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Autore: angelfeather    19/10/2012    2 recensioni
Due persone fatte l'una per l'altra... Un amore da mantenere segreto... Ed il racconto di come quella storia d'amore è iniziata. K/A
Avvertimento: se non fosse già chiaro dalle premesse, la storia è molto, molto, romantica!!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Visto che anche su EFP adesso c'è una sezione dedicata a Voltron, e visto che ci sono dei lettori, ho deciso di pubblicare anche questa fic.
E' decisamente una storia molto romantica, centrata sul pairing Keith/Aurora (ovvero Keith/Allura nella versione americana della WEP, ovvero Akira/Fara nella versione giapponese Golion della TOEI).
Io li adoro e non posso fare a meno di pensarli insieme!


Voltron è proprietà della WEP - World Event Production


Per lui era la sensazione più bella del mondo… Tenerla fra le braccia, sentire il corpo di lei contro il suo, affondare le dita fra i suoi capelli dorati e sfiorare con le labbra la sua pelle levigata e candida: quanto adorabili la morbidezza del suo collo, le curve e le valli fra la clavicola e le spalle e la discesa lungo le sue braccia.
Distesi a terra su un fianco, lui con il corpo incurvato dietro di lei e le braccia strette intorno alla sua vita, lei abbandonata placidamente con la schiena contro il suo petto e le mani che delicatamente accarezzavano la pelle tesa e liscia dei suoi bicipiti, silenziosamente entrambi si abbeveravano alla sensazione di pace che quell’abbraccio gli comunicava, e si riempivano della dolcezza del reciproco profumo.
Lentamente le loro bocche si avvicinarono e le loro labbra iniziarono a muoversi le une contro le altre, delicatamente e languidamente, assaporandosi a vicenda, fuggevolmente acconsentendo alle loro lingue di sfiorarsi, ma deliberatamente trattenendosi dall’approfondire quel bacio, come bambini che, intenti a gustare un dolce buonissimo, si costringono a divorarlo e a succhiarlo lentamente, piccolo morso dopo piccolo morso, goccia di crema dopo goccia di crema, per paura che finisca troppo presto.
Quante volte lui aveva sognato tutto questo, e quante volte si era dovuto disperatamente ricordare e rassegnare al fatto che anche muovere un solo passo in quella direzione, anche solo per dare una misera opportunità a quei suoi desideri di realizzarsi, era una eventualità assolutamente fuori discussione… Non avrebbe mai potuto ardire a tanto, andando contro ogni regola e convenzione…
 
Per lei era come vivere in una delle mille fantasie che la sua mente si soffermava a immaginare la notte, prima di venire inghiottita dal sonno. Razionalmente non aveva mai osato sperare che quei sogni potessero concretizzarsi, anche se ogni fibra del suo cuore smaniava perché ciò fosse possibile. Ricordava perfettamente la tortura di essergli a fianco tutti i giorni senza poter allungare la mano per toccarlo, per comunicargli ciò che provava per lui…
Eppure ora erano lì, insieme, stesi su un campo fiorito a pochi chilometri dal castello, nascosti tra altissimi fili d’erba che li circondavano da ogni lato. Per quanto insolito, quello era forse uno dei migliori ripari che avevano trovato fino ad allora per abbandonarsi liberamente al loro amore, senza timore di essere scoperti. In quel campo incolto, dove la vegetazione li circondava da ogni lato, e dove gli unici rumori erano quelli del frusciare del vento ed il frinire delle cicale, erano sicuri di rimanere lontani da occhi indiscreti.
Non si sentivano in colpa per le loro azioni: sapevano che quello che provavano era giusto, che erano fatti l’uno per l’altra e che non poteva esistere nell’universo un amore più forte e puro del loro: si erano amati sin dal primo istante che i loro sguardi si erano incrociati; si erano riconosciuti come se si conoscessero dall’eternità. E sebbene quell’amore fosse percorso da una passione a volte bruciante e dolorosa, tuttavia si era preservato casto, avendo entrambi deciso di attendere, prima di percorrere quell’ultimo passo che li avrebbe uniti completamente...
Volevano attendere di potersi mostrare liberamente, insieme, sotto gli occhi di tutti, senza più nascondersi ed architettare fantasiose scuse e sotterfugi per ritrovarsi da soli. E quando questo sarebbe successo, non ci sarebbero dovuti essere fraintendimenti: volevano che tutti sapessero che il loro amore non aveva macchie, e che loro potevano e dovevano stare insieme, al di là delle tradizioni e dei loro diversi ranghi.
