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Autore: Peeta97    12/10/2012    16 recensioni
I tributi creati dai lettori saranno costretti a lottare nell'arena. Saranno costretti a combattere, a massacrarsi l'un l'altro, ad amarsi, a dirsi addio.
Saranno costretti ad andare incontro al destino scelto per loro da Capitol City.
Storia eliminata e ora ripubblicata secondo regolamento.
Spero che la leggerete comunque!
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sette colpi di cannone squarciarono il silenzio dell’arena.
Tutti poterono udirli, così come poterono udire il ronzio degli hovercraft che giunsero a recuperare i cadaveri.
Sette colpi.
Sette vite.
E solo uno sarebbe sopravvissutoE solo uno sarebbe sopravvissuto.Sette colpi di cannone squarciarono il silenzio dell’arena.
Tutti poterono udirli, così come poterono udire il ronzio degli hovercraft che giunsero a recuperare i cadaveri.
Sette colpi.
Sette vite.
E solo uno sarebbe sopravvissuto.

 
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CAPITOLO 7: il primo giorno
 
COLPI DI CANNONE
 
 
18:27 -Area Crateri- 10km dalla Cornucopia
Gabriel aveva corso quanto più aveva potuto.
Inizialmente, aveva cercato di farsi forza, di dirsi di continuare, se non voleva morire. Poi, però, il coltello piantato nella scapola aveva cominciato a lanciargli scariche di dolore sempre più forti. Aveva tentato di toglierlo, ma le sue braccia non erano abbastanza lunghe da arrivare al manico.
Man mano che calava la sera, poi, l'aria si faceva sempre più fredda,  il suo fiato si condensava in candide nuvolette.
Quando le stelle scomparvero del tutto dal firmamento e l'immensa terra apparve in cielo, Gabriel si accorse che i suoi passi diventavano sempre più ampi man mano che calava la notte. Evidentemente, la gravità era cambiata, e ora lui si sentiva molto più leggero.
Ciò non significava che non provasse fatica. Difatti, dopo poche altre centinaia di metri, il ragazzo, troppo stanco per continuare, si accasciò a terra, la spalla che continuava a perdere sangue e che pulsava orribilmente. Osservando le proprie mani, Gabriel si accorse di essere diventato dello stesso colorito del suolo lunare. Se qualcuno -o qualcosa- non fosse venuto in suo aiuto, sarebbe sicuramente morto.
E, probabilmente, sarebbe apparso nel riepilogo dei decessi di quella sera stessa, il solito ragazzo del 5 che non sopravvive neppure al primo giorno.
Usando le ultime forze che gli rimanevano, Gabriel artigliò il suolo con le sue mani cadaveriche e cominciò ad avanzare carponi, a fatica, rischiando di gridare dal dolore ad ogni bracciata. Il suo errore fu quello di non vedere il cratere: teneva gli occhi chiusi, concentrato solo sullo sforzo di avanzare, e li riaprì quando fu troppo tardi. Si trovava sull'orlo del baratro e non fece in tempo a tirarsi indietro. Perse l'equilibrio e cadde in avanti, rotolando per metri e metri lungo la scoscesa parete fino ad arrivare al centro della depressione.
Per un attimo solo, rimase coscente. Il coltello era penetrato fino in fondo alla schiena, probabilmente con tutto il manico. Era pieno di ferite ovunque, aveva un brutto taglio sulla testa. Poi il mondo cominciò a girare tutto intorno a lui, e Gabriel Hayes svenne.


