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Autore: whateverhappened    21/10/2012    7 recensioni
«È vero che Parigi è la città più bella del mondo in questo periodo?»
Jeff fece una smorfia, contento che Nick non potesse vederlo. «...Parigi è bella sempre» rispose, quasi atono.
«...Ma?» Domandò Nick, con quel tono che gli faceva capire che, no, non era riuscito ad imbrogliarlo e sapeva perfettamente che qualcosa non andava. Jeff sospirò.
«Vorrei che anche tu fossi qui. Mi manchi. San Valentino è la festa più brutta dell'anno».
«Tu ami San Valentino».
«Non è vero. Fa schifo».
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval | Coppie: Nick/Jeff
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'm Just Too Far From Where You Are

 

 

Another winter day
Has come and gone away
in either Paris or Rome
and I wanna go home
Let me go home

 

 

Jeff aveva sempre amato viaggiare. Gli piaceva vedere posti nuovi, conoscere culture diverse dalla sua, abbuffarsi di cibi dai nomi particolari e immaginarsi ad abitare le città più belle. Quando aveva visitato Londra con Nick, per esempio, aveva studiato nei dettagli un piano che prevedeva un piccolo appartamento a Covent Garden e delle tappe settimanali al mercatino di Portobello Road. Nick avrebbe potuto specializzarsi nella letteratura inglese, che amava tanto, e lui... beh, Londra era la patria di molti musicisti, no?

Jeff amava creare degli scenari che lo vedevano in giro per il mondo, era sempre stato così, fin da quando i suoi genitori lo avevano portato a visitare Vancouver quando aveva appena cinque anni. Così, quando al college aveva avuto l'opportunità di trascorrere un anno all'estero, l'aveva presa al volo. Europa, non aveva avuto alcun tentennamento. Nick lo aveva incoraggiato, sapendo quanto un'esperienza del genere fosse importante per lui, e gli aveva promesso che non ci sarebbe stato alcun problema fra di loro. Jeff lo aveva ascoltato perché, in fondo, sapeva che quelle di Nick non erano le solite parole di circostanza, sarebbe stato davvero così.

Jeff era partito per Parigi, cinque mesi prima, e da allora aveva parlato con Nick ogni singolo giorno, raccontandogli tutti i dettagli di quell'esperienza. Il ragazzo lo aveva sempre ascoltato, anche durante le chiamate ad orari improponibili, quando Jeff si dimenticava del fuso orario e lo svegliava la notte. Si erano visti per Natale, con la scusa che Parigi in piena atmosfera natalizia valeva il prezzo di quel biglietto aereo, anche se per pagarlo Nick aveva dovuto fare gli straordinari per i due mesi precedenti. Jeff non ricordava di aver vissuto giorni migliori, a Parigi, di quelli della visita del suo ragazzo.

Ma era già passato più di un mese, da allora, ed era anche arrivato San Valentino. Aveva sempre amato quella festa, che gli permetteva di essere sdolcinato senza che Nick gli ridesse in faccia, e aveva pensato che trovarsi nella città dell'amore in quel giorno sarebbe stato entusiasmante. Non si era mai sbagliato così tanto.

 

 

And I'm surrounded by
A million people I
still feel alone
Let me go home
Oh, I miss you, you know
Let me go home

 

 

Quando erano iniziate a comparire scatole a forma di cuore e pubblicità di cioccolatini, Jeff si era esaltato. Aveva iniziato a girare i negozi di mezza Parigi, in cerca del regalo perfetto da mandare a Nick. Anche se era dall'altra parte del mondo si doveva sempre festeggiare, no? Avrebbero mangiato insieme, davanti alla webcam, come facevano sempre e avrebbero acceso qualche candela per rendere meglio l'atmosfera. Sarebbe stato diverso dal solito, certo, ma non meno speciale.

