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Autore: Liy    19/10/2012    10 recensioni
Due mani piccole afferrarono le sue ed Houtarou sentì il cuore – che ormai aveva raggiunto la gola – saltare un battito. Forse anche due.
[Spoiler ep21][Houtarou/Eru]
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Mani
Personaggi: Houtarou, Eru.
Pairing: Houtarou/Eru.
Rating: Verde.
Genere: missing moment, fluff che più fluff non si può.
Avvertimenti: One-shot.

Note: Non avevo intenzione di pubblicarla (ma che novità!) perché, ovviamente, nemmeno questa fanfic mi piaceva (che novità! e 2). Ha passato qualcosa come una settimana e mezza nel dimenticatoio, senza che io la guardassi nemmeno da lontano, e senza che la facessi leggere ad anima viva. Oggi, alla fine, è venuto in mio soccorso (?) la solita anima pia che s'è sacrificata per voi (?) e l'ha letta. Ha detto che era una delle cose più realistiche che mi avesse mai visto scrivere (non con queste parole precise, ma ci siamo capiti...). Tuttavia, per me manca ancora di qualcosa... manca il cuore (giusto per citare Willard!). Dopo tutte 'ste caga*e, leggete pure, sempre se v'aggrada.

Disclaimer: Loro non mi appartengono in alcun modo, sennò Chitanda sarebbe curiosa rispetto ad altre cose.



Mani

 

San Valentino era una festa per gli sciocchi che avevano tempo e denaro da spendere inutilmente. Ad Houtarou non era mai importato di ricevere nulla in quel giorno privo di alcun significato – e se anche avesse ricevuto qualcosa, non gli sarebbe importato più di molto. Impegnarsi con qualcuno sarebbe stato fin troppo complicato e dispendioso di energie.

“Oreki, stai andando a casa?”, la voce squillante di Chitanda lo riportò coi pensieri a terra, ricordandogli che San Valentino fosse già passato e che i doni da lui ricevuti ammontavano ad un totale di... zero – escluso il cioccolato regalatogli per pietà da sua sorella; il cioccolato più amaro che avesse mai provato.

“Mh”, un cenno del capo fu l'unica risposta che diede alla ragazza, senza che dovesse sprecare troppe parole inutilmente. Chitanda sorrise, avvicinandosi con passo svelto a lui, finché non si ritrovarono faccia a faccia – ed ancora una volta, aveva invaso il suo spazio personale, quello spazio che una volta oltrepassato lo metteva a disagio.

“Verresti a casa con me, Oreki?”, gli occhi tondi da bambina lo fissavano insistentemente, quasi senza batter ciglio. Rifiutare una sua richiesta era sempre stato difficile per lui, sin dall'inizio. Tuttavia, c'era un confine che s'era imposto di non oltrepassare – probabilmente perché non avrebbe retto – con Chitanda. Andare a casa con lei era una delle cose sulla lista “Da evitare”. Certo, aveva fantasticato più di una volta di pedalare la sua bici mentre lei si reggeva al suo busto, magari con il capo appoggiato alla sua schiena... però aveva subito accantonato l'idea. Non era una cosa da lui, troppo impegnativo e poi non ci sarebbe mai nemmeno riuscito. Lei lo metteva a disagio, un disagio piacevole, ma era pur sempre spiazzante.

“Passo”, indietreggiò, chiudendo gli occhi per non doverla vedere, “ho da fare.”

Gli venne quasi da ridere di sé stesso per quelle parole; quando mai aveva avuto da fare, lui?

Due mani piccole afferrarono le sue ed Houtarou sentì il cuore – che ormai aveva raggiunto la gola – saltare un battito. Forse anche due.

“Ti prego, è una cosa davvero importante, Oreki!” e quando tornò a guardarla negli occhi sentì uno sfarfallio nello stomaco.

Come poteva quella ragazza ridurlo in quello stato?

Satoshi aveva ragione: era proprio la Forza. Controllato irrimediabilmente da una donna alla quale non era in grado di dire di no – ed anche se avesse provato, avrebbe avuto lei la meglio.

“Satoshi mi sta aspettando...”

“Ho già parlato io con Fukube! Ha detto di non preoccuparsi e di dirti di stare attento, anche se non ho capito a cosa dovresti fare attenzione.”

