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Autore: M e g a m i    22/10/2012    2 recensioni
« Come... come la vuoi chiamare?», chiese, e ancora faticò a riconoscere il tono disperato impresso nella sua voce. Aveva posto quella domanda nonostante conoscesse già la risposta. L’aveva saputa nello stesso momento in cui quella creatura indifesa era venuta al mondo. Julieth capì che il suo era solo un vano tentativo di rubare tempo che non gli era concesso, e sorrise ancora, guardando con amore sia lui che quella che era la sua unica e sola figlia.
« Lo sai... » sussurrò sfiorandogli una guancia, talmente delicatamente che quel tocco gli parve carezzevole e ormai immateriale come l’aria. « E fai in modo... che sia per sempre. So... che puoi farlo. È l’ultimo... è l’ultimo favore che ti chiedo ».
Un brivido gli percorse la schiena, a lui che non conosceva né il freddo né la paura. Per la prima volta in vita sua, si sentì smarrito. Piccolo, come quell’essere fragile e delicato che Julieth gli stava ponendo gentilmente tra le braccia. Il calore che emanava quell’esile corpo, era tipico degli umani. Qualcosa in grado di scaldare pure il più glaciale e immortale dei cuori.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NDA: E niente, parlando con _Haily_, mi è venuta voglia di riprendere in mano questo libro (!) che ho iniziato qualcosa come tipo cinque anni fa. :°D
Ho già qualche capitolo pronto, che ovviamente sarà da rivisitare perché il mio modo di scrivere è maturato parecchio –TIRIAMOCELA– da quando avevo tredici anni.
Come al solito, le recensioni sono ben accette! Adoro leggere le vostre opinioni, positive o negative che siano!
 
 
 
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HANTIS LILYANDRË
 
 
 
PREFAZIONE



 

