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Autore: Neremir    10/10/2012    2 recensioni
[Capodanno a New York]
[Capodanno a New York]Film "Capodanno a New York"
Una nuova storia aggiunta alle molteplici del film. Daphne trova un braccialetto, vuole restituirlo a tutti i costi al suo proprietario ed è proprio durante questa ricerca che farà scoperte molto interessanti.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un sollievo metterli finalmente sul treno, o almeno questo era quello che pensava Daphne… d'accordo, magari un sollievo proprio no, ma sapere che i suoi genitori stavano per tornare a casa loro, le alleggeriva l'animo. Non è che non li sopportasse questo no, però passare tutte le feste con loro era stato… come dire? Lungo. Sua madre non faceva che ripeterle di stare attenta la sera, di guardare da ogni lato della strada prima di attraversare visto l'imponente traffico di New York; ovvio come se lei, che era una donna adulta, non fosse in grado di pensare a tutte queste cose! Suo padre invece, non aveva fatto altro che insistere perché chiedesse un aumento al lavoro: era così che funzionava ai suoi tempi; dopo qualche anno nello stesso posto bisognava pretendere più soldi! Ma Daphne percepiva già un ottimo stipendio e in più lavorava per la città di New York, era alle dipendenze del sindaco, chi aveva un ruolo come il suo difficilmente poteva ambire a cambiamenti nella busta paga. Quando, finito il college, aveva cercato lavoro nella Grande Mela non aveva sperato in niente di meglio che un normale impiego in un ufficio, ma non era mai stata una ragazza a cui piaceva accontentarsi e così, grazie alla sua determinazione, aveva iniziato a lavorare come curatrice del sito ufficiale di New York City; era lei a selezionare gli scatti migliori per mostrare le meraviglie della città, lei a scegliere le attività da promuovere, lei a scrivere i testi che presentavano nel migliore dei modi quel luogo che poteva essere definito il centro del mondo ed era stata sempre lei, quell'anno, a proporre di inserire sul sito non solo un video commemorativo delle feste Natalizie, montato ad arte, ma anche un gioco online a tema e un countdown alla discesa della sfera a Times Square e, dopo tutto quel lavoro, si era presa le meritate ferie. Ferie che erano state, come tutti gli anni, stravolte dall'arrivo dei genitori. Poi, il Natale era passato e, finalmente, Mark e Josie stavano salendo sul treno che li avrebbe riportati a Providence in poco più di quattro ore. In fondo, erano stati loro a volersi trasferire in Rhode Island dopo la pensione, lei aveva sempre vissuto lì e lì voleva restare.

 

"Sicura di non voler venire con noi?" Josie guardò la figlia con sguardo implorante.

 

"Mamma, ne abbiamo già parlato… Il Natale lo passo volentieri qui con voi, ma la vigilia di Capodanno la passo per conto mio". Daphne sbuffò… Ah già, aveva dimenticato di aver ripetuto quella frase una cinquantina di volte nell'ultima settimana.

Non era difficile da capire, aveva 26 anni e da sempre, almeno da che aveva memoria, passava la mezzanotte di Capodanno sulla 42° strada con le amiche al solito posto, festeggiando e divertendosi e poi a qualche festa, che diavolo avrebbe dovuto fare a Providence?

 

"Ma tuo fratello starà in casa, come suo solito…" obiettò Mark. Come dimenticare il caro Randy? Suo fratello era un orso bruno che odiava quella festa a causa di una delusione sentimentale accaduta tanto tempo prima, durante i festeggiamenti per il nuovo anno e da allora, il 31 dicembre, non faceva altro che restarsene in casa in pigiama a fare commenti misantropi sul resto del mondo che festeggiava… beh… a dire il vero su tutti, tranne la sua sorellina.

 

"Ed io non ho nessuna intenzione di disturbarlo, lo lascerò al suo destino." Daphne alzò gli occhi al cielo esasperata, che importanza aveva? Randy voleva passare la serata in quel modo? Per lei andava benissimo, l'importante era che lui non disturbasse lei e il giorno dopo sarebbe tornato il fratello giocherellone di sempre.

 

"Sei proprio testarda!" L'apostrofò sua madre, poi, addolcendo il tono, aggiunse. "Siamo stati davvero benissimo in questi giorni e speriamo che tu e tuo fratello veniate presto a trovarci!" 

 

La ragazza cambiò atteggiamento, in fondo voleva molto bene ai suoi genitori, quando non erano esasperanti. "Verremo presto…" sorrise dolcemente.

 

"La mia bambina…" suo padre allungò una mano e le accarezzò i capelli castano scuro.

 

"Uffa papà!" sbottò lei.

 

"Il treno per Providence è in partenza al binario 2, il treno in arrivo da Washington è in arrivo al binario 3. Le persone non in partenza sono pregate di allontanarsi dalla banchina per questioni di sicurezza." Una voce annunciò l'imminente partenza del convoglio.

 

Mark e Josie abbracciarono di nuovo la figlia e poi partirono, contenti di festeggiare quella caotica notte nella loro tranquilla città. Un marasma incessante di persone invase la stazione, chi scendeva dal treno per Providence e chi da quello che arrivava dalla capitale. Daphne ebbe un attimo di smarrimento e spalancò gli occhi chiari per fare un punto sul da farsi e scoprire da che parte uscire. Trattenne a stento una risatina, se i suoi genitori l'avessero vista in quella confusione, chissà quanto si sarebbero preoccupati! Si guardò intorno controllando che nessuno l'avesse vista ridere da sola, poi incominciò a farsi strada nella calca. Stava per infilarsi nel sottopassaggio che l'avrebbe portata verso l'uscita, quando qualcosa di argenteo le schizzò davanti alla faccia; ne seguì la traiettoria con gli occhi, vide l'oggetto cadere sull'asfalto in prossimità dei suoi piedi e lo raccolse. Poi notò da dove era arrivato: un ragazzo qualche metro più in là stava armeggiando con quella che sembrava essere una mappa della città e contemporaneamente stava parlando animatamente con un capotreno. Daphne affilò lo sguardo, scrutando i lineamenti del proprietario del braccialetto. Era piuttosto attraente, almeno secondo i suoi gusti: alto, spalle larghe, capelli biondo scuro, occhi verdi, naso lungo e affilato, bocca pronunciata, efelidi su tutto il viso e dal giaccone, che portava aperto, si intravedeva un maglione grigio aderente a diversi muscoli. Daphne aveva tutte le intenzioni di restituire il braccialetto a quell'uomo, lei odiava perdere le cose e, per quello che ne sapeva, l'affascinante sconosciuto poteva essere molto affezionato a quell'oggetto. La giovane l'avrebbe restituito a chiunque, ma il fatto che dovesse ridarlo ad un ragazzo piuttosto carino le dava una motivazione in più; d'altronde era solo per rifarsi gli occhi, lui poteva essere sposato o, in ogni caso, non degnarla di particolare attenzione.

Osservò il bracciale nella sua mano: era fatto di palline d'argento infilate in un laccio di cuoio, le perle in sé non aveva niente di particolare, nessuna scritta o simbolo, erano solo di una brillantezza abbagliante. Alzò gli occhi per dirigersi verso di lui, ma una nuova ondata di persone le occupava la vista; quando si diradarono l'uomo era sparito! Si guardò intorno, più decisa che mai a restituire l'oggetto smarrito e intravide la sua testa già davanti all'uscita. Cercò di farsi strada attraverso la calca nel minor tempo possibile e quando arrivò all'uscita, lui stava salendo su un taxi; lo sentì dare indicazioni al tassista e dirgli di portarlo al "Friedberg Cafè".

Non doveva essere di New York, ma doveva conoscere bene i posti da non perdere, il "Friedberg Café" offriva la miglior cheesecake della città e lui era sicuramente diretto là per assaggiarla. Decise di seguirlo, ma aveva pochi spiccioli appresso, così optò per la metropolitana.

 

***

 

Oliver Rosen non era mai stato uno da colpi di testa. Insomma si era divertito al college facendo le classiche bravate e ancora gli piaceva uscire con gli amici, ma una cosa del genere non l'aveva mai fatta. Tutta colpa di William il fisioterapista che aveva seguito sua madre dopo l'intervento di protesi al ginocchio; era stato il figlio ad offrirsi di accompagnarla tutti i giorni, per tre mesi, al centro riabilitativo e lì aveva incontrato William: avevano più o meno la stessa età e fra una seduta e l'altra erano diventati amici e, da un anno a questa parte, uscivano spesso insieme a bere una birra oppure lui e sua moglie Michelle, erano sposati da due anni, cercavano di accasarlo con qualcuna, ma al momento nessuna delle ragazze che gli avevano presentato gli era parsa interessante. Anche perché era stato proprio William stesso a parlargli dell'unica ragazza che, al momento, aveva destato il suo interesse, ma non aveva potuto presentargliela e Oliver non glielo aveva nemmeno chiesto perché si vergognava; com'era possibile che all'età di 31 anni fosse interessato a qualcuno di cui aveva solo sentito parlare? Era ridicolo, ma la colpa era tutta di William! Una delle prime volte che erano usciti aveva iniziato a parlare di sua cugina Daphne, che era la sua pupilla. Erano cresciuti insieme e si vedevano almeno una volta l'anno, quando lui e Michelle raggiungevano lei e suo fratello Randy a New York per una rimpatriata, solitamente d'estate e anche quell'anno, mentre lui era in vacanza erano andati da loro. Suo cugino era un ragazzo simpatico e condividevano alcune passioni, ad esempio a William piaceva il fatto che di mestiere facesse il fumettista, ma l'amico adorava letteralmente la cuginetta e la sua personalità spumeggiante; non faceva altro che parlarne e raccontarne aneddoti. L'interesse di Oliver per lei non si era sviluppato spinto dall'entusiasmo di William, ma proprio a causa di ciò che lui gli aveva raccontato. Daphne aveva davvero caratteristiche che gli piacevano, non poteva sapere come sarebbe andata in ogni senso, ma sapeva che era single e non voleva perdersi la possibilità di conoscerla. Ecco perché aveva fatto quel colpo di testa: aveva preso un aereo da Portland in Oregon fino a Washington e poi il treno fino a New York ed ora eccolo lì alla stazione. Non aveva detto niente a nessuno, solo una patetica scusa agli amici, poi, il 31 dicembre, era semplicemente partito alla volta della Grande Mela per passare la giornata come un semplice turista e poi recarsi prima della mezzanotte sulla 42° strada all'altezza dell'incrocio con la 54° dove sapeva per certo che Daphne sarebbe andata. Provava un leggero senso di vergogna a voler fare una cosa del genere ed era per questo che aveva tenuto segreto il suo desiderio e, per trovarla, si era basato sull'unico indizio certo che William gli aveva donato: si sarebbe recato nel posto in cui gli era stato assicurato che la ragazza passasse il Capodanno.

D'accordo era un'idea malsana, cos'avrebbe fatto una volta davanti a lei? Ancora non lo sapeva. Certo, l'avrebbe riconosciuta perché William gli aveva mostrato diverse foto di sua cugina e in aggiunta a quell'interesse per la personalità di Daphne, aveva aggiunto anche quello per la sua bellezza. In effetti, Oliver doveva ammettere di aver sbuffato la prima volta che aveva visto una sua foto… era già degna di interesse, doveva essere anche così tremendamente carina? L'aveva visto nelle fotografie… aveva un sorriso davvero luminoso che trasmetteva gioia, gli occhi verdi, ma un verde diverso dal suo più chiaro e tendente al grigio, i capelli erano castano scuro e decisamente ondulati, come se fossero in continuo movimento; nell'insieme aveva un bel viso con lineamenti regolari e proporzionati e non era nemmeno tanto alta, tanto che a prima vista, Oliver, aveva provato il desiderio di abbracciarla, innervosendosi anche perché non era un ragazzino e non poteva provare una cosa simile per qualcuno che nemmeno conosceva!

