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Autore: Gyllenhaal    22/10/2012    1 recensioni
Lei mi guardò con due occhioni che stavano per esplodere da un momento all'altro. Corse e mi abbracciò con tutta la forza che aveva.
« Va e insegui il tuo sogno tesoro. Non commettere il mio stesso errore.»
«Ti voglio bene mamma, grazie di tutto.»
«Ti voglio bene anche io, piccolina.»
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una sera di Luglio ed ero in casa a cucinare il pollo che piaceva tanto a mia figlia.
Feci saltare altre due volte il pollo nella padella e poi lo tolsi dal fuoco. 
Aprii la finestra.
«E' pronto!» gridai, sistemando le fettine nei piatti.
Sentii dei passi velocissimi scendere le scale. Era Cassie. 
Cassie era la mia piccolina. Aveva 13 anni, ed era bionda. Aveva degli occhi celesti come il mare. 
«Oh, finalmente! Ho una fame!» disse, agitandosi la mano sopra la pancia, poi si sedette.
«Allora, com'è andata oggi a scuola?» Le chiesi, addentando un pezzo di pollo.
«Oh, bene. Ho preso 7 al compito di algebra. Ed era difficile. Non è grandioso?» sorrise. 
«Certo amore.»
Mio marito non era ancora tornato da lavoro. Tutte le sere ci ritrovavamo da sole a cena, ma era come una cura per me stare sola con mia figlia.
Potevamo capirci, confidarci, parlare liberamente, senza uomini in giro.
Finì di mangiare e corse subito su. 
Beh, faceva sempre così alla fine della cena, ma dopo mi riservava sempre un posticino nel letto prima di addormentarsi. E' lì che parlavamo e ci raccontavamo del più e del meno. 
Era come una migliore amica. 
Finii di sparecchiare e mi diressi verso il bagno. 
Sentii una voce che cantava una canzone e mi accostai alla porta della camera, mi appoggiai e la fissai.
Era tremendamente presa nel cantare quella canzone. 
«Oh, ma come siamo brave!» interruppi la barriera che si era creata tra lei e il mondo.
Sobbalzò dal letto.
«Mamma! Potevi Avvertire!» gridò, levandosi una cuffietta.
«Beh, scusa. Cosa cantavi?» le chiesi, introciando le mani al petto.
«Oh una canzone di una band. E' la mia band preferita. La vuoi vedere?» mi chiese, con enfasi. 
«Oh, ma valà, certo.» mi avvicinai al pc, e notai diverse cartelle tutte con lo stesso nome. Union J.
«Ecco guarda. Non sono stupendi? Io li amo mamma, sono tutto per me.» disse seria.
Fissai lo schermo e poi alzai gli occhi.
«Ti capisco.» dissi, secca.
Lei si girò incredula e mi fissò a bocca aperta.
«Davvero? Tu mi capisci?» mi domandò, quasi fosse in un sogno. 
«Certo tesoro.» l'abbracciai, e le accarezzai la spalla. 
«Nessuno mi capisce mamma. A scuola non so con chi parlarne. Loro non capiscono che sono importanti.» 
Sentii una goccia sulla mia spalla.
«Ehi, non piangere. Succedeva anche a me.»
«Spiegati meglio mamma.»
Mi staccai da lei delicatamente e la portai in camera mia. 
Aprii con cautela l'armadio e rovistai a fondo per cercare quell' unico ricordo che mi era rimasto. 
Un miserabile CD. Lo scossai per togliere la polvere e finalmente riuscii ad intravedere il titolo dell'album: Up All Night.
«Eccolo.» glielo misi sotto il naso. «Questo CD, queste persone, sono state le persone più importanti della mia vita.» confidai.
«Ma va? Adesso mi racconti.» Mi chiese, con gli occhi pieni di curiosità.
La feci accomodare sul letto con un gesto, e io mi sdraiai.
«Beh ecco..» presi fiato. 
«Tu pensi che io non ti capisca, ma non è così.
Queste cinque persone, mi hanno aiutato nel corso di tutta la mia adolescenza, solo loro sapevano portarmi avanti,
mi hanno insegnato a sognare, mi hanno fatto capire che non dobbiamo avere paura di sognare, perchè infondo è tutto quello che ci resta.
Mi hanno insegnato che se vuoi, puoi. Loro non erano dei semplici cantanti, loro erano idoli, ispirazioni. Penso che non ci sia niente di meglio che amare il proprio idolo alla follia
. Credevi che non ti avrei capita eh? Lo so quello che provi e tutt'ora, è come se lo stessi rivivendo anche io.» finii il discorso con le lacrime agli occhi, così anche lei.
«Quindi.. Se io ti chiedessi una cosa tu accetteresti?» esitò.
