NON
E’
Era
finita.
Anche
per quel giorno, erano
riusciti a risolvere il caso, a mandare il colpevole ed il suo complice
tra le
sbarre ed a salvare Horatio e Natalia.
Jack
Taller ed il suo
complice non avrebbero dato più problemi né al
dipartimento di Miami DADE né a
quello di nessun altro Stato d’America e adesso, dopo
un’estenuante giornata,
era arrivato il momento di andare a casa.
Sulla
città era calata la
notte già da un po’ quando, dopo aver finito di
compilare tutte le pratiche
necessarie per il processo contro quei due criminali, aveva deciso che,
dopotutto, aveva bisogno di riposo anche lui.
Ryan
era stanco.
Incredibilmente
stanco.
Ma
non solo fisicamente.
La
quantità di stress
accumulata durante il giorno, prima per la fuga di
quell’assassino, poi per la
vita dei suoi colleghi ed amici, ed infine per quella povera ragazza
che stava
per essere arsa viva da un pazzo, si stavano riversando sui suoi nervi
già
abbastanza affaticati, tutti insieme.
Creando
solo una gran
confusione di immagini, parole e suoni.
La
cosa migliore da fare
adesso era sicuramente andare a casa e dormire.
Domani
sarebbe stato il suo
giorno libero, per fortuna.
Il
silenzio del laboratorio
risuonava pesantemente nell’eco dei suoi passi mentre,
lentamente, si avvicinava
al parcheggio per raggiungere la propria macchina.
Aveva
cercato di ricordare
dove l’avesse parcheggiata e, dopo qualche buco
nell’acqua, era riuscito
finalmente a trovarla.
Ora
non restava che prendere
le chiavi.
‘Le chiavi! Sono rimaste
nel mio armadietto! Oggi non
è proprio giornata…’
Terminata
questa scomoda
quanto necessaria constatazione e non senza averla accompagnata con un
sonoro
sospiro, il giovane agente si era avviato nuovamente verso il
laboratorio,
ripercorrendo i propri passi.
Adesso,
la centrale, sembrava
ancora più buia e silenziosa.
Doveva
essere l’unico lì
dentro ormai. A parte ovviamente i cadaveri nell’obitorio.
Aveva
sbuffato ancora una
volta e, accelerando il passo, si era avvicinato all’ingrasso
degli spogliatoi,
deciso più che mai a prendere le chiavi e andare a casa il
più velocemente
possibile.
Si
ritrovò a guardare
l’orologio: 23.45.
Sì,
era decisamente tardi.
Arrivato
all’ingresso però,
si era fermato.
Nel
buio di quella piccola
stanzetta, illuminata solo da una flebile lampadina a neon, consumata
dal tempo
e dall’uso continuo, si poteva chiaramente distinguere
un’ombra.
Era
rannicchiata con la
schiena contro l’umida parete di freddo acciaio, la testa
affondata nell’incavo
delle ginocchia che erano saldamente trattenute da due piccole braccia.
Non
si muoveva, non tremava,
sembrava che non respirasse neanche.
E,
se non avesse notato un
particolare, non sarebbe neanche riuscito a riconoscerla.
I
capelli.
Calleigh.
La
solita cascata di fili
d’oro e raggi di sole, che tante volte si era fermato a
guardare ammirato
chiedendosi spesso quanto potesse essere morbida, era ora
scompostamente
adagiata su quel corpo raggomitolato.
Il
suo corpo.
Quindi,
lentamente, si era
avvicinato evitando di fare rumore e, solo quando era arrivato di
fronte a lei,
si era deciso a rivelarsi.
-
Hei Cal, tutto ok?
Lei,
colta di sorpresa, aveva
alzato la testa di scatto, si era messa in piedi e aveva cercato di
ricomporsi
leggermente.
-
Io… sì Ryan, stavo solo…
-
Che ti è successo?
-
Oh nulla, non preoccuparti.
Sto bene.
-
A me non sembra affatto.
Avanti Calleigh…parla con me.
-
Io… non c’è niente di cui
parlare, davvero. Forse è meglio se vado a casa…
Allora
lei aveva preso la
borsa sulla panca e aveva iniziato a camminare verso l’uscita.
Stava
andando via.
Ancora
una volta stava
scappando dai propri problemi.
Ma
non gliel’avrebbe
permesso.
Velocemente,
l’aveva
afferrata delicatamente per un braccio e l’aveva fatta
voltare.
In
quegli occhi, in quei
meravigliosi occhi verdi che sempre lo incantavano, aveva visto
qualcosa che
non aveva mai visto prima.
Paura.
Tristezza. Rimpianto.
-
Ryan, ti prego, fammi
andare a casa. Sono stanca e voglio solo riposarmi.
-
Certo Cal, ma solo dopo che
mi avrai spiegato cosa ti succede.
-
Perché …?
-
Perché non mi va proprio di
vederti così. Dimmi, è stato Eric? È
successo qualcosa con lui? O è per tuo
padre o…
-
Niente di tutto questo.
-
E allora?
-
…
-
Cal, avanti…
-
Quello che è successo oggi…
Horatio, Natalia e poi i bambini, quei poveri piccoli a cui hanno
portato via
la famiglia. Io avrei davvero voluto fare qualcosa Ryan, credimi, ma
non ho
potuto.
-
Austin e sua sorella? È per
loro?
-
Si. Lui… Austin mi ha
chiesto di adottarli. E io ho detto no. Ho detto no, capisci? Ma Dio sa
se
avrei voluto dire sì. Avrei voluto con tutta me stessa,
credimi.
