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Autore: orphan_account    11/10/2012    9 recensioni
POV Louis
Per tutta la mia vita, in fondo al cuore, mi ero sempre sentita diversa da tutti quei ragazzi che rischiavano di rompersi l'osso del collo inseguendo un pallone, dai ragazzi in piena tempesta ormonale che sbavavano dietro alla prima ragazza con almeno una terza, perfino da quelli che avevano il canto come passione.
Io invece mi sentivo a mio agio indossando gonne corte, mi muovevo sui tacchi alti con una naturalezza che non avevo mai posseduto quando indossavo le mie Nike, e adoravo passare ore nel bagno per cercare di capire quale tonalità di ombretto mi facesse risaltare di più gli occhi.
Mai e poi mai mi sarei aspettata di provare un tale senso di appartenenza nel vestirmi come una ragazza.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate
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ATTENZIONE: Questa OS parla di Louis come nessuno ancora lo conosce, e cioè in versione transgender (travestiti, gender bender, crossdresser o quel caspiterina che vi pare, ma parla di quello). Se non è quello che pensavate di leggere, se avete cliccato su questa ff per sbaglio e in realtà cercavate ben altro, se la tematica vi disgusta o se pensate che sia 'anormale', vi consiglio caldamente di cambiare storia.
Invece, a tutte le (poche) anime pie che continueranno, una sola annotazione: i continui cambi tra maschile e femminile non sono un errore di battitura...
Vi auguro una buona lettura :)

 

Girls can wear jeans and cut their hair short,
wear shirts and boots 'cause it's okay to be a boy.
But for a boy to look like a girl is degrading,
becuase you think being a girl is degrading.
But secretly you'd love to know what it's like, wouldn't you?
[What it feels like for a girl-Madonna]


 

Mi guardai allo specchio, sospirando per la contentezza. Per la prima volta in vita mia, mi piacevo sul serio. Con le mani appoggiate sul lavandino davanti a me, attento a far asciugare lo smalto per bene, girai la testa di lato, controllando di aver applicato il fondotinta uniformemente.
Dentro di me, nonostante all'apparenza sembrassi calmo, stavo fremendo per l'eccitazione. I ragazzi erano usciti, e io ero rimasto indietro con la scusa di sentirmi poco bene. Harry aveva cercato di restare a casa con me, ma l'avevo convinto ad andare a divertirsi.
Quella sera, per la prima volta da quando avevo cominciato a vestirmi da ragazza qualche mese prima, sarei andata in discoteca, per vedere se riuscivo a far credere a tutti di essere femmina.
Naturalmente mi sarei tenuta alla larga da qualsiasi luogo frequentato da gente che conoscevo. Non potevo rischiare di essere riconosciuto, se i manager mi avessero beccato sarebbe stata la fine della mia carriera, e anche la fine dei One Direction. Riuscivo già ad immaginarmi i titoli sulle riviste di gossip, gli insulti che avrei ricevuto dagli omofobi. Poco importava il fatto che milioni di ragazze mi amavano, presto avrei perso anche il loro appoggio.
Insomma, un conto sarebbe stato dichiararsi gay, praticamente metà delle nostre fan era convinta che ci fosse almeno una coppia gay tra di noi. Ma fare coming out e dire davanti a tutto il mondo che in realtà io volevo essere una ragazza? No, non se ne parlava.
Ma sarebbe stato impossibile riconoscermi adesso che ero vestita di tutto punto e pronta ad uscire, a meno che non mi si conoscesse di persona. Se non proprio una ragazza, potevo almeno passare per una ragazza con i capelli corti.
Guardai giù verso la scollatura, controllando che il vestito fosse a posto, e reprimendo una smorfia nel guardare la prima striminzita. Anche con i cuscinetti dentro il reggiseno push-up, a meno che non avessi cominciato con una terapia di ormoni o una chirurgia, non avrei potuto fare molto di più.
Ma anche così, era meglio che niente, no?
Provai vari sorrisi davanti allo specchio, sentendomi ridicolo, ma non volevo che il mio sorriso sembrasse troppo virile. A dire il vero, io non volevo che nulla di me fosse virile, io mi sentivo una ragazza, e stavo finalmente cominciando ad ammetterlo a me stessa.
Per tutta la mia vita, in fondo al cuore, mi ero sempre sentito diversa da tutti quei ragazzi che rischiavano di rompersi l'osso del collo inseguendo un pallone, dai ragazzi in piena tempesta ormonale che sbavavano dietro alla prima ragazza con almeno una terza, perfino da quelli che avevano il canto come passione.
Io invece mi sentivo a mio agio indossando gonne corte, mi muovevo sui tacchi alti con una naturalezza che non avevo mai posseduto quando indossavo le mie Nike, e adoravo passare ore nel bagno per cercare di capire quale tonalità di ombretto mi facesse risaltare di più gli occhi.
Mai e poi mai mi sarei aspettata di provare un tale senso di appartenenza nel vestirmi come una ragazza.
Quand'ero più piccola mia madre rideva quando le correvo davanti, la faccia impiastricciata dai suoi trucchi e i suoi tacchi, di almeno cinque numeri più grandi, ai piedi.
Io mi sentivo me stessa in quei momenti, ma nessuno mi prendeva sul serio, e avevo capito ben presto che non era normale per un bambino voler essere una bambina.
Avevo nascosto quel mio piccolo segreto, ma ora non ce la facevo più a fingere ventiquattr'ore su ventiquattro di essere un maschio. Almeno per una sera, la mia sera, sarei stata spontanea, avrei smesso di far finta e mi sarei espressa. Che male c'era a voler essere femmina?