Durante il volo aveva avuto voglia diverse volte di tornare indietro una volta atterrato a Washington, ma poi aveva perseguito il suo cammino per quello che credeva il miraggio di un instancabile sognatore.

In treno, aveva visto il paesaggio cambiare e non si era mai stancato di tenere gli occhi incollati al finestrino, quando poi la ferrovia aveva fiancheggiato un tratto di costa atlantica si era scoperto ad osservarla meravigliato come un bambino… già, forse non era poi così strano che avesse compiuto quella pazzia, possedeva ancora quell'ingenuità fanciullesca tipica dei bambini, sua madre gli diceva sempre che era un suo pregio: aveva ancora la meraviglia negli occhi.

Diverse ore dopo, con un sonoro stridio, il treno era entrato nella stazione e, scendendo, lui aveva mentalmente ripassato il suo programma: aveva diverse cose che desiderava fare nel corso della giornata, in attesa che arrivasse la mezzanotte e che potesse incontrare quella ragazza che l'aveva attratto lì, a migliaia di chilometri da casa sua.

La stazione pullulava di persone e la confusione regnava imperiosa, non era sicuro da che punto del suo programma voleva partire, ma un leggero languore gli diede un indizio, si guardò intorno e sfoderò la carta della città sperando di trovare ciò che cercava, ma a parte un nugolo di strade non aveva idea del posto che doveva cercare; intravide un capotreno e lo fermò.

 

"Mi scusi, posso chiederle un'informazione?" Oliver picchiettò sulla spalla dell'uomo con un dito.

 

"Se non è una cosa troppo lunga…" Aveva contemporaneamente un'aria annoiata e frenetica.

 

Oliver pensò che i newyorchesi erano davvero nevrotici come aveva sentito dire… "Vorrei solamente sapere dove si può mangiare la miglior cheesecake di New York!"

 

L'uomo cambiò espressione e inaspettatamente sorrise, "Sfondi una porta aperta con me! Io vivo di cheesecake, sebbene la mia signora non approvi!" incominciò a snocciolare un racconto dietro l'altro delle sue disavventure con la famigerata torta e la contrariata moglie, causando l'ilarità di Oliver che commentava ogni sua parola con enfasi.

 

"Ho sentito dire che hanno realizzato la cheesecake più grossa del mondo… e che una fetta era grande più o meno così…" Allargò le braccia e, senza che se ne accorgesse, il braccialetto che portava al polso sinistro venne lanciato lontano da lui.

 

"Oh sì sì! Io c'ero!" Affermò il capotreno entusiasta, poi venne chiamato da un collega che necessitava il suo aiuto, "Devo andare… comunque se vuoi mangiare la migliore devi andare al "Friedberg Cafè", dovrai tornare e dirmi come l'hai trovata, d'accordo?"

 

Oliver annuì e, ancora sorpreso dal repentino cambiamento dell'uomo, si avviò verso l'uscita che, nonostante la confusione, raggiunse in breve. Chiamò un taxi e gli chiese di portarlo al locale indicatogli, era affamato e non vedeva l'ora di addentare il dolce, qualcos'altro occupava i suoi pensieri, ma sapeva che per quel momento avrebbe dovuto aspettare e decise che godersi la città era la cosa migliore da fare.

Non si era accorto di aver perduto il braccialetto, impegnato nella sua missione, ma non era un oggetto di particolare valore, tutt'altro; il proprietario della falegnameria dove lavorava, e dove era ben pagato per i suoi lavori di precisione, l'aveva regalato a tutti i dipendenti per Natale ed Oliver lo indossava semplicemente perché era, secondo lui, un bell'oggetto. 

 

***

La metropolitana di New York il giorno di Capodanno era esattamente identica ad un interruttore della luce; c'erano fermate spente in cui non si vedeva un'anima, nemmeno i suonatori ambulanti, e altre che invece apparivano molto più che accese: pullulavano di persone, un continuo andirivieni in preparazione della serata. Daphne scese dopo sette fermate e, per sua sfortuna, la sosta designata era accesa come un faro in mezzo al mare; la moltitudine di uomini e donne indaffarati era così numerosa da rendere l'aria densa ed irrespirabile, quasi limacciosa come il fondo di un fiume.

Daphne faticava a respirare, come tutti, sentendosi annaspare e quando finalmente riemerse sulla strada, l'inquinata aria della città le sembrò il miglior ossigeno di montagna. Si diresse con passo sicuro verso il noto locale, che lei frequentava di sovente con suo fratello, entrambi amanti della cheesecake; anche se Randy era solito ordinarla con una spruzzata di cacao, mentre a Daphne piaceva con la salsa di mirtilli. Sorrise al pensiero e poi si soffermò a pensare se non fosse insensato inseguire quello sconosciuto per ridargli un braccialetto che non aveva nessun valore economico, poi, però decise che se fosse capitato a lei di perdere qualcosa, sarebbe stata ben lieta di riceverla indietro da qualcuno che si premurasse tanto per restituirgliela. 

Spinse la porta del caffè ed, entrando, vide subito Molly una delle cameriere storiche: le sorrise vedendola e riconoscendola subito.

 

"Daphne che piacere vederti! Una fetta di torta? Anche se l'ora di pranzo è passata da un po'!" La tentò Molly.

 

"Mi piacerebbe, ma credo che Randy mi ucciderebbe se sapesse che mangio la nostra torta preferita nel giorno che lui odia." Sospirò.

 

"Sarà un nostro segreto…" Le allungò una fetta e si allontanò per prendere la famosa salsa di mirtilli, che poi versò abbondantemente sulla torta.

 

"Acqua in bocca… mi raccomando!" Daphne puntò un minaccioso dito verso la corpulenta donna che scoppiò in una fragorosa risata.

 

"Ok ok!" esclamò ridendo, "quel ragazzo, però ha bisogno di una sistemata! Sono passati più di dieci anni da quell'increscioso episodio… è ora che si riprenda!" 

 

"Ragionare con quella testa dura è impossibile…" mugugnò la ragazza con la bocca piena, "sarebbe più facile sbattergliela contro il muro finché non cambia idea!"

 

"Potresti usarlo come proposito per l'anno nuovo!" Molly riprese a pulire piatti e bicchieri, poi si fermò pensosa, "se non sei venuta qui per la torta, per quale motivo sei venuta?"

 

Che stupida! Come aveva potuto dimenticarsi che la cheesecake aveva su di lei l'effetto di una formattazione cerebrale? E, ora che le era tornato in mente, si guardò intorno, ma non vide traccia dell'uomo. "Sto inseguendo una persona," svelò alla cameriera, spiegandole in breve l'accaduto e descrivendole colui che stava rincorrendo.

 

"Oh quel bel ragazzo! Davvero affascinante!" rincarò la dose Molly, "fai proprio bene ad inseguirlo! Se avessi vent'anni di meno lo inseguirei anche io. E' andato via pochi minuti prima che arrivassi tu… Ha ordinato anche lui la cheesecake ai mirtilli, come te. Ed è davvero un bravo ragazzo… stavamo chiacchierando e mi sono distratta, gli ho dato cinque dollari in più di resto e lui me li ha ridati subito... un newyorchese non l'avrebbe fatto..." 

 

"Sai dirmi qualcosa in più?" Scherzò Daphne, senza nascondere la punta di delusione per averlo mancato di poco. "Ad esempio da che parte è andato o se ha menzionato il braccialetto…"

 

"Nemmeno una parola sul braccialetto, però quando ho capito che proveniva dalla West Coast, e fidati il suo accento dell'Oregon è piuttosto marcato, gli ho domandato cosa lo portasse a New York…" tipico di Molly, conosceva tutte le flessioni degli Stati Uniti e si interessava sempre degli affari altrui anche se con una certa discrezione, "è stato sul vago, ma ha detto che voleva passare il Capodanno qui e, in attesa della serata, desiderava visitare la città. Ha aggiunto che, fra le cose che voleva assolutamente fare c'era assaggiare la miglior cheesecake di New York e che, una volta finita la torta, si sarebbe diretto a Central Park."

 

"Perfetto!" Daphne si pulì la bocca con il tovagliolo, "lo troverò sicuramente!"

 

"Conosci la metratura del parco, vero?" Ironizzò Molly.

 

"Giusto…" Si sentì abbacchiata, non poteva certo perlustrare l'intero parco.

 

"Ah ragazza mia! Se non ci fosse la tua Molly, come faresti?" Rise lei, "gli ho fatto notare la stessa cosa; mi è sembrato ben consapevole delle dimensioni di Central Park e ha puntualizzato che desiderava visitare la fontana centrale e il ponte di pietra sul laghetto, poi avrebbe proseguito per il suo tour, ma non ha rivelato il resto e sai quanto io sia discreta…"

 

"Certo…" Sorrise la giovane. "Mi dirigerò lì, augurami buona fortuna." Allungò quattro dollari a Molly per la torta, ma la donna glieli ridiede.

 

"Dev'essere un segreto, no?" Daphne annuì, "allora sarà meglio non lasciare nessuna traccia… Buona fortuna Daphne."

 

La ragazza la ringraziò, le rivolse gli auguri del caso, uscì e si immerse nuovamente nella metropolitana; qualche fermata e sarebbe giunta al parco che tanto le piaceva. Si sedette nel primo sedile libero e il pensiero di quel ragazzo le si presentò imperiosamente alla mente, si chiese il motivo di tale prepotenza e poi le sovvennero le prime parole di Molly, già… le aveva dimenticate, concentrata sulle informazioni utili a rintracciare lo sconosciuto, ma in un qualche modo l'avevano colpita… aveva ordinato la torta ai mirtilli, come lei e non era un fatto da sottovalutare, quasi nessuno la mangiava a quel modo: tutti amavano la classica con solo un po' di panna acida oppure con le fragole, addirittura c'era stato un periodo che la salsa ai mirtilli veniva fatta solo per lei e poche altre persone e, lui, che veniva dall'altra parte del paese (e su questo Molly non si sbagliava di sicuro) sceglieva proprio quel gusto… e poi era onesto! Quante persone sarebbero state così oneste? Al Friedberg lo sarebbe stata anche lei, ma si ricordava di quella volta che al supermercato si erano sbagliati e le avevano fatto pagare dieci dollari in meno, non era di certo tornata indietro e non si era sentita una ladra, insomma per dieci dollari che male c'era? Ne aveva pur sempre pagati quaranta! Lo aveva considerato un buono sconto extra e, invece, quello sconosciuto che avrebbe potuto non farsi problemi in quel caffè, aveva restituito cinque dollari! Era bello sapere che esistevano ancora persone oneste; Daphne rinfrancata dal quel pensiero sentì la sua determinazione ad inseguirlo aumentare e sperò che quel braccialetto avesse almeno un valore sentimentale.

 

***

 

Oliver era seduto nel suo secondo taxi della giornata e incominciava a trovare divertente quella caccia alle automobili gialle. A Portland non era difficile muoversi in città con i mezzi pubblici, le proprie auto o agguantare un taxi, ma lì a New York era una vera sfida e aveva provato un'immensa soddisfazione nel momento in cui la sua missione di ottenere un mezzo in quella giungla urbana era stata compiuta per ben due volte.