Ma per il momento il loro amore doveva rimanere segreto, almeno fino a quando i loro amici non fossero stati pronti ad accettarlo e i loro nemici non fossero stati abbastanza deboli da non minacciarlo. Per il momento il mondo intorno a loro era ancora troppo pericoloso per uscire allo scoperto. 
 

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Erano passati solo tre mesi da quel giorno fatidico e stupendo in cui i sentimenti che provavano l’uno per l’atra avevano infine avuto la meglio sulla loro razionalità e testardaggine e si erano manifestati con una forza ed evidenza che nessuno dei due aveva previsto o programmato…
Quel giorno il capitano della Voltron Force e la principessa del pianeta Arus erano giunti al culmine dell’ennesima di una lunga serie di discussioni che da giorni si ripetevano fra i due. Alle 10 della mattina si trovavano entrambi in piedi nello studio della principessa: lui la stava riprendendo a causa della sua irrimediabile indisponibilità ad agire con prudenza sui campi di battaglia; lei si difendeva ripetendogli che le sue azioni non erano più sconsiderate di quelle dei loro restanti compagni di squadra, e che, come membro della stessa squadra, si aspettava di essere trattata alla pari.
Keith era furioso. “Principessa, quando sei a bordo del leone blu, tu sei sotto il mio comando, e pretendo che tu rispetti gli ordini che impartisco… come chiunque altro nella squadra fa! La sicurezza di tutti quanti dipende da questo” gli urlò contro.
La sua replica fu altrettanto feroce: “Keith, ti assicuro che lo farei ben volentieri se tu mi trattassi come tutti gli altri e mi lasciassi aver parte attiva nella battaglia. Ma si dà il caso che tu mi confini sempre nelle retrovie, impedendomi di dare davvero un contributo con il mio leone. Forse anche voi fatichereste di meno se mi lasciaste intervenire di più”.
Keith non poteva negare quello che la principessa aveva appena affermato e si rendeva perfettamente conto che se lei non fosse stata “lei”, lui si sarebbe probabilmente comportato in maniera differente. Ma aveva le sue buone ragioni per agire in quel modo e non aveva intenzione di lasciargliela vinta. “Tu sei la principessa di questo pianeta e sei troppo importante, per tutti quanti. Fa parte dei miei compiti assicurarmi che non ti succeda nulla di male. Non puoi biasimarmi se cerco di proteggerti e di evitare che tu affronti pericoli quando non occorre”.
Aurora non avrebbe potuto accettare una spiegazione peggiore di quella, ed indispettita inveì nuovamente contro di lui: “Come puoi dirmi una cosa del genere? Io ho deciso di affrontare questi pericoli proprio perché il mio pianeta dipende da me e perché OCCORRE che qualcuno, oltre a voi, li affronti. Quando ti ho chiesto di poter entrare nella squadra sapevo a cosa andavo incontro e ho scelto di prendermi per intero questa responsabilità. Non mi aspettavo trattamenti di favore e credevo che tu, SCEGLIENDO di prendermi in squadra, non ne avresti fatti”.
Keith non finiva mai di stupirsi per la sua incredibile forza d’animo e per il suo coraggio e generosità, e, per quanto in quel momento ciò gli costasse molto, doveva ammettere che anche quelle sue caratteristiche, o forse SOPRATTUTTO quelle, lo attiravano incredibilmente verso di lei e gliela facevano sembrare, se ciò fosse stato possibile, ancora più desiderabile e amabile. In quel momento, tutto avrebbe voluto fare, meno che litigare ancora con lei. Piuttosto avrebbe voluto abbracciarla e baciarla e confessarle che la vera ragione per cui era arrabbiato con lei, o forse, era meglio dire, con se stesso, era che lo spaventava tremendamente l’idea che potesse accaderle qualcosa di male… che quel pensiero per lui era più terrificante di quello della morte stessa.
