Capitolo 9:
Promessa per il futuro
Fu
Harry il primo a distogliere lo sguardo. Il ragazzo liberò il proprio braccio
dalla stretta del professore e fissò il pavimento. Il suo
cuore era invaso da un tumulto di emozioni contrastanti. Quasi non riusciva a
credere a quello che aveva visto. L'ultima volta che aveva assistito ad un
ricordo di Piton, quest'ultimo si era rivolto ad una giovane Lily
Evans con parole cariche di disprezzo, mentre adesso... Quello che aveva visto
era inequivocabilmente amore. Puro e semplice. Era quasi
impossibile da accettare, che quell'uomo che aveva fatto di tutto per rendere la
sua vita impossibile nutrisse un sentimento del genere nei confronti di sua
madre. A dire la verità, Harry aveva pensato sino ad allora che Piton fosse
incapace di amare. E adesso che sapeva di essersi sbagliato,
non riusciva più a guardare l'uomo negli occhi, era costretto a distogliere lo
sguardo. Soprattutto perché temeva che il professore potesse vedere
ciò che stava provando in quel momento tramite
Ho piena fiducia
in Severus Piton.
Era così difficile aggiungere a
quelle parole "Perché Piton ha un debito con tua madre. Perché ha ucciso la
donna che amava”?
Harry non riuscì a trattenere un fremito
del proprio corpo, ed evidentemente Piton se ne
accorse.
“Potter?” il tono del professore era
incerto, come se l’uomo non sapesse come comportarsi con lui in quella
situazione.
Harry strinse i pugni e chiuse gli occhi,
cercando dentro di sé il coraggio per guardare di nuovo il volto del professore.
Ma aveva paura di perdere il controllo, si rendeva conto di essere troppo
sconvolto al momento, e tutto ciò che desiderava era rimanere da solo con i
propri pensieri per un po’. Prima che Harry potesse decidersi ad aprir bocca
però Piton, riacquistato il suo freddo tono di voce, proseguì:
“Spero che adesso ti sia tutto chiaro,
Potter. Puoi parlare con gli altri membri dell’Ordine e convincerli della mia
innocenza. Come ti ho già detto, il mio contributo è indispensabile per…” Piton
fu costretto a fermarsi. Harry aveva finalmente trovato il coraggio di alzare lo
sguardo, e gli occhi del ragazzo scintillavano di
rabbia.
Come può
parlare in questo modo, restare così freddo e impassibile, in un momento del
genere? Dopo avermi mostrato quel ricordo? Quest’uomo non può avere dei
sentimenti!
Era stata soprattutto la freddezza nella
voce di Piton a riscuotere Harry. Non che avesse sperato in parole consolatorie
da parte sua, ma non poteva parlare in questo modo, come se non si rendesse
minimamente conto di quanto a fondo lo aveva scosso ciò che aveva
visto
Lui se ne rende conto perfettamente, ma non gli
importa.
Il giovane Potter stava perdendo lucidità.
Piton poteva vedere chiaramente la rabbia e la frustrazione nel suo sguardo. Si
stava lasciando travolgere dai sentimenti, come sempre. Il suo più grande
difetto, e insieme il suo maggior pregio, un cuore troppo grande, troppo aperto,
e quindi troppo vulnerabile. Sarebbe stato quel cuore che gli avrebbe permesso,
alla fine, di avere la meglio sull’Oscurità, quello stesso cuore che adesso lo
faceva soffrire. E Severus non era capace di alleviare in alcun modo la
sofferenza del ragazzo, ma non desiderava discutere con lui, non in quel
momento. Ricambiò impassibile il suo sguardo, aspettando che fosse Potter a
rompere quel silenzio così scomodo anche per lui.
Harry aveva in mente migliaia di insulti
diversi da urlare in faccia a Piton, e quando lo aveva sentito parlare poco
prima era davvero intenzionato a farlo. Ma adesso che lo stava guardando negli
occhi, non ne ricordò nemmeno uno. Perché nonostante la freddezza assoluta delle
sue parole e l’espressione impassibile del volto, in fondo agli occhi dell’uomo
era nascosta una sofferenza profonda, un’amarezza che andava ben aldilà delle
semplici parole, e che pertanto sarebbe stato quasi sacrilego manifestare ad
alta voce. Harry sentì svanire la propria rabbia, e sentì il proprio cuore
svuotarsi, mentre suo malgrado i suoi occhi si riempivano di lacrime.
