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Autore: RobTwili    22/10/2012    14 recensioni
OS con Brandon POV ambientata dopo l’epilogo della long story You saved me .
Altamente spoiler per chi non ha letto la storia.
Dal testo: «Permettimi di spiegarti una cosa: non sono scappato, ho solo pensato che fosse la cosa giusta da fare, perché qualcuno aveva bisogno di parlare. Ma suppongo che queste cose tu non possa capirle, visto che sei un idiota senza cuore che combatte senza una causa». Perché se lui mi offendeva non potevo farlo anche io? Vidi i suoi pugni serrarsi, pronto per attaccare.
I ragazzi sapevano che Pitt era mio, perché dovevo uccidere il nuovo O.G. dei Misfitous per lasciarli senza un capo. Sick e Josh sapevano anche che potevano picchiare allo stremo Mike, ma che sarei stato io a finirlo, guardandolo negli occhi. Perché io non ero un codardo che sparava alle spalle della gente, cogliendoli di sorpresa.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Eagles don't gain honestly'
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INAC
Questa OS Brandon pov è altamente spoiler ed è posta, temporalmente, dopo la long story “You saved me” me e tutte le altre OS. Consiglio di non leggerla se volete leggere la storia.
 




A chi voleva Ryan nudo in cucina
Alle belle notizie
Al Bronx, che mi fa sempre sentire a casa
 
 
 
Alla domanda «Qual è la cosa che ti piace fare di più al mondo» avrei sicuramente risposto «Guardare Irene e Ryan Junior dormire sullo stesso letto»; perché niente, niente, era più spettacolare di quella scena. Mi avvicinai lentamente, a piccoli passi; non volevo svegliarli e volevo vederli il più possibile prima di uscire con i ragazzi per sistemare i conti. Era passato più di un anno, ma ero dell’idea che la vendetta fosse un piatto da gustare freddo, per questo diedi un bacio leggero sul piccolo capo di Ryan Junior, accarezzando poi una guancia di Irene con l’indice. La vidi arricciare il naso, aprendo lentamente gli occhi per guardarsi attorno. Quando mi vide, davanti a lei, sorrise, diventando ancora più bella del solito.
«Rimani a letto, non volevo svegliarti» sussurrai, abbassandomi e sfiorando le sue labbra con le mie. Ricambiò il bacio, intrufolando la sua mano calda tra i miei capelli e attirandomi verso di lei. Quell’impeto improvviso mi fece vacillare; rischiai di perdere l’equilibrio e caderle addosso tanto che dovetti puntarmi con le mani sul materasso, facendo attenzione a non svegliare RJ, poco distante da lei. Sentii una risata da parte di Irene e non riuscii a trattenermi, facendo nascere sulle mie labbra un sorriso divertito da quella situazione. «Shhh, non svegliarlo o inizierà a piangere»  bisbigliai, spostando la ciocca di capelli biondi che le ricadeva sulla fronte e si era appoggiata alle sue labbra.
«Devo fargli fare la poppata, e poi voglio venire in cucina, così posso guardarti fumare la sigaretta sul balcone». Si mise a sedere, stiracchiandosi e sistemando la camicia che indossava e che si era attorcigliata attorno al suo busto ancora un po’ arrotondato dopo la gravidanza. Sorrisi, dandole un bacio tra i capelli e avviandomi verso la cucina quando la sentii mormorare qualcosa per svegliare Ryan Junior che iniziò subito a piangere.
«Andiamo?» domandò Sick, sistemandosi il cappuccio della felpa sulle spalle. Era impaziente, si vedeva dai movimenti convulsi che continuava a fare, come se la pistola che sicuramente portava attaccata alla cintura dei pantaloni, dietro alla schiena, lo infastidisse.
Forse lo faceva davvero, semplicemente perché, per la prima volta da un anno, avevamo organizzato un agguato perfetto per i Misfitous, per uccidere quelli che avevano sparato a Ryan ed erano riusciti a scappare. Perché Mike, Pitt e Dan non potevano continuare a dire in giro che avevano ucciso Ryan e che con lui, gli Eagles erano morti.
Gli Eagles c’erano, e ci sarebbero sempre stati.