18:57 -Area Crateri- 3,5km dalla Cornucopia
Lloyd Forrester, il piccolo Lloyd, se ne stava da solo sul fondo di un piccolo cratere isolato.
Aveva acceso un fuocherello grazie a dei fiammiferi e della legna secca che aveva trovato in uno zaino  arancione, e ora cercava, inutilmente, di riscaldarsi, sfregando le mani e poi volgendole a coppa verso le fiamme. Un sottile filo di fumo si levava dalla fonte di calore, confondendosi con la grande terra che, poco prima, era apparsa in cielo.
Quando Lloyd sentì i passi alle sue spalle, era già troppo tardi.
Una stilettata di dolore lo raggiunse alla gamba sinistra, che cominciò immediatamente a sanguinare. Tentò di alzarsi e correre via, ma colui che lo aveva assaltato fu più veloce, lo raggiunse con un balzo disumano di almeno 8 metri e in un attimo gli fu addosso. 
Il ragazzino del 10 si trovò uno stivale borchiato sul petto, ad ancorarlo al terreno. Era lo stivale di Joshua Trill, il ragazzo del 2, quello che pochi giorni prima, per gioco, Lloyd aveva colpito con un proiettile di gomma. Quello stesso Joshua che gli aveva giurato che lo avrebbe ucciso.
-Eccomi, alla fine, proprio come promesso- disse il ragazzo sadico traendo dalla borsa un coltello lungo, da carni, ed estraendo con calma dalla gamba di Lloyd il dardo argenteo con il quale lo aveva colpito. Il ragazzino cominciò a piangere e a respirare forte e irregolarmente, le lacrime che offuscavano il suo campo visivo. Tentò anche di divincolarsi, ma fu tutto inutile: il favorito era troppo forte, troppo preparato a tutte le evenienze.
Si chinò su di lui stringendo il coltello tra le mani guantate. -Ti ricordi quel proiettile che mi sparasti al centro d'addestramento? Lo trovavi divertente, non è vero? Bene. Anche questo sarà divertente. Ma forse non per te-
Il favorito si lasciò andare ad una risata agghiacciante, talmente priva di umanità da risultare quasi cristallina. Poi portò il coltello alle tempie di Lloyd e incise. Dapprima si divertì a strappare solo lembi di pelle, gioì nello scuoiare il ragazzino e nel sentire le sue grida di dolore farsi sempre più deboli man mano che andava avanti, fino a diventare rantoli soffusi.
Alla fine, divelse con la lama l'occhio sinistro di Lloyd con la stessa facilità con la quale, un suo coetaneo, avrebbe stappato una birra con un cavatappi.
Poi si rialzò in piedi, lasciando quella minuscola figura tremante e ricoperta di sangue rannicchiata sul fondo del cratere. Gli assestò un ultimo calcio allo stomaco e, per assicurarsi che nulla alleviasse le ultime ore di vita del ragazzino, spense il fuoco con la suola degli stivali.
Dopodiché se ne andò. Non voleva dare a Lloyd il piacere di una morte rapida data dal suo coltello. Voleva infliggigli una morte lenta, dolorosa e, ancor peggio, in solitudine.
E pensare che i suoi compagni non erano voluti andare a caccia. quanto divertimento si erano persi.
Mezz'ora dopo, il cannone sparò.
Joshua, ormai quasi alla cornucopia, rise di gusto.
 