Dannato Satoshi. Un giorno o l'altro l'avrebbe seriamente preso a pugni, lo sapeva. Sempre se ne avesse trovato la voglia e la forza.

“Cosa c'è di così importante che...”

“E' successa una cosa mentre venivo a scuola stamani, Oreki e... sono curiosa!”
Quella mattina...? Avevano fatto praticamente metà della strada insieme. Perché mai Chitanda, così energica ed impaziente, aveva aspettato fino a quel momento per trascinarlo in qualcosa che non gli sarebbe importato se avrebbe potuto farlo già ore prima?

Quando le pose la domanda, rimase allibito nel constare che era arrossita quasi tanto quanto lui quand'era stato beccato con le foto che avevano scattato a Chitanda al festival – quella ragazza aveva sempre avuto un brutto effetto su di lui.

“E' difficile da spiegare...!”, scuoteva la testa, i lunghi capelli corvini che s'agitavano attorno al viso da bambina cresciuta. “Però sono curiosa! Andiamo, Oreki!”

Camminare con lei al suo fianco non fu mai così difficile. Lo fissava di continuo, rallentando o allungando il passo per stargli sempre accanto e, quando lei sfuggì dal suo sguardo per l'ennesima volta, Houtarou le afferrò una mano, costringendola a fermarsi.

“Ehi, Chitanda, tutto bene?”

“Mh, Oreki...”, continuava a non guardarlo, rossa in volto, “era questo che mi aveva incuriosito. All'incirca.”

“All'incirca?” Per quanto si sforzasse, faticava sempre più a capirla.

“La mano.”

Qualcuno di passaggio aveva iniziato a lanciar loro occhiate piuttosto eloquenti. La lasciò andare all'istante, facendo un passo indietro ed iniziando a guardare in terra. Houtarou non era abituato a questo genere di cose; relazionarsi con le persone era sempre stato difficile – perché troppo impegnativo e perché, alla fine, non gli era mai particolarmente interessato.

“Che vuoi dire, Chitanda?”

Lei, però, era diversa. In qualche modo, era riuscita a far sì che la sua attenzione sviasse per diverse volte da quel suo motto che aveva sempre seguito alla lettera. Lei era la sua rovina, l'angelo che l'aveva scaraventato in un inferno colmo di cose da fare e persone da vedere – una vita rosea che non aveva chiesto.

“Stamattina, mentre camminavamo verso scuola... mi hai sfiorato la mano, Oreki.”

Ed ancora, continuava a non seguirla.

“Mh?”, la incitò a proseguire con il discorso, fissandola.

“P-Penso di aver sentito il cuore smettere di battere per un secondo! Così mi sono i-i-incuriosita, Oreki! Perché ho sentito quella sensazione? E' normale? Non credo proprio!”

“Chi-Chitanda!”

“Oreki, ti prego! Sono curiosa! Perché è successa una cosa simile? Magari sto male? Si tratta di qualche malattia? O per caso...”

Per caso cosa?”

Rossa in volto come non mai, la ragazza iniziò a scuotere la testa, “N-n-n-no! Non è nulla!”, ripeteva senza degnarlo d'uno sguardo.

Houtarou le afferrò la mano di slancio, avvicinandosi appena al volto ora impallidito di Chitanda.

Aveva capito a che sensazione lei si riferisse – era la stessa che sentiva lui di tanto in tanto quando gli veniva regalato quel sorriso dolce dalle sue labbra rosee.

“L'hai sentito ancora?”, Chitanda annuì in silenzio, gli occhi bassi.

Non era giusto che fosse lui l'unico a sentirsi in quel modo, pensò. E, sapendo ora che anche lei provava la stessa sensazione, si sentì un po' più leggero – contento forse, divertito in parte.

Le strinse la mano sorridendo, per poi lasciarla andare di colpo.

Era troppo anche per lui, soprattutto vista la gente che li guardava curiosa. Forse era stato un po' troppo avventato. Dopotutto, non era abituato a certe cose... non era abituato a Chitanda, e mai si sarebbe abituato a lei, comunque.

Ripresero a camminare, questa volta assicurandosi d'esser ben distanti l'uno dall'altra.

“Andiamo. Ti accompagno a casa, Chitanda.”

 

   
 
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