«Dimmi tutto, amore.»
«Gli Union J fanno un concerto gratis, aperto a tutti questo fine settimana, posso andarci?»
Aspettavo questa domanda da non so quanto tempo.
«Che ne dici se andassi a preparare la valigia proprio adesso?» 
Lei mi guardò con due occhioni che stavano per esplodere da un momento all'altro. Corse e mi abbracciò con tutta la forza che aveva.
« Va e insegui il tuo sogno tesoro. Non commettere il mio stesso errore.» 
«Ti voglio bene mamma, grazie di tutto.»
«Ti voglio bene anche io, piccolina.»

Erano le 7 ed era l'ora di partire per la stazione. 
Cassie era così eccitata all'idea di andare da sola in treno fino a Sheffield.
Mi fidavo di lei, sapevo che si sarebbe divertita. 
«Andiamo tesoro, muoviti!» Le gridai, gesticolando con la mano.
«Arrivo mamma!»
«Su dai, metti questo.» 
Le misi un cappello rosa in capo, un po' in stile Harry.
«Mamma! Non lo voglio, è ridicolo il rosa!» gridò.
Glielo tolsi e lo misi in tasca. 
«Ecco mamma! Il treno sta arrivando. Oddio sono super eccitata!» 
Il treno si stava fermando, con quel tipico stridolio dei freni che ti faceva sempre tappare le orecchie.
«Allora tesoro, ricordati di non rivolgere la parola a gente sconosciuta, di non be..» ma improvvisamente mi fermò.
«Lo so mamma!» mi sorrise.
Beh, dopotutto, una mamma aveva sempre quel lato protettivo.
All'improvviso, vidi un uomo con una figlia.A regola dovevano andare dalla stessa parte nostra. Lui era un bell'uomo, tutto rivestito e ben educato, così la figlia. Anche lui a quanto pare era un uomo protettivo. 
Diede una pacca sul culetto alla figlia prima che il treno si fermasse, come per far capire che era l'ora di andare.
Mi avvicinai velocemente al ragazzo.
«Ehm, mi scusi..» Lui sorrise. «Sua.. Sua figlia per caso deve andare ad un certo concert..» mi fermò.
«Union J?» chiese. 
«Si, esatto proprio loro.» gesticolai dall'imbarazzo, tentando di non guardarlo negli occhi.
«Oh, si da questa parte. Deve salire su questo vagone. Hanno radunato parecchia gente. Andranno insieme, non si preoccupi. Vero Lea?»
Si girò verso la ragazzina, che impaziente annuì al padre e poi si avviò davanti alla porta con Cassie.
«Oh, la ringrazio.» esitai.
Le porte si aprirono. Finalmente ero felice che avrebbe realizzato il suo sogno. 
Le due entrarono dentro che parevano due razzi, e si accomodarono subito nel vagone, sedendosi accanto all'enorme finestrino e subito guardanrono verso di noi per poi alzare la mano in segno di saluto.
Io e il padre della ragazzina ricambiammo il saluto, mentre io mandai un bacio a Cassie. 
Il treno partì, con tutta quella gioia e felicità di molte adolescenti in cerca del loro sogno da realizzare.
Osservai il treno andare via, e continuai a salutare, finchè non scomparve dietro alla città. Mi scese una lacrima. 
«Sta per caso piangendo?» mi chiese l'uomo.
Mi voltai con nonchalance, facendo notare che era solo un moscerino. Stavo piangendo.
«Oh, no non si preoccupi, è solo.. Un moscerino.» dissi, strofinandomi l'occhio.
Il ragazzo sgranò gli occhi. 
«Oh, lascia che l'aiuti.» disse, porgendomi un fazzolettino di carta.
E fu in quel momento che vidi i suoi occhi. Occhi celesti, occhi che avrei riconosciuto in mezzo a miliardi di persone. 
Mi porse la mano, in attesa che io ricambiassi il saluto.
«Piacere sono Louis. Tomlinson» disse, stringendomi la mano. 
«Oh, Rose.»
Quel volto, quei capelli, quella postura mi era chiaramente familiare. Era lui.
«Sà, capisco mia figlia. Anche io ero un cantante.» sospirò.
«Oh, davvero? E.. Dove suonava?» gli chiesi, facendo finta di niente.
«Beh, la mia era una band. I One Direction. Sà a quei tempi eravamo giovani, tutte le ragazze ci venivano dietro...» dichiarò. «Eh, bei tempi quelli.» sospirò poi.
«Oh, già.» annuii.
«Lei non ci conosceva?» chiese, confuso.
«Oh, no.. Io non ascoltavo molta musica..» affermai, mentendo. Li conoscevo, li conoscevo eccome. Erano la mia vita.