 
19:23 –Area Crateri- 12,5km dalla cornucopia
Ribes correva. 
Nonostante la fatica, nonostante le gambe tartassate dai crampi, Ribes continuava la sua corsa, un passo dopo l'altro, instancabile. Il paesaggio lunare scorreva rapido sotto i suoi piedi, mentre, ad ogni balzo, percorreva metri e metri grazie alla quasi assenza di gravità.
Durante la sua corsa ininterrotta, Ribes aveva attraversato crepacci e canyon, massi e rilievi, senza mai fermarsi, sempre correndo verso est, rischiando più volte di rompersi una gamba, se non peggio.
E, man mano che correva, ricordava.
Aveva ucciso la ragazzina. L'aveva uccisa senza pietà, l'aveva uccisa come si fa con una bestia, non come un essere umano.
Quel gesto era stato inaspettato, spontaneo. Solo ora Ribes si rendeva conto di ciò che aveva fatto.
Era stato un attimo: un secondo prima aveva solo l'intenzione di afferrare le spade e fuggire. Un secondo dopo, invece -quando le sciabole erano state in suo possesso- aveva visto Lara come un pericolo insormontabile, come la sua unica avversaria. Come l'unica sottile linea che la divideva dalla salvezza.
Così, il suo istinto di sopravvivenza aveva prevalso. Senza neanche rendersi conto di ciò che faceva, le aveva conficcato le lame del ventre. 
In quel momento, pensava solo alla propria salvezza, non c'era spazio per altro, nella sua mente. 
Aveva privilegato la propria vita rispetto a quella di Lara.
Era una favorita, ma non meritava certo questo trattamento, si fidava di lei.
RIbes era stata egoista.
Le lame che penetrano nella carne della ragazza, lo schianto delle sue costole che si spezzano, il suono dei muscoli che si squarciano, del sangue che sprizza. Il suo grido di dolore, l'ultimo sguardo che i suoi occhi vitrei mandano prima che il corpo cada a terra.
Com'era potuto accadere? Come aveva potuto fare una cosa del genere?
Lei non era forse Ribes Blynn, quella stessa Ribes che, fino a un mese fa, sosteneva che nessuno, nessuno sarebbe mai dovuto andare ai Giochi? 
Lara non meritava forse di vivere? Non meritava forse di avere una famiglia, dei figli, un marito? Che diritto aveva Ribes di vivere mentre lei era morta?
Il corpo che cade, il tonfo che fa quando tocca il terreno, il sangue che sprizza, il suo corpo che si irrigidisce e diventa freddo e morto.
Ribes cadde in ginocchio. Le mani, scosse da violenti tremiti, lasciarono cadere le spade, che andarono a imbrattare di cremisi il suolo circostante.
La ragazza chinò il capo,senza smettere di piangere, i capelli impregnati di lacrime e sangue.
Smettila, Ribes.
Una voce nella sua testa. Una voce familiare.
-Non posso, padre- sussurrò le in risposta.
Si che puoi. Devi.
Rispose Isaac Blynn, l'unica persona alla quale lei tenesse davvero, l'unica che le volesse davvero bene.
-L'ho uccisa. Non merito alcun perdono-
No, è vero, non lo meriti.
Un gemito scaturì dal profondo della gola di Ribes, che si accasciò a terra, sofferente.
Non lo meriti, ma puoi sempre redimerti. Va tutto bene, bambina mia.
Quella frase. "Va tutto bene, bambina mia". Quella era la frase che suo padre le diceva ogni volta che non era più arrabbiato con lei. Quella era la frase che faceva sempre stare meglio RIbes. Succedeva spesso, quand'era piccola. Nonostante le avesse detto di non farlo, prendeva il mascara di sua madre. Poi lei se ne accorgeva, e allora Ribes scappava in camera, piangendo. Rimaneva la, da sola, per ore, tormentata dai sensi di colpa.
poi entrava suo padre, l'abbracciava da dietro e le diceva "va tutto bene, bambina mia".
E allora Ribes sapeva che era tutto finito, che il suo gesto era stato perdonato, che i suoi genitori le volevano ancora bene.
Ma ora non era la stessa cosa: il mascara era prezioso, ma poteva essere ricomprato. La vita di Lara, invece, era insostituibile.
Ancora una volta, Ribes si maledisse. Era sempre stata fiera di essere una persona istintiva. Ma, stavolta, l'istinto era stato fatale per la sua anima, per la sua integrità. Non aveva mai voluto uccidere Lara, mai. Eppure, lo aveva fatto. E adesso, non meritava il perdono, Ribes ne era consapevole. Ma quell'ultima frase, quel "va tutto bene, bambina mia" aveva perso uno spiraglio di speranza nella sua corazza di disperazione.
-Come, padre... come posso redimermi?-
Combatti per la vita.
Combattere per la vita. Rifiutarsi di partecipare al loro gioco, non combattere per la morte, non combattere per uccidere.
Combattere per la vita.
Ribes annuì, rimettendosi in ginocchio, come un cavaliere alla sua iniziazione. -Lo giuro, padre. Combatterò per la vita. Combatterò per salvare chi come me ha combattuto per la morte e chi, nonostante tutto non ha perso le speranze. Lo giuro, padre. Grazie. Grazie mille- 
Prego, bambina mia. Vedrai, andrà tutto bene...
La voce scomparve e Ribes si tirò in piedi, afferrando le due spade che aveva fatto cadere.
Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e, con la voce ormai sicura, decisa, chiamò: -Gabrieeel!-
Il suo gridò echeggiò probabilmente per km e Ribes temette che qualcuno -qualcuno come Deborah- potesse averlo sentito.
E, in effetti, qualcuno lo sentì. Ma, per fortuna, era la persona giusta: -Riibes!- gridò Gabriel. La voce era debole, stentorea, appena percettibile, proveniva dal fondo di un cratere vicini.
Senza esitazione, Ribes corse con decisione verso il suo amico.
Perché ormai aveva un obiettivo, fisso davanti a se.
Avrebbe combattuto per la vita. 
Avrebbe combattuto per Lara.


