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Autore: Lotharien    13/10/2012    0 recensioni
Il primo respiro non era stato di sollievo, né facile da fare. Si era risvegliato avvertendo distintamente l'aria bruciare i polmoni, aveva spalancato gli occhi e si era tirato su a sedere con il petto in fiamme. Si guardò intorno disorientato, risucchiando rumorosamente l'ossigeno di cui sentiva un disperato bisogno attraverso la bocca aperta.
« Te ne eri andato.. »
Sussurrò una voce femminile accanto a lui che ben conosceva, con un tono che sapeva di scuse, di rabbia e di delusione: in sottofondo aleggiava un insieme di sentimenti talmente indistinti l'uno dall'altro che lo ferirono.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il primo respiro non era stato di sollievo, né facile da fare.
Si era risvegliato avvertendo distintamente l'aria bruciare i polmoni, aveva spalancato gli occhi e si era tirato su a sedere con il petto in fiamme. Si guardò intorno disorientato, risucchiando rumorosamente l'ossigeno di cui sentiva un disperato bisogno attraverso la bocca aperta.
« Te ne eri andato.. »
Sussurrò una voce femminile che ben conosceva accanto a lui, con un tono che sapeva di scuse, di rabbia e di delusione: in sottofondo aleggiava un insieme di sentimenti talmente indistinti l'uno dall'altro che lo ferì.
Si voltò a fissarla, il respiro affannoso e lo sguardo instupidito. Il cuore gli martellava nel petto come se da un momento all'altro dovesse sfondargli la gabbia toracica, una leggera patina di sudore freddo gli ricopriva il corpo, facendolo tremare. Fece per stringersi le braccia al petto, nel tentativo di trovare un po' di calore nei vestiti che indossava.
Si accorse di non riuscire a muovere il braccio sinistro e guardandolo spaventato alla ricerca di un motivo si accorse che ritmicamente si contraeva, come attraversato da pulsazioni invisibili... Si accorse anche che lo stesso si poteva dire per la sua testa, che aveva preso a dolergli come se gli stessero trapassando il cranio da una parte all'altra con degli spilloni ardenti.
La terza cosa di cui si rese conto con quel semplice gesto che aveva appena accennato era che c'era qualcosa che sporgeva dal suo petto di cui non ricordava nulla. Abbassò lentamente la testa sulla sua maglia, sentendo sopra di sé gli sguardi attenti di chi lo circondava.
Aveva una siringa infilata all'altezza del cuore e accorgersene fu come se qualcuno gli avesse tirato una secchiata d'acqua gelida addosso.
Adrenalina.
Staccò l'attrezzo dal petto, stringendo i denti per non gridare di dolore. Era la prima volta che si riduceva tanto male da costringerli a rimediare in quel dolorosissimo modo. La stanza intorno a lui vorticò incessantemente ed ebbe un conato di vomito, segno che anche il suo stomaco stava protestando.
« Eh no, sul parquet no! Portatelo in bagno! »
Una voce maschile che conosceva quasi altrettanto bene della prima raggiunse le sue orecchie, prima che ripiombasse di nuovo nel buio.

« Vomita. »
Un uomo lo stava tenendo per le braccia, chino sopra la tazza di un cesso. Alex non ricordava neanche com'era arrivato in bagno, forse era stato quell'uomo a trascinarcelo prima che mostrasse a tutti il contenuto del suo apparato digerente. Un secondo conato di vomito lo raggiunse, ma stavolta lo costrinse a rigettare, mentre l'uomo continuava a tenerlo fermo ed a scostargli i capelli dal volto con fare quasi paterno.
Appena ebbe la certezza che non c'era più pericolo, gli passò dei pezzi di carta igienica per pulirsi la bocca e poi lo trascinò nel box doccia, aprendo l'acqua gelida. Il ragazzo sussultò e cadde contro le piastrelle scivolose, finendo poi seduto nel piatto, troppo debole per opporsi a quel trattamento. Il freddo invase le sue ossa mano a mano che il tessuto dei suoi vestiti si incollava alla pelle senza portare nessun giovamento sensibile: continuava ad essere confuso e spaventato quanto lo era stato appena la coscienza gli aveva fatto intuire il casino in cui s'era infilato.
Rannicchiato a terra per un tempo che gli parve interminabile, fu quantomai grato alla mano che lo prese per un braccio - quello sinistro, quello che adesso non pulsava più ma che riusciva a stento a piegare - e lo aiutò ad uscire dalla doccia, ponendogli sulle spalle un accappatoio. Strofinò la guancia contro quel tessuto così morbido e pulito, beandosi di quella sensazione che sembrava essere l'unica nota positiva della serata.

Quando tornò barcollante nella sala principale, stringendo forte a sé l'accappatoio anche se sopra i vestiti, si trovò davanti i proprietari delle voci che aveva sentito poco prima: una sua amica barra compagna di letto con cui stava condividendo l'appartamento in quelle settimane, Eliza, ed il suo spacciatore di fiducia di cui conosceva solo il soprannome, Milton. Fino a quando non lo avevano sentito arrivare - cioè finché Alex non aveva urtato per sbaglio un mobile, facendo cadere qualche portaritratti in un turbinio di vetri infranti e lanciando qualche imprecazione ad alta voce che avrebbe fatto impallidire come una verginella un robusto uomo adulto - i due stavano bevendo qualcosa di scuro in un bicchiere, forse whisky e chiacchieravano amabilmente fra di loro seduti su un divano di pelle chiara.
Adesso lo fissavano entrambi, con gli occhi marroni del pusher che lo squadravano tanto divertiti quanto quelli verdi di lei erano accusatori ed offesi ed il ragazzo non poté fare a meno di pensare che stavolta non se la sarebbe cavata regalandole un semplice gioiello. Tentando di farsi vedere più in buone condizioni di quanto non fosse realmente, si sforzò di raddrizzare la schiena e non barcollare mentre si sedeva anch'egli sul divano accanto alla ragazza.
Le circondò le spalle con un braccio - quello destro, quello sinistro era ancora inservibile -, ma la sentì distintamente irrigidirsi e ritrarsi dalla sua presa. Il ragazzo la fissò sorpreso, mentre Eliza fissava il contenuto del suo bicchiere.
« Sei quasi morto, Alex. Stavolta hai passato ogni segno. Se non fossi arrivata prima da te probabilmente non avrei fatto in tempo a portarti qui... Ed a quel punto cosa avrei fatto, cosa avrei potuto fare?
Per i tuoi stupidi egoismi non puoi mettere di mezzo le persone che ti vogliono bene. Non intendo rovinarmi l'immagine pubblica solo perché tu sei depresso e cerchi di curare la tua insoddisfazione verso il mondo bucandoti. »




Eccoci qua, sera a tutti!
Uhm, oggi non avevo voglia di far nulla, così alla fine mi sono lanciata in questa storia, incentrata su alcune tematiche che mi stanno a cuore, come la tossicodipendenza, l'autolesionismo e gli abusi.
Da come avrete sicuramente capito, questo primo paragrafo
era un chiaro riferimento a Pulp Fiction, film che letteralmente a d o r o ! La scena è quella in cui Mia va in overdose...
Avviso fin da subito che questa storia è parzialmente autobiografica e quindi alcune descrizioni saranno molto forti perché, avendole vissute in prima persona, proverò ad esternare tutte le sensazioni
che mi hanno accompagnato in quei percorsi.
Non mi resta nient'altro se non augurarvi una Buona Lettura! :3

   
 
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