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Autore: aria    22/10/2012    2 recensioni
Nellie era un Angelo, prima che le tagliassero le ali. Adesso è condannata a restare sulla Terra, senza mai poter tornare a casa.
Cosa fare quando ci si trova improvvisamente abbandonati?
One-shot cronologicamente ambientata dopo Sette Giorni.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'L'Importanza del Sangue'
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Nellie

Ali perdute

E' parte di te. Il dolore lo porti dentro.
Puoi illuderti che non esista.
Puoi provare ad ignorarlo.
Ma il dolore latente, prima o poi, si manifesterà.





Nellie si mosse a disagio. Due ferite sulla schiena, dove una volta c'erano due ali, le bruciavano. Il sole entrava dalla finestra e dalla sua posizione intuì che doveva essere almeno mezzogiorno.
- Ehi, come stai? -
Si girò e vide Dantalian accanto al suo letto, gli occhi che rivelavano tutta la sua preoccupazione. Si mise a sedere, poggiandosi contro i cuscini per riuscire a stare dritta. Fece un profondo respiro, sentendosi improvvisamente lenta e impacciata. Goffa. Umana.
- Hai presente la sensazione di quando arriviamo su questo piano? Il peso di avere un corpo, le leggi fisiche di questo posto, la gravità, l'attrito, la lentezza dei movimenti. Moltiplicalo per cento. Mi sento fatta di sassi. Non percepisco più nemmeno gli odori come facevo prima, ci vedo meno, ci sento meno, - fece una pausa, deglutendo un paio di volte per r
iuscire a eliminare il groppo che le annodava le parole nella gola. - la connessione con il Paradiso è sparita. Non ho più una casa. -
Dantalian si sedette sul letto, posandole una mano sul ginocchio. Conosceva quella sensazione, il peso sul cuore di sentirsi improvvisamente perduti e soli. Era come andare in giro con uno stiletto piantato nell'animo, ad ogni movimento la ferita si riapriva e sanguinava, dolorosamente. Ma ci si faceva l'abitudine dopo un po', si trovavano altri scopi. Scopi personali, ma meglio del vuoto.
- Ti capisco, - le sussurrò.
- Davvero? E come potresti? -
- Anche io sono stato creato dal tuo stesso padre. Anche io ho abitato il Paradiso, sono stato pieno della Grazia, ho avuto la pace e la beatitudine dentro di me. Poi sono caduto e ho perso tutto quanto. -
Il viso di Nellie si contorse per la rabbia. Si drizzò a sedere di scatto. Non aveva mai provato una rabbia così potente, così assoluta, e non sapeva come gestirla. Lasciò che le salisse dentro ad ondate finché non sfociò in una raffica di piccoli pugni contro il Demone.
- Tu hai scelto! Sei caduto perchè hai disubbidito, a me hanno reciso le ali! -
La sua voce era rotta, tremante per la furia che le attraversava il corpo. Dantalian la lasciò sfogare, incassando i pugni senza sentirli davvero, poi pian piano divennero sempre più deboli. Alla fine Nellie si accasciò contro di lui, sfinita dallo sforzo e dalle emozioni. Sentiva le lacrime correrle calde sulle guance, incapace di arrestarle. E' questa la disperazione degli umani? Come possono sopportarla senza andare in pezzi? Come possono contenere delle emozioni del genere senza venirne schiacciati? Si sentiva morire. Non letteralmente, aveva piuttosto la sensazione che qualcosa le stesse marcendo dentro, avvizzendosi sempre di più.
- Ci sono degli altri come te, se desideri conoscerli. Non sono molti, però potrebbero aiutarti, - le suggerì piano.
Scosse la testa. Non voleva conoscerli. Non voleva vedere il suo stesso dolore negli occhi di qualcun altro, non l'avrebbe sopportato. Doveva trovare qualcosa che l'aiutasse ad andare avanti, perchè il quel momento il dolore l'opprimeva e la schiacciava come una coperta ruvida e pesante.
Si passò il dorso della mano sul viso, tirando rumorosamente su con il naso. In tutta la sua lunga esistenza non si era mai sentita così abbandonata, senza essere in grado di sapere quale fosse la decisione giusta. Senza sapere quale fosse il suo scopo, il suo posto nel creato. Tirò le ginocchia al petto e se le abbracciò, sentendo la pelle tirare, là dove una volta c'erano le sue ali. Emise un leggero gemito di fastidio, incapace di controllarsi. Fino ad allora, il dolore fisico sapeva a malapena cosa fosse.
- Levati la maglietta, devo medicarti le ferite. -
Nellie rivolse una lunga occhiata al Demone. Ma capì guardandolo negli occhi che non aveva alcuna malizia, voleva davvero solo aiutarla. Si slacciò i bottoni del pezzo sopra del pigiama, facendolo scivolare oltre le spalle e usando i lembi davanti per coprirsi il seno. Dantalian fu molto delicato, ma dovette stringere i denti con forza per non lamentarsi.
