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Autore: NoceAlVento    17/10/2012    0 recensioni
Blue si svegliò sotto uno spesso strato di neve di diversi centimetri. Si alzò in piedi scrollandoselo di dosso e istintivamente si domandò per quanto tempo fosse rimasto fermo per concedere al nevischio di ricoprirlo a quel punto. Si trovava in una sconfinata piana su cui imperversava una violenta bufera di neve e le correnti d'aria, che cambiavano direzione di minuto in minuto, gli ghiacciavano il volto. Inizialmente si convinse di trovarsi nella distesa a est di Pallet Town e cercò di spiegarsi la tempesta, fino a che non avvistò, in lontananza, qualcosa di mai visto prima: un gigantesco numero nove in pietra – forse ossidiana o tectite, a giudicare dal colore molto scuro – che veniva trascinato dalle folate ora da un lato, ora dall'altro. Improvvisamente l'effigie mutò direzione di volo dirigendosi verso di lui. Blue iniziò a fuggire alla sua sinistra, ma sprofondò dopo pochi passi nella coltre immacolata su cui poggiavano i suoi piedi. Per sua fortuna tanto bastò: una corrente sospinse a metà strada il nove nella rotta opposta alla sua, allontanandolo all'orizzonte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo del Conflitto Globale'
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VIII 'Luci e ombre di un nuovo viaggio'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Canalave City: Canalipoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cerulean City: Celestopoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Devon Corporation: Devon S.p.A.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Mount Chimney: Monte Camino.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon League: Lega Pokémon (n.b. le istituzioni sono qui chiamate con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega Pokémon è anche il nome della località dove la Lega come ente ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Silph Corporation: Silph S.p.A.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Aaron: Aaron.

Agatha: Agatha.

Bertha: Terrie.

Blaine: Blaine.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Briney: Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).

Bruno: Bruno.

Clair: Sandra.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Flint: Vulcano.

Glacia: Frida.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Phoebe: Ester.

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.

Sidney: Fosco.

Steven Stone: Rocco Petri.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


VIII: “Un viaggio dalle mille sfumature ti aspetta


Pallet Town sfolgorava nell'accecante sole mattutino di giugno. Era uno di quei giorni in cui l'estate, più che vederla, si sente: tutti i cinque sensi sono coinvolti in un apprezzamento completo e totalizzante di odori, sapori e colori della stagione, in un tentativo poetico quanto inconsapevolmente stravagante di imprimere nella memoria quel particolare istante. La giornata era iniziata nel migliore dei modi, tra il canto degli uccelli sui verdi alberi e il risuonare delle campane delle nove di mattina che svegliavano gli abitanti. Per molti di loro era un giorno come tanti altri: per due in particolare, no.

Red inspirò profondamente. Spirava una lieve brezza che faceva apparire il borgo come congelato in una primavera eterna. Anche l'erba davanti a lui ondeggiava, ma per una diversa ragione. Chiuse gli occhi e provò a immaginare cosa vi si nascondesse al suo interno, dal momento che nemmeno il suo finissimo udito era in grado di accertarlo. Forse un Pidgey? Oppure un Rattata? Frenava a stento l'emozione. Era fermo di fronte al Route 1, nel giorno del suo decimo compleanno. Nella foga per la trepidazione era uscito di casa appena vestito, senza nemmeno consumare adeguatamente la sua colazione che giaceva ancora intonsa sul tavolo di casa. Inspirò di nuovo, questa volta ancora più teatralmente, e alzò il piede per compiere il primo passo nel mondo all'infuori di Pallet Town.

« Ehi, aspetta! Non andare! » gridò una voce da dietro di lui. Red, in parte spaventato e in parte confuso, si voltò e vide un anziano uomo in camice bianco che si precipitava con fare goffo nella sua direzione con una mano tesa di fronte a lui in uno spirituale gesto di arresto.

« L'hai scampata bella! » esclamò il professor Oak dopo aver ripreso fiato « Nell'erba alta vivono i pokémon selvatici! ».

« Io… Io credevo di poter andare comunque e catturarne uno per strada… ».

« Ma hai ascoltato i miei insegnamenti di quest'anno? » l'uomo faticava ancora a parlare con scioltezza a causa della corsa che era stato costretto a intraprendere « I pokémon selvatici appaiono all'improvviso! Hai bisogno di pokémon tuoi che ti proteggano! Fidati di me! Seguimi! ».