Si era attardato al "Friedberg Cafè" più del dovuto, ma la cameriera che lo aveva servito si era dimostrata una donna davvero curiosa ed affabile; aveva svolto il suo mestiere come se si trovasse in una vecchia e storica locanda rivolgendo domande ai suoi clienti come se ne vedesse pochi in una giornata, invece che centinaia. Era stata lei a consigliargli di assaggiare la cheesecake al naturale, si era sentito tentato e stava quasi per ordinarla finché non aveva adocchiato una cremosa ed invitante salsa in un pentolino alle spalle della signora. Gli aveva chiesto di cosa si trattasse e, quando aveva scoperto che era salsa ai mirtilli, non aveva resistito… a lui piacevano tantissimo i mirtilli e, soprattutto, gli ricordavano la crostata che sua nonna gli dava sempre da piccolo come merenda. Non aveva esitato e non si era pentito della sua scelta, la morbidezza e pienezza della crema al formaggio non era equiparabile a nient'altro e i deliziosi frutti blu esaltavano quel dolce al suo massimo invece di sopraffarne il sapore. Si era gustato fino all'ultima briciola e al momento di pagare, la cameriera stava ancora ciarlando del più e del meno e si era sbagliata a dargli il resto, chissà poi perché si era dimostrata sorpresa quando lui le aveva restituito la banconota? Non aveva approfondito la questione, ancora deliziato dalla torta e stupefatto che la donna avesse indovinato la sua provenienza dopo solo quattro parole.

Il tassista era molto meno chiacchierone di quello precedente ed Oliver osservò gli interminabili palazzi che si stagliavano davanti ai suoi occhi… uno spettacolo unico ed una dimostrazione che l'uomo era più ingegnoso del dovuto… New York era pur sempre un'isola e non potendosi sviluppare in larghezza, l'aveva fatto in altezza.

Il paesaggio, per quanto affascinante, diventò ripetitivo e lui si ritrovò, come sovente gli capitava, a riflettere. Ripensò ai suoi amici, William compreso, quando aveva comunicato loro, che per Capodanno non avrebbe partecipato alla solita cena, ma che sarebbe andato a trovare i suoi nonni che gli avevano strappato quella promessa il giorno di Natale (in realtà i suoi nonni erano più che felici di vedere tutti i nipoti durante le feste natalizie, ma non avevano nessuna intenzione di ospitare nessuno per Capodanno… avevano la loro scatenata festa di amici a cui partecipare e non volevano impegni). Oliver sorrise fra sé, aveva dei nonni particolari, ma erano serviti allo scopo e nessuno aveva sospettato del suo vero progetto. Non lo spaventava passare il Capodanno lì da solo, in qualunque modo fossero andate le cose Times Square l'ultima notte dell'anno era l'ultimo posto in cui sentirsi soli, se poi fosse riuscito a convincere Daphne che poteva almeno provare a conoscerlo, si sarebbe trattenuto qualche giorno in più, in caso contrario sarebbe tornato a Portland il giorno seguente.

Il pensiero degli eventuali finali con Daphne lo riportò a pensare al motivo che l'aveva portato lì e al momento in cui era nato il suo interesse per lei. William gli aveva parlato più di una volta della cugina, ma per un po' non era mai entrato nel dettaglio, se non per dirle che si chiamava Daphne e che adorava il suo nome. Questa notizia era piaciuta subito ad Oliver, perché l'amico gli aveva spiegato che lei adorava quel nome per il suo significato ed Oliver, piuttosto ferrato in mitologia greca per puro interesse, sapeva che era il nome della ninfa che aveva fatto di tutto per sfuggire all'indesiderato amore del dio Apollo. La cugina di William amava proprio la caparbietà della ninfa ed era orgogliosa di chiamarsi allo stesso modo, perché anche lei mal sopportava le persone prepotenti. Oliver aveva sorriso alla notizia e, sebbene un indistinguibile tarlo, avesse cominciato a scavare in lui, non aveva prestato particolare attenzione alla notizia, almeno finché William non gli aveva raccontato un episodio di qualche anno prima.

 

"E così, ogni anno, voi passate le vacanze estive a New York?" Aveva domandato Oliver, che da poco aveva scoperto che Michelle e William raggiungevano i cugini Daphne e Randy nella Grande Mela.

 

"Sì, ogni anno." Aveva risposto Michelle entusiasta; amante degli acquisti, fremeva ogni volta che raggiungeva quel regno dello shopping.

 

"Anche se quattro anni fa, poco prima che conoscessi Michelle, siamo andati in vacanza in Maine, all'Acadia National Park. Sai, Randy e Daphne si erano lamentati che, se per me era un viaggio andare a New York, per loro era restare nel luogo dove vivevano da sempre e così, siamo rimasti due settimane in città, ma l'ultima siamo andati al nord." William bevve un sorso di birra, "poi non si sono più lagnati, ma credo che prima o poi avanzeranno nuovamente la richiesta…" Rise illuminando gli occhi scuri.

 

"E com'è l'Acadia?" Si interessò Oliver che aveva visitato in lungo e in largo la costa ovest e i suoi parchi, ma non era mai stato sul lato est degli Stati Uniti.

 

"Bellissimo! Un regno di foreste, scogliere, oceano e fari." William mostrò un'aria sognante che sembrava nota a Michelle, ma ancora sconosciuta ad Oliver. Poi scoppiò a ridere.

 

"Cos'hai da ridere?" Michelle lo osservò incuriosita.

 

"Ripensavo a Daphne… Si distingue sempre…" Scosse la testa con fare bonario e gli altri due gli fecero cenno di proseguire non sapendo a cosa si riferisse. "Mi vedete, non sono esattamente mingherlino…" Con le mani indicò se stesso, sottolineando il fisico ben allenato e muscoloso e la sua altezza che superava il metro e novanta.

 

Oliver e Michelle annuirono, la moglie, nonostante non sapesse cosa fosse accaduto in quel momento, capì dove voleva andare a parare conoscendo Daphne ormai da tempo.

 

"E mio cugino è esattamente uguale a me: alto e muscoloso, insomma ben piazzato. Si direbbe che siamo due uomini d'azione e invece, come sempre, ci siamo fatti battere da quello scricciolo di mia cugina…" Si fermò creando un alone di suspense. "Eravamo all'estremo del parco, la punta est che punta dritta nell'oceano, avevamo appena visitato il faro di Bar Harbor e ci siamo addentrati in una foresta che portava su di una scogliera scoscesa… un posto bellissimo: dietro il bosco, sotto ai nostri piedi la roccia e davanti l'oceano. Fin da subito, Daphne ha voluto raggiungere l'ultima roccia a picco sull'acqua e l'abbiamo seguita, arrivati lì ha osservato sotto di sé e ha detto: "Non ci sono scogli, potremmo tuffarci!", io e Randy l'abbiamo guardata come se fosse impazzita ed è iniziata una lunga ed animata discussione su quella questione, poi, mentre stavamo ancora parlando e cercando di convincerla che era meglio di no, ci ha dato dei fifoni e si è tuffata. Quando è riemersa ci ha urlato che era bellissimo e che se non la seguivamo eravamo delle pecore!" Scoppiò a ridere, "E il fatto è che aveva ragione lei! Cercavamo di convincerla a non tuffarsi perché eravamo io e Randy ad avere paura, non c'erano rischi, nemmeno uno scoglio o qualsivoglia altro pericolo, così alla fine ci siamo tuffati e l'abbiamo rifatto almeno una decina di volte! Ma la cosa più divertente è che è sempre così, mia cugina non è imprudente, valuta sempre i rischi prima di fare qualcosa, ma non le manca mai il coraggio per farlo e a vederci insieme si potrebbe affermare il contrario!" 

 

"Più o meno come quando attraversa la strada a New York!" Intervenne Michelle, "Dice sempre che non c'è niente di cui aver paura, le macchine sono abituate ad inchiodare quando si trovano davanti pedoni inaspettati e ha ragione!" 

 

"Esatto." Confermò William.

 

Oliver aveva ascoltato con interesse, inizialmente perché l'amico raccontava le cose in maniera divertente, poi perché il tarlo, che fino a quel momento aveva lavorato di nascosto, si era fatto più rumoroso, anche se non aveva sviluppato un vero e proprio interesse, aveva trovato piacevole il coraggio e lo spirito d'avventura di quella ragazza; non era avventata, come aveva precisato William, però una volta valutata la situazione non aveva paura di affrontarla e questo era sicuramente ammirevole. Oliver aveva pensato che sarebbe stato divertente averla come compagna di viaggio, ma il suo era stato un pensiero fugace e senza troppe pretese, così lo aveva liquidato velocemente.

 

Ritornò alla realtà e si rese conto della sua stupidità a posteriori; all'epoca non aveva dato più di tanto peso a quel racconto, ma più tardi, quando ormai aveva capito che desiderava conoscere Daphne, era giunto alla conclusione che quello era stato l'inizio di tutto. 

Perso nei suoi pensieri non si era nemmeno accorto che il tassista si era fermato e stava aspettando che lui scendesse; si ridestò velocemente, pagò e scese dal taxi: davanti ai suoi occhi si apriva l'infinita distesa di Central Park.

 

***

 

Daphne cercò di ragionare: dove poteva dirigersi qualcuno che visitava New York per la prima volta? Domanda inutile… New York aveva troppo da offrire, era impossibile sapere in anticipo dove fosse diretto lo sconosciuto. Aveva pensato che se avesse scoperto il suo itinerario, poteva precederlo invece che inseguirlo, ma non era fattibile… chissà quali erano state le sue scelte per quel giorno? E se fosse rimasto lì per qualche tempo dopo aver festeggiato la vigilia di Capodanno, poteva aver suddiviso le attrazioni in maniera imprevedibile!

Osservò la coppia seduta di fronte a lei, indecisa se sorridere o indignarsi: non facevano altro che darsi lievi baci sulle labbra, abbracciarsi, sorridersi e sussurrarsi paroline dolci. Daphne scacciò il diavoletto che voleva spingerla ad indignarsi, non ce n'era motivo, la sua era solo un punta di invidia buona… da quanto tempo non usciva con qualcuno? Rimproverava sempre suo fratello per la sua misantropia, ma lei non era da meno; certo, Randy quel giorno era più cattivo di un orso bruno, ma durante l'anno usciva con gli amici, così come lei usciva con le amiche, eppure non aveva appuntamenti da parecchio tempo… nemmeno Paul, l'amico super figo, di suo fratello l'aveva attratta, forse Daphne aveva semplicemente una mancanza di interesse generale. Ripensò a tutti gli uomini che aveva conosciuto o grazie al suo lavoro o perché amici di amiche, nessuno l'aveva spinta a voler tentare qualcosa in più, nessuno le era parso degno di interesse.

 

Ovviamente a nessuno piaceva la cheesecake ai mirtilli o era incommensurabilmente onesto…

 

Si sorprese a chiedersi da dove fosse nato quel pensiero, come se quel giovane avesse una qualche importanza! Era solo uno sconosciuto a cui doveva restituire qualcosa, niente di più. Decise che osservare la coppia mandava in tilt il suo cervello e si concentrò sulle parole crociate del vicino. 

Le mancava un'ultima parola per completare il quadro, mentre l'uomo si concentrava sui rebus, quando vide la fermata "Central Park" e quasi seccata scese: avrebbe comprato quel giornale per finire ciò che aveva iniziato. Tipico di lei, se incominciava qualcosa lo portava anche a termine, così come la ricerca che stava effettuando; questa volta era certa che l'avrebbe incontrato… Central Park era grande e lui avrebbe impiegato del tempo per raggiungere i luoghi indicati.

Si avviò a passo svelto nei meandri di quel bosco che poteva sembrare fuori luogo. Fortunatamente non era ancora nevicato quell'anno e camminare nel parco era piuttosto piacevole; Daphne era solita andarci spesso, soprattutto quando cercava nuove idee per il suo lavoro: lì poteva rilassare la mente e i pittoreschi scorci, che tanto amava, l'aiutavano a pensare.