Calmatosi improvvisamente, Keith, con toni più pacati, guardandola direttamente negli occhi, continuò: “Io cerco solo di proteggerti. Se ti succedesse qualcosa, tutti quanti ne risentiremmo. Non si tratta di trattamento di favore. Su questo puoi starne certa: lo faccio più per me che per chiunque altro”. Per un attimo lo sguardo limpido e deciso della principessa fu attraversato dalla confusione e da un leggero smarrimento. A Keith parve di cogliere un leggero rossore affiorare all’improvviso sulle sue guance e immediatamente si chiese se per caso Aurora avesse colto o sospettato il vero senso delle sue parole e, temendo che lei potesse a quel punto leggerlo nei suoi occhi, distolse velocemente lo sguardo.
Aurora era rimasta stupita per le sue parole, non sapendo come interpretarle. Per un attimo sperò che si trattasse di una confessione di affetto da parte sua: si era forse immaginata quello sguardo pieno di carezza e attaccamento che aveva letto nei suoi occhi? Il suo cuore non faceva che gridarle che non poteva essere altrimenti, ma una parte di sé, quella più pavida ed insicura, le diceva che invece si trattava proprio del contrario… Che lui era troppo per lei: troppo bello, troppo indipendente e sicuro di sé, troppo forte e coraggioso, troppo generoso e ligio al dovere; troppo… perché si preoccupasse di lei, di cose futili come l’amore…
Doveva per forza essersi sbagliata: le sue parole dovevano provenire solo dalla preoccupazione di fallire nella sua missione. Probabilmente se le fosse successo qualcosa, lui non si sarebbe mai perdonato di aver perso la persona che gli era stata affidata… Se ne sarebbe fatto una colpa…
Aurora sapeva che forse in questo stava esagerando. Sapeva che Keith la considerava un’amica, e che almeno da quel punto di vista le voleva bene… Ma lei desiderava a tal punto essere qualcosa in più per lui, che in quel momento quel sentimento non le bastava e la riempiva di una tale frustrazione, da farle pensare e dire cose che non credeva. Aurora sentì un groppo in gola e a stento trattenne le lacrime dagli occhi. Ingoiando malinconicamente quel pianto sordo, si rivolse nuovamente a lui con rinnovata durezza e, forse per ferirlo, o forse solo per metterlo alla prova, gli disse: “Non puoi pensare di avere tutto sotto controllo, Keith. Si sa che in guerra gli uomini cadono. Ed io nella squadra sono come qualunque altro tuo uomo. Nessuno te ne farà una colpa, se mai mi dovesse succedere qualcosa. Le missioni possono anche fallire e tu, per quanto possa andarci vicino, non sei perfetto. Non riesco a credere che ti spaventi tanto il fallimento…” Con queste ultime parole Aurora si voltò, dandogli le spalle e incrociando le braccia sul petto.
Keith era incredulo e ferito per quelle parole. Senza pensarci due volte si avvicinò a lei con decisione e, presala per le spalle, la costrinse a girarsi e a guardarlo negli occhi.
Due sguardi di colore diverso, uno chiaro e trasparente come le acque del pianeta Arus, l’altro intenso e scuro come le profondità dello spazio, ma ugualmente fieri ed orgogliosi, si sfidarono in silenzio. Keith, senza tradire con la voce alcuna emozione, parlò per primo: “Ora, guardandomi negli occhi, dimmi che pensi sinceramente quello che hai detto”.
Aurora indugiò solo qualche istante, poi, senza distogliere lo sguardo dal suo, ammise: “No”.
“Allora dimmi perché mi hai detto quelle cose… se non le pensavi”. Il suo tono rimaneva ancora senza inflessioni.
Lentamente negli occhi di Aurora si formarono piccole lacrime di rabbia, che non le impedirono però di rispondergli: “Perché voglio sapere perché!”
“Perché… cosa?” Il volto di Keith era impassibile come una pietra.
Senza porre freno alle lacrime che ormai scorrevano libere lungo le sue guance e cercando di svincolarsi, senza però riuscirvi, dalla presa che Keith manteneva sulle sue spalle, Aurora si avventò con i pugni chiusi contro il suo petto e si sfogò su di lui con un fiume di parole che le uscirono dalla bocca tutte d’un fiato: “Voglio sapere perché mi tratti così; perchè mi tratti come se fossi di cristallo; perché ti comporti come se io non fossi un vero membro della squadra; perché mi lasci indietro nei combattimenti; perché hai paura di rivolgermi una parola in più del necessario; perché a volte hai quasi paura di toccarmi; perché non mi tratti come fai con tutti gli altri…”.
