisce che pensano abbia a cuore la sicurezza dei babbani con cui è cresciuto. Non è stato esplicito, esattamente, circa la sua… avversione, ma ha fatto tacitamente intendere che il suo periodo pre-Hogwarts non è stato felice, e i suoi compagni di casa hanno rispettato la sua confidenza e la sua opinione, senza incalzare con ulteriori domande.

Toccando velocemente le menti dei suoi compagni, impercettibilmente, sentendo la loro sincera, incondizionata fede nella sua virtù, il loro desiderio di difendere e assistere la fragile fiamma della sua rinnovata bontà verso il prossimo – Tom quasi vorrebbe potersene fregare qualcosa, della sorte dei babbani.

Chiede comunque la loro protezione – perché se non porterà a compimento i suoi obiettivi, se non riuscirà a cambiare le cose, un giorno un altro orfano magico potrebbe crescere qua, e dovrà tornare estate dopo estate in un mondo che impara a distruggere città intere in una notte. Almeno ha imparato qualcosa sulla solidarietà.

« Quando uscirò da Hogwarts » dice più tardi a casa dei Paciock, le mani ancora tremanti – anche se loro sono abbastanza cortesi da ignorarlo – « Voglio essere in una posizione che mi permetta di garantire che nessun bambino cresciuto dai babbani debba mai tornare in un inferno simile durante l’estate. »

« Nobile ambizione » commenta la cugina acquisita del suo compagno di classe, scrutandolo con il sentire incuriosito, calcolatore di un Serpeverde, giudicando sia i suoi meriti che le probabilità del suo successo.

« Ci riuscirò » giura Tom, la voce così vicina a un sibilo che una persona senza la benedizione del serpentese potrebbe confonderla per quella di un vero serpente.

Lei non sembra più tanto sprezzante, dopo.





Prima che avesse una parola per descriversi, prima che scoprisse l’esistenza di un mondo completamente differente, che lo aspettava, Tom sapeva che il modo per fare qualcosa di se stesso era ricercare quanta più conoscenza possibile. Aveva già abbastanza difficoltà davanti a sé, essendo povero in canna, essendo orfano, essendo privo di protettori – la mancanza di studi sarebbe veramente stata la sua fine. Aveva imparato ad aver sete di conoscenza con la stessa inestinguibile passione con cui anelava al potere, e l’unica cosa che è cambiata nel suo nuovo e vecchio mondo che chiama casa sono le direzioni che può prendere.

Tom non si accontenta di sapere semplicemente abbastanza. Lui vuole sapere tutto – come plasmare incantesimi, come proteggere al meglio un luogo senza che nessuno se ne accorga, se esiste una difesa dalla maledizione assassina, perché una bacchetta è essenziale, cosa usano le altre culture se non le bacchette per canalizzare la propria magia, perché una tale magia funziona con un certo movimento del polso ma non con un altro?

Gli sembra che troppi diano la magia per scontata – i purosangue perché sono stati cresciuti in questo modo, i nati babbani perché sono scioccati e deliziati dalla sola scoperta di possederne – e si dimenticano di chiedere perché un incantesimo funziona e confidano semplicemente che lo faccia. Non è questo il punto, indubbiamente.

« Avresti dovuto essere un Corvonero » scherza Lucretia Black mentre lui le spiega dove sta sbagliando di preciso con le Maledizioni Esplosive, distraendosi con pensieri sulla loro differenza con l’incantesimo Expulso, tutta nella causa dell’esplosione: per una il calore, per l’altra la pressione.

« Sono pienamente soddisfatto » ribatte, e scopre che è vero. La sua definizione è un po’ diversa da quella della Black, evidentemente, perché il suo viso si accartoccia in una smorfia e gli fa una linguaccia.

« Non volevo essere un Corvonero » aggiunge aspramente, irritato – ah, la lealtà Tassorosso è riuscita a insinuarsi dentro di lui – dalla sua presunzione che chiunque preferirebbe Corvonero a Tassorosso.

« Quindi tu hai scelto Tassorosso? » chiede lei, incredula, e l’irascibilità di Tom, sempre veemente come all’orfanotrofio, benché due volte più paziente, si solleva come la testa di un serpente.

« Sì » risponde, sentendo l’attenzione dei membri della sua casa sparsi in tutta la libreria. « Perché Tassorosso realizza le cose, è disposto a fare gruppo per realizzare le cose. Voi aquile che fate nella vostra torre d’avorio? »

Lei apre la bocca per replicare, poi pare avvertire finalmente il peso degli sguardi dei Tassorosso, e la richiude di nuovo senza una parola. Non conviene insultare la casa di Tassorosso dove ha orecchie per sentire. Insieme – e i membri di Tassorosso sono sempre insieme – sono formidabili.

