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Autore: Ryta Holmes    21/10/2012    2 recensioni
"In una sola notte il suo passato nella grande città dei Pendragon era stato cancellato. Quel passato fatto di impegno e dedizione, fatto di grandi imprese troppo spesso tenute nascoste. Un passato in cui aveva protetto l’erede al trono a rischio della propria vita.Una sola notte che aveva cambiato tutto. La sua reputazione, i suoi sentimenti e soprattutto la stima nei confronti di colui che considerava un amico, quasi un fratello nonostante il divario dato dal loro status. Una differenza  però, che il principe Artù aveva ben chiarito con ciò che aveva fatto quella notte. E che aveva costretto Merlino ad usare la magia."
Genere: Drammatico, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!
 

SO COSA HAI FATTO

 
12.
 
“Udite! Udite! Accorrete ed una storia ascolterete!”
 
Il cantastorie gridava sulla pubblica piazza, sovrastando l’allegro vociare. Alcuni uomini, donne ma soprattutto bambini si avvicinarono nel sentire quel richiamo. Menestrelli di passaggio a Camelot capitavano spesso ma dopo il periodo buio che aveva vissuto il regno, quello era il primo che si presentava, segno che la buona sorte aveva ripreso ad illuminare Albione e tutti i suoi sudditi. C’era festa a Camelot, quel giorno, la festa del primo anno di Re Artù Pendragon, figlio di Uther.
Un primo anno che aveva visto la nascita di un regno completamente rinnovato, come se dalle ceneri tormentate del vecchio, martoriato da un re ormai incapace di regnare, ne fosse nato uno tutto nuovo, più luminoso, più pacifico e soprattutto più tollerante.
La magia, per quanto dolore avesse causato agli abitanti di Camelot, era stata anche la soluzione a tutto. Grazie alla magia del Mago Merlino, Re Artù aveva sconfitto il malvagio druido Mordred e si era riconquistato Camelot.
Perché Re Artù aveva raccontato tutto, dopo la disfatta dei druidi. Nel giorno della sua incoronazione, il nuovo Re aveva parlato al suo popolo, spiegando loro cosa era realmente accaduto, i perché della sventura che si era abbattuta su Camelot e come alla fine si fosse risolta ogni cosa.
 
“Quella che sto per raccontarvi è la vera storia di Re Artù e di Mago Merlino!”
Il cantastorie continuò a richiamare gente, mentre le vocette entusiaste dei bambini, dimostravano la propria approvazione. Loro che quella storia la conoscevano a memoria, adesso avrebbero potuto sentirla raccontare da un vero e proprio professionista, che avrebbe resto onore ai fatti.
“Bambini volete o no ascolta la storia di come Camelot morì e risorse grazie alla… magia?”
Nel concludere la frase, uno sbuffo di fumo colorato comparve sulle mani del menstrello – che a quanto pare si dilettava anche in piccoli trucchetti di magia – ma tranne che per qualche coro di esclamazioni stupite, nessuno arretrò a quella dimostrazione.
La magia a Camelot era sopravvissuta, così come era sopravvissuto il Re che nella grande esplosione di quel giorno, era stato salvato grazie ad un incantesimo.
Il coro di pargoli si fece più insistente. Nel frattempo altra gente, si era accostata intorno allo spiazzo, al centro del quale svettava il cantastorie: alcuni contadini, le donne del popolino e un paio di viandanti, riconoscibili dai mantelli polverosi e calati anche sulla testa.
 
“Volete ascoltare la storia del grande Re Artù Pendragon, offeso e poi salvato dalla magia?”
Ancora un “sì” unanime si sollevò dal pubblico e questa volta coinvolse anche gli adulti. Per il cantastorie questo bastò: era il momento di dare inizio al suo spettacolo. Imbracciò un liuto e alternando qualche nota alle parole, diede via al suo racconto.
 