“Lei non avrebbe dovuto…
poteva…”
“Che cosa stai farneticando, Potter?” il
tono freddo di Piton, ormai, era talmente in contrasto con i sentimenti
dell’uomo, che feriva le sue stesse orecchie. Il ragazzo stava piangendo, e il
mago adulto sapeva che il giovane Potter avrebbe dato qualsiasi cosa per evitare
di piangere dinanzi a lui. Conosceva il suo orgoglio, e inoltre lo aveva
provocato così tante volte negli anni passati, in modi che avrebbero fatto
scogliere in lacrime con facilità ragazzini della sua età solo un po’ più deboli
di lui, che non poteva non credere nella sincerità di quelle lacrime. E sapeva
anche che non erano lacrime di debolezza, ma di dolore
autentico.
Non c’è vergogna nel piangere di dolore. A me lo ha insegnato proprio tua
madre.
Harry deglutì, cercando inutilmente di
ricacciare indietro le lacrime.
“Non avrebbe dovuto comportarsi con me come
ha fatto, in tutti questi anni. Non avrebbe dovuto
odiarmi”.
Piton non credeva alle sue orecchie. Ma
perché adesso Potter gli stava dicendo una cosa del genere? Si sarebbe aspettato
che il ragazzo lo rimproverasse per non avergli mai rivelato prima la promessa
che aveva fatto a sua madre, non che gli rinfacciasse il suo comportamento! Le
parole del giovane Grifondoro erano assolutamente fuori luogo. Ed assolutamente
veritiere. Piton lo aveva odiato senza un valido motivo, ed Harry aveva solo
undici anni la prima volta che lo aveva incontrato. E l’odio gratuito e
ingiustificato faceva molto male, Severus lo sapeva per esperienza
personale.
Come ti sentiresti al suo posto, in questo momento?
“Lei ha promesso a mia madre di
proteggermi”.
Le parole di Piton furono solo un sussurro,
che sarebbe parso pericoloso in altre circostanze:
“E’ quello che ho
fatto”.
“L’odio è peggiore della
morte”.
Questa volta fu Piton a distogliere lo
sguardo, mentre un brivido percorreva la sua schiena. Un ragazzino di appena
diciassette anni non poteva conoscere delle verità così grandi e potenti, e così
dolorose. Verità che uomini molto più maturi e apparentemente più forti di lui
si rifiutavano di accettare. Se Voldemort potesse essere definito un uomo, dato
che era a lui che Piton stava pensando. Lo stesso sentimento di colpevolezza
provato di fronte a Lily fu nuovamente avvertito dall’uomo.
Ho
infranto la promessa che ti avevo fatto, Lily. Non ho protetto tuo figlio da me
stesso, e dalla mia stupidità.
Harry si voltò, dando le spalle a Piton, e
credendo di non essere visto, si asciugò gli occhi. Si sentiva terribilmente
patetico, in quel momento. Non avrebbe mai voluto pronunciare quelle parole, né
tantomeno farsi vedere in lacrime. In poche ore, si era sentito per troppe volte
vulnerabile di fronte a quell’uomo che avrebbe potuto fargli male in mille modi
diversi. Era davvero difficile da credere che lo scopo di Piton era sempre stato
quello di proteggerlo, anche se Harry doveva ammettere che in più di
un’occasione il suo intervento era stato provvidenziale. Ma ciò non faceva altro
che aumentare l’infelicità di cui il ragazzo si sentiva preda in quel momento.
C’erano già così tante persone che lo odiavano, senza che lui avesse fatto
niente per meritarlo. Possibile che dovesse farlo anche chi avrebbe dovuto
proteggerlo? Chi addirittura aveva amato sua madre? Come poteva difendersi da un
odio di questo tipo, che faceva molto più male, colpiva molto più in profondità,
dell’odio dei Mangiamorte e dello stesso Voldemort? Harry non riuscì a
trattenersi, e si volse di nuovo verso Piton di
scatto.
“Perché deve essere tutto così
complicato?”
Guardando negli occhi del ragazzo, Piton
era consapevole che la cosa giusta da dire in quel momento era un semplice “Mi dispiace”. Consapevole, ma non per
questo pronto a farlo.
“Non pormi domande a cui non so rispondere,
Potter”.
Pochi istanti di silenzio, seguiti dalle
parole di Harry, inframmezzate da un singhiozzo ormai
inevitabile:
“Mi dispiace”.