Dopodiché Oak si incamminò a ritmo sostenuto verso il suo laboratorio, seguito a ruota da Red. Durante il tragitto fu solo il primo a parlare; dal canto suo, d'altronde, il ragazzo non ascoltò che poche parole del suo sproloquio. Non per insofferenza, Red era anzi assai rispettoso degli anziani: il professore aveva tuttavia la fama di essere un gran chiacchierone, al punto che, in mancanza di nuovi argomenti di conversazione, ripeteva quelli già utilizzati fino allo sfinimento dell'interlocutore.

Quando il massiccio edificio e la sua torreggiante elica apparvero oltre gli alberi che affiancavano la curva stradicciola il giovane non poteva più trattenere la frenesia. A breve avrebbe ricevuto il suo primo pokémon! Chi sarebbe stato? Charmender, Bulbasaur oppure Squirtle? I due entrarono nel laboratorio eccitati allo stesso modo, anche se per motivi diversi. In fondo alla sala rettangolare, in attesa spasmodica, stava l'altro abitante di Pallet Town destinato a diventare in quel giorno allenatore: Blue Oak.

« Nonno! » proruppe appena incrociò i loro sguardi « Non ne posso più di aspettare! »

« Eh? Blue? Come mai sei già qui? Ti avevo detto di venire più tardi! » replicò sconsolato il professore « Ah, fa lo stesso! Aspetta qui. Ascolta, Red! Vedi quella Poké Ball lì sul tavolo? Lì dentro c'è un pokémon ».

« Solo uno? » domandò perplesso Red « Non dovrebbero essere tre da cui scegliere? ».

« Quest'anno ho variato un po' sul tema » rispose con una punta d'orgoglio Oak « Questa mattina presto sono andato a catturare due pokémon per voi. Certo, ne ho trovati due davvero atipici, non credevo nemmeno ce ne fossero in questa zona. Non sono neanche stati difficili da catturare, sembrava sapessero già cosa volevo fare. Meglio per voi, suppongo. Allora, puoi prenderlo! Avanti, è per te! ».

« Ehi, nonno! E io? » chiese Blue spazientito.

« Abbi un po' di pazienza, Blue. Ce n'è uno anche per te ».

Red si avvicinò con superstizioso timore a quella sfera come un primitivo che osserva per la prima volta il fuoco che egli stesso ha acceso. Lentamente tese la mano fino a essere a un passo da sfiorare la Poké Ball.

« Non esiste, Red! » esclamò Blue scansandolo con forza « Questo pokémon lo voglio io! ». Detto ciò con uno scatto fulmineo afferrò l'oggetto del desiderio.

« Blue! » Oak lo riprese con severità « Ti sembra il modo di comportarti? ».

« Nonno, questo pokémon lo voglio io! ».

« Ma io… Hm, e va bene, tienti pure il pokémon. Te ne avrei dato uno comunque… » il professore frugò nella sua tasca destra fino a estrarne una seconda Poké Ball « Red, vieni qui da me. Questo è l'altro pokémon che ho appena catturato. Puoi prenderlo… Ma attento, è ancora selvatico e ribelle! ».

Il ragazzo ricevette nella mano l'oggetto e l'osservò. Per qualche istante la semisfera superiore divenne trasparente, rivelando al suo interno l'inquilino: un piccolo topino elettrico che si agitava senza tregua. Gli occhi di Red si illuminarono di gioia. Era Pikachu, il suo Pikachu! Con diligenza ringraziò, rimettendosi poi al fianco di Blue che frattanto era ritornato al posto in cui l'aveva visto al suo ingresso nel laboratorio.

Si diresse poi verso l'uscita con foga, ansioso di tornare al Route 1 e combattere per la prima volta da allenatore. A metà della sala, però, il suo amico gli gridò dietro « Aspetta, Red! Proviamo i nostri pokémon! Coraggio, ti sfido! ».