«Fumo una sigaretta e poi andiamo» spiegai, aprendo la finestra e appoggiandomi con la vita al balcone, prima di prendere l’accendino e una sigaretta dalla tasca dei jeans e sorridere a Irene che entrò in cucina, tenendo Ryan Junior tra le braccia. «Ciao, piccolo». Mi avvicinai a RJ, accarezzando la sua testolina ricoperta da capelli biondi e sorrisi quando la sua mano si strinse attorno al mio indice. «Andiamo a combattere, vieni anche tu?» domandai, facendo una faccia buffa che lo fece sorridere, rendendolo ancora più bello.
«No, lui deve mangiare, non dare pugni». Irene lo difese, stringendolo al suo petto e baciandogli dolcemente il capo. Si sedette sulla sedia a dondolo che avevamo in cucina e lentamente, senza smettere di coccolare Ryan Junior, si slacciò un paio di bottoni della camicia, scostando la stoffa e avvicinando Ryan al suo seno, perché potesse mangiare. Sorrisi davanti alla dolcezza di quella scena; vedere Irene che allattava nostro figlio riusciva a rendermi davvero felice.
«Cazzo, potresti… coprirti? Ok che stai allattando, ma sono sempre tette. Grandi, per di più» sbottò Sick, senza distogliere lo sguardo dal seno scoperto di Irene, mi avvicinai a lui, dandogli una pacca sulla spalla perché la smettesse di guardare il corpo della mia donna la sentii trattenere una risata. Sick si voltò con uno sguardo di scuse, ma tornai a essere rapito dalla piccola manina di Ryan che si strinse alla camicia di Irene.
«Andiamo» ordinai, aspirando un’ultima boccata di fumo prima di spegnere la sigaretta. Mi avvicinai a Josh che se ne stava seduto sul divano a lucidare la pistola e gli diedi una pacca sulla spalla per riscuoterlo dai suoi pensieri. Si alzò, camminando fino alla porta d’ingresso, voltandosi subito dopo per aspettare Sick che lo raggiungesse. Mi avvicinai a Irene e Ryan Junior, abbassandomi per darle un bacio prima di uscire.
A pochi centimetri dalle sue labbra però, si scostò appena, costringendomi a fermarmi. «Torna da noi» sussurrò, senza mascherare quanto i suoi occhi fossero tristi al pensiero dello scontro che ci sarebbe stato quella sera. Le stampai un bacio sulla fronte, inspirando il profumo dei suoi capelli e sfiorando la sua guancia in punta di dita.
«Ovvio che lo farò». Come poteva anche solo pensare che avrei potuto abbandonarli? Loro erano la mia famiglia, assieme a tutti gli altri Eagles. Irene e Ryan Junior però avevano un posto speciale, perché li amavo come non era mai successo con nessuno. Sarei morto per proteggerli; avrei dato la mia vita se solo avessi saputo che avrebbero potuto vivere felici e senza problemi.
«No, torna intero e… vivo». La sua voce si inclinò nell’ultima parola e una lacrima scese lungo la sua guancia, finendo sulla piccola mano di Ryan Junior che smise di mangiare, sollevando il capo, come se avesse capito qualcosa. Entrambi iniziammo a ridere vedendo il suo piccolo volto assonnato concentrato su di noi e Irene si dondolò sulla sedia, calmandolo prima che iniziasse a piangere di nuovo. «Vai» sussurrò, senza guardarmi, come se dire quelle parole le costasse fatica e dolore.
«Tornerò, te lo prometto». Alzai il suo volto perché potesse guardarmi negli occhi e accorgersi che non stavo mentendo, che quella era una promessa che volevo mantenere a tutti i costi, perché dovevo e volevo farlo per loro due. Vidi le sue labbra curvarsi in un sorriso e azzerai la distanza tra le nostre bocche, regalandole un bacio lento e dolce che riuscì a farmi rabbrividire. Accarezzai il braccio di Ryan Junior e, dopo un ultimo, veloce, bacio tra i capelli di Irene, uscii dal 3B, chiudendomi la porta alle spalle.
Un respiro profondo per concentrarmi e non pensare troppo alla mia donna e a nostro figlio dietro a quell’uscio mentre qualcuno apriva la porta di fronte alla nostra.
«Ciao ragazzi» salutò Lexi, guardandoci sospettosa. «Dove state andando? Devo preoccuparmi?». Si avvicinò a me, sapendo che non sarei stato in grado di mentirle; forse perché ero a conoscenza che sarebbe corsa da Irene per chiederle cosa avessimo in programma di fare, quindi non aveva senso raccontare bugie.