Ma
non posso. Io sono sola e
ho questo lavoro. Hai visto quanti rischi si corrono, quante volte
inizi
un’indagine e non sai se ne uscirai vivo? Ho rischiato la
vita molte volte
negli ultimi anni, ed è sempre andata bene. Ma, se io
dovessi accettare di prendermi
cura di quei bambini e un giorno non dovesse andare bene, che
succederebbe?
Loro rimarrebbero da soli di nuovo, soffrirebbero, ed io non voglio
assolutamente che soffrano. A volte vorrei che la mia vita fosse andata
in un
modo diverso, vorrei aver fatto scelte che non mi condizionino
così tanto.
Non
mi fraintendere. Io amo
questo lavoro, lo amo con tutta me stessa. È solo che, a
volte, mi ritrovo a
pensare che forse sto dando troppo al lavoro sacrificando me stessa.
Sono dieci
anni che lavoro qui Ryan, dieci anni. Ed è da dieci anni che
non ho una
relazione seria con un uomo o che non bado più a me stessa
come si deve.
E,
sinceramente, comincio ad
essere stanca. Ho sacrificato la mia vita, la possibilità di
un matrimonio, di
avere una famiglia e dei figli, ho sacrificato i miei sogni per tutto
questo e,
adesso, anche se decidessi di tentare di realizzarli, sarebbe comunque
troppo
tardi.
-
Non è mai troppo tardi, se
vuoi veramente una cosa.
-
Oh, guardami per favore.
Non sono più una ragazza, sono una donna. E sono una donna
troppo cresciuta per
pensare di iniziare a costruire una famiglia.
-
Lo sto facendo, ti sto
guardando. E sai cosa vedo io? Una donna bellissima, fiera e
coraggiosa. Una
donna che non si arrende davanti a niente e a nessuno.
Era
vero, sentiva davvero
tutto ciò che aveva pronunciato. Se si desidera veramente
qualcosa, non importa
né il come né il quando, bisogna lottare fino
alla fine.
Colta
alla sprovvista, lei
aveva alzato gli occhi, puntando quelle due gemme verdi proprio dentro
i suoi,
come se avesse appena capito una cosa importantissima.
Per
tutto il loro colloquio,
era stata tesa, rigida, ma ora vedeva chiaramente tutti i suoi muscoli
rilassarsi, e un dolce sorriso era appena spuntato sul suo viso,
così come nel
suo sguardo.
Era
bella, tanto da far male.
Sapere
di averla così vicina
ma allo stesso tempo così lontana lo faceva impazzire, lo
tormentava
continuamente. Perché non poteva essere felice anche lui?
Cosa glielo impediva?
-
Grazie Ryan. Sei molto
dolce. Credo che dovrei proprio seguire il tuo consiglio e magari
sarebbe
proprio il caso che domani mi prenda un giorno tutto per me.
Ma,
riguardo la mia scelta,
credo di averla già fatta. Ho deciso che tenterò
di riprendere la mia vita da
dove l’ho lasciata, e lotterò per adottare quei
due magnifici bambini, ma non
abbandonerò il mio lavoro. È una parte di me,
come spero che un giorno lo
saranno anche Austin e sua sorella. Anzi, credo proprio che domani
andrò a
trovarli.
-
Hai fatto la scelta giusta.
E, come ti ho detto, io sarò sempre dalla tua parte. Quindi,
che ne dici se
domani ti accompagno?
-
Oh no Ryan, non
preoccuparti. So che questo è il tuo primo giorno libero da
mesi, non ti
chiederei mai di sprecarlo per me.
-
Ma tu non me l’hai chiesto.
Ho deciso io di farlo e, davvero, lo voglio fare. Ti passo a prendere
domani
mattina, tieniti pronta.
-
Come vuoi tu.
Tranquillamente,
lei adesso
aveva ripreso la borsa e, con un luminoso sorriso sulle labbra, aveva
imboccato
la strada per uscire.
Ryan
non si era mai sentito
così felice.
Aver
aiutato Calleigh e
sapere che domani avrebbero passato un intero giorno insieme riusciva a
farlo
risollevare completamente.
Tutta
la stanchezza era
andata via e, sicuramente, non si sarebbe più fatta sentire.
Era
pronto anche lui ad
andarsene adesso ma, prima che potesse farlo, era stato bloccato da
qualcuno.
Un
turbine dorato l’aveva
travolto e, prima che se ne potesse rendere conto, Calleigh era tornata
indietro e adesso lo stava abbracciando.
Sentire
i suoi soffici
capelli a contatto con la pelle ruvida del suo viso, sentire il suo
corpo
fragile e forte al tempo stesso contro il suo petto era una sensazione
bellissima.
Era
come tenere tra le
braccia un oggetto preziosissimo e facile da rompere.
Gli
ci vollero alcuni secondi
per poter reagire e abbracciare a sua volta quell’angelo
biondo, cercando di
non farle male.
Dopo
alcuni minuti però, lei
aveva interrotto quel contatto, l’aveva guardato e, dopo
avergli scoccato un
dolce bacio sulla guancia aveva detto:
-
Grazie Ryan, per tutto.
Subito
dopo se n’era andata,
lasciandolo in quell’umida e spoglia stanza che, adesso, non
sembrava poi così
male.
Era
proprio vero, non è mai
troppo tardi, per nessuno.
E
forse, neanche per lui.
Allora, che ve ne pare?
So che il pairing Calleigh/Ryan o meglio detto CaRWash, non è molto diffuso, ma che posso dirvi? Io amo questa coppia!! Trovo che insieme siano perfetti!
Spero che la mia storia, a prescindere dalla coppia che tratta, vi sia piaciuta e che vorrete lasciare un piccolo commentino ^^.
Grazie a tutti, un bacio,
Fairy_tale ;*