Come in America, anche a Parigi le coppiette sembravano uscire dalle loro tane nei giorni precedenti a San Valentino. Jeff e Nick avevano sempre riso di quelle ragazze che casualmente portavano i fidanzati a vedere le vetrine delle gioiellerie proprio allora, o dei ragazzi che avevano proprio bisogno di quel nuovo videogioco. Nick si divertiva a studiare delle storie dietro ogni coppia, su come si erano conosciuti e innamorati, e ogni volta Jeff finiva per rimanere incantato dalla fantasia del suo ragazzo. Alla fine, era diventato quasi un rito il sedersi su qualche panchina davanti ai negozi e guardare tutte quelle coppie che, mano nella mano, camminavano davanti a loro.

All'inizio, Jeff aveva provato a continuare da solo quel piccolo gioco, osservando le coppie parigine. Si era immaginato gite al Mont Saint Michel e serate in cima alla Tour Eiffel, cene a lume di candela e camminate per i quartieri latini. Ci aveva provato, davvero, ma dopo una settimana era impazzito. Gli veniva naturale, dopo aver immaginato una situazione, raccontarla a Nick, ma non poteva farlo. Nick non era lì, né per sentire le sue storie, né per stringergli la mano, come invece potevano fare quei due sconosciuti che gli camminavano davanti. Nick non sarebbe arrivato con una bottiglia di vino, quella sera, né lui avrebbe potuto suonargli la sua nuova canzone.

Nick non c'era e San Valentino faceva schifo.

In cinque mesi di lontananza, Jeff non si era mai sentito così solo. Aveva conosciuto delle persone, certo, e la residenza dove abitava era sempre piena di gente. Non era mai davvero solo, ma in cuor suo si sentiva peggio di quando, da bambino, i suoi partivano e lo lasciavano con la babysitter più noiosa della storia. Si sentiva bene solo quando chiamava Nick, ma quando la telefonata finiva, la sensazione di vuoto tornava a colpirlo più forte di prima. Era diventato talmente malinconico che i suoi nuovi amici, che non conoscevano le ragioni di tale umore, avevano iniziato a chiamarlo lupo solitario e lo lasciavano a crogiolarsi nella sua tristezza.

Quella sera, Jeff si era messo a rivedere le foto del liceo. Le aveva tutte nel computer, da quelle scattate durante le prove dei Warblers a quelle delle varie gite che aveva organizzato con i suoi amici. Si era ritrovato a ridere di fronte a una foto di Thad totalmente coperto di neve, dopo che Sebastian lo aveva fatto rotolare giù da una collina. Aveva ricordato, grazie a una foto di gruppo, quell'esibizione che li aveva portati a vincere le Nazionali al suo ultimo anno. Si era commosso di fronte a una foto sua e di Nick, scattata da Trent di nascosto, mentre si baciavano durante la cerimonia del diploma.

Proprio in quel momento partì l'ormai familiare suoneria di Skype, che gli annunciava una chiamata di Nick. Aprì la finestra cercando di sorridere il più possibile, non voleva che Nick si preoccupasse, e rimase sorpreso quando vide che l'altro non era in collegamento video.

«Ehi, Nick» lo salutò, premurandosi comunque di mantenere un tono di voce allegro. «Come va?»

«Ciao, Jeffie» rispose quello. «Scusa se non mi faccio vedere, la webcam ha deciso di ribellarsi oggi».

Jeff si ritrovò a sorridere, mentre cacciava indietro le lacrime. «Non preoccuparti. Come va a San Diego?»

«In realtà sono a casa...»

A quelle parole, Jeff sentì il suo cuore perdere un battito. Nick era a casa, a Westerville, senza di lui. Nick era là, dove tutto era iniziato, a San Valentino, e lui era dall'altra parte del mondo. Non era giusto.

«Jeff?» Si riscosse quando sentì la voce del suo ragazzo richiamarlo.

«Scusa, mi sono distratto. Stavo proprio pensando alla Dalton, sai? Alla prima esibizione di San Valentino, quella a Lima».

