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Autore: 9Pepe4    18/10/2012    5 recensioni
In un momento imprecisato dopo gli avvenimenti di “Thor”, Loki sogna.
Loki ricorda, rivivendo con amarezza il momento in cui, da bambino, ricevette una lezione sui cuculi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cuculo

Smarrimento.
Fu la prima sensazione che Loki provò, trovandosi davanti quel bambino. Ma si riprese subito, e lo esaminò inarcando un sopracciglio.
Era un ragazzino gracile, minuto. Il volto infantile aveva un colorito pallido sul quale risaltavano il rosso delle labbra carnose e il nero corvino dei capelli arruffati.
In quanto agli occhi chiari – che osservavano tutto, curiosi e pieni d’interesse –, contrastavano spaventosamente con quelli freddi di Loki.
L’uomo sbatté le palpebre e si guardò attorno, diffidente.
Si trovavano in un prato.
Mentre lui era in piedi, il bambino era seduto a cavalcioni di una panca di legno, all’ombra di un melo, e faceva dondolare ansiosamente le gambe avanti e indietro.
Loki conosceva fin troppo bene quel posto, poiché vi aveva trascorso intere giornate della propria infanzia.
Fece un passo in avanti, assottigliando gli occhi… E il bambino si mosse, raddrizzandosi sulla panca.
Istintivamente, Loki si bloccò.
Dunque era così che funzionavano le cose? Il ragazzino poteva vederlo?
Un istante dopo, però, si rese conto che lo sguardo del bambino non era diretto verso di lui, e si girò per controllare cosa stesse osservando.
Si trattava di un uomo anziano, con una barba a punta e un copricapo color prugna.
Mentre il nuovo venuto avanzava in direzione del melo, tenendo alcuni libri sotto braccio, il bambino si preoccupò di sedersi più composto.
Loki si accigliò, facendosi da parte.
Quella scena aveva qualcosa di dannatamente familiare… Non si trattava solo di un sogno, no… Stava assumendo i contorni limpidi e sgraditi di un ricordo.
Giunto davanti al bambino, l’uomo anziano scaricò i libri sulla panca, con uno sbuffo sonoro.
«Mio principe» disse poi, un po’ ansimante.
«Salve, maestro» replicò il bambino, con voce sottile ed educata.
Il suo interlocutore fece un sorriso rugoso, quindi si guardò attorno. «Vostro fratello?» indagò, riportando gli occhi sul bambino.
Quest’ultimo parve esitare, come se non sapesse bene cosa dire, ma alla fine dovette alzare le spalle ed ammettere: «Non lo so».
Il precettore sospirò, scuotendo la testa. «Siamo alle solite… Ah, suppongo che si possa attendere il suo arrivo ancora per qualche momento».
Loki, che sino a quel momento aveva osservato il duo con aria circospetta, ne distolse di colpo lo sguardo.
Aveva sentito abbastanza per capire che, di lì a poco, avrebbe visto una persona che non desiderava assolutamente vedere.
A riprova della sua deduzione, un urlo squarciò la quiete: «Sto arrivando!»
Al suono di quella voce – familiare ma tanto detestata – Loki digrignò i denti, ma il bambino dai capelli corvini sollevò gli occhi e si illuminò.
E poi, eccolo… Thor giunse lì di corsa. Aveva i capelli biondi scompigliati e gli abiti in disordine, ma i suoi occhi brillavano come diamanti. Sprigionava vita ed eccitazione da tutti i pori, e c’era poco da aggiungere.
«Loki!» esclamò, allegramente, salutando prima di tutto il bambino moro.
Il precettore tossicchiò discretamente. «Bene, principe Thor» commentò. «Ora che siete arrivato, immagino sia possibile cominciare la lezione».
Molto poco turbato dal velato rimprovero racchiuso in quell’osservazione, Thor sfoderò un sorriso a trentadue denti.
«Lo immagino anch’io, maestro» concordò senza sforzo, prendendo posto accanto al fratello minore.
Loki si sentì percorrere da un fremito di rabbia.
Dov’era finita la vecchia regola, quella secondo la quale ci si sveglia non appena ci si rende conto di star sognando?
Lui non voleva essere lì.
Non era sicuro di cosa sarebbe successo, ma non voleva rivivere quel pomeriggio.