~


Vermilion City si era oramai liberata quasi completamente dal caos disorganizzato provocato dalla partenza della S.S. Anne. I più erano ormai ritornati nelle proprie case oppure sulla via maestra, da cui si erano poi sparsi nuovamente nel territorio di Kanto. Lance passeggiava sul lungomare della città con inusuale lentezza, osservando dal suo lato sinistro le spiagge che si succedevano una dietro l'altra con regolare monotonia. In realtà soltanto i colori degli ombrelloni e delle sdraio differivano: nei fatti un lido valeva l'altro. Il sole brillava con vigore riscaldando l'aria a livelli insopportabili, e il Superquattro non sapeva quanto a lungo avrebbe potuto reggere prima di prendersi un colpo di sole. Ciononostante non intendeva allontanarsi da quella via per alcuna ragione al mondo. Lance amava l'estate, la attendeva tutto l'anno, eppure sistematicamente ne era deluso, la riteneva inferiore alle sue aspettative. Perciò, quando per caso si imbatteva in un'ambientazione che lui considerasse davvero l'emblema di quella stagione per lui tanto speciale, insisteva per rimanerci quanto più possibile; e tutto, le onde che si frangevano sull'arenile, il caldo soffocante, la folla di persone che passeggiavano, i ragazzi che giocavano a pallone sulla sabbia – a dire il vero era prevalentemente ghiaia dal tono spento – del litorale di fronte a lui, la balaustra ferrigna rovente, tutto contribuiva a fargli pensare che quei pochi secondi fossero la risposta a quanto ogni anno cercava. I meteorologi annunciavano un'estate torrida, ma lui sapeva in cuor suo che quello sarebbe stato quanto più vicino alla sua idea di quella stagione avrebbe vissuto.

Era l'allenatore più forte del mondo, era il Campione di Kanto e leader dei Superquattro, conosceva centinaia di persone da tutto il mondo. Era sempre gentile, sempre affabile, sempre disponibile. Per certi versi si conformava alla massa, fino a dove la sua carica gli permetteva. Non agiva mai sconsideratamente. Allora perché era solo?

Perché la gente si approfittava di lui? Ma non aveva senso. La sua posizione di Campione non comportava praticamente nessun privilegio, e ancor meno erano quelli trasferibili a un accompagnatore.

Perché non faceva nulla per essere in compagnia? Forse. Ma quella era davvero colpa sua? Se nulla di quello che gli altri facevano o di cui gli altri discutevano lo interessava, avrebbe dovuto fingere? Solo per avere falsi amici che magari non avevano nulla in comune con lui? Cosa poteva interessargli della presenza di altri? Lui era la presenza da cercare, non doveva essere lui a impegnarsi a trovarne altre.

Era troppo selettivo? Lo accettava. Una cosa era certa: non era solitario perché aveva scelto di esserlo. Nessuno ama stare solo, nemmeno il più emarginato, il più introverso, il più taciturno. Se qualcuno gli diceva che aveva deciso consapevolmente di chiudersi Lance non replicava, ma in cuor suo avrebbe voluto aggredirlo. Non era banalmente una bugia come altre: era una presa in giro nei confronti di quelli che come lui avrebbero amato la compagnia se soltanto ne avessero avuta una. Era come andare da un cieco e dire « io tengo gli occhi chiusi perché il mondo mi fa ribrezzo ». Ma nessuno avrebbe mai agito così, perché la cecità è un handicap evidente e ben riconoscibile.

Forse si stava sbagliando. Anzi, sicuramente si stava sbagliando. Era da solo perché non sapeva dire la verità a sé stesso nemmeno quando nessun altro avrebbe sentito. Negava di raccontarsi persino la vera storia, per paura di rievocare anche i sensi di colpa. E ogni volta il racconto tornava più forte di prima ad avvelenarlo contro la sua volontà, e ne finiva prigioniero. E continuava a farsi del male. Lamentava di non conoscere il motivo della sua partenza, ma non c'erano altri problemi più grandi con cui doveva fare i conti? Che importanza aveva il suo viaggio di fronte ad azioni da lui commesse ben più degne di analisi? Come può relazionarsi con gli altri uno che è incapace di controllare i propri pensieri persino in solitudine?


~


« Hai paura » disse l'uomo a pochi metri da lui.

« Non ho paura » replicò Lance con vigore « Perché sei ancora qui? Ieri ti ho detto che non ero interessato a niente ».

« È naturale avere paura. Lorelei ha trionfato con largo margine tutte le sfide del torneo ».

« E io? » domandò l'allenatore avviandosi verso il corridoio per l'arena « Io non ho forse fatto lo stesso? Ah, ma vattene, mi fai perdere tempo ».

« Sai bene di non poter fare niente per impedire ai suoi tipi Ghiaccio di abbattere i tuoi draghi » replicò l'uomo, e Lance si fermò sull'uscio della porta « Ti sconfiggerà senza problemi ».

« E anche fosse? ».

« Ti ho visto ieri, come ti preparavi. A dire il vero ti ho tenuto d'occhio per tutto il torneo. Sei insicuro, eppure sei convinto che nonostante ciò potrai farcela ».

« E così sarà! » esclamò Lance « Userò Gyarados, per cominciare. E poi… ».