« Lasciamo perdere, Tom » gli dice quando la riaccompagna alla sua Sala Comune. « Ti considero un Corvonero onorario. »

« Già » mormora lui con distacco, asciugandosi il bacio di commiato che gli ha lasciato sulla guancia.





Tom si fa notare. Non che sia molto difficile. Gli piace imparare di più su ciò che lo rende speciale, e anche se sta attento a non mostrare mai esattamente quanto sappia delle aree della magia che Hogwarts non presenta sul curriculum – quei segreti che serba come gli orfani le loro dolci razioni – non gli dispiace più dare una mano con le nozioni base.

Ha una dote naturale, lo loda estasiato Lumacorno, e lui sorride educatamente senza disturbarsi ad accampare false pretese di modestia. Non ha bisogno di sapere se è un purosangue o meno per vedere che ha della magia nel sangue, nelle ossa, perché allora dovrebbe negare il proprio talento?

Studia Lumacorno intensamente, determinato a carpire tutte le dinamiche interne della rete di conoscenze dei Serpeverde. Tom non si accontenterebbe mai essere un kingmaker, ma il Lumaclub ha i suoi meriti.

« Avresti dovuto essere un Serpeverde » lamenta Avery a un incontro, rivolgendogli quello sguardo che Tom disprezza e agogna in egual misura – quella fame di stargli semplicemente vicino, perché lui brilla di luce propria e chiunque gli stia accanto può permettersi un po’ del suo bagliore. « Con Serpeverde avresti avuto un vero successo. »

Tom si volta verso di lui e sorride. Avery trasalisce. « Io avrò un “vero successo,” come dici tu » replica con voce strascicata. « E tu pensa quanto sarà più grande, essendo stato io un Tassorosso. »

Avery annuisce, rinsaldato nella sua convinzione che Tom stia combattendo contro il suo Smistamento per arrivare ai suoi desideri, quando lui intende solo che Tassorosso lo aiuterà ad arrivare ai suoi obiettivi come Serpeverde non avrebbe potuto. Si meraviglia che il membro di una casa che della furbizia fa un punto di orgoglio possa essere ingannato tanto facilmente.

Tom ha fatto le dovute ricerche. Le tre posizioni più influenti raggiungibili da un mago per la Gran Bretagna magica sono queste: Stregone Capo del Wizengamot, Preside di Hogwarts e Supremo Pezzo Grosso della Confederazione Internazionale dei Maghi.

Ministero della Magia è molto invitante, ma non è che un mero incarico elettivo, qualcuno nominato dal Wizengamot, incapace di legiferare alcunché senza l’approvazione dello stesso. E tuttavia con il carisma, la mentalità e i sistemi di informazioni giusti è possibile compensare a gran parte del potere pratico che manca alla carica. Dovrà prenderla in esame più approfonditamente.

Si fa trascinare ed esibire da Lumacorno come un cagnolino da concorso, e pensa che dovesse pur non averci guadagnato niente, almeno Lumacorno sta imparando a cercare futuri promettenti in case al di là della propria, a ignorare l’eventuale mancanza di conoscenze se il talento è notevole.

Lumacorno vuole che Tom vada lontano. Tom vuole andare più lontano di quanto Lumacorno possa anche solo sognare.





Tassorosso vince la Coppa delle Case per la prima volta dopo diciotto anni alla fine del quarto anno di Tom.

Non sanno che farsene del loro successo, si sgolano strillando al banchetto e poi semplicemente si guardano tra loro, stupefatti e confusi.

Quant’è terribile che siano tanto abituati alla delusione, pensa Tom, ed esterna la sua riflessione a bassa voce quando l’atmosfera si fa calma e introspettiva.

« Noi non siamo dei perdenti » sbotta McMillan, fissandolo con tutta l’ostinata ferocia della loro mascotte, i suoi pensieri che vanno da sempre loro e mai noi e ben gli sta e era ora che vedessero.

« Non è quello che ho detto » risponde lui mitemente, e lancia degli sguardi significativi alle altre case, che sminuiscono la vittoria di Tassorosso a un puro caso, a un colpo di fortuna.

« Non lo siamo » insiste McMillan, le mani che si serrano.