“Questa è la storia di un Re e di un Mago. Di un Principe e di un Servo. Il Principe aveva un Servo che non sapeva essere un Mago. E il giorno che lo scoprì, fu il giorno della morte di Camelot!
Un potere molto oscuro si annidava tra le pareti del castello, una magia nera ordita da un essere spaventoso che si faceva chiamare… Mordred.”
Il menestrello, che presto si fece riconoscere per le sue doti di magia, si fece aiutare da alcuni piccoli incantesimi, per rendere più realistico il suo racconto. I suoi occhi si dorarono più volte, mentre volti e immagini prendevano vita e il pubblico iniziò a trattenere il fiato.
“Occhi di ghiaccio e sguardo malefico su un viso di bambino. Un creatura malvagia nata tra i Druidi ma cacciata dagli stessi, quando scoprirono la sua natura. Mordred… è qui!”
Il volto del bambino comparve all’improvviso facendo gridare di paura i più piccoli e impaurire anche qualche adulto.
“Mordred insinuò la sua magia tra le mura di Camelot, stregò il Principe e lo piegò al proprio volere. Il Principe non potè nulla contro il maleficio di Mordred e fu soggiogato a tal punto da umiliare ed attaccare il suo Servo.
Ma il Servo era anche un Mago e usò la sua magia per difendersi da un Principe che non era più lui. Scagliò un incantesimo che colpì il Principe, imponendogli una ferita magica. Il Servo, ormai riconosciuto come il Mago, fuggì e lasciò Camelot nel cuore della notte, sapendo quale sarebbe stata la sua punizione ma non conoscendo la reale entità di ciò che aveva causato alla sua vittima.
Deluso e convinto che il suo padrone lo avesse tradito, il Mago non si guardò indietro e lasciò il regno di Camelot per non incorrere nell’ira di Uther Pendragon.”
Quando al pubblico apparve il volto del vecchio Re, partì qualche fischio, subito sedato da un soffio generale per mantenere il silenzio. La piazza era gremita, ormai, il cantastorie si era conquistato il suo pubblico.
“Trascorsero i mesi e il Mago soffriva per la lontananza. L’affetto e la stima per quel Principe che tanto avevo protetto in passato grazie alla sua magia e che poi tanto male lo aveva pugnalato, furono più forti del tradimento subito e fu allora che decise di guardarsi indietro per tornare a Camelot. Lì… il Mago… scoprì l’inferno.”
Una pausa e il pubblico trattenne ancora il respiro. Qualche donna pianse, in ricordo di chi in quell’inferno aveva perso la vita.
“Il vecchio Re, pazzo di dolore per quanto accaduto al figlio che non guariva dalle ferite riportate e ignaro della magia oscura che aveva causato tutto ciò, portò il regno alla rovina. Uccise, giudicò e uccise ancora e oscurò e bandì… e Camelot morì.
Quando il Mago tornò, non trovò altro che i resti, le ceneri di una grande città. E allora il Mago pianse amaramente e decise di porre fine a quel dolore che lui stesso credeva di aver causato.”
Qualche applauso di riconoscimento, venne sedato allo stesso modo dei fischi.
“Nel frattempo alcuni cittadini, stanchi dell’ira di un vecchio Re che si abbatteva inutilmente sul suo popolo, congiurò contro di lui e chiese aiuto alla magia. Ma fu quella sbagliata, stavolta. Mordred, il malvagio Mordred interpretò il ruolo dell’eroe che avrebbe liberato Camelot e con l’aiuto degli ignari cittadini, entrò nel castello, attaccando la famiglia reale! Quella notte… in molti morirono per mano della magia oscura.”
Alcune donne piansero più forte ma il bardo continuò senza sosta, ormai nel vivo del racconto. “Fu il Mago a salvare la famiglia reale, grazie ai suoi grandi poteri portò in salvo il Principe e il Vecchio Re, assieme ai pochi cavalieri rimasti. Mentre il popolo lo odiava, lui compiva le sue gesta da eroe, salvando chi lo aveva tradito e chi lo voleva morto. E come se non bastasse con la sua grande potenza, guarì il Principe dalla stregoneria che lo soggiogava e poi e dalle sue ferite, riportandolo alla vita.”
Questa volta l’applauso fu più forte e più sentito e il cantastorie fu costretto a fermarsi e ad attendere alcuni minuti prima di riprendere il racconto. Poco dopo il volto in lacrime di Merlino comparve alla folla.
“Il Mago pianse ancora ma questa volta di gioia. Il suo Principe era salvo ed era tornato ad essere se stesso. Ma non c’era tempo per gioire, Mordred aveva preso in mano la città e costretto alla fuga i pochi abitanti rimasti. Fu così che il Principe e il Mago decisero di unire le proprie forze per fermare il malvagio con la faccia da bambino.
Il Mago fornì il Principe di un’arma invincibile, l’arma che ancora oggi il nostro Re tiene appesa alla cintura… la mitica Excalibur.”
Un coro di “Ohhhh” si levò dalla fila dei bambini, che tanto amavano quella spada, ormai la protagonista indiscussa nei loro giochi.
“Con grande coraggio il Principe e il Mago rientrarono a Camelot e si introdussero nel castello, pronti a riprendersi il regno. Un coraggio però, che rischiò di diventare imprudenza. Nessuno infatti, sapeva che Modred… li stava aspettando.”