E di fronte a lui, una vita si spegneva mentre un’altra cominciava il suo corso.
Aveva provato di tutto. Aveva usato, scambiato, anni della sua vita, era diventato più vecchio. Ma non era servito a niente. Julieth stava morendo di fronte a lui, lui, completamente impotente.
Faticava a respirare, la sua fronte era imperlata di sudore per la fatica del parto. Con la poca forza che le era rimasta stringeva al petto la causa della sua morte, e la guardava come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
« Devi... », Julieth mormorò con voce flebile, quella stessa voce che tante volte aveva cantato per lui, aveva riso con lui, gli aveva dato preziosi consigli, lo aveva consolato. Voce che ora era ridotta a niente più che a un sussurro. La giovane donna chiuse gli occhi, e deglutì, cercando la forza per parlare.
« Devi promettermi che farai in modo che torni da suo padre. So cosa... cosa vogliono fare gli Anziani, e non lo posso permettere. Sarebbe... la rovina del tuo mondo e... la fine del mio. »
A quelle parole, lui sbatté le palpebre più volte, allibito. Come aveva fatto a scoprirlo? Ma Julieth non era una donna, un’umana come tante altre, di questo ormai si era reso conto da troppo tempo. Rimase a riflettere per un breve istante, perché ogni istante che avrebbe perso, non avrebbe potuto passarlo con quella donna che amava come se fosse sangue del suo sangue.
Cosa c’era di male nel piano degli Anziani?, si chiese, incontrando lo sguardo di Julieth, che andava lentamente spegnendosi. Aveva imparato per esperienza che quando quegli occhi dello stesso colore del cielo al crepuscolo asserivano qualcosa, questa risultava sempre esatta. Ed in quel momento, anche se privi della luce che fino a quel momento li aveva illuminati, brillavano di una forza, di una determinazione davanti alla quale non si era mai trovato.
La determinazione di una madre. Di una regina.
Che il suo intuito avesse fallito quella volta? Ne dubitava.
« Promettimi che... farai di tutto per proteggerla... », la voce di Julieth risuonò ancora nel silenzio della foresta, sempre più debole, sempre più distante.
« Ti do... la mia parola. », si sentì rispondere, quasi non riconoscendo il suono spezzato, incerto, che uscì dalle sue labbra. La guardava, e si sentiva impotente. Presto se ne sarebbe andata. E non c’era più niente che lui potesse fare per impedirlo.
Con un gesto impulsivo, qualcosa che non faceva parte di lui, le afferrò una mano e la strinse forte, come a volerla trattenere al suo fianco. La giovane donna fece un sospiro e lasciò dipingersi sulle sue labbra un sorriso. Sembrava in pace, soddisfatta, nonostante quella fosse la sua fine. « Devo... andare, ora. Il mio tempo è finito. Tieni... tieni fede alla tua promessa... »
« Come... come la vuoi chiamare?», le chiese, lui e ancora faticò a riconoscere il tono disperato impresso nella sua voce. Aveva posto quella domanda nonostante conoscesse già la risposta. L’aveva saputa nello stesso momento in cui quella creatura indifesa era venuta al mondo. Julieth capì che il suo era solo un vano tentativo di rubare tempo che non gli era concesso, e sorrise ancora, guardando con amore sia lui che quella che era la sua unica e sola figlia.
« Lo sai... » sussurrò sfiorandogli una guancia, talmente delicatamente che quel tocco gli parve carezzevole e ormai immateriale come l’aria. « E fai in modo... che sia per sempre. So... che puoi farlo. È l’ultimo... è l’ultimo favore che ti chiedo ».
Un brivido gli percorse la schiena, a lui che non conosceva né il freddo né la paura. Per la prima volta in vita sua, si sentì smarrito. Piccolo, come quell’essere fragile e delicato che Julieth gli stava ponendo gentilmente tra le braccia. Il calore che emanava quell’esile corpo, era tipico degli umani. Qualcosa in grado di scaldare pure il più glaciale e immortale dei cuori.
Per l’ultima volta, alzò gli occhi a incontrare lo sguardo di lei, quasi in una muta richiesta di aiuto. La sensazione di smarrimento crebbe dentro di lui come il calore che pian piano gli si stava diffondendo all’altezza del petto.
« Addio... », per l’ultima volta, la dolce voce di Julieth cantò, per entrambi, per entrambe le vite che stava lasciando. Poi si abbandonò contro il tronco dell’albero, e per l’ultima volta sorrise, andandosene con quell’espressione incantevole sul viso.
Non pianse. Il suo cuore inflessibile, rigido, vecchio come la luna e le stelle non sapeva come fare. Rimase a guardare quel corpo vuoto senz’anima chiedendosi se tutto quello che gli avevano insegnato gli Anziani fosse vero. Se era così allora lei non era morta. Sarebbe continuata a vivere per sempre. Avrebbe fatto parte della magia del mondo.
Rimase immobile finché non trovò la forza di andare avanti. Non sapeva quanto tempo fosse passato. La bambina tra le sue braccia, era silenziosa, probabilmente dormiva. Fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di guardarla. Cosa avrebbe provato?
Lentamente, abbassò lo sguardo. Con stupore vide che non stava dormendo. Ma la cosa che più lo sorprese furono i suoi occhi. Non avendo mai visto un neonato, né umano né della propria specie, non poteva sapere che era una cosa straordinaria che quella bambina avesse gli occhi color azzurro vivo che brillavano, mentre lo guardava, attenta come non avrebbe dovuto esserlo. A meravigliarlo, perciò, non fu quello, ma il fatto che quegli occhi del colore del cielo al crepuscolo fossero identici a quelli della madre.
Delicatamente le sfiorò una guancia e l’unico ciuffo di capelli neri. La bambina sorrise, e anche lui non poté farne a meno. Dentro di sé provava una sensazione strana, si sentiva pieno d’emozione. Un’emozione che però non aveva mai provato e che quindi non sapeva decifrare.
«Lilyan…», mormorò con dolcezza. Lei in risposta rise ancora, scatenando in lui quell’emozione strana.
Una folata di vento, gli fece ricordare la sua promessa. Si chiese se non fosse stata proprio Julieth, che ora faceva parte della magia del mondo sotto forma di aria, di acqua, di terra, di fuoco, di stelle, di tutto ciò che rientrava sotto il nome di Natura. Ora non voleva più separarsi da quella bambina con gli occhi azzurri che lo faceva sentire vivo. Ma le aveva dato la sua parola.
Sospirò, pensando a come poteva fare per riportarla da suo padre. Per lui non era possibile. Avrebbe incaricato qualcuno di fidato. Sapeva già a chi dare quel compito. Ora rimaneva un ultima cosa da fare.
Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, raccogliendo la sua magia, e, pronunciando il nome che era nato con lei, la sfiorò dietro la spalla destra.
Dalle sue dita si sprigionò una luce violacea.
E fu per sempre.
  
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