«Niente di particolare, il solito». Feci spallucce, cercando di imitare Ryan quando le mentiva per non far capire a nessuno cosa avevamo programmato una determinata sera. Mossa sbagliata. Un lampo attraversò gli occhi di Lexi, come se avesse visto un fantasma davanti a lei. Si appoggiò alla porta dietro di lei e cercai di non farle capire quanto mi dispiacesse vederla così dopo più di un anno. «Hai il turno all’ospedale adesso?». Era davvero troppo tardi per uscire, per lei. Però non le avevamo mai vietato di farlo; ormai conosceva quasi tutti i segreti degli Eagles e le avevamo spiegato quali fossero i nostri territori, dove poteva stare tranquilla.
«No, vado a prendere una boccata d’aria fuori. Non preoccuparti. Se dopo avete bisogno di qualcosa bussa, tanto il turno all’ospedale domani ce l’ho al pomeriggio». Cercò di sorridere, evidenziando le sue guance scavate e i suoi occhi stanchi, poi scese le scale di corsa, senza salutare nessuno.
Socchiusi gli occhi di nuovo, alzando il capo e sospirando mentre, con Josh e Sick dietro di me, scendevamo i gradini in silenzio.
«Le hai parlato?» domandò Josh, indicando con un gesto del capo il portone che Lexi si era appena chiusa alle spalle. Aveva aspettato a chiederlo perché lei non potesse sentirci.
«No. Ci ha provato Irene ma Lexi ha cambiato discorso, devo farlo domani». Abbassai il tono della voce, controllando che Lexi non fosse vicina a noi, visto che eravamo usciti in strada. Stava camminando su e giù davanti a quello sgangherato cancello, come se aspettasse qualcosa. Sarebbe stato tutto normale, se magari avesse avuto una sigaretta tra le mani; ma no, lei scendeva solo per fare due passi. Cinque minuti dopo risaliva nel suo appartamento e tornava a fingere sorrisi, credendo che tutti la immaginassero felice.
«Sta scomparendo Brandon, guarda quanto è magra. Non dormirà più di quattro ore a notte, cerca di fare più turni possibile in ospedale e in più ogni settimana va da lui. Dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo farla uscire da qui» sussurrò Josh, aprendo il portone del garage perché potessimo prendere le moto. Ne avevamo già parlato, lo sapevamo tutti quanto Lexi stesse male, ma la mia risposta non cambiava, perché sapevo che era la cosa migliore da fare.
«Lexi è forte, ha solo bisogno di tempo. Ha iniziato a capire tante cose e sta cercando di assimilarle. Non mi piace come sta reagendo, ma so che se provassimo a parlarle in modo diretto lei si chiuderebbe ancora di più. Abbiamo cercato di farla uscire con noi, l’abbiamo portata al Phoenix e Peter si è seduto di fianco a lei. Avete visto come ha reagito quando lui le ha sfiorato la mano. Ha solo bisogno di tempo. Lo vedete, no? Ogni giorno fa un piccolo passo in avanti, ma la strada è lunga e noi dobbiamo starle vicini e farle sapere che ci saremo sempre». Indossai il casco, pronto a partire e per raggiungere Johnny, Nick, Fish, Doggy e gli altri che ci aspettavano all’incrocio con Randall Ave per andare tutti assieme a tendere l’imboscata. Quando passai davanti a Lexi con la moto, suonai il clacson per salutarla e la vidi sorridere, sventolando la mano prima di attraversare la strada per tornare dentro casa.
Odiavo vederla così, odiavo vedere quanto la morte di Ryan l’avesse distrutta facendola cadere in un oblio che l’aveva inghiottita e non le permetteva di risalire subito, ma solamente a piccoli passi. Lexi era forte, ma dalla morte di Ryan aveva dovuto capire troppe cose. L’amore che provava per lui, il suo non esserci più, il suo averla abbandonata e lasciata indifesa; perché ero sicuro che Lexi inconsciamente si fosse sempre sentita protetta da lui.
Per questo –per lei, Ryan e tutti gli Eagles che erano morti –quella sera avremmo ucciso Pitt, Dan e Mike; perché non meritavano di vivere, non dopo aver ucciso Ryan. Con quei pensieri in testa frenai e posteggiai la moto esattamente dove avevamo prefissato. Se c’era qualcosa che non avevo adottato da Ryan era il modo in cui lui improvvisava tutto; odiavo –e gliel’avevo sempre fatto presente –non avere ogni minimo dettaglio sotto controllo. Odiavo il suo voler improvvisare tutto, sempre, perché sapevo che l’avrebbe portato a qualcosa di brutto.