Ancora una pausa, per mantenere viva la tensione, poi il cantastorie continuò a parlare senza più fermarsi.
“Anche il malvagio bambino aveva con sé un’arma, un cristallo potentissimo che mostrava il futuro e che aveva anticipato l’arrivo dei nostri eroi. Mordred ebbe così il tempo di prepararsi ad accoglierli e quando i due furono dentro, soggiogò ancora una volta il Principe.
Questa volta, si servì di un’armatura che il Principe indossò per prepararsi alla battaglia. Come quella tragica notte, il Principe nuovamente stregato, attaccò il Mago con l’intento di ucciderlo e quasi ci riuscì, perché impugnava Excalibur e niente quella spada può contro i nemici.
Ma il Mago aveva imparato la lezione e sapeva quanta fiducia riponesse il Principe in lui. Fu così che fece credere a Mordred di essere vinto nuovamente dall’odio per il Principe.  
Gli inflisse quelle stesse ferite che tanto lo avevano dilaniato, costringendolo a spogliarsi dell’armatura e poi lo guarì con altrettanta rapidità, senza che Mordred appena accorso, notasse gli effetti della magia.
Una grave disattenzione, che gli costò la vita! Il Principe ripresosi subito, grazie alla sua ineguagliabile prestanza fisica, attaccò di sorpresa e distrusse con un velocissimo affondo l’arma di Mordred, il terribile cristallo. Poi… avvenne la grande esplosione che colpì in pieno i nostri eroi e disintegrò Mordred.”
Qui il cantastorie tacque. Il pubblico rimase in silenzio per alcuni istanti ma quando l’uomo non continuò iniziò a scaldarsi.
“Raccontaci cosa è accaduto dopo, forza! Che stai aspettando! Non puoi lasciarci sul più bello!”
Il menestrello era un uomo furbo. Con un sorriso, si tolse il cappello a falda larga che aveva indosso e lo rovesciò. “Prima un’offerta, miei signori. O non continuerò!”
Qualcuno rise, qualcun altro fischiò. Le monete e anche qualche pezzo di pane o di formaggio, riempirono il cappello.
Nel frattempo, mentre la folla si accalcava per pagare la propria offerta, uno dei viandanti si allontanò dal pubblico, diretto verso una viuzza, ormai convinto di aver ascoltato abbastanza. Aveva notato qualcuno che conosceva e al momento era più importante incontrare quella persona, che conoscere il resto del racconto.
Quando fu davanti a quegli occhi color del cielo che nel frattempo scrutavano con curiosità il cantastorie da lontano, si fermò e attirò l’attenzione su di sé.
“Sua Maestà dovrebbe conoscere la storia meglio di chiunque altro, che ci fa nella piazza della città bassa?”
Re Artù si voltò verso il viandante, non tanto sorpreso che qualcuno lo riconoscesse. Quando vide il cappuccio calato e il mantello aggrottò le sopracciglia. “Curiosità, credo. E con chi ho l’onore di parlare?”
“Potrei invece conoscere il seguito dalle vostre regali labbra?” replicò invece quegli, senza dar cenno di volersi far riconoscere. “Ho sempre sospettato ci fosse un pizzico di bugie in questo racconto…”
Artù si fece ancora più sospettoso e cercò di scrutare con più attenzione quel viandante che non voleva mostrare il suo volto. “Non c’è nessuna bugia. Merlino si frappose tra me e il cristallo nell’esplosione e mi salvò la vita con la sua magia.”
“E del mago? Che ne è stato?” domandò l’altro a bruciapelo.
Fu a quel punto che Artù chinò il capo e un’ombra di tristezza comparve sul suo volto. “Non lo so… è scomparso da allora.”
“Credete che sia morto?”
Artù esitò a dare una risposta. Il nuovo sovrano di Camelot ricordava poco di quel giorno terribile. L’improvvisa incoscienza quando indossò l’armatura stregata, poi il ritorno alla lucidità assieme al dolore lancinante delle piaghe e infine la consapevolezza di dover colpire a tradimento il cristallo di Neahtid per fermare Mordred. Poi il fragore dell’esplosione e la figura di Merlino davanti a lui a salvarlo da quel boato.
Il giorno dopo si era risvegliato, sano e salvo, con una Camelot da ricostruire e l’incoronazione imminente al posto di suo padre ormai vinto dalle sue paure. E senza Merlino.
Di lui non si ebbe nessuna traccia ma a differenza di Mordred, di cui furono ritrovati alcuni resti sopravvissuti all’esplosione, del mago non si seppe più nulla.
“Non lo so.”
“Gli dovete molto.”
Un cenno di assenso accompagnò le parole del sovrano. “Più di quanto tutti credano. Merlino è stato un servo fedele e un grande amico. Se sono vivo lo devo a lui. E mi piace pensare che abbia deciso soltanto di andarsene, per lasciare a Camelot il tempo di abituarsi alla magia. Prima o poi ricomparirà magicamente allo stesso modo con cui è sparito...”
“Oh beh… siete diventato un re molto assennato. Potrei quasi commuovermi… siete guarito dalla vostra asinite!”
 “Come?”
Artù sollevò il capo di scatto, lanciando un’occhiata interrogativa al viandante intento a sfilarsi il cappuccio del mantello. Ma aveva sentito bene?
“Mi domando, davvero avrei pianto come un bambino quando vi ho guarito dalle stesse piaghe che vi siete senza ombra di dubbio meritato?!”
 