«Non farmici pensare, se ripenso a quella mi tocca ricordare anche quella da Gap!» Anche se erano al telefono, e Jeff non poteva vederlo, sapeva che Nick stava storcendo il naso divertito.

«Mi manca, sai? La Dalton. Gli altri. Le prove coi Warblers...»

«Non essere malinconico, Jeffie. Siamo cresciuti, è vero, ma ci vediamo ancora. Siamo sempre amici».

«Ma non è lo stesso... E sono mesi che non vedo Thad. È il mio migliore amico e non so neanche, che so, se si è tatuato un drago in faccia».

Jeff sorrise nel sentire Nick ridere apertamente e, per un attimo, gli sembrò che tutto fosse a posto. Che Nick fosse semplicemente sulla strada per arrivare a casa sua, magari in ritardo di dieci minuti come suo solito, non in Ohio.

«Sai, non credo che Sebastian glielo permetterebbe».

«Dipende: se Thad lo volesse davvero, sarebbe capace di convincerlo. È Thad».

«Può essere... Come va lì? È vero che Parigi è la città più bella del mondo in questo periodo?»

Jeff fece una smorfia, contento che Nick non potesse vederlo. «...Parigi è bella sempre» rispose, quasi atono.

«...Ma?» Domandò Nick, con quel tono che gli faceva capire che, no, non era riuscito ad imbrogliarlo e sapeva perfettamente che qualcosa non andava. Jeff sospirò.

«Vorrei che anche tu fossi qui. Mi manchi. San Valentino è la festa più brutta dell'anno».

«Tu ami San Valentino».

«Non è vero. Fa schifo».

«Jeff...»

«No, senti, ho ragione. Sembra che ci sia in giro solo gente che cammina a due metri da terra, svolazzando nella sua felicità. E tutti si tengono per mano e sorridono come se al mondo fosse tutto perfetto. E si respira zucchero, Nick, davvero. Posso giurarti che stamattina c'era odore di zucchero filato. E poi ha piovuto, ma pensi che sia cambiato qualcosa? No! È anche uscito l'arcobaleno!»

«Jeff, tu ami tutte queste cose. Sei il primo a essere causa di diabete a San Valentino, lo sai, David se n'è sempre lamentato».

«Non quest'anno».

Nick sbuffò. «Lasciamo perdere tutto questo per un momento, ti va?» Al silenzio di Jeff, continuò. «Sebastian, da megalomane qual è, vuole organizzare una festa di proporzioni epiche per il suo ventunesimo compleanno e vorrebbe il parere, cito testualmente, “dell'unico che abbia un minimo di capacità di organizzazione nel branco di teste vuote che si ritrova attorno”. Saresti tu».

Jeff rise. «Gentile! Perché non mi ha chiamato lui?»

«Sai com'è Sebastian, gli piace avere un parere diretto. Vuole parlarti di persona».

«Ah» rispose semplicemente. «Quindi verrà qui?» Fra tutti, Sebastian era la persona che aveva visto di più in quei mesi. Con la scusa che aveva vissuto a Parigi per anni e che la sua famiglia poteva permettersi di pagargli viaggi intercontinentali, ogni tanto compariva alla sua porta con una scorta formato famiglia di Red Vines. Non si sarebbe sorpreso di una sua visita solo per parlare di una festa.

«In realtà... no. Vorrebbe che fossi tu ad andare sul luogo».

«Fa una festa a Parigi? Tipico di Sebastian! Peccato che tre quarti della gente non potrà esserci. Dov'è di preciso?»

«...A casa».

Jeff non ebbe tempo di reagire alle parole di Nick, di capire, che la porta di camera sua si aprì.

E Nick era lì, con il telefono in mano, e sorrideva.