« Allora dobbiamo dimostrarlo, no » ribatte Tom, ben sapendo di avere su di sé gli occhi di ogni singolo compagno di casa. « E questo è uno dei metri con cui le altre case ci giudicano. »

« Non conta chissà cosa » commenta Prewett, guardando di sfuggita la Coppa. « Non quanto credono loro. »

« Certo » concede lui. « Ma il punto è precisamente questo. Le altre case pensano che la Coppa conti qualcosa, vedono che a noi non importa, e ci giudicano secondo i loro standard e pensano che manchiamo di spirito di intraprendenza, che non ci interessa il successo. »

Loro guardano lui, poi la Coppa delle Case. Riesce a sentire quanto brucino le sue parole schiette. Dubita che a loro sia mai venuto in mente di volere davvero la Coppa, preferiscono sapere che tutti i loro studenti saranno delle streghe e dei maghi credibili anziché preoccuparsi di accumulare punti per essere sicuri che gli insegnanti riconoscano il loro valore.

« Ciò di cui Tassorosso ha bisogno » continua con voce flebile, « è il rispetto. »





Più il suo potere si accresce – più si permette di emergere dalla massa e di prendere il controllo, più la sua casa e gli altri guardano a lui per delle risposte – maggiore è l’attenzione che gli riserva Silente.

È un peccato, perché tra le mura di Hogwarts Silente è potente, può negargli qualunque cosa a cui tenga. Si era quasi convinto a dimenticare la lezione che Silente gli aveva impartito nel giorno in cui gli aveva dato Hogwarts – questo è così perché lo dico io, e se non ti attieni a queste regole

Lo irrita, questa sollecitazione superflua. Non ha più undici anni, non si fa più spaventare dalla vista dei suoi averi che prendono fuoco con una parola. Ormai Silente non può più controllarlo in quel modo.

Tom è brillante, affascinante e dotato di eloquenza, e sta attento a non suscitare i suoi sospetti in alcuna maniera, eppure Silente adesso lo guarda come un Serpeverde, come se fossero lui un qualcosa di cui preoccuparsi e il suo potere un qualcosa da reprimere. Chiaramente, con così tanto talento è possibile dimenticare che uno studente sia un Tassorosso, perché quale danno potrebbe mai fare un Tassorosso?

Avrebbe voluto restare a Hogwarts, sente per lei quanto di più vicino all’amore è possibile, ma ora non è un desiderio realizzabile – non con Silente che lo guarda storto, ricordando tutte le storielle della signora Cole.

Lo manda in bestia la pretesa di Silente che i babbani debbano avere diritti. Soprattutto quando sa che Silente ha la stessa sua opinione dei babbani – per forza, altrimenti non li chiamerebbe babbani, quella compassionevole, sbrigativa parola per inerme, stupido, subumano, guscio vuoto senza magia. “Babbano” gli fa pensare a “negro,” al potere assoluto che un individuo può esercitare su un’altra persona, a come lo possa esprimere distrattamente con una sola parola.

La signora Cole gli aveva raccontato delle storie sul suo conto – Tom lo sapeva, lo poteva vedere nella testa della donna, con quei bruschi pensieri tortuosi che erano fuori posto, che avevano un sentore di coercizione magica che era riuscito a riconoscere – e Silente le aveva creduto, neanche si era posto il problema di considerare il punto di vista di Tom, anche se lei era priva di magia ed era pertanto una nullità per quanto concerneva tipicamente i maghi.

Che importa se Tom era l’unico bambino magico all’orfanotrofio, e pure potente. Che importa se aveva la costante consapevolezza di avere qualcosa che a loro mancava – che lui avesse potere e loro no. Che importa se non aveva che un modo per difendersi, per farsi conoscere, capire, e farsi lasciare in pace. Che importa se loro erano tanti e Tom uno solo e la prima cosa che aveva chiesto era se Silente veniva da un manicomio. Che importa.

Tom adesso ha delle persone dalla sua parte – un quarto di Hogwarts, ansioso di seguirlo – e ha determinazione, il desiderio di riuscire e la disponibilità a lavorare duro per farcela. Finché terrà a mente ciò a cui mira e lascerà Silente all’oscuro quanto più possibile, non c’è molto che il professore possa fare per fermarlo.

(Nelle profondità sotterranee di Hogwarts, un basilisco dorme. A Tom vengono in mente mille cose migliori da fare.)

Un giorno, sarà Tom a dettare le regole a cui gli altri si devono attenere.





Scala le vette del Ministero, di Capo di Dipartimento in Capo di Dipartimento più potente.

(« Ma cos’è che fa? »

« Tutto, penso. »)

Conduce ricerche su magie che erano vecchie già quando i Romani bruciavano i boschi della bacchetta sacra.

(In Gran Bretagna la magia è iniziata nelle caverne e sotto le stelle, tra monoliti e in mezzo alle foreste. I re si prostravano alle parole dei maghi, i maghi non offrivano trucchi ai re.)

Fa passare leggi per dare ai nati babbani gli stessi diritti e le stesse possibilità dei purosangue.