20:02 -Fiumi Lunari- 13,7km dalla Cornucopia
Alexis aveva smesso la sua corsetta leggera quando, ad ogni passo, aveva cominciato a percorrere circa 3m.
Si trovava in mezzo ad una specie di canyon dalle basse pareti rocciose che si estendeva per km, come il letto di un fiume privo di acqua. Il terreno, bianco lattiginoso, era coperto di sabbia fine e soffice, che rendeva la corsa ancora più faticosa.
Dubbiosa, la ragazza osservò il cielo, ormai senza stelle. Il suo sguardo indugiò sull'enorme terra che stava sorgendo davanti a lei. 
Che fosse collegata con il cambio improvviso della gravità?
Ancora una volta, Alexis si chiese se avesse preso la direzione giusta. Era andata realmente a ovest? Lei credeva di si, aveva controllato la direzione prima dell'inizio dei giochi.
Ma chi poteve davvero saperlo? Se gli strateghi potevano cambiare la gravità a proprio piacimento, chi gli impediva di modificare anche i punti cardinali?
Alexis, purtroppo, non aveva risposte a tutte queste domande.
-Maledetti- sussurrò. E, nell'irreale silenzio dell'arena, le sembrò di aver gridato.
Quando il silenzio le rispose, Alexis trasalì, e per poco non le scappò un urlo.
-Immagino che tu ti riferisaca ai nostri "amati" strateghi-
Zanet sbucò fuori da dietro una svolta, in viso un'espressione quasi comica di estrema serietà.
Guardandolo, Alexis notò che aveva un lungo taglio sulla fronte e il giubbotto bianco strappato sulla spalla.
-Zanet- disse, semplicemente: -Non credevo mi stessi seguendo-
-Infatti non ti stavo seguendo, abbiamo casualmente preso la stessa direzione-
-Si, certo. CASUALMENTE- replicò la ragazza, scandendo bene l'ultima parola.
-Si. E comunque...beh, che si fa?-
-In che senso?-

-Beh...sai, tizia, siamo agli Hunger Games, no? Quando 2 tributi si incontrano...dovrebbero...-
Zanet sembrava davvero imbarazzato, mentre parlava, e inoltre era arrossito violentemente.
Tutto questo, inserito nel contesto dei Giochi, fece scoppiare Alexis in una risata genuina.
-Cioè, intendi dire che tu...dovresti... uccidermi?- chiese, cercando di smettere di ridere.
Zanet, adesso completamente paonazzo, gridò: -Guarda che io potrei ucciderti in qualsiasi momento!-
Alexis sorrise, caustica: -primo, vorrei chiederti di non gridare. Secondo, TU potresti uccidermi in qualsiasi momento? Devo proprio ricordarti chi tra noi ha preso 8 all'esame e chi 7?-
-Che cosa vorresti dire?- chiese lui, sempre più furioso.
-Beh, che tra noi due -non faccio nomi- c'è una che ha preso 8, e che quindi è più forte, e un "tizio" che, purtroppo, alla sessione ha preso solo 7...-
Il ragazzo stava per gridare di nuovo, ma si trattenne.
-è solo un punto- sussurrò invece.
-Un punto è importante-
-Non è vero, tizia-
-Invece si, Zanet-
-Invece no, brutta... brutta equino-fissata!-
-Ti dico di si-
-Beh, in ogni caso il discorso non cambia-