Fissò il primogenito di Odino con espressione velenosa, sentendosi invadere dall’invidia e dal rancore. Ancor più della presenza di Thor, però, lo infastidiva l’atteggiamento del proprio giovanissimo alter ego.
Il piccolo Loki, infatti, sembrava perfettamente a proprio agio.
A dirla tutta, lanciava qualche occhiata di rimprovero a Thor quando questi interrompeva il maestro o sbadigliava troppo vistosamente, ma non mancava mai di ricambiare gli sguardi complici del bambino biondo.
Loki strinse le labbra e si avvicinò di qualche passo.
Cercò di calmarsi: aveva la forte sensazione di non poter toccare quelle persone, ma anche se così non fosse stato… Non era contro quel Thor radioso e così fastidiosamente giovane che voleva vendetta.
Per qualche istante si dibatté inutilmente nella propria ira, finché il libro che il precettore stava mostrando ai suoi allievi non catturò la sua attenzione.
Loki si accigliò. Si ricordava di quel libro, un manoscritto che parlava della natura, spaziando dai benefici delle piante alle abitudini degli animali.
Ne ricordava le figure minuziose, i colori ancora nitidi nonostante il tempo.
Nella sua mente, balenò la rimembranza di un’illustrazione di un pentapalmo, così spaventosamente realistica che da bambino l’aveva trovata terrificante.
La voce un po’ querula del precettore lo riscosse.
«Dunque, sapete per quale motivo non avete mai visto nidi di cuculo?»
«No» esclamò subito Thor. «Depongono le uova in posti molto, molto alti e inospitali?»
Il suo fratellino gli scoccò un’occhiataccia.
A Loki la cosa non sfuggì, e provò un’immensa soddisfazione.
Una soddisfazione tinta d’amarezza, però… Era questo il solo genere di rivalsa che gli era concesso di ottenere?
«No, principe» rispose il precettore. «Il motivo, effettivamente, non è questo». Volse lo sguardo sull’altro suo allievo. «Voi che dite, principe Loki? Avete un’altra ipotesi da proporre?»
«Be’, sì» rispose il bambino. «Non si trovano i nidi dei cuculi perché i cuculi non hanno nidi propri».
Thor sbatté le palpebre. «Che cosa?!» esclamò, prima di guardare verso il precettore con aria indignata. «Allora era una domanda a trabocchetto!»
L’uomo lo zittì con un gesto, quindi fece cenno all’altro bambino di continuare.
«I cuculi, infatti» riprese il piccolo Loki, «depongono le proprie uova all’interno dei nidi degli altri uccelli».
«Precisamente» confermò il precettore con aria soddisfatta, e Loki poté osservare il suo fragile alter ego illuminarsi d’orgoglio. «Il cuculo, inoltre, occupa per lo più i nidi di specie come le cannaiole, le capinere, le forapaglie, le averle e le ballerine, poiché le sue uova sono molto simili a quelle di questi uccelli».
«Insomma» intervenne Thor, «in poche parole il cuculo è uno schifoso parassita!»
Loki sentì un’ondata di rabbia. Aveva dimenticato l’irritante abitudine del fratello di snocciolare tutto ciò che gli passava per la testa.
Il precettore, al contrario, doveva aver ormai fatto il callo alle uscite del bambino biondo, e infatti prese quel commento con molta calma. «Non è tutto qui, principe Thor» disse, gravemente. «Il piccolo del cuculo, infatti, nasce prima degli altri, e a quel punto si sbarazza delle uova che ha intorno».
«Si sbarazza?» ripeté Thor, con gli occhi spalancati.
“Esattamente ciò che io avrei voluto fare con te” pensò Loki, gelidamente. “Ma tu non sei mai, mai stato indifeso alla mia mercé”.
«Le fa cadere dal nido» spiegò il precettore. «Così da rimanerne il solo occupante, e poter essere l’unico a ricevere le attenzioni dei proprietari del nido, che lo nutrono come se fosse un proprio nidiaceo».
Ascoltando quelle parole, Loki cominciò ad avvertire un vuoto sgradevole sul fondo dello stomaco.