«Brandon, da quello che ho capito arriveranno tra una ventina di minuti, solo loro. I nuovi hanno la serata libera» mi informò Sick, accendendosi una sigaretta prima di appoggiare la schiena contro il muro, dietro di lui. Annuii perché capisse che l’avevo ascoltato e tornai a guardarmi attorno, per cercare di capire come organizzare il nostro attacco. Sembrava una cosa semplice; avrebbe addirittura potuto aver esito positivo se tutto fosse andato come avevamo organizzato. Speravo solo che i ragazzi –soprattutto i due nuovi –mantenessero la calma in qualsiasi situazione, esattamente come avevo ordinato.
Qualche minuto dopo sentii il rombo di alcune moto che rallentavano per fermarsi a qualche metro da noi, dall’altra parte della strana. Non potevano vederci, visto che eravamo nascosti dietro a un muro, ma io potevo sentire Pitt ridere perché avevano picchiato una donna che non aveva dato loro la borsetta. Sentire Pitt narrare quell’episodio mi fece ribollire il sangue nelle vene –visto che odiavo il loro prendersela con le donne –e, dopo aver fatto un gesto ai ragazzi perché mi seguissero, feci un paio di passi in avanti, affinché i Misfitous potessero vedermi.
«Pitt, Dan, Mike» salutai, stampandomi un ghigno sul volto che li fece sbiancare. Vidi i loro occhi percorrere i volti dei ragazzi dietro di me, uno a uno; inorridivano notando la maggioranza numerica degli Eagles e sorrisi ancora di più, capendo che erano in trappola.
«Hanno avuto il coraggio di votarti come O.G., Brandon? Dopo che hai lasciato morire Cal lì? Hai raccontato loro come sei scappato quando hai visto Ryan cadere a terra?».  Pitt si accese una sigaretta per provocarci. Sapevamo tutti che quel gesto era tipico di Ryan e il fatto che lui lo ripetesse davanti a noi era una sfida che avrei accettato volentieri. Ero lì per accettarla.
«Permettimi di spiegarti una cosa: non sono scappato, ho solo pensato che fosse la cosa giusta da fare, perché qualcuno aveva bisogno di parlare. Ma suppongo che queste cose tu non possa capirle, visto che sei un idiota senza cuore che combatte senza una causa». Perché se lui mi offendeva non potevo farlo anche io? Vidi i suoi pugni serrarsi, pronto per attaccare.
I ragazzi sapevano che Pitt era mio, perché dovevo uccidere il nuovo O.G. dei Misfitous per lasciarli senza un capo. Sick e Josh sapevano anche che potevano picchiare allo stremo Mike, ma che sarei stato io a finirlo, guardandolo negli occhi. Perché io non ero un codardo che sparava alle spalle della gente, cogliendoli di sorpresa.
Mi avvicinai a Pitt, sorridendo e colpendolo con un pugno sullo stomaco tanto da farlo piegare in due per il dolore. «Di già? Non combatti nemmeno?» lo derisi, colpendolo di nuovo. Era la forza che nasceva nel momento in cui l’adrenalina scorreva dentro alle tue vene, quella che ti rendeva invincibile. Pitt gemette, cadendo rovinosamente a terra e proteggendosi lo stomaco con le braccia. «In fin dei conti questo nuovo O.G. non è poi così forte, no? Non che quello vecchio fosse migliore…» spiegai, giocando con il coltello che tenevo tra le dita. Mi abbassai fino a quando il mio volto fu davanti al suo, guardandolo dritto negli occhi, godendo nel notare il suo sguardo terrorizzato e sorpreso, tanto che non riusciva nemmeno a reagire. Mi dispiaceva, quasi, attaccarlo. Ma ricordai che aveva ucciso Ryan tendendogli un’imboscata. Certo, non era stato lui a premere il grilletto, ma in ogni caso aveva contribuito alla sua morte. «Sai qual è il problema, Pitt? Che nessuno ha mai capito che i buoni possono essere più stronzi dei cattivi». Affondai il coltello dritto nel suo stomaco, sentendo subito il suo sangue caldo scivolare sulla mia mano. «E un’altra cosa che dovreste tenere presente… è che per me la vendetta è ancora più bella quando il nemico crede che non succederà più nulla». Per questo avevo atteso un anno prima di vendicare Ryan, per questo l’effetto a sorpresa ci aveva aiutato. Ero così impegnato a conficcare sempre di più il coltello contro al suo stomaco che non mi accorsi nemmeno del pugno di Pitt che colpì il mio labbro e subito dopo il mio occhi. «Bastardo» sibilai, piantando di nuovo il coltello e vedendo il suo sguardo diventare vitreo. Non meritava nemmeno di avere qualcuno accanto, mentre moriva.