No! Dovrei essere io a scusarmi, non questo ragazzino che non ha nessuna
colpa, che ha pagato per errori che non ha commesso. E’ così…
ingiusto.
“Che intendi dire,
Potter?”.
“Mi dispiace per quello che le è successo,
per quanto ha sofferto a causa dei miei genitori –Harry abbassò di nuovo lo
sguardo– forse non ne ho il diritto, ma mi scuso per
loro”.
Il groppo nella gola di Severus era ormai
divenuto intollerabile. Le parole del ragazzo avevano toccato il suo cuore, come
non succedeva da tempo. Doveva allontanarsi in fretta da Potter, o avrebbe
ceduto ai propri sentimenti dinanzi a lui.
“Adesso… adesso è meglio se riposi un po’,
Potter, prima che ti riporti al Quartier Generale. Ho modificato la memoria di
Malfoy, quindi sei al sicuro, il Signore Oscuro non verrebbe mai a cercarti qui.
Seguimi”. Piton diede le spalle ad Harry e lo precedette lungo uno stretto
corridoio fiocamente illuminato da alcune vecchie candele quasi del tutto
consumate, conducendolo in una camera per gli ospiti. Harry lo seguì
silenziosamente, senza alcuna obiezione. Riteneva di aver già parlato abbastanza
per quella sera, non aveva intenzione di rendersi ancora più ridicolo di così.
Si aspettava che Piton si rivolgesse a lui con parole aspre da un momento
all’altro, ma non accadde niente di tutto ciò. Per fortuna, perché Harry non era
assolutamente in grado di controllare le proprie emozioni, al momento.
Piton spinse una porta cigolante sui
cardini e lasciò entrare Harry in una stanza impolverata, che odorava di muffa.
La camera era sobriamente arredata, con pochi mobili essenziali e tarlati qua e
là, che Harry non notò nemmeno. Una volta dentro, il ragazzo annuì al professore
che gli disse che lo avrebbe chiamato tra un paio d’ore, e chiuse la porta alle
proprie spalle. Quindi, esausto e incapace di trattenersi più a lungo, si
appoggiò con la schiena alla porta e si lasciò scivolare sul pavimento,
lasciando le lacrime finalmente libere di scorrere.
Dall’altro lato della porta, Piton appoggiò
le mani sul legno e piegò la testa, e per la prima volta dopo sedici anni si
concesse un momento di debolezza, ignaro di essere in quel momento solo a pochi
centimetri dal ragazzo che stava ospitando.
Avrebbero potuto affrontare insieme quel
dolore, se non fosse stato per il duro legno tra le mani dell’uno e la schiena
dell’altro. E per il freddo e cieco orgoglio intriso di rancore che era così
difficile accantonare, che li separava, pur se fisicamente così vicini e
spiritualmente così affini, come una barriera
impenetrabile.
…
“Potter,
andiamo”.
Al suono della voce del professore, Harry
si rimise in piedi e cercò frettolosamente di darsi un contegno. Osservò il
proprio riflesso nello specchio scheggiato appeso alla parete, e si rese conto
di avere un aspetto orribile. Era evidente che non si era riposato affatto, non
sarebbe riuscito a nasconderlo, e gli occhi erano rossi e gonfi, i capelli
arruffati come non mai. Piton fece il suo ingresso nella camera e osservò il
ragazzo con un sopracciglio alzato.
“Sei pronto? A quest’ora Voldemort saprà
già che gli sei sfuggito di nuovo”.
Harry annuì lentamente e si preparò a
smaterializzarsi. Si schiarì la voce prima di
parlare:
“Andiamo a Grimmauld
Place?”.
“Certo, Potter. Chi è il nuovo Custode
Segreto dell’Ordine?” Piton sapeva che dopo la morte di Silente sarebbe stato
necessario ripristinare l’Incanto Fidelius e nominare un nuovo
custode.
“Sono io,
signore”.
Certo,
avrei dovuto prevederlo. L’Ordine avrà deciso di nominare Potter all’unanimità.
Dopotutto, se dovessimo perdere lui, saremmo perduti tutti quanti, e il Quartier
Generale non avrebbe più motivo di esistere.
“Bene, non avremo problemi ad entrare,
allora. Sei in grado di fare da solo o dobbiamo usare di nuovo la
smaterializzazione congiunta?”.
“Faccio da solo. Ho già fatto l’esame,
signore”.