Immagini non volute si presentarono alla sua mente: l’orgoglio che aveva visto sul viso di Frigga e di Odino il giorno dell’incoronazione di Thor, ma anche la nebulosa e confusa eco della voce della Regina che gli diceva di mangiare un’altra cucchiaiata di quanto aveva nel piatto.
Loki scacciò tutto questo. Un improvviso panico gli punse lo stomaco e lui si girò verso il palazzo, quasi temendo di vederne uscire sua madre da un momento all’altro.
Temendo… o desiderando?
Loki era lacerato, ma rifiutava la seconda ipotesi con tutte le proprie forze.
«Ma come?!»
La voce di Thor vibrava di indignazione, e Loki riportò a fatica lo sguardo sulle persone radunate sotto il melo.
Il bambino moro lanciò un’occhiataccia al fratello. Probabilmente, riteneva che il suo coinvolgimento nella lezione fosse eccessivo… Non sapeva, così giovane e inconsapevole di tutto, che sarebbe stato lui a doversi sentire chiamato in causa.
«E loro non si accorgono che è un intruso?»
«Thor, sono solamente uccelli» osservò il più piccolo, cercando di calmarlo.
Loki provò uno strano misto di fastidio e delusione. In fondo, non erano solo gli uccelli, a non essere in grado di comprendere quando avevano un intruso tra loro.
«Sì, ma un intruso rimane un intruso, non importa a quale razza appartenga!» ribatté il bambino biondo, scaldandosi.
Il Loki futuro gli rivolse uno sguardo gelido.
Povero stolto, parlava tanto di intrusi e non si rendeva conto di averne uno accanto…
L’odio e la rabbia gli artigliarono l’animo, e improvvisamente Loki desiderò che si trattasse di un sogno diverso, un sogno in cui non essere un semplice spettatore… Un sogno in cui potersi intromettere… Era certo che, a quell’età, anche Thor si sarebbe spaventato nel vedersi rivolgere un’occhiata simile.
«E i genitori?» volle sapere improvvisamente il piccolo Loki, strappando un sussulto alla sua controparte adulta. «I cuculi grandi, intendo… Cosa fanno, una volta deposto l’uovo?»
Il precettore parve lieto del fatto che il bambino avesse interrotto la cascata di parole di Thor. «È semplice» rispose, strofinandosi un sopracciglio con un dito. «Dato che non devono occuparsene, migrano subito nei quartieri di svernamento».
Il bambino dai capelli corvini arricciò il naso.
Loki lo guardò. Con suo gran disappunto, non ricordava proprio cosa gli fosse passato per la testa, in quel momento…
Forse si era sentito indignato, arrabbiato, senza sapere che i suoi, di genitori, lo avevano ugualmente abbandonato?
Forse si era sentito dispiaciuto, senza sapere che avrebbe fatto molto meglio a provare pietà per se stesso?
«Il sangue non è acqua» commentò Thor, con l’aria di chi la sa lunga.
«La classe non è acqua» lo corresse suo fratello.
«Ciò che volevo dire» borbottò il più grande, «è che i genitori dei cuculi sono degli esseri ignobili e anche i loro figli sono degli esseri ignobili».
«I genitori sono più ignobili, però» obiettò il piccolo Loki, con una certa ostinazione.
«Miei principi» intervenne il precettore, «dubito che dovremmo discuterne come se parlassimo di psicologia. I soggetti di questa lezione sono animali, pertanto agiscono come dice loro l’istinto».
Il minore parve accettare con sollievo quella spiegazione, mentre Thor borbottò qualcosa come: «Sì, bella scusa».
Il precettore osservò il cielo che li sovrastava. «Va bene, penso che la lezione di oggi possa dirsi terminata…»
A quelle parole, il sorriso di Thor si accese immediatamente, e il bambino balzò giù dalla panca.
«Rammentate che domani ripasseremo le ultime regole di aritmetica che vi ho insegnato» aggiunse l’istruttore, precipitosamente, «e vi assegnerò delle esercitazioni per…»
«Certamente!» esclamò Thor, sprizzando contentezza per essere finalmente libero di muoversi. «Sai cos’ho pensato, Loki?» domandò, spostando l’attenzione sul fratellino.
Quest’ultimo salutò il precettore, quindi si girò verso Thor. «A cosa?»