Perché le persone miserabili morivano da sole, e lui non meritava di avermi al suo fianco.
Mi voltai verso i ragazzi e sorrisi strofinandomi l’occhio destro per togliermi il sangue che gocciolava dentro. Sick e Josh stavano tenendo Mike fermo, gli altri due ragazzi invece strattonavano Dan per le braccia perché non scappasse.
«Ho cambiato idea, se siete d’accordo. Ragazzi, lasciate vivo Dan, così se la prenderanno con lui perché è scappato e vedremo le sorti dei Misfitous. Josh, Sick, fate quello che volete con Mike, vi ricordo che ha sparato a Ryan» puntualizzai, dando le spalle ai ragazzi prima di camminare verso le moto che avevamo nascosto dietro al muretto tra Oak Point e Casanova Street, verso Barretto Street. Sentii distintamente la risata di Sick e sorrisi, sicuro che avrebbe saputo che cosa fare. Qualche minuto dopo udii l’urlo spaventato di Mike interrompersi al rumore di uno sparo e sospirai, sorridendo. Sick e la sua mania per le armi da fuoco.
Josh, Sick e gli altri ragazzi mi raggiunsero qualche minuto dopo; regnava uno strano silenzio tra di noi, ma ero sicuro che fosse semplicemente perché per molti di loro era la prima volta a cui avevano assistito quello che noi vecchi Eagles eravamo abituati a fare con Ryan. Salimmo in silenzio sulle moto, correndo lungo Oak Point e costeggiando il St. Drake Park. Rallentai quando, davanti al cancello sgangherato, riuscii a scorgere la quercia sotto alla quale c’erano le tombe di Dollar, Aria, JC, gli Eagles morti ma soprattutto Ryan.
Il mio pugno arrivò al mio petto, battendo due colpi all’altezza del cuore. Ryan e tutto quello che aveva fatto per gli Eagles non sarebbe mai stato dimenticato, da nessuno. Volevo che si tramandasse la storia di Ryan, come avevamo creato la gang, ascoltando le vecchie storie dentro al cofano di quella Mustang.
Per questo non avevo mai nascosto a Johnny, Nick, Fish e Doggy che il vero capo era e sarebbe sempre stato Ryan.
Fermammo le moto davanti all’entrata del garage, aspettando che Fish aprisse il portone per poterle posteggiare dentro e, non appena spensi il motore, seguii Sick e Josh che si erano già incamminati per entrare al 3B salutando e ringraziando i ragazzi che se ne tornarono a casa. Pochi di loro avevano il permesso di dormire al 3B, forse perché era dura per tutti noi, dopo così tanto tempo, non vedere le solite facce uscire dalle camere.
«Cazzo che schifo! Di’ alla tua ragazza che lo rivesta! Ryan è nudo in cucina, e che puzza». Sick uscì dall’appartamento con una mano a tapparsi il naso, scendendo le scale di corsa per uscire. Iniziai a ridere, varcando la porta di casa e trovando Irene con un sorriso divertito sulle labbra, mentre puliva Ryan con una salvietta prima di cambiargli il pannolino.
«Devi cambiarlo in cucina?» domandai, guardando Ryan nudo e arricciando il naso per la puzza. Certo, era mio figlio, ma puzzava comunque. Irene mi riservò uno sguardo arrabbiato, puntando i suoi occhi sul mio labbro probabilmente ancora sanguinante. «Non preoccuparti, è solo un piccolo taglietto». Mi avvicinai a lei sorridendo e feci una smorfia divertita a Ryan Junior che, assonnato, guardava prima me e poi Irene, cercando di capire che cosa succedesse.