Il mio modo di pensare era già molto più vicino a quello di una ragazza, comunque.
Applicai un leggero strato di rossetto prima di richiuderlo e gettarlo nella borsetta assieme agli oggetti basici che qualunque ragazza si sarebbe portata dietro per una serata in discoteca.
Mi sentii implodere per le emozioni che mi lasciavano lo stomaco in subbuglio quando afferrai la borsetta e girai la chiave nella serratura del bagno, uscendo per la prima volta dalla sicurezza della stanza chiusa a chiave ad uno spazio aperto.
I tacchi risuonavano sul parquet, innervosendomi. Avevo l'assurda paura che fossero tornati prima, e che, vedendomi vestita così, si sarebbero rivoltati contro di me.
Mi chiedevo come avrebbe reagito Harry. In fondo, era il mio migliore amico; possibile che sarebbe stato così disgustato da rinnegare la nostra amicizia?
E i manager? Oh, ai manager sarebbe scoppiata una vena, me lo sentivo già. Probabilmente mi avrebbero sbattuto fuori dal loro studio quando l'avrebbero scoperto. E dove sarei potuto andare a quel punto? A casa mia nessuno sapeva di questa mia inclinazione sessuale, e non ero ancora pronto a dirgli la verità quando mi avessero chiesto la ragione vera per cui avevo gettato al vento la mia carriera nascente.
D'altronde, fino a qualche tempo fa pensavo anch'io di essere innaturale. Quale ragazzo desiderava essere femmina? Ma non mi sarei tirata indietro proprio adesso, che avevo fatto il passo più grande.
Scesi le scale, tenendo la borsetta il più saldamente possibile e risistemandomi il vestito ogni qualvolta scivolava verso l'alto, mettendo in mostra una piccola zona in più di pelle liscia.
Afferrai le chiavi di casa, cercando di infilarle nella serratura, ma non riuscendoci, forse per il tremolio della mia mano, o forse perché c'era qualche oggetto ignoto che bloccava la serratura. Ripresi in mano la chiave dalla toppa, controllando con le sopracciglia corrucciate che fosse quella giusta.
In quell'istante la porta si aprì con uno scatto, mostrando dietro Harry. Il mio cuore si fermò per qualche secondo, ripartendo poi in quarta, i miei occhi spalancati oltre misura per lo spavento. L'espressione di Harry mutò nel giro di pochi istanti dal momento in cui posò gli occhi su di me.
I suoi occhi verdi e increduli scivolarono dalla matita sui miei occhi e l'ombretto al vestito succinto, fermandosi un po' più a lungo sui tacchi e poi rialzando lo sguardo verso il mio.
“Boo?” domandò, il suo tono incerto. Come se non potesse credere a quello che aveva sotto gli occhi. Come se fosse pronto a giudicarmi. Sentii freddo.
Non doveva succedere così, non adesso: “C-cosa ci fai qui?” chiesi, inciampando all'indietro di un paio di passi.
“Louis? Sei tu?” domandò ancora, avvicinandosi con la bocca semiaperta.
Abbassai lo sguardo a terra, sentendo le mie guance prendere fuoco: “Sì.”
Harry emise un suono strozzato: “In nome di Dio, come ti sei conciato? O meglio, dove pensi di andare vestito così?”
“Io-” cercai di rispondere, ma la voce visibilmente instabile del mio migliore amico troncò via ogni mia possibile risposta. Non che sapessi cosa dirgli per spiegarmi.
“Cos'è, una trovata pubblicitaria? Sono stati i manager a dirti di farlo? O sei semplicemente impazzito? Lo sapevo che dovevamo portarti da uno psicologo appena hai smesso di voler giocare a FIFA con noi!” continuò a blaterare, la sua voce sempre più forte.
“Harry. Harry, fermati un secondo.” sospirai, preparandomi a pronunciare per la prima volta il discorso che avevo provato a dire milioni di volte davanti allo specchio del bagno, fissando il mio stesso riflesso. Dopo aver provato tantissime versioni diverse, avevo deciso che la cosa migliore sarebbe stata essere diretta. Un 'sono transgender' avrebbe risolto tutto.
Ma ovviamente, quando tentai di dirlo, mi bloccai, e uscì tutt'altra cosa: “Senti, Harry, io ci ho provato. Davvero, io volevo essere solo normale, ma non ci riesco.”
“Non riesci a fare cosa?” domandò, sbigottito, ancora fermo all'ingresso, e con in mano le chiavi. Il mio labbro inferiore cominciò ad essere torturato mentre cominciavo ad agitarmi sul posto, incerta su come comportami e cosa dire.
“Insomma, mi vedi?” domandai, osservando attentamente il modo in cui i suoi occhi scivolarono di nuovo lungo il mio corpo per poi tornare a fissarmi, ancora più sconvolto di poco prima.
“Io... Non capisco.” disse alla fine, mentre le sue spalle rigide si accasciavano e appoggiava le chiavi di casa sul mobile di fianco all'ingresso.
Mi superò, diretto al divano in salotto, senza degnarmi di un'occhiata. Mi sentii morire. Il momento più importante della mia vita, e questo era ciò che ottenevo: sguardi confusi e disgustati, paura e l'invisibilità. Fantastico. I miei occhi si riempirono involontariamente di lacrime, ma costrinsi le mie gambe a seguirlo, sedendomi sul divanetto di fronte al suo e cercando di mettere a posto la situazione che avevo creato da solo.
“Senti Harry, mi dispiace tanto.” dissi, guardandomi i piedi piuttosto che le sue labbra puntate all'ingiù e i suoi occhi chiusi.
“E di grazia, per cos'è che ti dispiace?” domandò per tutta risposta, il suo tono freddo e tagliente. “Non lo so! Per il fatto che mi sento una ragazza, per essere anormale, per aver cercato di imbrogliarvi, per qualunque cosa tu voglia.”
Ci fu un momento di silenzio prima della sua risposta: “Non mi interessano le tue scuse. Voglio solo sapere una cosa: perché non me l'hai detto prima?” la sua voce aumentò di qualche ottava per l'indignazione. O forse era disgusto. Non ero mai stato bravo a leggere le persone, e Harry non aveva mai fatto eccezione.
“Perché avevo paura, suppongo. Paura che tu avresti reagito esattamente come stai reagendo ora.” mormorai, la mia voce quasi acida. Se questa era la reazione che avrei ottenuto dai miei amici, non osavo pensare a quella di perfetti sconosciuti.
La voce di Harry si addolcì: “Boo, se ti rende felice allora sono d'accordo.”
Alzai gli occhi in fretta, guardando il suo sorriso, che sembrava immutato da prima. Come se la notizia non avesse cambiato nulla nella nostra amicizia. Ma era assurdo, specie dopo le sue parole. “Ti senti una ragazza? Buon per te.” disse con una scrollata di spalle.
Sbattei le palpebre, confusa dal cambiamento improvviso: “Ma tu avevi detto...”
“L'unica cosa che mi da fastidio è il fatto che tu non ce l'abbia detto prima.” il suo tono era serio mentre mi guardava con i suoi occhioni così trasparenti che facevano capire tutto di lui.
“Davvero?” chiesi, la voce strozzata dal sollievo.
Harry scoppiò a ridere: “Cosa pensavi, che ti avrei cacciato di casa?”
Sorrisi timidamente, imbarazzata dalle mie antiche paure. Come avevo anche solo potuto pensare che Harry non avrebbe capito? Era quella la ragione per cui eravamo così legati: ci capivamo a vicenda, anche senza una parola.
Harry si alzò dal divano, venendo verso di me con le braccia estese, circondandomi in un abbraccio caldo e morbido: “Sai, Boo, dovresti truccarti più spesso, la matita ti dona.”