Piton utilizzava il suo solito tono
distaccato, mentre la voce di Harry era poco più di un
sussurro.
…
“Harry! Che cosa ti è successo? Siamo stati
così in pena per te!”. Senza nemmeno capire come, Harry si ritrovò tra le
braccia di Hermione. Lei e Ron, non vedendo tornare Harry dopo tutte quelle ore,
avevano fatto ritorno al Quartier Generale e contattato l’Ordine, che adesso era
raccolto lì a Grimmauld Place, chiedendosi che fine avesse fatto Harry Potter.
Nella foga di riabbracciare l’amico per il quale si era tanto preoccupata,
Hermione non si era accorta dell’uomo accanto a lui, ma non così gli altri
occupanti della casa. Decine di bacchette erano puntate contro Severus Piton.
Tra lo stupore generale, Harry disse di abbassarle ed iniziò il proprio
racconto, desiderando soltanto di terminare presto ed essere lasciato in pace.
Quando giunse alla parte del ricordo, Harry gettò un’occhiata obliqua al
professore, e decise di non scendere nei dettagli, di limitarsi al racconto
della promessa che Piton aveva fatto a sua madre. Severus tirò intimamente
un sospiro di sollievo per la delicatezza del
ragazzo.
Non fu facile calmare gli animi.
Soprattutto Moody non sembrava affatto convinto delle spiegazioni ricevute, e
una volta che Harry ebbe terminato, cercò di convincere tutti gli altri che il
ragazzo era sotto Imperius, e ordinò aspramente a Piton di consegnargli la
bacchetta. Harry dovette ricorrere a ogni più piccola briciola di pazienza che
aveva in corpo per non perdere le staffe, ma alla fine, dopo diverse ore e
grazie al sostegno di Lupin che per fortuna aveva pienamente afferrato la
situazione, riuscì a convincere anche i più scettici e in seguito a sgattaiolare
non visto di sopra, in cerca del meritato riposo. Piton rimase insieme a Lupin
per aggiornarlo sulle ultime imprese dei Mangiamorte e di Voldemort e per
accordarsi con lui per il suo futuro di spia, pur se restio a collaborare con il
licantropo.
…
Prima di lasciare Grimmauld Place, Piton
decise di cercare Harry. Salendo al piano superiore, attraverso una porta
socchiusa, scorse il ragazzo seduto a gambe incrociate su un letto, lo sguardo
serio, intento a fissare quello che pareva un libro aperto dinanzi a lui. Harry
non si accorse dell’insegnante finché quest’ultimo non parlò, facendolo
sussultare.
“Potter”.
Harry alzò la testa di scatto. Piton era
molto vicino, e per puro istinto il ragazzo si spostò leggermente
indietro.
“Cosa… cosa c’è,
signore?”.
Severus respirò profondamente prima di
proseguire.
“Volevo ringraziarti per la tua…
discrezione”.
Harry lo fissò per qualche secondo, prima
di annuire. Poteva comprendere lo stato d’animo dell’uomo, il desiderio che i
sentimenti che aveva provato per sua madre rimanessero un segreto. Harry si
accorse troppo tardi che lo sguardo di Piton si era posato sull’album di foto
dei suoi genitori che aveva in grembo, e non fece in tempo a chiuderlo.
Severus vide mutare l’espressione sul volto
di Potter. Il suo sguardo era insieme impaurito ma anche provocatorio, quasi a
voler sfidare l’uomo a dire qualcosa di sgradevole sulla sua famiglia. Ma il
professore si limitò a guardare in silenzio la giovane coppia che lo salutava
con la mano dalla foto, e per la prima volta, nello scorgere un’immagine di
Lily, non pensò al proprio dolore, ma solo a quello del ragazzo ora proprietario
di quelle foto. Non trovò niente di meglio da dire che
questo:
“Erano molto
giovani”.
Harry, non sapendo cosa rispondere, riportò
di nuovo lo sguardo sulla foto, leggermente imbarazzato per lo strano
atteggiamento dell’uomo. Piton proseguì, e le sue parole gli fecero guadagnare
uno sguardo sinceramente esterrefatto da parte di
Harry.
“Sei molto giovane anche tu,
Potter”.
Harry non sapeva cosa
dire:
“Io…”.
“Hai paura?”.
Harry sgranò gli occhi. Perché gli chiedeva
una cosa del genere?
“Di che cosa,
signore?”.
“Di quello che ti aspetta. Della missione
che devi compiere”.