Ormai i due tributi erano vicinissimi. A loro sembrava di aver fatto solo pochi passi in avanti, ma, vista la gravità alterata, ormai distavano solo pochi metri l'uno dall'altra.
-In che senso "non cambia"?- chiese Alexis.
-Nel senso che siamo agli Hunger Games. E 2 tributi che si incontrano agli Hunger Games devono lottare-
Alexis sospirò: -Dunque? Se vuoi lottare, sappi che sono armata- disse, sfiorando la tasca rigonfia del giubbotto.
Un bluff. Nella tasca c'era un sasso.
-Non voglio lottare, tizia-
-E allora? Che si fa?-

-Beh...- altro imbarazzo: -C'è anche un altra cosa che i tributi a volte fanno, quando si incontrano-
I due ragazzi si fissarono negli occhi. Per qualche secondo, ci fu silenzio totale. Un silenzio possibile solo sulla luna, un silenzio carico di tensione. Poi, con voce tremante, Alexis parlò:
-Allora... alleati?-
-Alleati, tizia- Zanet sorrise e i due si strinsero la mano.
-Dimmi la verità, tizia. Non hai nessuna arma, vero?-
-Ovvio che no, "tizio"-


23:45 -Area Crateri- 0km dalla Cornucopia
Lucy Hills uscì dalla Cornucopia con tutto ciò che le serviva.
Aveva preso una spessa corda, parecchi coltelli, due spade e una grossa ascia bipenne. In più, portava sulla schiena un grande zaino nero, pieno di cibo, acqua e altri beni di prima necessità. Se i suoi compagni si fossere svegliati adesso, avrebbero sicuramente capito ciò che stava per fare. Per fortuna, dormivano tutti, a parte Joshua, che era andato a caccia per conto suo.
Lucy si era offerta di fare il primo turno di guardia, e, con il calare delle tenebre, aveva afferrato tutto ciò di cui lei e la sua alleata avevano bisogno per vivere, e adesso si stava apprestando a dirigersi verso ovest. Inoltre, grazie alla gravità falsata, le riusciva molto più semplice trasportare tutta quella roba, che, in circostanze normali, sarebbe stata pesantissima.
Quando udì una voce immediatamente dietro di lei, Lucy per poco non gridò.
-Vedo che abbiamo un'altra traditrice, qui-
Venus Lanchanes si fece strada attraverso l'oscurità circostante, camminando con leggiadria, come al solito, sfoggiando un sorriso beffardo.
A Lucy, a quel punto, non restava che fare buon viso a cattivo gioco.
-Ciao, Venus- rispose, con voce dura.
-Dove stai andando, Lucy? Dalla tua cara amica Alexis?-
-No- replicò la ragazza del 4, sorpresa dall'acume di Venus: -Sto andando...a caccia-
-E ti serve tutta quella roba, per andare a caccia?-
-Si-
-Suvvia, Lucy, credevo fossimo amiche!-
esclamò Venus, sempre più beffarda, il sorriso contratto in un ghigno inquietante.
-Non capisco che intendi-
Il viso della ragazza del 5 si indurì improvvisamente: -Ho capito che tipo sei, Lucy. Tu sei la tipica ragazza intelligente che sa che non potrà facela senza alleati, ma che non vuole stare con i favoriti perché si sente "superiore"-
Lucy deglutì a fatica, sia per la rabbia, difficile da controllare, che per l'inquietudine che la ragazza del 5 le metteva addosso.
-Anch'io ho capito che tipo di persona sei, Venus. Sei la tipica ragazza che si allea coi favoriti perché ha paura e cerca di rendersi forte a parole. Ma ti rivelerò un segreto: a chiacchiere non si ammazza nessuno-
Stavolta la ragazza del 5 rise di gusto, divertita dalle parole di Lucy.
-Già, forse è vero, signorina Hills. O forse si sbaglia. Ma a tempo debito lo scoprirà, può starne certa…-
-...-