Raggiunse velocemente la fontana, che era gremita di gente: turisti da ogni dove scattavano fotografie commemorative davanti al monumento o gettavano monetine nell'acqua augurandosi che portassero loro fortuna. Daphne scrutò i visi che la circondavano non intravedendo quello del ragazzo, era certa che, come l'aveva visto nell'affollata stazione, l'avrebbe distinto anche lì. Gettò la spugna e si diresse al ponte quasi correndo.

Lo raggiunse e sbuffò: non c'era nessuno, solo un giardiniere intento a potare le siepi, tagliate in modo che somigliassero alle renne di Babbo Natale, una delle attrazioni del parco erano proprio quelle siepi dalle forme disparate, che per Natale venivano trasformate nella tipica immagine.

 

"Mi scusi…" Daphne si rivolse all'uomo, stringendo il cappotto marrone scuro alla base del collo per ripararsi dalla brezza gelida. "Potrebbe aiutarmi?"

 

"Mi dica signorina." L'uomo sulla sessantina si voltò, mostrando un paio di folti baffi bianchi e la testa pelata nascosta da un berretto.

 

"Sto cercando un uomo… dovrebbe essere passato di qui…" la ragazza diede le generalità fisiche di colui che cercava, aggiungendo l'abbigliamento in fondo se Molly aveva avuto modo di chiacchierare con lui, quel giardiniere poteva averlo solamente intravisto e ricordarsene a malapena, ma ciò che le rispose la sorprese.

 

"Sì sì, so di chi sta parlando! E' andato via da poco…" Daphne strinse i pugni, "Ha osservato il panorama al di là del ponte, l'ho visto sorridere più di una volta davanti a quella vista, così mi sono fermato e gli ho chiesto sei gli piacesse, lui ha risposto moltissimo, talmente tanto da non riuscire a capacitarsi di quanto fosse bella; deve avermi visto perplesso perché ha aggiunto che sua madre gli dice sempre che guarda le cose con gli occhi di un bambino…" L'uomo fece una pausa, forse riflettendo su quelle parole.

 

Daphne si voltò e guardò il panorama al di là del ponte… L'immagine la colpì come una freccia in pieno petto. Era solita girovagare per il parco alla ricerca di nuove idee, ma ricordava perfettamente che tutte quelle migliori le erano venute proprio con gli occhi puntati sulla distesa d'acqua, i frondosi alberi che la circondavano e i palazzi alle loro spalle e così quello era diventato uno dei suoi posti preferiti; era piuttosto conosciuto e non la stupiva che lui fosse passato di lì, quanto invece la lasciava basita che avesse apprezzato tanto lo stesso panorama che piaceva a lei e poi quella cosa sul guardare le cose con gli occhi di un bambino… già… era definito avere la meraviglia negli occhi… osservare le cose come se non le si fossero mai viste e apprezzarne sinceramente la loro unicità o la loro bellezza; era una qualità che tutti i bambini possedevano, ma che pochi adulti conservavano… le fece piacere sapere che lo sconosciuto fosse uno di quei pochi eletti. Daphne apprezzava davvero le cose belle e non era difficile che chiedesse ai bambini che incontrava suggerimenti per il suo lavoro, in fondo la maggior parte di ciò che quei piccoli umani notava era sfuggita a tutti quelli che superavano il metro d'altezza.

 

"Signorina?" L'uomo la richiamò alla realtà.

 

"Ero distratta, le chiedo scusa. Sa dirmi dov'è andato?" Domandò sperando almeno in un punto cardinale.

 

"Certo. Dopo che abbiamo parlato del panorama, ha visto le mie siepi," indicò con un gesto della mano un punto alle sue spalle, "e ha detto che anche lui faceva un mestiere simile, che veniva ammirato dalla gente e abbelliva i luoghi e mi ha detto che stava andando al cinquantesimo piano dell'Empire State Building a vedere come era venuto un suo lavoro… poi, prima che potessi chiedergli altro, mi ha chiesto l'ora e quando ho risposto, mi ha salutato ed è andato via, le può essere d'aiuto?" 

 

"Oh moltissimo!" esultò lei. "La ringrazio e buon anno!" disse scappando via.

 

Corse fuori da Central Park, ormai era metà pomeriggio e corse, rischiando di incespicare, giù per le scale della metropolitana; il percorso per raggiungere l'Empire era piuttosto lungo e non aveva tempo da perdere. Salendo sul treno non si accorse che la smania di ricerca, cominciava ad aver uno scopo in più oltre alla restituzione del braccialetto.

 

***

Oliver rimpianse di aver dovuto lasciare Central Park così presto e si ripromise di tornarci, prima o poi, ma voleva vedere assolutamente tutto quello che si era prefissato di vedere. Non era particolarmente pessimista, ma si rendeva conto che la sua impresa poteva finire male o, più semplicemente, finire e basta e per quanto ne sapeva la sua prossima visita a New York poteva svolgersi dopo un lungo lasso di tempo e voleva approfittare di quell'insperata occasione. In più quel continuo peregrinare gli serviva per tenere a bada la sgradevole sensazione allo stomaco che provava man mano che si avvicinava la serata. Insomma non era certo innamorato di Daphne, nemmeno la conosceva, ma era sicuro di avere una cotta per lei e gli sembrava più che normale sentirsi agitato all'idea di incontrarla, non si era forse sentito così al primo appuntamento con l'ultima ragazza con cui era uscito? Era la sorella di un suo collega e la vedeva sempre portargli il pranzo, gli piaceva da un po' e quando le aveva chiesto di uscire si era sentito come si sentiva in quel momento, poi alla fine fra loro due non aveva funzionato, ma questo non aveva importanza e, sinceramente, ripensare al passato non lo aiutava affatto a smorzare quella insopportabile morsa.

Il traffico di New York era sempre più intenso, ma sembrava che lui fosse incappato nell'unico tassista a conoscenza delle scorciatoie migliori, continuava ad imboccare vicoli sempre più stretti, ma sempre deserti. Il tragitto che sarebbe dovuto durare quasi un'ora, si trasformò in una mezz'ora con evidente soddisfazione di colui che era alla guida e sollievo di Oliver che aveva ancora molte cose da vedere e voleva arrivare per tempo sulla 42° strada.

Scese dalla terza auto gialla e indugiò un istante osservando il famoso edificio: si stagliava alto nel cielo, maestoso e imponente come se fosse a capo di tutti gli altri grattacieli; Oliver sorrise all'idea di un esercito di grattacieli, mentre varcava la porta girevole del palazzo. Saltò l'ascensore che portava al ponte di osservazione, era piuttosto affollato e lui non aveva alcun interesse in quel momento a visitare il ponte, però quella massa di gente gli permise di entrare inosservato nell'ascensore che portava a tutti gli altri piani, escluso quello panoramico. A quell'ora e in quel giorno quasi nessuno saliva da lì, così solo con se stesso premette il pulsante numero 50 e, chiusesi le porte, si appoggiò alla parete, chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi, ma la sua mente non gli lasciò tregua.

 

Oliver e William avevano appena finito di mangiare nella steakhouse più famosa di Portland dove Michelle, che era vegetariana, non li accompagnava mai e William stava ricontrollando sull'Ipad gli appuntamenti per il giorno dopo, quando gli era arrivata una mail di Randy e aveva iniziato a ridere fragorosamente. Oliver l'aveva fissato incuriosito e l'amico gli aveva mostrato il fumetto inviatogli dal cugino e che ironizzava sulla professione di fisioterapista; Oliver stesso ammise che era piuttosto divertente.

 

"Tuo cugino ama disegnare?" Aveva poi domandato, si conoscevano da pochi mesi e non avevano mai parlato delle professioni di Randy e Daphne, sebbene riguardo le vacanze e aneddoti riguardanti l'infanzia fossero state svolte già alcune conversazioni, anche se fortunatamente per entrambi, i cugini di New York non erano il loro unico argomento.

 

"Lo fa di mestiere… è un fumettista, disegna vignette per alcuni quotidiani di New York…" William non enfatizzò la cosa, anche se era un lavoro piuttosto importante.

 

"E tua cugina che lavoro fa?" 

 

"Daphne?" William aveva inarcato entrambe le sopracciglia, "questa sì che è divertente!"

 

Oliver era apparso perplesso di fronte a quell'informazione, ma aveva atteso che William rispondesse. 

 

"Devi sapere che la mia cuginetta ha studiato alla NYU e si è laureata in programmazione e web design nella speranza di poter creare siti internet. Ha sempre affermato che è una nuova forma di creatività, che ci vuole inventiva per creare siti internet e che è uno dei lavori del futuro e, sulla base di queste sue affermazioni, ha scelto, continuato e finito imperterrita gli studi, poi si è messa a cercare lavoro in tutte le aziende che, secondo lei, necessitavano di un sito internet, fino a quando non le è saltato in mente che poteva fare di meglio che occuparsi della pagina web di una qualsiasi compagnia finanziaria dove il massimo della creatività sarebbe stata nel colorare grafici. Inizialmente voleva candidarsi per far parte dello staff della Disney, ma trasferirsi ad Orlando o a Los Angeles le costava molto, ama troppo New York per lasciarla, così ha pensato di offrire i suoi servigi al sindaco di New York e curare il sito della città! Solo a Daphne poteva venire un'idea così balzana! Ovviamente la città si avvalorava di un intero studio di web designers e, lei, invece che considerarlo un ostacolo, l'ha visto come un vantaggio: se l'avessero assunta avrebbero risparmiato pagando una sola persona!" William si era interrotto e aveva guardato l'amico con fare eloquente.

 

"E poi com'è andata?" Oliver tratteneva a stento la curiosità.

 

"Ha lavorato giorno e notte per settimane, creando un progetto davvero ambizioso e quanto l'ha ritenuto pronto, l'ha presentato allo staff del sindaco; sono rimasti impressionati, ma non erano convinti che fosse stata una persona sola a crearlo e così lei l'ha riprogrammato completamente davanti ai loro occhi e ha insistito finché non l'hanno mostrato al sindaco che l'ha approvato e a ragione! Nessuno è più determinato di Daphne. Quando si mette in testa di voler fare qualcosa, non è contenta finché non l'ha fatta e ha portato a termine il suo compito…" William mostrò ancora una volta l'ammirazione che nutriva per la cugina, "Non fraintendermi, Randy è bravissimo in quello che fa, ma ci è voluto tempo perché arrivasse dov'è ora, mentre Daphne non ha atteso più di tanto prima di ottenere la sua posizione e tutto questo è merito non solo del suo talento, ma anche della sua imbattibile determinazione."

 

"Sembra davvero piena di qualità" Aveva commentato Oliver, cercando di apparire disinteressato.

 

"Lo è sempre stata" William aveva parlato con affetto.

 

Oliver aveva ormai sviluppato un certo interesse per Daphne ascoltando i racconti dell'amico o vedendo le cose che lei scriveva al cugino, ma quella sera aveva ammesso a se stesso che lei gli piaceva. Come poteva ignorare una ragazza così determinata e piena di passione? Come poteva non considerare che anche a lei piaceva creare qualcosa che attirasse gli sguardi altrui? Oliver non aveva bisogno di spiegazioni per sapere che il web design era una forma d'arte, così come lo era intagliare il legno come faceva lui. Si era sentito più vicino a Daphne, anche se, ancora, l'idea di incontrarla, era piuttosto lontana.

 

Un tintinnio gli fece riaprire gli occhi. Era di nuovo tornato a lei con la mente, anche se si era dimenticato di qualcosa… già… quando aveva saputo del lavoro di Daphne, c'era già stato un altro episodio che lo aveva attratto. In realtà tutto quello che William gli aveva raccontato, gli era parso interessante, ma c'erano stati alcuni episodi che, ne era certo, erano stati fondamentali e i due che gli erano venuti alla mente quel giorno erano due di quelli. Se solo Oliver avesse saputo che, senza esserne a conoscenza aveva dei gusti simili a quelli di Daphne.