Nella piazza il bardo aveva finito il suo racconto, accolto da un’ovazione di assenso. Gli applausi risuonarono festosi mentre l’uomo si inchinava al suo pubblico soddisfatto.
Poco lontano, due amici appena ritrovati si abbracciavano.
Artù era felice, Merlino era tornato da lui.
 
FINE
 
****
 
Con un po’ di soddisfazione, posso finalmente mettere la parola fine a questa storia. Ci è voluto del tempo ma sento di essere adesso soddisfatta di questa conclusione. Come già detto, quello che mancava agli ultimi capitoli era stato un senso che non riuscivo a dare… l’idea iniziale che avevo per concluderla non mi era mai piaciuta e poi le varie vicende della mia vita mi avevano portato a lasciarla lì, in sospeso.
Ora che è finita, ammetto di dover dire che mi sento meglio.
 
Ho solo un appunto da fare. Non credo di risultare molto simpatica dopo ciò che sto per dire ma tanto ormai questa storia è finita e chissà quando scriverò ancora. Quindi già che ci sono mi tolgo il dente e chissenefrega.
 
Non ho mai scritto con il solo scopo di ottenere recensioni. Appartengo – e posso dirlo con onore – alla vecchia generazione di autrici di Efp, quella che ormai non esiste quasi più, quella che con Efp ci è cresciuta e che grazie ad Efp ha imparato tanto. Ha imparato a scrivere innanzitutto. A migliorarsi e a trovare il coraggio di dare in pasto a lettori sconosciuti i propri scritti. Appartengo a quella generazione che in Epf aveva trovato una scuola, perché tra gli autori ci si confrontava continuamente, ci si giudicava nel bene e nel male e ci si rispettava a vicenda. Il mezzo con cui si faceva tutto ciò, erano le recensioni. Oggi esistono i messaggi privati, esiste il programma recensioni a punti eppure quel rispetto verso gli autori si è perso.
Non sto a sindacare sui contenuti che circolano adesso nei vari fandom, mi limito solo a dire – e che mi censurino per questo o che la gente si scandalizzi – che è diventato un vero e proprio puttanaio. Una volta si scriveva per il piacere di scrivere, oggi si scrive per far accoppiare coppie (che nel 90% dei casi sono gay e il 90% degli autori non sanno nemmeno cosa è veramente l’omosessualità e come si vive).
Quel restante 10% di buono che c’è – perché qualcosa di buono c’è ancora, bisogna ammetterlo – non riesce ad emergere, perché non viene recensito. Qualcuno più fortunato è finito pubblicato nei famosi libri “Niente è come prima”, qualcun altro giace dimenticato dal mondo e continua a sperare in un poco di attenzione in ogni pubblicazione. Penso a me, sedicenne che riceveva tante recensioni e tanti consigli e imparava e trovava il coraggio e scopriva l’entusiasmo per la scrittura: oggi, grazie a questo, sono diventata una giornalista.
E le brave autrici che adesso si affacciano in questo mondo e non ricevono quello che ho ricevuto io, avranno lo stesso entusiasmo dopo? Me lo chiedo.
Se qualcuno vorrà discutere con me di questo – anche privatamente o in pubblico senza problemi – sarà ben accetto.
Intanto mi limito a salutare tutti e a ringraziare chi a questa storia ci ha creduto e mi ha dato qualcosa lasciando una parolina di incoraggiamento.
 
A presto (forse)
Ryta
   
 
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