- Prova a dire una parolaccia, a volte aiuta a scaricare il dolore o la rabbia. Con gli umani funziona. -
Nellie gli lanciò un'occhiata da sopra la spalla, dubbiosa. Non aveva mai imprecato in tutta la sua lunga, lunghissima esistenza. Mai, nemmeno una volta. Quando sentì nuovamente il disinfettante bruciare, aprì la bocca a lasciò che la parola giusta le uscisse fuori.
- Cazzo! -
Dantalian sorrise, dandole un buffetto sulla testa.
- Allora, funziona? -
- Mmmh, forse. -
Si risistemò il pigiama e ruotò lentamente sul posto, fino a ritrovarsi faccia a faccia con il Demone. Fece un profondo respiro, cercando di restare calma e non farsi sopraffare dal dolore. Non voleva la pietà di nessuno.
- Dove sono gli altri? -
- Sono andati a fare una passeggiata. Mel e Andrea hanno portato Ruben a vedere la Mole, hanno pensato che forse non avresti voluto molta gente intorno. -
Nellie fece un minuscolo cenno col capo, distogliendo poi subito lo sguardo.
- Vuoi che me ne vada? - chiese lui, con una nota gentile nella voce.
Un altro cenno d'assenso. Voleva solo che se andasse, che la lasciasse libera dal dover fingere di stare bene.
- Non offenderti, per piacere. -
- Nessuna offesa. Ho un paio di anime per il Toro di Falaride, di sotto. Magari torno qui tra un paio d'ore? -
Le sollevò il mento con due dita, per cercare di capire se poteva lasciarla da sola. Aveva uno sguardo limpido e tranquillo, quindi la salutò e poi sparì.
Finalmente da sola, Nellie si abbandonò sul letto, lasciando libero sfogo al suo dolore. Non si era mai sentita in quel modo, così abbandonata. Da quando era stata creata, aveva avuto la voce di Dio dentro di sé, chiara e costante. Una continua presenza che la riempiva di gioia, mentre adesso si sentiva sola. Come si fa ad andare avanti quando sembra che tutto sia perduto?
Se avesse potuto si sarebbe uccisa, preferendo persino la condanna certa dell'Inferno alla sua situazione. Ma non poteva farlo, era, nonostante tutto, ancora immortale. Condannata a vivere per sempre sulla terra, come null'altro che un essere umano. Condannata, anche se non aveva disubbidito. Aveva cercato di salvare un'amica e la sua ricompensa era stata la recisione delle sue ali, della sua identità. Era caduta nell'oscurità della disperazione. Era la fanciulla nel buio e il buio stesso.
Lei stessa era diventata la sua prigione.
Ma l'ex Angelo non era solo disperata, era anche furiosa contro chi l'aveva ridotta in quello stato. Sapeva che Rachele stava venendo punita duramente, ma nonostante la cosa le desse una strana e profonda soddisfazione, nel suo cuore si era allargata la macchia scura del desiderio di vendetta. Era come una macchia d'olio che si espandeva e contaminava tutto quello che incontrava. Chiuse gli occhi e recitò una preghiera per cercare di alleggerirsi l'anima, ma non ricevette lo stesso sollievo che riceveva una volta. Anzi non ricevette nessun sollievo.
La rabbia aumentò ancora. Scese dal letto e iniziò a lanciare contro le pareti tutto quello che trovava. Scagliava un oggetto dopo l'altro, usando tutta la forza che aveva, ignorando le ferite che ricominciavano a sanguinare. Si fermò solo quando una bottiglietta di profumo s'infranse contro il muro, rilasciando la fragranza nella stanza. Aveva il respiro pesante e i capelli appiccicati alla fronte per il sudore. Era stanca, ma si sentiva stranamente più calma, come se lo sfogo fisico le avesse fatto bene anche allo spirito. Era una sensazione nuova, la stanchezza fisica, però piacevole. Riposante, in un certo senso, come se l'avesse aiutata a svuotare la mente.
Gettò uno sguardo circolare al disastro che aveva creato e l'occhio le cadde su una vecchia foto di Melania e Andrea, probabilmente una delle prime del secolo. Si chinò e prese l'immagine tra le dita, stando attenta a non tagliarsi.
Melania non si era arresa. Aveva atteso, sperato. Aveva avuto fede nel suo amore.
Nellie non era molto certa di avere mai avuto davvero fede, aveva saputo più che creduto, ed era ben diverso. Forse poteva iniziare ad avere fede, a credere davvero in qualcosa. Non era molto, forse era quasi nulla.
Ma quando si è nel baratro, quello che ti mangia l'anima e chi ti lascia senza respiro, persino la speranza di riuscire a credere in qualcosa può salvarti. E Nellie si aggrappò a quello. Chiuse gli occhi e cercò di salvarsi.




Fine








Mi spiace per chi si aspettava una sorta di "salvezza". Purtroppo non c'è.
Però se vi interessa, nella mia testa sta prendendo vita Telma.
Baci,
Aria.
   
 
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