 

Aloha!
Per tutte le ragazze che mi conoscono già, ciao care :)
E per tutte le altre, mi presento: io sono Eleonora, scrivo tendenzialmente tutt'altro genere e sono dichiaratamente bisessuale (da notare come queste siano le prime tre cose che dico di me). In ogni caso, rieccomi qui, con quest'iniziativa intitolata Facciamo venire un infarto al mio professore di religione, che qualche giorno fa ha riempito la classe di sproloqui di come tutti i gay bruceranno all'inferno. Grazie prof, le voglio bene anch'io...
No, comunque, ho deciso di rompere questa specie di taboo: i trans esistono, non sono come la fatina dei denti e Babbo Natale, e sono persone umane, con sentimenti come tutti noi. Hanno solo avuto la sfortuna di nascere nel corpo sbagliato. E mi sono chiesta: 'Tutti sembrano accettare i 1D gay, ma se fossero trans?'.
Ed è uscita questa cosa, mentre io in realtà stavo tentando di scrivere una Narry (sto sperimentando u.u).
Quindi, beh, se siete arrivate fin qui, non è che magari mi lascereste una recensioncina? Ci terrei davvero tanto, perché non sono sicura della riuscita di questa OS, ed è la prima volta che scrivo di questo tema. Anche se non avete nulla da dire... E non vi mangio se criticate!
Un bacio,
Ele
P.S. Nel caso ci fosse qualcuno che se lo stesse domandando, il rating arancione è solo per restare sul sicuro, non ero certa se fosse una tematica conflittuale o meno...

   
 
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