«Potremmo organizzare una battaglia! Questo giardino può essere la landa di Jotunheim e…»
Mentre parlava, spedito e concitato, indietreggiava e allargava le braccia come ad illustrare le proporzioni ciclopiche che avrebbe dovuto avere quello scontro immaginario.
Il suo fratellino lo seguiva, ascoltando le sue parole senza commentare.
Loki serrò i denti. Si girò per seguire con lo sguardo il precettore che si allontanava, e intanto si sentiva furioso con se stesso.
Non avrebbe dovuto interessargli affatto, se Thor bambino progettava un assalto ai Giganti di Ghiaccio.
Non avrebbe dovuto ferirlo, per due motivi.
Primo, non gliene importava nulla di ciò che Thor pensava, e tantomeno di ciò che poteva aver pensato in passato.
Secondo, aveva rinnegato la propria natura Jotun, e non voleva sentirsi parte di quel popolo mostruoso.
Trasalì, perché i due bambini, spostandosi nel giardino, gli erano passati accanto… Vedendosi vicino quel se stesso così piccolo, Loki non resistette. Come guidato da un impulso irrefrenabile, si tese in avanti e lo toccò sul braccio.
Fu un tocco leggero, ma fu sufficiente.
Il bambino ebbe un brivido e Loki ritrasse la mano di scatto.
E raggelò a propria volta, perché all’improvviso ricordò.
Si ricordò di quel giorno, del momento in cui, mentre ascoltava Thor parlare, si era sentito assalire da un gelo immotivato.
“Non ha senso” pensò l’uomo, scosso, davanti agli occhi limpidi e irrequieti del suo alter ego. “Non posso essere stato io a procurarmi quella sensazione. Adesso sto sognando, non sono certo tornato indietro nel tempo…”
Più probabilmente, all’epoca, si era sentito sgomento per qualcosa che Thor aveva detto…
Poi decise di non darsi troppa pena. Dopotutto, non lo riguardava come il suo subconscio decideva di rielaborare i suoi maledetti ricordi.
«Ehi, cos’hai?» s’informò Thor, perplesso.
«Niente» mormorò l’altro bambino, pur senza sembrarne totalmente convinto. «Penso… di aver avuto una sorta di… presentimento».
Thor fece spallucce. «Queste faccende lasciale agli indovini, Loki! Noi dobbiamo organizzare una bella imboscata, non lo dimenticare».
Loki spostò di nuovo lo sguardo da quella scena, e i suoi occhi caddero sul melo.
C’era un ramo più robusto degli altri, che cresceva verso l’esterno, ed era quasi perfettamente orizzontale.
L’uomo deglutì.
Ricordava che, un giorno, aveva proposto a Thor di costruire un’altalena e di appenderla lì. Il bambino biondo si era mostrato a dir poco entusiasta a quell’idea.
E quando l’idea era stata realizzata, lui e l’altro ragazzino ci avevano giocato per anni.
Poi, un bel giorno, avevano deciso che si trattava di un passatempo da femmine, e non l’avevano più usata.
Loki sentì di nuovo l’ormai familiare puntura della gelosia.
Ma non era rivolta a Thor, stavolta… Bensì al se stesso bambino, coi capelli scompigliati e le guance pallide ora arrossate, che si sentiva così pateticamente al sicuro e non si rendeva conto di niente.
L’uomo lo guardò come se avesse potuto trafiggerlo.
«Adesso non ne sei consapevole, Loki» disse, con un sorriso beffardo, pur non riuscendo a celare del tutto l’amarezza nella propria voce, «ma tu, qui, non sei altro che un cuculo».


















Note:
Dopo una lunghissima fase di revisione – perché naturalmente non potevo limitarmi a descrivere un pomeriggio dei piccoli Thor e Loki, ma dovevo complicarmi la vita inserendo anche la versione adulta del secondo – eccola qui.
I miei sentiti complimenti a chi è riuscito ad arrivarvi in fondo… Spero che ti (vi?) sia piaciuta, e che non ci siano stati equivoci tra il Loki presente o quello del passato.
Per facilitare la distinzione tra i due, ho chiamato semplicemente “Loki” solo il primo, mentre il secondo ho cercato di definirlo in altre maniere – e, quando l’ho chiamato per nome, ho sempre aggiunto aggettivi come “piccolo”.
  
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