-Ora va pure a "caccia", non te lo impedirò. Porgi i miei saluti ad Alexis, quando la trovi-
Poi Venus si voltò e si incamminò verso la sua tenda.
Lucy avrebbe voluto piantargli un coltello nella schiena, ma sospettava che quella sarebbe stata proprio la mossa che la nemica si aspettava da lei.
Mentre risaliva agilmente la ripida parete del cratere, capì di odiare Venus con tutto il suo cuore.
La odiava perché l'aveva scoperta, la odiava perché sembrava sapere sempre tutto.
E, soprattutto, la odiava perché, per stavolta, era stata più intelligente di lei.

00:00 -Vulcano Spento- 15km dalla Cornucopia
Sola, sulla sponda del lago, Zoe Harris ascoltava l'inno di Panem.
Tra poco, sarebbero iniziati i riepiloghi dei morti.
La ragazza aveva scorto il vulcano dopo circa 7km di corsa: era semplicemente apparso all'orizzonte, immenso e invincibile.
Non appena vi era arrivata più vicina, aveva scoperto che era forato ovunque: era una sorta di labirinto di grotte e gallerie. Zoe aveva immediatamente deciso che sarebbe diventata la sua dimora e aveva cominciato a esplorarlo, lasciando dietro di se una scia di pietre in modo da poter sempre ritrovare l'uscita.
Alla fine, aveva realizzato che, bene o male, tutte le gallerie convergevano in un unica, grande caverna, che risaliva fino al cratere stesso del vulcano. Da una delle parete di roccia, quella nord, supponeva Zoe, zampillava una cascata d'acqua dolce, che andava poi a formare un grande lago dall'acqua bianca come il latte. Tutto attorno al bacino idrico, crescevano piccoli alberi da frutto. Inoltre, la caverna era riscaldata internamente, mentre, all'esterno, faceva molto freddo.
Zoe, in quel momento, stava bevendo da una roccia incavata dentro alla quale aveva raccolto l'acqua, rischiando di finire ammazzata.
Dentro il lago, infatti, si nascondevano terribili ibridi pesce che le avevano quasi staccato la testa. Nella foga di fuggire, non era riuscita a capire che cosa fossero, ma, di sicuro, erano creature molto letali.
Il riepilogo dei morti iniziò, il grande schermo si accese nel cielo. Zoe poteva vederlo dal cratere del vulcano.
Il primo volto ad apparire fu quello di Lara Fatah, Distretto 2.
Poi fu il turno di Alethea Miller, Distretto 3.
Sguì dunque Sasha Delphin, Distretto 4.
Subito dopo apparve il dolce viso di Harper Flacher, Distretto 6.
Il Distretto 7 fu saltato, e Zoe ne fu felice: questo significava che Handrew era vivo.
Ewan Bushell, Distretto 8, fu il quinto a comparire.
Poi, toccò a Lloyd Forrester, Distretto 10.
Infine, passò davanti allo schermo il Distretto 12 al gran completo: Alice e Ken.
Zoe asciugò con il dorso della mano le lacrime che le erano salite agli occhi. Alice, Lloyd, Sasha, Lara... tutte persone così simpatiche, così umane. Perché dovevano essere morte? Perché a loro era stato riservato un destino così atroce?
Senza esitazione, Zoe si arrampicò su uno dei bassi alberi, sgranocchiando uno dei loro dolci e strani frutti: erano rossi, pieni di piccoli semi vermiglio che ti si squagliavano in bocca.
Non sapeva se le "cose" nel lago erano solo pesci o se potevano anche camminare sulla terraferma, ma, sicuramente, non lo avrebbe voluto scoprire quella notte sulla propria pelle.
Rimanere la, nella caverna centrale, era pericoloso. Ormai, Zoe credeva di aver capito come era strutturata l'arena: si divideva in due centri d'interesse, la cornucopia e il vulcano.
La prima conteneva medicine, armi e oggetti utili, ma poca acqua e poco cibo.
Il secondo, invece, nessun oggetto utile ma ascqua e cibo in abbondanza. 
Perciò, se le previsioni della ragazzina erano esatte, molti tributi sarebbero stati attratti dal vulcano, e, prima o poi, anche gli stessi favoriti. Perciò, come primo punto all'ordine del giorno dopo, si ripropose di trovarsi un nascondiglio inoppugnabile.
C'erano anche animali, nell'arena: correndo, Zoe ne aveva scorto qualcuno. Erano conigli bianco-grigiastri silenziosissimi che si mimetizzavano con il terreno circostante. L'unica cosa che permetteva di scorgerli erano gli occhi rosso fiamma, che tanto avevano spaventato la ragazza del 7.
Perciò, nemmeno i tributi  all’esterno, se abbastanza abili, avrebbero sofferto la fame.
Poi, ovviamente, rimaneva l’incognita della gravità. Zoe aveva collegato il sentirsi più leggera con l’arrivo della terra nel cielo.
Quindi, più la terra era alta, più la gravità diminuiva.
Ma cosa sarebbe successo nei momenti in  cui la terra non d’era? La gravità sarebbe stata normale, o sarebbe rimasta invariata? Oppure, e questa era l’opzione che Zoe temeva sopra ogni altra, la gravità sarebbe AUMENTATA?
Tesa, nel cuore della notte, e in preda alle elucubrazioni, Zoe si addormentò.
Fu un sogno popolato da spettri, un sonno inquieto e privo di speranza.