«Va a farti medicare, subito» brontolò Irene, giocando un po’ con il piedino di RJ prima di mettergli il pannolino. Non avevo nemmeno voglia di mettermi a discutere, visto che sapevo alla fine Irene avrebbe insistito fino a quando non fossi andato da Lexi. Le lasciai una carezza nei capelli e, con uno sbuffo, attraversai il pianerottolo, bussando alla porta del 3C e attendendo che Lexi venisse ad aprire. Sapevo che era sveglia.
«Ciao» salutai sorridendo, quando aprì la porta scuotendo la testa, dopo aver visto le condizioni del mio volto. Mi fece accomodare, andando in camera per prendere l’occorrente per medicarmi e mi sedetti sulla sedia di fianco alla tavola, nella piccola cucina. «Grazie» mormorai, non appena iniziò a versare il disinfettante sul cotone. Sembrava di poche parole, meno del solito. Quando iniziò a sfregare delicatamente sul mio labbro per togliere il sangue raffermo, alzai lo sguardo e mi soffermai a guardare il suo volto. Lentiggini, ecco cosa si riusciva a scorgere nonostante avesse delle profonde occhiaie che le solcavano il piccolo viso. «Insomma il tuo compito è quello di ricucire gli O.G. degli Eagles». Forse avrei dovuto iniziare il discorso in modo più ampio, ma era difficile per me mentire a Lexi e sapevo che mi avrebbe scoperto. Alle mie parole sussultò, rabbuiandosi appena. Avevo iniziato il discorso e l’avrei finito. «Che ne dici di uscire domani sera? Andiamo a bere una birra con Irene e i ragazzi, non facciamo tardi». Se avevo imparato a conoscere quella nuova Lexi, sapevo già che la sua risposta sarebbe stata negativa.
«Domani sera è meglio di no» mormorò, gettando il cotone insanguinato nel cestino davanti a me e applicandomi un cerotto sulla ferita al labbro. Certo, perché mai avrebbe dovuto uscire?
«Lexi… devi uscire». Non volevo arrabbiarmi con lei, sapevo che il suo era un meccanismo di difesa perché non voleva pensare a Ryan e a quello che era successo, ma in quel modo si autodistruggeva sempre di più, e non le faceva bene. Non mi rispose nemmeno, fece solamente spallucce, concentrandosi subito dopo sul taglio sopra al mio occhio, all’altezza del sopracciglio. «Lexi, smettila di fingere che vada tutto bene, non stai bene». Alla mia affermazione si fermò, con il cotone a mezz’aria. Riuscii quasi a vedere il suo sguardo rattristarsi ancora di più –come se fosse possibile.
«Che cosa stai dicendo? Sì che sto bene» rispose in modo meccanico, senza però continuare con il suo lavoro. Era in piedi, rigida e immobile davanti a me, mentre cercava di controllarsi per non piangere. Avrei preferito cento volte le sue lacrime, perché almeno ero sicuro che non si nascondesse dagli altri, che provasse qualcosa di vero senza vergognarsene.
«Palle» urlai, sbattendo il pugno sopra al tavolo talmente di sorpresa che Lexi sussultò, indietreggiando di un passo. «Non stai bene, Lexi. Non stai bene ed è inutile che tu menta, perché ce ne siamo accorti tutti. Da quando è morto Ryan non sei più la stessa. Anzi, non è nemmeno da quando lui è morto, è da quanto tu sei tornata qui. Perché a Los Angeles avevo visto vita nei tuoi occhi, sotto a quella tonaca da laureata. Qui invece sei spenta. Cazzo Lexi, combatti. Sei una ragazza forte, perché non tiri fuori quella forza? Preferirei vederti piangere tutti i giorni e consolarti piuttosto di vedere che cammini come un automa su e giù. Reagisci, Ryan non vorrebbe vederti così». Mi alzai in piedi, lasciando che la sedia cadesse per terra per il colpo. Lexi non parlò, rimase immobile davanti a me, stringendo con forza i suoi pugni e mordendosi il labbro per trattenere le lacrime.