Le porte dell'ascensore si erano aperte, rivelando gli uffici della "Red Stripes Enterprise" e lui si era preparato alla sua prossima visita.

 

***

Daphne non aveva mai passato così tanto tempo nei sotterranei di New York come quel giorno, e, soprattutto, la Vigilia di Capodanno non aveva mai fatto niente del genere. Solitamente, da quando i suoi genitori abitavano a Providence, li accompagnava in stazione, sapendo che suo fratello non voleva nemmeno uscire di casa, poi faceva ciò che più l'aggradava: dormiva sul divano in preparazione della lunga notte, ascoltava musica, usciva per una passeggiata e nel tardo pomeriggio si concedeva un lungo e piacevole bagno, seguito da una maschera per il viso, sistemazione capelli, trucco e scelta dell'abbigliamento; preferiva stare comoda in quella bolgia infinita, però le piaceva avere i capelli a posto ed essere truccata a dovere, in ogni caso lei e le sue amiche scattavano sempre delle foto e amava apparire presentabile. Invece quel giorno, stava facendo tutt'altro e si stava divertendo! Ormai era tardi persino per il bagno, ma i suoi capelli non erano in condizioni così disastrose e sarebbe bastata un ravviata con le mani e, per quanto riguardava il trucco, poteva accontentarsi della crema colorata, del mascara e del lipgloss che aveva sempre in borsa; sì, se non avesse fatto in tempo a tornare a casa, si sarebbe arrangiata a quel modo; l'abbigliamento poi non aveva niente di diverso da ciò che avrebbe potuto scegliere per la serata, se non che cambiandosi avrebbe indossato abiti più freschi, però i jeans scuri e il maglione verde con scollo a V erano stati prelevati dalla lavatrice pochi giorni prima, tutto sommato non poteva lamentarsi e, secondo lei, considerando i suoi frizzanti, ma usuali programmi per la serata, era più importante inseguire quell'uomo.

Proprio lui… ripensò al suo volto sorridente e concitato con il capotreno alla stazione, le piaceva quel suo sorriso genuino e lo sguardo caldo e dolce che sembrava avere negli occhi; e poi quello che aveva scoperto su di lui finora, le piaceva ancora di più. D'accordo, forse inseguirlo si stava rivelando più interessante del previsto e magari poteva sperare che avesse voglia di scambiare due chiacchiere e magari non aveva nemmeno una fidanzata.

 

"Potrebbe avere una moglie" esclamò ad alta voce.

 

Alcune persone si girarono verso di lei e Daphne si portò una mano alla bocca arrossendo. Che stupida! Come poteva pensare una cosa simile? Nemmeno conosceva quell'uomo eppure era lì a fantasticare su di lui come un'adolescente! Però, in fondo, che male c'era? Da tempo non vedeva un viso che potesse attrarre il suo interesse a quel punto, incrociava centinaia di belle facce ogni giorno, ma le sembravano sempre insignificanti, lui invece… E poi c'era tutto il resto: l'onestà, gli stessi gusti dolciari, lo stesso posto a Central Park e quel suo modo ingenuo e meravigliato di guardare alle cose, non lo rendeva forse adorabile? Sì, che male c'era a sognare nella notte più magica dell'anno?

Daphne attirava ancora qualche sguardo a causa della sua malaugurata fuoriuscita e cercò di sorridere per mascherare l'imbarazzo. Quel viaggio in metropolitana le sembrava interminabile, ormai aveva perso il conto delle fermate ed osservò il percorso stampato sopra i sedili per ritrovare il punto in cui era e si accorse con sollievo che con altre due fermate, sarebbe arrivata a destinazione. Non pensava che avrebbe impiegato tutto quel tempo e ormai era certa che lo sconosciuto avesse lasciato quel luogo, ma sapendo che era diretto al cinquantesimo piano dell'Empire, era sicura che avesse un valido motivo per andarci e che sarebbe riuscita a rintracciare la sua prossima tappa, nella speranza di raggiungerla nel minor tempo possibile.

Finalmente l'alto grattacielo occupò la sua vista e, Daphne, per la prima volta in quella giornata respirò il clima festoso intorno a sé. Vide le persone correre avanti e indietro per i preparativi, le forze dell'ordine a cavallo e a piedi che raggiungevano Times Square per evitare disguidi, d'altronde quella sera oltre ai festeggiamenti, nella piazza più famosa del mondo, si sarebbe esibito il famosissimo cantante Jensen e migliaia di suoi ammiratori si erano radunati per ascoltarlo, in più, da quello che aveva sentito in metropolitana, pareva ci fosse qualche piccolo problema con la sfera e questo sì che era un guaio. La frenesia del Capodanno era molto simile alla corsa per i regali Natalizi con l'unica differenza che nell'aria c'era meno nervosismo e solo una gran voglia di festeggiare.

Ormai convinta di non incontrare lì lo sconosciuto, si attardò un momento solo per godersi la frenesia che la circondava e fremendo per l'attesa di quella serata, come se i suoi programmi fossero esagerati! Però sapeva che con le amiche e in mezzo a tutte quelle persone si sarebbero divertite, in fondo bastava la compagnia giusta. Poi entrò, perché se anche lui era già andato via di lì, doveva raggiungerlo nella sua prossima destinazione.

Raggiunse il cinquantesimo piano con l'unico ascensore non dedicato al ponte e quando le porte si aprirono restò a bocca aperta.

 

Cosa diavolo è venuto a fare alla "Red Stripes Enterprises"? Pensavo volesse fare il turista… 

 

Poi rammentò le parole del giardiniere, il ragazzo era andato lì per vedere un suo lavoro, tutto tornava anche se non sapeva di che lavoro si trattasse.

 

"Posso aiutarla?" Le domandò una signorina con corti capelli scuri e un tailleur grigio. Daphne la guardò stranita chiedendosi perché un ufficio fosse aperto a quell'ora di quel giorno, ma lei non poteva sapere che la "Red Stripes Enterprises" si occupava di sicurezza domestica e riceveva richieste d'aiuto 24 ore su 24, 365 giorni all'anno. "Signorina?" Domandò nuovamente la donna.

 

"Sì… certo… Sto cercando qualcuno che deve essere stato qui poco fa… un uomo…" lo descrisse nuovamente.

 

"Sì, ricordo di averlo visto, è andato via dieci minuti fa." La donna sorrise cordialmente, convinta che Daphne sapesse dove rintracciare la persona che cercava.

 

"E non sa dirmi dov'era diretto?" Chiese lei aggrappata al filo della speranza.

 

"No, mi dispiace." Scosse la testa sinceramente rammaricata di non saperla aiutare. Daphne sospirò e, arricciò tristemente le labbra. "Forse, la può aiutare il signor Coleman… è con lui che ha parlato. Prego si accomodi, lo avverto subito."

 

Il viso di Daphne si illuminò nuovamente e attese che il signor Coleman la ricevesse, pochi istanti dopo la segretaria tornò. "L'attende nel suo ufficio, vada pure"

 

"Buonasera." L'apostrofò un burbero uomo di mezza età dal viso rubicondo.

 

"Buonasera, la ringrazio per avermi concesso qualche minuto. Mi chiamo Daphne Elliott e lavoro per il sindaco…" Daphne non sapeva cosa dire a quello che le sembrava una personalità importante di quell'azienda senza passare per una stalker. Non le mancava certo il coraggio, ma essere arrestata per stalking in quel momento le sarebbe stato d'intralcio.

 

"Risparmi pure le sue generalità, Nadine mi ha già detto che lei sta cercando Oliver Rosen, mi chiedo il motivo…" La fissò serio con uno sguardo penetrante che non ammetteva mezze verità.

 

"Oliver…" Daphne assaporò sulla lingua il suono di quel nome e le piacque particolarmente, rispecchiava tutto ciò che sapeva di lui, poi si riprese, "ecco… Oliver… il signor Rosen ha perduto un braccialetto questa mattina in stazione ed è tutto il giorno che lo inseguo per restituirglielo" Si rese conto che quell'inseguimento poteva sembrare inspiegabile, come poteva sapere dove andava se non riusciva mai a raggiungerlo? Si rese conto di quanto fosse stata fortunata ad ottenere tutte quelle informazioni.

 

Il viso del signor Coleman cambiò, non che fosse diventato una specie di Babbo Natale, ma appariva meno contrariato di prima. "Ah… capisco… Forse posso aiutarla. Vede, Oliver è un bravissimo artigiano e ha fatto diversi lavori personali per me, ma il più importante gliel'ho commissionato per questo ufficio." Indicò un massiccio tavolo di legno che faceva da scrivania; era perfettamente levigato e le gambe erano minuziosamente intagliate. Daphne ne ammirò gli intricati dettagli e accarezzò il piano talmente liscio da sembrare di tessuto.

 

"Come vede anche lei signorina, possiede molto talento ed io apprezzo particolarmente gli oggetti che ha costruito per me. Sapevo che la falegnameria per cui lavora è famosa in tutto il paese ed ho sempre ordinato ciò che volevo telefonicamente, non lo avevo mai incontrato ed oggi per me è stato un onore conoscerlo; in un certo senso gli sono affezionato e per questo mi preoccupo per lui" Lasciò intendere il motivo per cui aveva voluto sapere cosa portasse Daphne ad inseguirlo. "Non so se comprende e vorrei raccontarle una storia" il signor Coleman la fissò negli occhi.

 

Daphne sentì di nuovo quello sguardo e lasciò i suoi pensieri. Nel momento in cui aveva visto il tavolo intagliato da Oliver la sua mente aveva vagato solitaria; lui svolgeva un lavoro creativo, come lei ed era bravo ad usare le mani; Daphne aveva sempre affermato che ammirava le persone in grado di creare oggetti con le mani e che le sarebbe piaciuto possedere la manualità per dipingere o cucire, ma che essendo totalmente negata aveva sfogato la sua creatività nell'unico mezzo che le permetteva di utilizzare la fantasia, senza usare le mani, o almeno in modo limitato: il computer.

L'immagine di Oliver che costruiva un tavolo per una casa lì a New York si affacciò alla sua mente, ma lo scacciò immediatamente temendo che il signor Coleman potesse coglierlo e gli prestò tutta la sua attenzione.

 

"Qualche anno fa, desideravo ardentemente regalare uno scrittoio a mia moglie, sa uno di quegli oggetti che sembrano usciti da un film storico e che sapevo per certo sarebbe stato apprezzato dalla mia consorte" Daphne annuì e lui proseguì. "Mi sono rivolto a questa falegnameria di Portland che conoscevo per fama e il lavoro è stato assegnato ad Oliver, come mi è stato comunicato; non mi interessava particolarmente chi lo svolgesse, solo che venisse fatto un buon lavoro, capisce?"

 

"Certamente." Rispose Daphne interessata a scoprire qualcos'altro che riguardasse Oliver.

 

"Solo ad avvenuta consegna ho scoperto che fra Oliver e il suo capoofficina c'era stata una furibonda lite, perché lui aveva deciso di aggiungere un cassetto segreto al di sotto dello scrittoio e di intagliare i lati dello stesso, con motivi floreali che avrebbero lasciato intravedere il volto di chi sedeva a scrivere. Il capoofficina era contrario, affermava che il cassetto segreto era un'inutile aggiunta di materiale e che l'intaglio floreale era superfluo e non richiesto, inoltre tutto ciò avrebbe aumentato il prezzo. Oliver si era impuntato e non aveva voluto rifare il lavoro finché il cliente, cioè io, non lo avessi visto e, in caso di necessità, l'avrebbe pagato di tasca sua. In breve, mia moglie è rimasta entusiasta del regalo, ma soprattutto dell'intaglio e del cassetto segreto ed io ho voluto complimentarmi al telefono con chi aveva creato quella meraviglia ed è stato in quel momento che ho scoperto l'accaduto. Ora, signorina Elliott, capisce perché le ho raccontato questa storia?" La fissò nuovamente.