 
Tributi rimasti in vita: 16
 
Un colpo di cannone, un ultimo colpo per conlcudere il primo giorno di massacro
Perché è questo che sono, i tribut nell’arena: sono colpi di cannone.
Sperano, gioiscono, combattono, pregano.
Eppure la loro vita non vale di più.
Non vale più di un misero colpo.



Shhhalve, assidui lettori (?)
Ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia.
A me non dispiace, però non è un granché, in effetti.
Ovviamente, non ho parlato di tutti i tributi, ma mi sono incentrato su alcuni. Gli altri, poi, arriveranno nel prossimo.
Condoglianze alla mentore di Lloyd, era un tributo adorabile, ma lo abbiamo sorteggiato.
ALLORA: DUE ANNUNCI DA FARE :3

-PRIMO: tutti gli strateghi ancora in mio potere (?) mi contattino, così decidiamo le cose sadiche :3

-SECONDO, PER I MENTORI: Adesso entrate davvero in gioco. Dovete comunicarmi cosa intendete mandare al vostro tributo e quanto. Per i prezzi delle cosa, chiedete a me, proponetemi prima l'oggetto, va bene?
E ricordate: un tributo senza sponsor e mentore è un tributo morto ;)

E al prossimo capitolo riceverete la classifica degli sponsor.
E VORREI RICORDARE CHE è CONSENTITO SPONSORIZZARE SOLO TRAMITE MESSAGGIO, SONO 1000 DINDI PER CAPITOLO ;)

Bene, direi che ho detto tutto, se vi è piaciuta recensite, se non vi è piaciuta recensite 2 volte (?)
A proposito, vi piace l'arena? Spero che vi vada bene, a me non dispiace...via su, ho blaterato anche troppo, ciaoo!
Il buon vecchio Peeta97

EEEEEEE STOP
Buona la prima!


ED ECCO IL BANNER :D Spero che vi sia piaciuto ;) Lasciatemi un commentino, c'ho lavorato un sacchissimo ç_ç
Quindi, se ripassate tra tre quari d'ora, ce lo trovate, mi farebbe piacere se lo vedeste, mi ci sono impegnato molto, quasi più che per il precedente xD. A proposito, per chi fosse interessato, ho scritto una nuova One-Shot, si chiama I Like It, non è su Hunger Games ma mi sono impegnato molto anche per quella. Per chi fosse interessato la trova qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1297807&i=1




 

  
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