Con il fiato corto, per la fretta con cui aveva detto quelle parole e per le lacrime che gli arrivavano in gola, Aurora non aveva però mai smesso di guardarlo negli occhi. Ugualmente Keith ancora la fissava, senza parlare. I loro corpi erano vicini come mai lo erano stati fino ad allora, le mani di lei, chiuse a pugno, piantate contro il suo petto, e quelle di lui ferme intorno alle sue braccia.
Accadde tutto in un istante. Fu come se il tempo si fosse fermato e, senza rendersi conto dei loro movimenti, Aurora si ritrovò con il volto incorniciato fra le mani grandi e protettive del suo capitano, e le labbra delicatamente premute contro le sue. In quell’istante tutto le sembrò ritornare al suo posto. Il suo cuore che sembrava in frantumi, si rinsaldò magicamente e fu invaso da una sensazione di incredibile pace e serenità. Le sue mani, fino a quel momento ancora chiuse nei pugni, si distesero, prendendo timidamente confidenza con il suo petto.
Keith, che ancora non riusciva a credere a quello che aveva fatto, all’azione che aveva compiuto, spinto puramente dall’istinto e dal desiderio di mettere a tacere il dolore lancinante del suo cuore, aspettava come una condanna a morte il suo ritrarsi. Ma quel rifiuto non arrivò mai: Keith sentì Aurora rilassarsi fra le sue braccia, il suo respiro diventare più calmo e le sue mani distendersi. Quante volte Keith aveva sognato di stringerla così a sè… e poi baciarla. Non avrebbe mai creduto che un’azione che fino ad un minuto prima gli era parsa completamente impossibile, fosse in realtà… così semplice e naturale. Come se non avesse mai fatto altro nella vita, Keith fece scorrere le sue dita fra i capelli dorati di Aurora e la attirò ancora di più a sé, nel frattempo iniziando a muovere con delicatezza le labbra sulle sue.
Ad Aurora sembrava di sognare, di trovarsi in una delle sue fantasie. Ma anche se si fosse trattato solo di questo, Aurora non aveva intenzione di spezzare il magico incantesimo di cui era prigioniera. Quando iniziò a sentire il dolce movimento della sua bocca, che alternativamente catturava in un morbido abbraccio prima il suo labbro superiore, poi quello inferiore, lei non potè fare a meno che ricambiare quell’omaggio e rispondere al suo bacio. Quel sensuale contatto con le sue labbra risvegliò nel suo petto una sensazione fino ad allora mai provata: era come un fuoco divorante, che la spingeva ad accelerare il ritmo dei suoi movimenti. Per non soccombere sotto la passione di quel bacio, Aurora si ritrovò a stringere con forza fra le sue mani l’uniforme di Keith. Sotto le sue dita, attraverso il leggero tessuto, riusciva a percepire, con soave piacere, il ritmo martellante del battito innaturalmente accelerato del suo cuore.
Dopo qualche minuto, Keith si costrinse ad interrompere il bacio e si allontanò leggermente da lei per riprendere fiato. Ma entrambi si ritrovarono afferrati da una sensazione di vuoto insopportabile, che non poté fare a meno che mostrarsi con evidente chiarezza nei loro occhi.
I loro sguardi si incatenarono l’uno all’altro, rivelandosi reciprocamente tutti i sentimenti che non avevano mai osato dichiarare ad alta voce: in entrambi c’era stupore, per quella passione che si era così imprevedibilmente rivelata ed era così rapidamente divampata, e c’era finalmente comprensione, del vero sentimento che si nascondeva dietro al loro rapporto complicato.
Keith avrebbe voluto dirle molte cose: avrebbe voluto rispondere a tutti i suoi perché, dirle che era vero che non la trattava come tutti gli altri…Ma perché lei non era come tutti gli altri: lei era la donna che lui amava; e se non osava toccarla o rivolgerle parole in confidenze troppo intime, la ragione era lì davanti a lei: lui non sarebbe mai riuscito a sopportare la tortura di starle accanto solo come un amico, senza poterla avere, senza baciarla e poterla fare sua.
Ma le parole, tutte le parole che voleva dirle, semplicemente non uscivano… o forse semplicemente non erano necessarie. Perché si erano già detti tutto con quel bacio e si stavano già dicendo tutto con gli occhi.