 

Daphne aveva solo un'idea in mente, quella che l'aveva colpita di più e senza timori la rivelò. "E' un uomo molto coraggioso che difende le sue idee, sapendo quanto valgono e lei voleva che lo sapessi per essere certo che mi rendessi conto del valore della persona che sto inseguendo, sbaglio?" 

 

"Sono piacevolmente stupito signorina, lei mi sorprende davvero con la sua perspicacia, merita di sapere dov'è diretto Oliver, anche se avevo già intenzione di rivelarglielo dopo che mi ha spiegato il motivo della sua ricerca".

 

Daphne attese e temette che il signor Coleman volesse snocciolare un altro racconto, facendole perdere tempo, invece fu più breve del previsto.

 

"Mi ha chiesto quale fosse il punto migliore per ammirare il ponte di Brooklyn e gli ho indicato". 

 

"Il Brooklyn Bridge Park!" esclamarono all'unisono.

 

"Esattamente." Riprese il signor Coleman. "Lo raggiunga in fretta."

 

Daphne si voltò e aprì la porta. “La ringrazio signor Coleman e buon anno nuovo!" 

 

Il signor Coleman sfoderò il primo sorriso, o almeno qualcosa che poteva sembrare tale, poi Daphne uscì di corsa, rivolse gli auguri anche a Nadine e tornò in metropolitana; il traffico cittadino sembrava essere aumentato.

 

***

Il signor Coleman era stato più ossequioso del previsto e, nonostante fosse un uomo burbero e abituato a dare ordini, con Oliver si era comportato in maniera davvero fin troppo gentile, ma Oliver se lo aspettava, sapeva che apprezzava particolarmente il suo lavoro e, lui stesso aveva voluto controllare di persona se il tavolo che aveva intagliato era adatto a quell'ufficio; non si era sbagliato, era perfetto e si era sentito compiaciuto del suo operato.

Avrebbe voluto visitare il ponte d'osservazione dopo aver goduto della magnifica vista dal cinquantesimo piano, ma aveva ancora due posti da visitare e si era fatta sera ormai, così dopo aver chiacchierato un po' con il signor Coleman gli aveva chiesto dove poteva andare per vedere al meglio il ponte di Brooklyn ed era lì che si stava dirigendo con l'ennesimo taxi, fortunatamente guadagnava piuttosto bene.

In effetti, voler visitare quel luogo poteva sembrare ancora più banale e altamente turistico, ma desiderava rimirarlo da sempre; lo aveva visto in troppi film, fotografie e giornali per non andarci, doveva! Se anche fosse rimasto o tornato a breve, quella tappa era fondamentale, l'imponenza e la maestosità di quella costruzione che univa Manhattan a Brooklyn era qualcosa di unico, che meritava almeno un'occhiata

Il taxi costeggiò il fiume ed Oliver intravide in lontananza la sua meta e notò le persone sui marciapiedi che lo raggiungevano, alcune indossavano già cappellini per la serata a venire. L'acqua che scorreva lentamente attrasse il suo sguardo e si ritrovò a fissare le onde che ne increspavano la superficie, ripensò ai tuffi di Daphne e la pensò di nuovo. Sperava che l'attrattiva del ponte lo distraesse almeno per un po', ma più si avvicinava il momento più non poteva fare a meno di pensarci e ricordò che sull'ascensore aveva ricordato del momento in cui William gli aveva parlato del lavoro della cugina, ma aveva saltato il giorno in cui mentre erano in spiaggia con Michelle e un'amica che gli avevano presentato, e, mentre le due donne facevano una passeggiata, avevano parlato dell'imminente Labor's Day ed Oliver gli aveva chiesto se avevano intenzione di partecipare alla parata in costume che si teneva nel centro della città. L'amico aveva risposto affermativamente e poi aveva aggiunto che ci sarebbe voluta Daphne per quel genere di cose; aveva rimembrato i tempi del college, quando tutti e tre frequentavano l'NYU e Daphne era famosa per realizzare almeno un party a tema ogni mese; c'era stato il tema cibo, il tema settecento, il tema animali, il tema abiti non coordinati e altri… troppi, non riusciva a ricordarli tutti, ma il suo preferito era stato il tema scatti rubati.

 

"Scatti rubati?" Aveva chiesto Oliver sicuro di non aver capito.

 

"Sì,hai capito benissimo. Io e Randy avevamo creato un abito con appese decine di polaroid, ma lei come al solito ci ha battuti tutti. Daphne non è mai stata brava a cucire, così aveva chiesto aiuto a mia madre, ma la sua idea era davvero unica! Ha creato una vera cornice da polaroid e l'ha incollata alla base del suo abbigliamento, che era un accappatoio, in testa si era messa dei bigodini e si era truccata la faccia in modo che sembrasse sempre sorpresa, insomma ha inscenato uno scatto rubato." William rise, poi proseguì. "Venivano tutti alle feste che organizzava, erano così originali che piacevano a chiunque, poi però finito il college ha smesso, voleva impegnarsi nel lavoro!" 

 

Oliver l'aveva apprezzata nuovamente: aveva fantasia da vendere, era divertente, aveva spirito organizzativo e in più era molto matura; si era divertita e continuava a farlo, ma senza esagerare, come aveva detto il suo impegno andava alle cose serie come il lavoro.

 

"Ho anche una foto, vuoi vederla?" William aveva estratto l'ipad dalla borsa, nonostante il divieto di Michelle di utilizzarlo e aveva mostrato la foto del costume di Daphne. Oliver l'aveva guardato per curiosità, ma era incuriosito da lei, non l'aveva mai vista; William non gli aveva mai mostrato fotografie che la ritraessero, anche perché non sempre ne parlavano e lui si era ben guardato dal chiederlo. Purtroppo non aveva visto molto delle sembianze della ragazza se non la misera statura in confronto ai due uomini al suo fianco, ma per sua fortuna William era partito di sua iniziativa, come quando parlava di Hockey e non lo si fermava più.

 

"Qui siamo a casa di Randy l'estate scorsa". La foto ritraeva un giovane alto con i capelli scuri e lunghi, che, in jeans e maglietta era intento a grigliare della carne mentre sorrideva all'obiettivo, seduta al tavolo c'era Michelle che sorseggiava un bicchiere d'acqua e aveva davanti un'enorme insalata e, in piedi, poco distante dal fratello, c'era Daphne che, con le mani nelle tasche posteriori dei jeans, sorrideva al cugino che stava scattando la foto. Oliver vide per la prima volta il suo sorriso, i suoi capelli, i suoi occhi, i suoi lineamenti e il primo impulso fu quello di poterla toccare, ma si trattenne anche se William gli rese il compito difficile più del previsto continuando con una lunga serie di fotografie.

 

Quanto si era innervosito quel giorno! Ammirava già Daphne per come gliene aveva parlato William più di una volta, non bastava quello? Non bastava che fosse anche così divertente, brillante e arguta? Doveva essere anche così carina? Così come si era immaginato che fosse? E a quel punto cosa poteva fare? Oliver sospirò, non aveva fatto niente, aveva accresciuto il suo interesse, alimentato da altri occasionali racconti, fino a quel giorno, il giorno in cui aveva preso il coraggio a due mani e aveva deciso che doveva conoscerla! Così come il ponte di Brooklyn andava immancabilmente visto, lui doveva conoscere Daphne: temeva quel momento, ma lo aspettava più di ogni altro. Con decisione, scese dall'auto e affrontò il ponte, pronto ad affrontare anche la ragazza che sognava da mesi.

 

***

 

Oliver… Quante volte aveva ripetuto quel nome da quando aveva lasciato l'Empire State Building? Aveva perso il conto. Le piaceva il suono del suo nome, ecco perché continuava a ripeterlo; era un nome come tanti, non particolarmente originale, ma era più il compiacimento che provava ad abbinare un nome a quel volto, che il nome stesso. Si sentiva un po' stupida, doveva ammetterlo: aveva visto Oliver solo in stazione, poi non era più riuscita ad incontrarlo, nonostante lo stesse inseguendo da quel momento non era mai riuscita a raggiungerlo, eppure da quando aveva lasciato il signor Coleman non era più riuscita a smettere di pensarlo. Aveva riflettuto diverse volte, durante i lunghi viaggi in metropolitana, su tutto ciò che l'aveva reso interessante ai suoi occhi; d'accordo fin da subito aveva notato che era piuttosto attraente, ma, inizialmente, desiderava davvero rendergli il braccialetto e riprendere la sua strada, poi, però, quell'anomalo inseguimento le aveva fatto scoprire cose di lui che erano riuscite inesorabilmente ad attrarre la sua attenzione e a calamitare il suo interesse su di lui.

Anche là, nel famoso palazzo, aveva scoperto nuovamente qualcosa che le era piaciuto; l'abilità di Oliver con le mani, un talento che lei aveva sempre ammirato; la sua mente creativa e la scelta di un lavoro che ne richiedesse l'utilizzo, l'avevano davvero colpita, così come lei aveva cercato una forma d'arte che non richiedesse un'abile manualità, lui aveva cercato ed ottenuto un impiego in cui potesse mostrare al massimo le sue capacità; e poteva dimenticarsi della sua caparbietà nel difendere le sue idee? Non era ancora certa di aver compreso appieno per quale motivo il signor Coleman le avesse raccontato quella storia, lei non si riteneva una ragazza con l'aspetto da stalker e le sue intenzioni nei confronti di Oliver erano tutt'altro che malevole. Interessata o no, voleva davvero restituirgli il braccialetto. Però, non poteva fare a meno di chiedersi come fosse possibile che ogni volta qualcosa la colpisse. Ovviamente, Oliver doveva avere dei difetti, di questo Daphne era sicura, ma non si capacitava del fatto che tutto ciò di cui veniva a conoscenza fosse qualcosa che la stuzzicava e la rendeva curiosa di conoscerlo.

In fondo era inutile porsi quelle domande, era andata in quel modo e, a quel punto, sperava di riuscire ad incontrarlo per poterlo conoscere; forse, se non fosse riuscita a raggiungerlo o a trovarlo, poteva tornare dal signor Coleman e chiedergli di contattarlo per lei; ovviamente era un'idea che la imbarazzava, però Daphne non era tipo da lasciare nulla di intentato: era sempre stata piuttosto spavalda e, questo suo tratto, era ulteriormente aumentato da quando Randy aveva iniziato a comportarsi da misantropo o, forse, sarebbe stato più corretto definirlo misogino, perché era vero che odiava la vigilia di Capodanno e che in quel giorno si chiudeva in se stesso, però era anche vero che durante l'anno evitava, come la peste, di restare invischiato in una qualsiasi relazione di stampo amoroso. Daphne era diversa, aveva avuto i suoi alti e bassi sentimentali, come tutti, ma non aveva paura dell'amore perché sapeva che, se anche avesse sofferto, quel dolore sarebbe stato preceduto da una grande gioia.

Ormai era giunta la sera e sul vagone vedeva solamente persone abbigliate a festa, incominciò ad odiare la metropolitana: primo di tutto vi aveva trascorso davvero moltissimo tempo e, cosa più importante, non le aveva mai permesso di raggiungere Oliver in tempo; si augurò che, questa volta, lui fosse rimasto abbagliato dalla bellezza del ponte e si trovasse ancora là.