«Cosa vuoi che ti dica, Brandon? Cosa vuoi sentirti dire? Che mi manca? Sì, d’accordo? Mi manca, tanto. Mi manca il suo continuo prendermi in giro e il non sentire più il suo buttare giù la porta per bussare. Mi manca e non voglio dirlo, d’accordo? È così difficile per te pensare che io non voglia dire a nessuno quello che penso di uno stupido idiota che è morto davanti ai miei occhi accarezzandomi una guancia? È così strano per te pensare che mi piacerebbe rivederlo anche solo per un secondo, solo per sentire la sua voce che mi chiama lentiggini? Perché quando esco da casa e guardo verso quel cancello sgangherato vedo ancora il suo corpo disteso lì, Brandon. Perché ogni notte lo sogno e mi rendo conto che questa  cosa non è normale, che è da malati di mente. Ma ho così tante cose a cui devo pensare che non riesco e non voglio pensare di dire a qualcuno come sto. Per questo mi sono chiusa in me stessa, per questo vi evito e non voglio più parlare con voi, perché voi siete felici e non voglio contagiarvi con il mio umore nero. Perché mi manca, se è questo che volevi sentirti dire». Tremava, tremava come se fosse stato pieno inverno, con la neve. Il suo corpo era scosso da singhiozzi e non riuscii a non avvicinarmi a lei, abbracciandola. Esattamente come era già successo le mani di Lexi si strinsero contro la mia felpa, mentre si lasciava andare a un pianto liberatorio che mi fece sentire sollevato.
Era un inizio.
«Va tutto bene» mormorai accarezzandole la schiena in un inutile tentativo di calmarla.
«Mi manca» ripeté, tra un singhiozzo e l’altro. Ce l’aveva fatta. Era riuscita a liberarsi di quella morsa che in qualche modo l’aveva stretta, costringendo una parte di lei a essere rinchiusa. Perché se Ryan l’aveva aiutata a superare le sue paure e a diventare un medico, le aveva anche insegnato ad amare così profondamente da segnarla. Per questo Lexi non riusciva a liberarsi di Ryan così facilmente.
«Manca a tutti. Manca anche a me, sai? Tengo sempre con me una foto di noi due da piccoli e la riguardo ogni sera, prima di addormentarmi. Ma dobbiamo andare avanti, perché Ryan avrebbe fatto così, d’accordo?» sussurrai, socchiudendo gli occhi per non far uscire quelle due lacrime che sentivo pronte a scivolare lungo le mie guance. «E sai cosa? Domani sera esci con noi, in ricordo dei vecchi tempi. Nessuno ti farà del male, ti proteggerò io, d’accordo?» scherzai, sapendo che era la verità.
Sentii Lexi ridere, annuendo prima di sciogliere l’abbraccio per asciugarsi una lacrima.
Lei non l’avrebbe mai saputo, ma era una promessa che inconsciamente Ryan mi aveva fatto poco dopo aver conosciuto Lexi. Perché mi aveva detto che dovevo assicurarmi che non le succedesse niente, mi aveva ordinato di rimanere con lei e vegliarla, e io lo stavo facendo, perché non ero un codardo e le promesse le mantenevo, soprattutto se a chiederle era stato il mio migliore amico.
 
 
 
Lo so, non era così che vi aspettavate la OS di Brandon, non me la aspettavo così nemmeno io.
Premetto che Lexi non doveva esserci, poi mentre la scrivevo è comparsa e mi sono accorta che nell’epilogo di YSM aveva mentito a se stessa fingendo di stare bene. Sì, Ryan l’ha salvata sotto certi aspetti, ma lui aveva una personalità così forte che ha scosso Lexi e quindi sta cercando di ritornare alla normalità piano piano.
Per quanto riguarda il tempo d’attesa… me ne scuso infinitamente, lo so che avevo promesso che sarebbe arrivata presto, ma ero bloccata, forse perché in qualche modo così si chiude definitivamente con il Bronx, non lo so. Al momento metterò la serie come “conclusa” anche se non escludo (ma non voglio nemmeno illudere) che ci potranno essere OS future riguardo dei Missing Moment della storia. Non lo so, tengo tutto in stand-by e per non crear aspettative dichiaro concluso, d’accordo?
In ogni caso… sto lavorando a una storia idiota idiota idiota come me che si chiama “Cupid’s Broken Arrow”. Niente morti, promesso :D
Niente, ringrazio tutti quelli che hanno vissuto quest’avventura con me, dall’inizio alla fine, perché è stato qualcosa che mi ha davvero regalato molto e spero di essere riuscita a suscitare qualcosa anche in voi.
Come sempre se volete tenervi in contatto con me, per spoiler su storie future (OS che non esisteranno) e altro… Nerds’ corner è il mio gruppo. Sapete che accetto tutti.
Grazie di nuovo.
Rob.
   
 
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