Aurora si sentiva completamente persa nei suoi occhi, che ora le rivelavano senza paura tutto quello che lui provava per lei: in lui non c’erano più maschere né barriere e lui non desiderava più nascondersi. Si sentiva nuda davanti a quegli occhi che la penetravano, ma la sensazione più formidabile era che lei non temeva più di farsi scoprire. Con gioia lei gli aprì il suo cuore, e lasciò che lui vi leggesse dentro.
Paura, gioia, devozione, rispetto, ammirazione, passione, travolgente e bruciante passione… amore… Quello che entrambi leggevano negli occhi dell’altro era così tanto… troppo, da contenere… Era straripante e travolgente. Si sentivano ubriachi eppure sempre più assetati di quelle emozioni che non riuscivano e non volevano più trattenere e gestire.
Senza dirsi una parola si rigettarono l’una fra le braccia dell’altro e le loro bocche si incontrarono con nuova e irruente voracità. Questa volta le loro labbra si dischiusero, consentendo alle loro lingue di incontrarsi e di accarezzarsi languidamente, in una danza che ad ogni passo regalava ai loro corpi sensazioni ancora più esaltanti e mai sperimentate. Il fuoco che si era acceso nel loro petto con il primo bacio, ora iniziava a divampare e diffondersi come una fiamma liquida in tutte le loro membra.
Aurora fece scivolare le sue braccia intorno al collo di Keith ed affondò le sue mani ansiose fra i folti capelli della sua lunga chioma corvina. Il suo profumo di resine e sandalo le invadeva le narici, inebriandola e facendole dimenticare tutto quanto fuorché loro due. Keith, con le braccia avvolte intorno alla sua schiena, la stringeva con forza a sé, quasi timoroso di poterla perdere.
Keith non voleva e non poteva soffermarsi a pensare a quello che stava succedendo, perché se l’avesse fatto forse si sarebbe costretto e convinto ad allontanarsi da lei. Lei, la principessa del pianeta Arus, fra le braccia di un comune ed insignificante pilota della Guarnigione Galattica. Per tutto il mondo questo sarebbe stato inconcepibile ed inammissibile. Ma in quel momento c’erano solo loro due ed il mondo si trovava fuori dalla porta di quello studio. In quel momento lui non voleva pensare e voleva solo gustare ed abbandonarsi a quell’amore che per tanto tempo si era negato.
Audacemente e senza esitazione, Keith fece scorrere le sue mani lungo il torace i fianchi di Aurora fermandosi intorno alla sua vita, dove la cinse per attirarla ancora più vicino a sé.
Aurora istintivamente inarcò la schiena e permise a Keith di approfondire ancora di più il loro bacio. Il suo corpo non era mai stato così vicino a quello di un uomo, eppure fra le braccia di Keith si sentiva così al sicuro e a suo agio che ogni pudore o timore era bandito dalla sua mente. Tutto con lui le sembrava dolce e innocente, perché tale era il loro amore.
Quando si sciolsero da quell’abbraccio, nei loro occhi non c’era più nemmeno l’ombra della discussione di quella mattina, ma solo un sospirato sollievo illuminato da timidi sorrisi.
Quella mattina parlarono di tutto, aprendosi completamente l’uno all’altra e rivelandosi i loro sentimenti. In quella mattinata compresero che non potevano più negare né fare a meno di quello che provavano l’una per l’altro e presero la decisione di vivere il loro amore, pur costringendosi, per il momento, al segreto.
 

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 Erano passati solo tre mesi da quel giorno fatidico e stupendo, ma il loro amore era molto più antico… Loro si amavano da sempre…
In quel campo incolto, dove la vegetazione li circondava da ogni lato, e dove gli unici rumori erano quelli del frusciare del vento ed il frinire delle cicale, al riparo da occhi indiscreti, loro si amavano ed attendevano…
Attendevano che arrivasse il tempo in cui si sarebbero potuti mostrare liberamente, insieme, sotto gli occhi di tutti, senza più nascondersi… E quando questo sarebbe successo, non ci sarebbero stati fraintendimenti: tutti avrebbero saputo che il loro amore non aveva macchie, che si erano amati sin dal primo istante che i loro sguardi si erano incrociati; che si conoscevano dall’eternità e che potevano e dovevano stare insieme, al di là delle tradizioni e dei loro diversi ranghi.
  
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