« E poi tutti i tuoi pokémon saranno sconfitti dai Geloraggi di Dewgong. L'ho vista, sai, Lorelei. Ti ha studiato benissimo. Dubito tu abbia una qualche possibilità, e lo sai anche tu. Te l'ho già detto ».

« BEH, CHE SCELTA HO? » urlò veemente Lance « Dovrei… arrendermi senza combattere? Mai! ».

« Ma tu hai una scelta » ribatté pacatamente l'uomo « Te l'ho proposta ieri. Puoi vincere o perdere ».

« Imbrogliando? Piuttosto affronterò un'umiliazione generale ».

« Non si può definire imbrogliare se sono in due a farlo, non ti pare? ».

Lance si girò sospettosamente « Che intendi dire? ».

« Credi che Lorelei abbia sconfitto Blaine per caso? » domandò l'uomo « Sii logico, dai, te ne sarai accorto anche tu che qualcosa non quadrava ».

« Che cos'ha fatto ai suoi pokémon? ».

« Zinco. Li ha imbottiti, una cosa come dieci dosi a testa ».

L'allenatore temeva altre informazioni, eppure non poté trattenersi « E… lo userà anche stasera? ».

« Questa volta dovrebbe toccare al Calcio. Immagino voglia risparmiare lo Zinco per il suo futuro scontro con Agatha ».

Lance sapeva bene cosa significava il Calcio: Attacco Speciale. Un solo Geloraggio sarebbe bastato ad abbattere anche il suo Dragonite. Per un attimo rimase inebetito, poi intravide la conclusione più logica « La denuncerò ».

« Buona fortuna con i controlli. Sai benissimo che quelle sostanze sono praticamente impossibili da rintracciare in un pokémon ».

« E allora che cosa dovrei fare? » domandò Lance furioso « Barare anche io? Con che etica? ».

« Non si tratta di etica » rispose l'uomo « Hai di fronte la possibilità di diventare il più forte allenatore del mondo. Il potenziamento che ti sto offrendo è permanente, non svanisce come quello delle Vitamine. Saresti indiscutibilmente il più grande, nessuno oserebbe rivaleggiarti. Non è questo che vuoi? Oppure puoi scegliere di passare per il fesso di turno e lasciarti battere da una truffatrice che quasi sicuramente sconfiggerebbe anche Agatha. Puoi lasciare Kanto in mano a chi ha distrutto lo scopo della Grande Unificazione di produrre guide che siano d'esempio ed essere rilegato nel migliore dei casi al ruolo di Superquattro, oppure puoi diventare Campione ».

« Perché mi aiuteresti? Non ti conosco ».

« Io conosco te. E, dopotutto, un tuo aiuto potrebbe farmi comodo tra qualche anno ».

« Che tipo di aiuto? » chiese Lance, ma suonava più un'affermazione che una domanda per il tono in cui era stata pronunciata.

« Tra cinque anni Pallet Town, una cittadina di Kanto, sarà attaccata ».

« Attaccata? » trasalì l'allenatore « Da chi? ».

« Non ha importanza ».

« E allora che cosa ha importanza? ».

« Non è il momento di discuterne, più avanti nel tempo ti darò ogni istruzione su come agire in quella circostanza. Mi dovrai solo garantire il tuo aiuto, nient'altro ».

Lance fu insospettito « E che cosa mi dà per certo che rispetterai l'accordo? ».

Il volto dell'uomo, fino ad allora impassibile, mutò in un ghigno di soddisfazione mentre la sua mano si protendeva alla ricerca di una stretta « Stipuleremo un Patto con l'Abisso ».


* * *


~Dietro la storia~


Rieccoci al terzo Commento finale, la terza analisi comparata della storia che ne svela il retropalco più remoto. Non penso sia necessario evidenziare che nel caso non abbiate ancora terminato il racconto nella sua interezza dovreste accuratamente eludere questa parte, ma lo farò comunque perché la mia fede verso il lettore medio di fan fictions è qualcosa di infimo.

Triduum vede la luce in modo alquanto casuale. Per risalire alla sua origine dobbiamo ritornare alle vacanze natalizie 2011-2012, nel periodo in cui, una volta scoperto EFP, regolarmente sfogliavo la sezione Pokémon del sito cercando elaborati che non inducessero in me disgusto alla semplice lettura approssimativa. Proprio nei meandri di quell'inferno di bytes – pochi hanno idea di cosa si trovi là dentro – ho reperito fortuitamente la fan fiction Storia di Rosso e di Blu di Afaneia, che come si può arguire narrava di come i due divennero da amici d'infanzia rivali nell'allenamento.