«Beh, è stato un piacere conoscerla signora Rose. Potrò rivederla al ritorno?» mi chiese, con genilezza.
«Oh, ma certo.. Si, sicuro.» annuii a 32 denti. 
«Arrivederla.» disse, allontanandosi da me. Girò la testa ancora per una volta verso di me, salutandomi per l'ultima volta, Incredibile ma vero. 
Lo fissai, per poi andarsene definitivamente, scendendo le scale della stazione. 
 Lui non lo sapeva, ero stata in silenzio. 
Quell'uomo che sembrava non essere nessuno e che invece per tutta la mia adolescenza è stato uno delle persone migliori. 
Improvvisamente mi sentii piena di gioia, come se fossi ritornata adolescente ancora per una volta. Mi ritornò in mente la loro prima canzone, i video diaries, le interviste, i concerti.
Le litigate con gli haters, le litigate con i genitori, le pazzie fatte per tentare di andare ad un loro concerto, i pianti di gioia, i pianti di terrore, i pianti.  E ancora il secondo album, i DVD, foto, foto di ragazze che li avevano incontrati, cover, poster, disegni.  Twitter, X Factor, Sanremo, le Olimpiadi, tutti i premi, tutti i ringraziamenti, gli 'A MASSIVE THANK YOU." e il loro "HI, WE'RE ONE DIRECTION!". 
I tatuaggi, i loro stati d'animo, i loro pianti. 
Capii che dovevo prendere una decisone, dovevo fare quello che mi sentivo dentro.
Iniziai a correre più forte che potevo, scesi le scale stando attenta a non cadere per poi svoltare sotto alla stazione.
Come se in quel momento mi fossi trasformata in una ragazzina piena di debolezze, piena di sogni.
C'era tanta gente. Iniziai ad agitare la testa per trovare Louis. Lui camminava silenziosamente con la sua postura inimitabile, non badando alla gente intorno.
Lo avvistai, ed iniziai a spostare gente a spintoni.
«Scusi. Permesso!» dicevo, man mano che le persone si spostavano. 
La figura si avvicinava sempre di più. Fino a quando non arrivai a toccargli la spalla. Lui si girò.
«Oh, salve ancora lei. Si è dimenticata qualcosa?» chiese, sorridendomi. Quel sorriso maledettamente bello.
«Sa una cosa?» dissi, a fiato corto. «Lei mi ha fatto ragionare molto.»
Lui arricciò il naso.
«Come?»
«Beh vede, io la conosco in realtà.» confessai.
«Oh, lo sapevo! Mi fa piac..»
«Nono, aspetti!» lo bloccai subito. 
«Mi faccia spiegare. Lei era importante. Lei per me era una delle persone più importanti della mia vita. Beh, non so come possa essere strambo questo.. Detto da una donna.. ma..» 
Louis subito mi prese per il collo e mi accostò a se, facendomi sentire sua e abbracciandomi con tutto il suo amore e il suo calore. Avrei dato qualsiasi cosa per ricevere questo momento.
«Lei è una delle persone più speranzose che io abbia mai visto.» mi disse, con il volto sul mio collo. «E' una donna molto forte.»
Iniziai a piangere come una bambina, come una ragazza indifesa, senza niente. Iniziai a piangere di gioia, perchè era veramente la mia vita.
Improvvisamente si staccò, e con un indice mi asciugò una lacrima che stava lentamente scendendo sulla mia guancia. Poi mi lasciò un leggero bacio sulle labbra. 
«Questo non lo dica a suo marito. E' un nostro segreto. Promesso?» mi sorrise, per poi iniziare a camminare verso l'uscita della stazione.
Lo vidi scomparire dietro alla notte buia, dietro a centinaia di persone che mi circondavano, dietro alle luci della città, dietro tutto. Ero rimasta là a fissare il vuoto, tra gli spintoni e gli strattoni che ricevevo.
Tutto mi era insolito e sconosciuto, come se ci fosse stata una barriera intorno a me, come se il tempo mi avesse riportato indietro. Da quel momento capii che la speranza c'era.
 Che ci avevo creduto fino infondo. 
Avevo realizzato il mio sogno sottoforma di donna matura, ma in realtà dentro di me c'era ancora quella ragazzina pazza e dedicata, e in Louis c'era ancora quel lato da simpaticone. 
Finalmente potevo dire: Ho creduto nel Never Say Never.


Yep.
No gente, non capisco perchè mi viene la barra sotto. Io il testo l'ho inserito correttamente, e mi fa incazzare ora. Ho tentato 4980345 volte di riscriverlo, ma nulla. ewe. 
Inventata mentre scrivevo, grazie a uno stato di una mia amica su feisbuk.


 
   
 
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