Affrontò le scale di corsa e, all'usuale passo svelto dei newyorchesi, raggiunse Brooklyn Bridge Park, dirigendosi immediatamente al punto di osservazione. Si guardò attentamente intorno e vide solamente tre persone: un ragazzo che aveva in mano palloncini e coriandoli e che sembrava sopraggiungere in quel momento e una giovane coppia. Osservò meglio il ragazzo, Oliver poteva essersi attrezzato per l'inizio dei festeggiamenti, in fondo erano quasi le 20, ma guardandolo da vicino, si accorse che non era lui. Si avvicinò alla coppia, sperando che fosse lì da abbastanza tempo e chiese loro notizie, fornendo le solite informazioni.

 

"Non potremmo certo dimenticarci di averlo visto," annunciò la ragazza, Daphne sentì la delusione montarle dentro, come poteva averlo mancato di nuovo? "Ci ha scattato una fotografia! Era così preso ad osservare il ponte che non ci siamo azzardati a chiedergli di farlo, ma si è offerto lui".

 

Gentile e innamorato del ponte di Brooklyn come me. Il ponte era il posto preferito di Daphne, adorava tutto di New York, ma non si stancava mai di guardare quella maestosa costruzione.

 

"Ed è una foto bellissima!" Aggiunse l'uomo guardando la sua fidanzata con occhi adoranti, poi senza dire altro la mostrò a Daphne: ritraeva i due innamorati che si guardavano l'un l'altro, con il ponte alle spalle e con un cuore di luci che li circondava, era uno scatto bellissimo e pieno di romanticismo.

 

"Avete avuto un'idea davvero romantica!" Affermò Daphne vedendo che i due innamorati sembravano in attesa di un suo commento.

 

"Oh no! Non è stata una nostra idea!" Esclamò la ragazza entusiasta. "Noi avevamo chiesto una classica fotografia che ci avrebbe ritratti con il ponte alle spalle, ma il ragazzo… Oliver… ha proposto che non guardassimo l'obiettivo e ha creato il cuore con pezzetti di legna secca, non volevamo fargli perdere tempo, ma ha tanto insistito ed è stata davvero questione di un attimo!"

 

Oliver, l'uomo che possedeva tutto, o almeno tutto quello che piaceva a lei. Si immaginò nello stesso scatto, ma al posto di quei due sconosciuti c'erano lei ed Oliver. Era vero che Daphne veniva definita coriacea e pragmatica, ma aveva una forte indole romantica, le piacevano moltissimo i gesti romantici, come fiori e regali inaspettati e quello che Oliver aveva creato lì era qualcosa che avrebbe adorato, incredibile come fosse attratta da qualcuno che aveva a malapena intravisto e che stava imparando a conoscere attraverso le parole altrui!

 

"E aveva ragione!" S'intromise l'uomo continuando a rimirare la fotografia.

 

"E' andato via da molto?" Domandò Daphne celando a malapena la disperazione.

 

"L'hai mancato di pochi minuti". Dichiarò l'uomo.

 

"Sapete dirmi dov'è andato?" Domandò appesa ad un sottile filo di speranza.

 

"Ha detto che sarebbe rimasto a guardare il ponte tutta la notte, ma che aveva un'altra tappa prima del suo appuntamento" continuò lui.

 

"Il Rockfeller center!" La ragazza perforò le orecchie di Daphne. "Non l'ha detto a noi, però ho sentito che diceva al tassista di portarlo là!"

 

"Vi ringrazio! Davvero!" Daphne non si trattenne e abbracciò i due innamorati, poi corse via rivolgendo loro i migliori auguri per qualsiasi cosa.

 

Corse a perdifiato fino alla metropolitana, doveva raggiungerlo in fretta, questa volta non aveva un luogo preciso in cui cercarlo. Non poteva crederci! Aveva un animo romantico e quanto si era dato da fare per quelle due persone e… aveva un appuntamento. Che stupida a pensare che qualcuno pieno di qualità come Oliver fosse andato a New York senza nessuno da incontrare! Daphne trattenne a stento la voglia di prendersi a schiaffi! Viveva nella città più smaliziata del mondo e lei si aggrappava ancora alle illusioni come una ragazzina di provincia! 

Per l'intera giornata aveva vissuto in una bolla colorata, una bolla che ora era scoppiata; si rimproverò per non aver pensato prima a quell'eventualità e si ritrovò indecisa sul da farsi, il treno stava tardando e lei non era più sicura di volerlo prendere; però aveva ancora il suo braccialetto, l'oggetto da cui tutto era partito. No, non poteva tornare indietro, avrebbe fatto un ultimo tentativo, poi se non l'avesse incontrato al Rockfeller Center, sarebbe tornata all'Empire e l'avrebbe lasciato al signor Coleman perché glielo spedisse.

 

***

Oliver incominciava ad essere convinto che il suo talento nel chiamare i taxi fosse superiore a quello dei newyorchesi stessi; grazie alla sua abilita appena scoperta, era riuscito a muoversi velocemente da un posto all'altro e, allo stesso tempo, a vedere tutto quello che aveva desiderato senza eccessiva fretta… beh… non proprio tutto. Sapeva che dopo la tappa al Rockfeller center, il taxi seguente lo avrebbe portato sulla 42° e, l'avvicinarsi di quel momento, non solo aveva risvegliato il famoso tarlo con cui conviveva da tempo e che aveva imparato a conoscere, ma gli aveva anche procurato un aumento della sgradevole sensazione allo stomaco. Di quel passo, una volta davanti a Daphne, sarebbe stato piegato in due dal dolore. Era anche impaziente di vedere Times Square quella notte, ma sapeva che quello non aveva niente a che fare con il guazzabuglio del suo stomaco.

Cercò di inoltrarsi nella difficile impresa di distrarsi e ripensò ai due innamorati che aveva incontrato al ponte, forse sarebbe stato meglio pensare ad altro, ma si era svolto tutto in modo così divertente e bizzarro che non gli dispiaceva ripensarci. Era rimasto estasiato dal ponte, senza parole ed incapace di staccare gli occhi da quell'immagine, ma le sue orecchie erano rimaste vigili e aveva sentito quelle due persone armeggiare con la macchina fotografica per realizzare un autoscatto, chissà per quale motivo non avevano chiesto a lui di farlo? Si era offerto e davanti alla loro posa statica, si era ribellato suggerendo che incrociassero gli sguardi, poi forse si era lasciato prendere la mano con il cuore di fuoco, ma era stato così semplice realizzare quel piccolo progetto che non aveva potuto evitare di farlo e, infatti, il risultato gli aveva dato ragione, così come i due fidanzati. Lo avevano definito romantico, sì, forse un po' lo era. Gli era sempre piaciuto mostrare l'amore che provava per qualcuno, era una bella cosa, non andava tenuta nascosta ed erano proprio i gesti romantici, cose semplici niente di eclatante, il modo migliore per dimostrare continuamente i propri sentimenti. Sorrise, anche Daphne era una ragazza romantica, lo sapeva per certo, glielo aveva raccontato William in un momento di disperazione.

 

"Domani sarà l'anniversario del primo appuntamento con Michelle e non ho idee!" William aveva nascosto la testa fra le mani, amava profondamente sua moglie e gli piaceva renderla felice, "Andremo a cena fuori, ma vorrei organizzarle qualcosa di speciale".

 

"Se proprio non ti viene in mente nulla, puoi sempre mandarle dei fiori, con quelli non si sbaglia mai!" Aveva affermato Oliver sicuro.

 

"Già mandati per l'ultimo anniversario di matrimonio" la voce di William era un mugugno soffocato.

 

"Se avessimo un po' più di tempo, potrei provare ad aiutarti, ma con così poco preavviso".

 

"Daphne mi ha detto la stessa cosa".

 

Al solo sentir pronunciare quel nome, Oliver si era raddrizzato sulla sedia. "Davvero?"

 

"Sì, lei è brava in queste cose, ho sbagliato io a muovermi così all'ultimo" William sembrava sull'orlo del patibolo.

 

Oliver fremeva dalla curiosità, voleva sapere cosa avesse fatto Daphne per guadagnarsi quella nomea, ma non voleva risultare curioso in modo sospetto e poi un'idea fulminea gli era balenata in testa. "E se le dedicassi una canzone alla radio? Qualcosa con un testo particolarmente significativo".

 

"Sei un genio! Conosco una canzone perfetta!" Aveva esclamato William nuovamente rinvigorito. "Tu e Daphne sarete sempre la mia ancora si salvezza in queste occasioni!"

 

A quel punto poteva anche chiederlo. "Cos'è che ha fatto da rivelarsi così adatta a queste situazioni?" 

 

"Ti risparmio tutti i regali che mi ha suggerito e, per farti capire cosa intendo, ti racconterò cos'ha realizzato per le nozze d'argento dei miei zii." 

 

Oliver aveva spalancato le orecchie e annuito perché l'amico continuasse.

 

"Lei e Randy avevano deciso di regalare loro una settimana alle Hawaii a quell'epoca mio cugino lavorava già per dei quotidiani famosi, mentre Daphne doveva ancora trovare lavoro, lui aveva insistito per pagare una quota maggiore del viaggio e, avendo lui i contatti con l'agenzia, è quello che ha fatto. Mia cugina non era d'accordo, così ha organizzato una sorpresa per i suoi genitori. Come sai i miei zii abitano a Providence, ma a quel tempo vivevano ancora a New York e lavoravano; mia cugina ha affittato una carrozza con cavalli che è andata a prendere suo padre al lavoro e poi sua madre, li ha fatti portare proprio sotto la Statua della Libertà, dove li attendeva un tavolo coperto di candele, una bottiglia di vino e un violinista. Puoi immaginare quanto l'abbiano apprezzato, persino a Randy è piaciuta l'idea, sebbene fosse contrariato perché, alla fine, la sua sorellina aveva speso quanto lui." William per un attimo pensò che non sarebbe stato male riciclare quell'idea e utilizzarla alla prossima occasione.

 

"Niente male." Oliver aveva commentato senza particolari slanci, ma dentro di sé era in subbuglio. Sapeva che Daphne era single, così come Randy, anche se lei era più per casualità che per scelta e venire a conoscenza di quel suo lato romantico, aveva completamente azzerato altre percezioni di Oliver.

Era stata quella la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e che lo aveva fatto decidere di compiere quel passo: quel giorno aveva deciso che, in un modo o nell'altro, l'avrebbe incontrata. 

 

Era pentito di quella scelta? No, e non se ne sarebbe pentito in qualunque modo fosse andata. Il Capodanno era sempre più vicino e ormai si percepiva densamente l'atmosfera di festa e quella sensazione aumentò non appena il suo sguardo si posò sull'albero di Natale più grande del mondo e sulla sua famosa pista di pattinaggio. Un ultimo sfizio e poi sarebbe corso da lei.

 

***

Daphne ripercorse mentalmente tutti gli avvenimenti accaduti quella giornata, dal momento in cui era passata a prendere Mark e Josie a casa di Randy e lui l'aveva accolta con un imbarazzante pigiama, al sospiro emesso mentre metteva i suoi genitori sul treno per Providence, fino alla corsa ad Oliver, corsa che non era ancora terminata e che, nemmeno lei, avrebbe saputo dire come sarebbe finita. D'accordo lui aveva un appuntamento, ma poteva essere di lavoro, come con il signor Coleman o un qualche parente, giusto? No, sbagliato, non si prendono appuntamenti professionali in un giorno di festa e i parenti si incontrano a Natale, doveva trattarsi sicuramente di un appuntamento galante. Daphne sbuffò, non lo conosceva poteva reggere lo smacco: gli avrebbe restituito il braccialetto e sarebbe andata a festeggiare con le sue amiche! Ecco, questo era quello che avrebbe fatto! 