Adesso il lettore potrà dire « Ehi, ma tu in Triduum spieghi proprio quello! Copione! », e in parte avrebbe anche ragione; il punto è che però io quel racconto, dopo aver intuito dall'esposizione generale di cosa parlasse e aver prelevato l'idea che, tutto sommato, era anche buona, l'ho diligentemente lasciata da parte per evitare di trarne ulteriori informazioni che avrebbero potuto convertire la neonata Triduum in un plagio spontaneo. A onor del vero dopo aver terminato il mio racconto sono andato a leggere la Storia, solo per scoprire che la mia versione non ci va nemmeno vicino. Pericolo scampato, si potrebbe dire – a scanso di equivoci, riconosco chiaramente l'influenza che il lavoro di Afaneia ha avuto sul mio, ragion per cui, pur non condividendo alcune scelte da lei compiute riguardanti il rapporto tra Red e Blue che comunque spettano allo scrittore, invito pubblicamente a dare una scorsa a quanto ha costituito la genesi di Triduum.

Il passo successivo è stato, logicamente, quello di chiarire come Red e Blue finirono in concorrenza l'uno con l'altro. Accantonata una esplicazione di carattere standard, mi è apparso quasi immediatamente scontato che avrei dovuto far scendere in campo potenze superiori. Al tempo, comunque, non v'era traccia del concetto dell'Abisso, del Patto o anche solo della vera natura di Dà Hàak Loi'i: l'idea di base era quella di uno spettro che per qualche ragione intendeva rompere l'amicizia della coppia e non aveva alcuna correlazione con il Ciclo – di qui la Premessa originale che poneva l'accento su ciò. L'idea del tritaios, ovvero del triduo che dà nome al racconto, è stata invece una delle prime a essere inserite e ha la propria nascita nel mio trasporto di quel periodo per The Legend of Zelda, e chiunque abbia giocato a Majora's Mask può ora minuziosamente comprendere.

Triduum era inizialmente molto più breve di come è ora, al punto che per un po' di tempo essa è stata addirittura congetturata come one shot su modello di Aequor. Per dare un'idea al lettore della conformazione preliminare della novella, essa era così costituita: il primo capitolo, Opener, era pressapoco identico a quello attuale; ne seguivano poi tre (tre!) consecutivi, denominati Saggezza, Coraggio e Forza (di nuovo si nota l'ascendente di Zelda) che avrebbero ospitato un giorno ciascuno; infine ci sarebbe stato il breve Epilogo, che avrebbe racchiuso la sezione finale del corrente VIII.

Flemmaticamente, di pari passo con la stesura, sono emerse nuove integrazioni che sono state incorporate in corso d'opera – una delle più recenti riguarda l'intervento dei Superquattro delle altre regioni per aiutare quelli locali, e di conseguenza l'introduzione di Drake che è uno dei miei personaggi preferiti nel contesto del Ciclo.

Dopo un principio altalenante in aprile dovuto all'intensità del periodo scolastico connesso, con l'arrivo dell'estate Triduum ha subito una repentina cabrata, tanto che a metà luglio ero già al dialogo tra Lance e Blue del quarto capitolo. È seguita una decelerazione ascrivibile al mio progressivo coinvolgimento nei videogiochi online che hanno impegnato pressoché integralmente il mio tempo fino a inizio agosto, quando sono partito per la mia consueta vacanza toscana. E lì è successo ciò che già un anno fa aveva benedetto Vox.

Con poco più di un'ora a disposizione quotidianamente per scrivere, in quello iato da internet ho dato fondo a ogni mia energia creativa fino a giungere al termine delle ferie protrattesi tre settimane con solamente l'epilogo VIII da terminare. Ero esageratamente affaticato per lo sforzo profuso in quella che è stata certamente la sezione più complessa da rendere di Triduum, ma nondimeno era quasi tutto concluso. Nella settimana successiva ho comodamente suggellato quanto restava per poi dedicarmi a una meticolosa rilettura che ha rimosso il grosso degli abbagli sintattici e ortografici di cui il racconto era, secondo i miei canoni, gremito, e ho poi scritto confortevolmente il qui presente Commento finale che sancisce in questo 25 agosto 2012 lo spirituale compimento di Triduum.


Ringrazio per la paziente lettura e, come d'abitudine, auspico di non aver annoiato nessuno.

Novecento

   
 
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