Tagete vs
Alieno
L’ultima volta sulla barca aveva avuto modo di osservare la
vera natura
dell’alieno e adesso era ancora più convinto della
sua pericolosità.
Una notte andò nei pressi del
giardino di casa Sanada. Aveva
osservato con il binocolo Haru che si aggirava lì;
l’abitazione alle
sue spalle era silenziosa e buia.
Era la sua occasione per sapere di più sulle sue intenzioni
e affrontare la
creatura.
Doveva stare molto attento.
Giunse nel giardino, seguito da Tapioca – che non
l’abbandonava mai, e lì vide
l’alieno che, chinato, bagnava i fiori colorati con la sua
pistola ad acqua.
“Fermo.”
La voce di Akira risuonò più bassa del solito.
Haru alzò il viso e si accorse di lui. Fece un largo
sorriso, nonostante non
capisse perché Akira si trovasse lì.
Fece leva sulle gambe per alzarsi in piedi; in un gesto involontario
sollevò il
braccio con cui teneva la pistola ad acqua.
A quella ‘mossa’ del nemico, Yamada
indietreggiò e Tapioca
emise un debole verso – per non svegliare nessuno in casa
Sanada.
“Io amo i fiori!”, gli
rispose con un sorriso e alzò le
braccia al cielo.
A quella reazione, Akira fece un
altro passo indietro:
“Tapioca, molto probabilmente è una strategia di
combattimento. Stiamo in guardia.”
“JF1, non sono qui per vedere
Yuki”, chiarì, “Sono venuto
per te, come membro dell’organizzazione Duck!”
Lo guardò con gli occhi violacei e gli si
avvicinò.
Se prima il petto era pesante, adesso si era alleggerito.
Akira non fece in tempo ad
indietreggiare, che quelle parole
inaspettate lo fecero immobilizzare.
Arrossì appena.
La semplicità di Haru gli impediva di dire di
‘no’.
E lui non era tipo da mentire solo per approfittarsene.
Amicizia?
Lui non aveva bisogno di amici. Dopotutto, viveva da
subordinato per la sua organizzazione e dedicava il suo tempo alla
missione e alla
consumazione dell’amato curry.
Non sentendo alcuna risposta, ma accorgendosi di quella
reazione, Haru sgranò gli occhi e gli domandò:
“Anche quella?”
E Haru la seguì.
Dopo un lungo sospirò, Akira non poté fare a meno
di
avvicinarsi.
Si chinò sui fiori, accanto ad Haru, e osservò la
sua espressione mentre si dedicava
con amore alla cura delle piante.
Sembrava… innocuo.
A quel pensiero voltò la testa dall’altra parte,
in
imbarazzo.
Ma d’un tratto un lamento lo portò a guardare di
nuovo l’alieno: ripeteva in
continuazione ‘Tapioca no!’. La sua voce era fin
troppo alta.
Non capiva cosa stesse succedendo, ma poi si accorse che
l’animale teneva nel becco un fiore dal colore vivace.
Si emozionava sempre per le piccole cose.
Me l’ha insegnato Keito.”
Adesso era il contrario: era Akira a prendere il posto di un
fiore!
Nessuno lo aveva mai visto senza turbante, dal momento che poteva
considerarsi anch’esso un simbolo di riconoscimento dei Duck
su quell’isola.
Haru tirò la fascia arrotolata e smontò il
turbante, ma non
riuscì a toglierlo.
Akira si portò le mani alla testa, mentre Tapioca tirava
Haru per la maglietta.
L’alieno stava facendo i capricci?
Voleva piantargli qualcosa nella testa?
No, solo posargli il fiore. E Akira gli credeva; ma non per questo
voleva
dargliela vinta.
Peccato che Haru ebbe la meglio: trionfante, alzò il braccio
con la lunga
fascia arrotolata attorno al polso.
“Ce l’ho
fatta!”
Haru lo guardò contento e portò il fiore tra le
dita sottili
che si intrecciavano alle ciocche color pece.
Si alzò, con le braccia
alzate e immobili e i polsi immersi
ancora nella nuca.
“Akira? Vai via?”
Quell’espressione turbò non poco Yamada, che si
voltò e
iniziò a camminare.
Aveva altri turbanti, non era un problema lasciargli quello.
Guardò un momento il cielo, poi portò la stoffa
del
copricapo orientale al proprio viso.
Inspirò l’odore di curry e spezie.
L’espressione triste mutò in un largo sorriso.
Si legò la fascia in testa, ma non riuscì a fare
un turbante.
Aveva il fiore posato sui capelli scuri come ornamento o
‘regalo da parte di Haru’. Le gote erano rosse, di
un colore più intenso del
Tagete.