Jeff non era mai stato un campione di reazioni, aveva i riflessi lenti e tutti lo avevano sempre preso in giro per quel motivo. Ma quella volta ci mise pochissimo a scattare in piedi e a buttarsi fra le braccia di Nick, che lo strinse con quanta forza poté. Jeff si lasciò andare, sentendo quel groppo che lo aveva tormentato negli ultimi giorni sciogliersi, mentre lui si sentiva al sicuro fra le braccia del suo ragazzo.

A casa.

Nick lo guidò fino al letto, senza lasciarlo un istante, e lo fece sedere in modo da riuscire a stringerlo con comodità. Jeff gli aveva artigliato la maglietta e non dava segno di lasciarla andare, come avesse paura che, attenuando la presa, Nick se ne sarebbe andato.

«Mi hai fatto preoccupare, Jeffie» Jeff alzò lo sguardo, fino ad incrociare quello di Nick. «Credevi non mi fossi accorto del tuo umore da Halloween? Pensavo ti fosse successo qualcosa. Stavo impazzendo».

«Scusa» mormorò Jeff, tornando ad appoggiare la testa sulla spalla di Nick.

«Ho persino chiamato Thad» continuò Nick, accarezzando i capelli di Jeff per farlo calmare, funzionava sempre. «Che mi ha detto di smetterla di fare lo scrittore e di immaginarmi scenari apocalittici, che conoscendoti eri semplicemente entrato in una delle tue fasi nostalgiche. Suppongo che, comunque, fosse mio dovere morale in quanto tuo ragazzo preoccuparmi a morte. Sebastian mi ha dato una mano a venir qua».

«Ti ha pagato il biglietto?» domandò, curioso e stupito. Era un gesto decisamente altruista, specialmente considerando che veniva da Sebastian.

«Non per farmi stare più tranquillo, se è questo che vuoi sapere. Ha il suo tornaconto».

«Che vuoi dire?»

«Vuole davvero il tuo parere per la festa. Mi ha mandato a prenderti».

A quelle parole, Jeff si illuminò. «Vuoi dire che...?»

Nick sorrise. «Sì, voglio che dire che ti ha preso un biglietto per casa».

Jeff sorrise apertamente, prima di buttare le braccia al collo di Nick e baciarlo con trasporto. Gli era mancato, gli era mancato da morire, e l'idea che ora fosse fra le sue braccia gli sembrava ancora strana. Non riusciva ancora a credere, poi, che sarebbe tornato a casa. Avrebbe dovuto ringraziare Sebastian, e soprattutto Thad, perché era certo che non fosse del tutto estraneo alla scelta di Sebastian di acquistare quei biglietti. Avrebbe organizzato una festa che sarebbe stata ricordata per anni, per ringraziarli.

«Jeff...» lo richiamò Nick, accarezzandogli un braccio.

«Mmh?»

«Buon San Valentino».

E Jeff seppe che, nonostante quegli ultimi giorni d'inferno, la malinconia, la nostalgia che lo aveva tormentato, tutto era finalmente a posto. Tutto era giusto e sarebbe sempre stato così, finché Nick sarebbe stato al suo fianco.

Non importava essere dall'altra parte del mondo, lontano dalla sua famiglia e dagli amici, era comunque a casa.

 

 

It'll all be alright,
I'll be home tonight
I'm coming back home

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buon Niff Month!

Siccome non sono la prima a pubblicare per questa iniziativa, spero che abbiate letto anche le altre storie e, quindi, sappiate di cosa sto parlando. Altrimenti... beh, siccome Niff is good e non ce ne sono abbastanza al mondo, noi Niffer menti malate abbiamo ben pensato di invadere la sezione e rimpolparla un po'. Abbiamo pensato dei prompt e personalmente spero di vederli tutti realizzati *-*

Questa, in particolare, è basata sul prompt “Dalton – malinconia – 'vorrei che anche tu fossi qui'”. La canzone, che dà anche il titolo, è “Home” di Michael Bublé, che amo.

 

Solito ringraziamento gigaaaante a Vals, che ha betato. Buon esame, cara! (:

 

Alla prossima!

   
 
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