Raggiunse il Rockfeller center, quasi quaranta minuti dopo a causa di un ritardo dei treni e sperò che la visita di Oliver si fosse protratta, ma quando i 19 edifici del centro commerciale le apparvero davanti agli occhi, sommati alla folla gremita che curiosava per i negozi o pattinava in attesa della mezzanotte, sentì la sua determinazione arrendersi. Come avrebbe potuto trovarlo lì in mezzo? Non sapeva cosa volesse visitare di quel luogo e poteva essere ovunque! Persino chiedere pareva insensato! Daphne fece l'unica cosa in suo potere: osservò come meglio poté i volti che la circondavano alla ricerca di quello di Oliver.

Un'ora dopo era ormai convinta che non fosse più lì e si lasciò prendere da un attimo di sconforto, ma si vide costretta ad accettare di tornare all'empire e a dare il braccialetto al signor Coleman; ammesso che il dirigente possedesse un numero privato di Oliver non glielo avrebbe mai dato vista la diffidenza mostrata. Daphne si accinse a risalire in metropolitana, quando il suo telefono squillò: guardò il display era Melissa, una delle amiche che l'attendeva a Times Square.

 

"Pronto?" 

 

"Daphne dove sei? Io, Clio ed Elettra siamo già qui che ti aspettiamo!" La stridula voce di Melissa irruppe nel suo orecchio.

 

"Sto arrivando! Sono per strada!" Daphne guardò l'orologio erano le 22 passate, era in ritardo e, soprattutto, la mezzanotte si avvicinava.

 

"Ti stai perdendo Jensen! E' un figo! Dico sul serio! E credo di aver visto tuo fratello! E' un figo anche lui, ma digli di togliersi quel pigiama!" Melissa come al solito la tirava per le lunghe.

 

"Impossibile, mio fratello è a casa lo sai! Comunque sto arrivando, non muovetevi!" 

 

"E chi si sposta? Sbrigati!" tuonò Melissa e Daphne udì chiaramente le voci di Clio ed Elettra che inneggiavano il nome di Jensen.

 

Daphne chiuse la comunicazione e si fermò a riflettere; prendere la metropolitana era fuori questione, i treni erano in ritardo e le fermate vicino a Times Square erano chiuse, un taxi le avrebbe fatto comodo, ma non avrebbe saputo come pagarlo… le venne un'idea! Dal suo telefono non riusciva, ma poteva telefonare a Randy e chiedergli di ricaricarle una delle sue carte e avrebbe pagato il trasporto in quel modo; ripensò al braccialetto di Oliver e pensò di andare l'indomani a consegnarlo; compose il numero del fratello.

 

"Pronto?" Suo fratello rispose quasi subito, ma vicino a lui si sentiva moltissima confusione.

 

"Randy? Dove diavolo sei?"

 

"A Times Square…" tentennò un istante. "E’ una storia lunga, ma sono rimasto bloccato in ascensore con una mia nuova vicina, è molto carina e brillante e le ho riportato una cosa… L'ho baciata…"

 

"Che cosa? Sono così contenta per te!" Daphne perse quasi di vista il suo obiettivo e incominciò un lungo discorso su come era ora che lui si riprendesse.

 

"Sì sì, hai ragione…" tagliò corto dopo un po' suo fratello, "ma tu di cosa avevi bisogno?"

 

Daphne venne nuovamente sbattuta nella realtà con un colpo secco, "Oh sì! Hai ragione! Ho assolutamente bisogno del tuo aiuto! Sono in ritardo e devo raggiungere le ragazze, potresti ricaricare online una delle mie carte? Devo raggiungerle in taxi!" 

 

"Sì… certo… lo faccio dal telefono!" 

 

"Grazie! Ti adoro! Ci vediamo sicuramente domani e devi raccontarmi tutto di questa ragazza!" 

 

"D'accordo…" Sospirò Randy esasperato.

 

Daphne attese qualche minuto, poi le arrivò un messaggio che indicava chiaramente la ricarica e non attese oltre a chiamare un taxi, salì e disse al tassista di raggiungere l'angolo fra la 42° e la 54° il più velocemente possibile; durante il tragitto decise di sistemarsi per la serata, applicando i pochi cosmetici che aveva in borsa. Il traffico si era azzerato e, in breve, anche se ormai si erano arrivate le undici e mezza, raggiunse la sua meta, si fece lasciare al solito posto: all'altezza della storica videoteca dove noleggiavano i film da piccole, ormai sostituita da un Burger King. Pagò il tassista e si avvicinò alle amiche; Melissa era elegantissima come sempre e aveva raccolto i capelli biondi, Clio invece aveva lasciato gli scuri capelli sciolti e indossava un nuovo paio di scarpe con il tacco, mentre Elettra che portava i capelli neri appena sotto le orecchie, aveva le labbra rosso fiammante e le rivolse un caldo sorriso.

Daphne era a pochi passi dalle amiche, quando una figura sul marciapiede a qualche metro dalle ragazze catturò il suo sguardo; la osservò attentamente e vide dei lineamenti che nel corso di quella giornata le erano divenuti familiari: era Oliver! Senza porsi domande, cambiò traiettoria e gli si presentò davanti; lo vide strabuzzare gli occhi.

 

"Oliver…" bisbigliò abbastanza forte perché lui potesse sentirla.

 

"Tu sai come mi chiamo?" Appariva molto più che sorpreso, sembrava incredulo.

 

"Sì, è tutto il giorno che ti inseguo." Daphne era ignara degli sguardi delle sue amiche che la osservavano parlare con quell'affascinante sconosciuto e lei stessa, vedendolo lì da solo, non trattenne le parole. "Stamattina in stazione hai perduto questo…" gli allungò il braccialetto e lui lo prese, guardandolo stranito non si era nemmeno reso conto di non averlo. "Ti ho seguito al "Friedberg Café", al laghetto di Central Park, all'Empire State Building, al ponte di Brooklyn e al Rockfeller center dove ho perso le tue tracce e ho rinunciato ad incontrarti, non pensavo certo di trovarti qui".

 

"Incontrarmi?" Non era certo del motivo, ma non gli sembrava la parola corretta.

 

"Sì, all'inizio volevo solo restituirti quello che ti appartiene, ma poi nel percorso che ho fatto per trovarti ho parlato con diverse persone, coloro che mi hanno detto dove eri diretto ogni volta e ho scoperto che sei romantico, onesto, pieno di talento, caparbio, ti piacciono le cose belle e ti meravigli ancora a guardarle e tante altre cose che ora, per l'emozione, mi sfuggono, ma attraverso le parole di queste persone è nato in me il desiderio di conoscerti. Lo so, ti sembrerà strano e magari hai anche una fidanzata che sta per raggiungerti…"Daphne si guardò intorno convinta di veder apparire colei che aveva nominato; Clio, Elettra e Melissa ancora incerte su cosa stesse accadendo, erano immobili e in ascolto."Ma ho pensato che, in questa notte, così magica e folle, potessi trovare la cosa divertente". Si fermò, incerta se proseguire o meno e in attesa di una qualche reazione da parte sua.

 

"Anche io volevo incontrarti, Daphne." Questa volta fu lei a spalancare gli occhi, mentre un "oooohhh" di stupore usciva dalle bocche delle altre ragazze.

 

"Conosci il mio nome…" Gli occhi di lei vagarono insicuri della direzione da prendere.

 

"Conosco molto più di questo. Sono mesi che desidero conoscerti. E' stato William a parlarmi di te e, anche io, attraverso le sue parole ho capito che sei molto più che interessante e quando ho visto le tue foto non credevo ai miei occhi che si trovavano di fronte la tua bellezza". Daphne arrossì a quelle parole. "Ho sentito così tante cose su te, tuo fratello e tuo cugino che mi sembra di conoscerti! E sono stato talmente tentato di chiedere a William di presentarci, considerando che lui e Michelle anelano ad accasarmi, ma poi mi vergognavo della mia idea, così quando ho saputo dov'eri solita passare questa serata, ho deciso di venire di persona, senza che nessuno sapesse niente e attenderti qui… perlomeno, se il mio progetto andrà male, sarò l'unico a saperlo… o forse no, tu lo dirai a William…" Oliver ridacchiò nervoso. Poi piombò il silenzio sui loro sguardi che si scrutavano a vicenda.

 

Si sorrisero, indecisi su come gestire quella strana situazione, ma stranamente felici; le ragazze erano ancora immobili. 

 

Daphne osservò gli occhi di Oliver da vicino: il verde delle sue iridi ricordava gli alberi di Central Park, intensi e brillanti, ma con una nota calda che trasmetteva dolcezza; le parve di sentire la brezza che l'aveva sfiorata al parco.

 

"Sai…" esclamarono all'unisono.

 

"Prima tu." aggiunse subito Oliver.

 

Daphne sorrise nuovamente. "Speravo di incontrarti ogni volta, ma al Rockfeller center ho perso le speranze, non avevi dato alcuna indicazione precisa e non sapevo dove cercarti".

 

"Sono andato lì per pattinare, mi sarebbe piaciuto farlo il giorno di Natale, ma ne ho approfittato oggi" spiegò lui.

 

"Io ci vado tutti gli anni il giorno di Natale, te l'ha detto William?" domandò lei.

 

"No, di questo non mi ha mai parlato, ma sarebbe bello andarci insieme. A me piacciono molto le tradizioni, soprattutto quelle che mi creo personalmente." 

 

"Anche a me" Ammise lei, rendendosi conto di condividere anche quello con lui, poi un dubbio le attraversò i pensieri. "E’ stato un caso o hai preso la cheesecake ai mirtilli perché sai che è la mia preferita? Sai frequento spesso il Friedberg e Molly mi conosce".

 

"Un caso, io adoro i mirtilli." Per un attimo si fece pensoso. "Incomincio a pensare che William non mi abbia detto un bel po' di cose".

 

"Potresti scoprirle di persona" ammise lei con una timidezza sconosciuta.

 

"E' quello che mi piacerebbe fare nell'anno nuovo" Oliver le si avvicinò, senza staccare gli occhi da lei.

 

"Mi sembra un buon proposito. Vuoi sapere il mio?" Lui annuì. "Mi piacerebbe uscire con un ragazzo di Portland che ho appena conosciuto e che mi sembra piuttosto interessante, se lui si mostrerà d'accordo."

 

"Lo sarà, se a chiederglielo sarà la ragazza di New York a cui è interessato." Oliver avvicinò le dita a quelle di Daphne e le sfiorò, lei gli sorrise.

 

"E' quasi mezzanotte!" Urlò Clio, il conto alla rovescia aveva risvegliato le ragazze che morivano dalla voglia di conoscere i dettagli di quella storia.

 

Elettra si unì al conto, dopo aver urlato alle amiche. "Fra poco più di mezz'ora ci aspetta il party più in della città!" 

 

"Magari ci sarà Paul, lui sì che lo bacerei volentieri a mezzanotte!" Commentò Clio, anche se, a parte Elettra, nessuno l'ascoltava. Le due annuirono entusiaste.

 

Oliver e Daphne continuavano a fissarsi, Melissa sfoggiò un sorriso beffardo e al -1 esclamò, "Potreste baciarvi."

 

Daphne la guardò, poi pensò che tutti gli anni a mezzanotte moltissime persone baciavano degli sconosciuti, mentre lei aveva di fronte a sé Oliver, che proprio uno sconosciuto non era più e, in ogni caso, si era riproposta di approfondire la sua conoscenza nell'anno a venire. Sfoderò lo stesso sorriso di Melissa, si issò sulle punte, lo cinse con un braccio e, mentre la sfera cadeva all'interno del palazzo, lo baciò. Oliver sorrise e ricambiò quel bacio, gioendo per l'inaspettato finale della sua missione, mentre Daphne rideva internamente per la felicità, ripensando a quanto quella giornata si fosse rivelata sorprendente. Dieci minuti dopo, non avevano ancora smesso di baciarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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