(Parla spesso con le potenti famiglie purosangue disponibili quel che basta a riconoscere che un nato babbano pieno di talento, occasionalmente, è un buon investimento. Parla ancora più a lungo con le famiglie purosangue altrettanto potenti ma di altra inclinazione, e con loro insiste sull’eliminazione graduale degli elementi che rendono loro i babbani tanto sgraditi – propone di rendere obbligatorie le lezioni sulla cultura e sulle tradizioni magiche, di far crescere i nati babbani dalle famiglie purosangue se questi bambini sono seriamente svantaggiati o messi in pericolo dalle loro condizioni di vita presso i babbani. Tuttavia, va spiegando, questo significa che i nati babbani devono avere delle opportunità una volta lasciata Hogwarts, altrimenti tornano al mondo babbano e vanno perduti sette anni di istruzione (e ingenti cifre di galeoni).

Appoggiate il disegno per i diritti dei nati babbani, dice, e perorate poi una maggiore salvaguardia delle tradizioni magiche, o pattuitela come condizione per il vostro sostegno. In fondo il Ministero è ansioso di apparire sempre giusto e imparziale. Fateglielo dimostrare.)

Modella incantesimi.

(Per la battaglia: norreno – sangue e tuono, onore e passione, le rune di Odino attentamente ascritte.

Per incantesimi potenti: aramaico – ricco, appassionato, carico di inflessioni. Da abhadda kedhabra ad avada kedavra. Dal dire a una malattia di sparire come questa parola al dire a una vita io distruggo parlando e farlo sentire.

Per incantesimi medi: latino – freddo, formale e distante, idee più che emozioni, un proposito imposto facilmente sul significato letterale.

Per incantesimi basati sull’emozione: anglosassone – energico, diretto, volgare e brusco.

Per la gioia di creare: francese – delicatezza, sottigliezza e precisione. La precisione è ciò che gli aggrada di più – la ragione per cui si dice “quella sensazione che puoi dire solo in francese.”)

Congegna riti.

(Carne, sangue, ossa. Cuore, mente, anima. Tre componenti essenziali. Amore, odio, famiglia. Tre forze potenti. È ricordando le fiabe babbane, piene di vecchia magia fatta di formule che persino i non-magici riuscivano a riconoscere, che le sue idee migliori attecchiscono e crescono.)

Esplora il cuore del Dipartimento dei Misteri.

(Lì porta un nome diverso, il volto celato, e una frase aggrovigliata al polso in inchiostro nero che non è visibile quando ne esce. Forse è esistita una profezia con sopra il suo nome nella Stanza delle Profezie, ma una volta a tarda notte le è successo qualcosa.)

Insegna a Hogwarts.

(Potrebbe essere l’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, infervorato dalla materia e desideroso di aiutare gli altri a vedere la bellezza e la meraviglia nascoste nell’oscurità e nella luce, a vedere come siano tra loro complementari. Potrebbe essere l’insegnante di Pozioni, e quindi spaziare in ogni potenziale sfera lavorativa, dalle Guarigioni agli Indicibili. Potrebbe essere l’insegnante di Trasfigurazione e notare, in quel tono mite e assennato che usava quando qualcuno finalmente recepiva il messaggio e per una volta chiedeva perché e non più come, che un registro per gli animagus è un’idea alquanto strana, chiedendosi ad alta voce perché mai sia stato istituito, per farsi trascinare in un dibattito sui regolamenti che governano l’uso magico. Potrebbe essere l’insegnante di Antiche Rune, e inculcare tanto il rispetto per un grande potere quanto il desiderio di capirlo, prima di usarlo. Potrebbe essere l’insegnante di Astrologia, di Cura delle Creature Magiche, persino l’insegnante di Divinazione. C’è sempre un modo per far funzionare queste cose.)

Ascolta le voci a Nocturn Alley.

(Magie Sinister è un luogo affascinante, pieno di pezzi di magia rari, pericolosi, meravigliosi, e le cose che si possono imparare su ogni concepibile tipo di cliente semplicemente standosene zitti e discreti sono davvero… interessanti.)

Tesse un’invisibile rete di potere che si spande da un capo all’altro della Gran Bretagna magica, costellata di individui e organizzazioni dalla capacità uniche – e ogni filo risale a lui.

I suoi sostenitori sono ovunque – lealtà Tassorosso, curiosità intellettuale Corvonero, ambizione Serpeverde, desiderio di gloria Grifondoro, tutti in mano sua.

(Sorge spontaneo il pensiero: perché fermarsi alla Gran Bretagna magica?)





Nessuno guarda più i Tassorosso allo stesso modo.
   
 
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