Il ragazzo era totalmente spiazzato. Scosse
la testa e si voltò. Non poteva mostrarsi debole, non gli era concesso, e l’uomo
lo avrebbe certamente biasimato se lo avesse fatto.
Biasimato, o compreso?
Piton si voltò e si diresse verso la porta,
credendo che il ragazzo non avesse più intenzione di parlare con lui. Ma quando
stava ormai per uscire, la voce di Harry lo fece
voltare.
“Sì, signore. Ho paura. Mi
dispiace”.
Voltandosi, Piton vide che Harry si era
messo in piedi, e fissava il pavimento, a capo chino. Si avvicinò a lui e gli
posò le mani sulle spalle, delicatamente questa volta, non con irruenza come
aveva fatto diverse volte poche ore prima. Il ragazzo alzò gli occhi e incontrò
quelli del professore.
“Non devi scusarti. Non c’è vergogna
nell’avere paura, non ti rende meno coraggioso, o meno valoroso. Resti
ugualmente un insopportabile Grifondoro, anche se provi un po’ di
paura”.
Harry sorrise debolmente, e lasciò
continuare il professore.
“Ma non devi avere paura della battaglia
che dovrai affrontare, perché non combatterai da solo, Potter. Ci sarò io. Sarò
lì con te”.
Harry si sentì avvolgere da una sensazione
di calore che non aveva mai provato prima. Quelle erano praticamente le stesse
parole che aveva sentito dire da sua madre a Piton, solo che adesso non
costituivano, come allora, un semplice sostegno per il presente, ma erano una
promessa per il futuro. Una promessa che lo rassicurava e lo riempiva di
speranza.
“Grazie,
signore”.
Piton lasciò andare le spalle del ragazzo e
si allontanò, voltandosi verso di lui un’ultima volta prima di andarsene. E
quando il loro sguardo si incrociò per l’ultima volta, Harry capì che la volta
successiva in cui avrebbe visto gli occhi dell’uomo sarebbe stato su un campo di
battaglia, tra l’odore del sangue e della morte. Capì che avrebbero combattuto
fianco a fianco, con le bacchette in pugno, proteggendosi l’un l’altro in virtù
di una promessa stretta molti anni prima che li avrebbe tenuti indissolubilmente
legati per sempre.
FINE
Nota dell'autrice: Finita! Bene, nonostante quelli che all'inizio dovevano essere quattro capitoli sono diventati nove, direi che siete stati fortunati! La mia long-fic precedente doveva essere composta da otto capitoli e alla fine sono diventati diciassette! Comunque sia, sono molto contenta di aver completato questa prima long-fic su Harry Potter, e sono felice per tutte le belle recensioni che mi avete lasciato finora. E soprattutto sono felice di aver scoperto che ci sono così tante ammiratrici di Piton come me, non l'avrei mai detto! Grazie a tutti coloro che hanno recensito la storia, o che l'hanno semplicemente letta (e ovviamente sono ancora in tempo per farmi sapere che cosa ne pensano, e mi renderebbero in tal modo molto felice!), grazie a chi ha recensito fedelmente sin dall'inizio, come Lake e Piccola vero, grazie a chi è arrivato a metà strada ma mi ha commentato lo stesso, come LCasssieP e Summers84, grazie ad akiremirror che voleva commentare alla fine e non ha saputo resistere e mi ha lasciato recensioni meravigliose che ho apprezzato tantissimo, grazie a Kira7 che ha commentato lo scorso capitolo e grazie a chi ha commentato i primi capitoli, anche se poi ha smesso, come Astry1971, Piccola Prongs, Zizela, MorganSnape, KagomeChan, IdraelenV, Michi90, nella speranza che la storia sia ancora di vostro gradimento, e che mi diate un'opinione adesso che è terminata. E grazie anche a tutti coloro che avranno letto questa storia in futuro, a distanza di tempo dalla sua pubblicazione (e vi ricordo che un commento fa sempre un immenso piacere, anche se su una storia datata!). E infine, grazie a tutti coloro che vorranno commentare quest'ultimo capitolo, nella speranza che siate numerosi! Per le ultime recensioni risponderò sul forum, sul mio topic autore ("Fanwriter per passione"), o se preferite, firmate la recensione e chiedetemi di rispondervi via mail (sempre se desiderate che vi risponda!)
Basta, la pianto perché con tutti questi ringraziamenti mi sto commuovendo!
Un bacio a tutte! Sonsimo