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Autore: ilcantastorie    23/10/2012    1 recensioni
Un cavaliere in cerca di redenzione da un peccato imperdonabile. Una principessa che può perdonare qualunque atto commesso. Un castello circondato da lava in cui quest'ultima è stata rinchiusa, sorvegliata da un drago. Sembra un classico.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cavaliere senza nome, così lo chiamavano. Girava di gente in gente, di città in città senza avere una pietra su cui piangere e riposarsi. I suoi morti, non ne avevano. 
 
 
Ma un tempo era stato un fedele cavaliere del Regno, quel Regno che lui stesso non aveva saputo proteggere.
 
E ora andava in giro per il mondo, cercando di alleviare le pene del suo cuore aiutando gli altri quando era necessario e cercando quel qualcosa che lo avrebbe reso libero dal senso di colpa che lo attanagliava e l'aveva mai lasciato andare.
 
Cercava il suo destino.
 
Ed era così che il cavaliere senza nome avanzava, tra le vie di un densa foresta, una foresta lussureggiante di natura, di alberi e di animali.
 
Un luogo topico, dove le anime pie avrebbero trovato ristoro e pace. Ma lui non trovava né ristoro né pace, ma soltanto il tormento che da sempre sopportava.
 
Ma tra poco... il senso di colpa, che, ormai da anni si portava dietro, sarebbe svanito.
 
La principessa.
 
Una principessa in pericolo, con il potere di redimere i peccatori dal proprio passato, attendeva solo lui per essere salvata.
 
Ma la principessa era rinchiusa in un castello, nella torre più alta, sorvegliata dal più possente drago di fuoco mai esistito.
 
Molti eroi coraggiosi avevano tentato di salvarla, ma erano tutti morti nel tentativo.
 
Ed ella, continuava ad attendere.
 
“Giovane cavaliere senza nome, vorresti dimenticare il tuo passato? La tua angoscia? Il tuo tormento?”
 
Quella voce, rauca, vecchia ed enigmatica l'aveva sorpreso nel mezzo della ressa cittadina, qualche giorno prima che si trovasse nella foresta.
 
E la voce rispecchiava perfettamente la proprietaria: una anziana signora, che sembrava essere addirittura ingobbita dal peso di secoli, era coperta da un pesante mantello.
 
“Parla” disse il cavaliere senza nome, guardandola dall'alto del suo cavallo, dal basso della sua inesperienza e al pari del dolore patito.
 
“C'è una principessa, la cui bellezza è lodata in molte storie, che ha il dono di redimere coloro che portano peccati troppo grandi per essere perdonati altrimenti”
 
“E perché dovrei crederti?”
 
“Perché so che l'unica cosa che desideri e brami è la redenzione e che, per quanto vana, questa speranza ti accompagnerà per il resto della tua via... ma io ti sto dando modo di realizzare il tuo sogno, cavaliere. Segui questa mappa, arriva al castello, salva la principessa e sarai libero...”
 
E si dissolse. Divenne aria nell'aria, polvere nella polvere... lasciandosi dietro soltanto una mappa, con le indicazioni per raggiungere il castello.
 
Ed era per quello che lui, il cavaliere senza nome, era lì, in quella foresta quasi ai confini del mondo, foresta che circondava il castello nel quale la principessa era stata rinchiusa.
 
Quante creature aveva ucciso per arrivare fin lì? Troppe.
 
Ma il suo scopo doveva essere raggiunto, non importava quanti mostri avrebbe dovuto far fuori, di quanto sangue si sarebbe dovuta macchiare la sua spada.
 
Era notte, la luna era alta nel cielo. Una luna rotonda come una palla... palla, una parola nostalgica che gli ricordava un bambino che la calciava, un bambino senza nome, un bambino che diventò adulto e che trovò uno scopo e che poi lo perse.
 
Poi un ululato che squarciò il silenzio. Silenzio. Silenzio.
 
Rumore di fronde. Fronde spostate dal vento.
 
O da un demone.
 
Era un demone.
 
Occhi di fuoco, muso canino, corpo muscoloso ricoperto di un manto di folto pelo nero.
 
Era un lupo mannaro.
 
In un lampo, mentre il suo mantello rosso fuoco volteggiava tra le spire del vento, il cavaliere, scendendo da cavallo, fu con i piedi per terra e la spada sguainata.
 
La sua armatura brillava come se fosse luce al chiarore della luna.
 
Il cavaliere senza nome fissò i suoi occhi dritti in quelli del cavallo.
 
“Non ti preoccupare, Dinikulus”
 
Con un ruggito, il lupo mannaro partì all'attacco, puntando dritto a collo del cavaliere, che gli dava ancora le spalle.
 
Ma lui era più veloce. Un bagliore della notte. Una spada, lunga almeno cinque piedi, brillò nell'oscurità.
 
Sangue, rosso sangue sgorgò dal mannaro, accompagnato da un inquietante ululato.
 
“Bestia immonda!” urlò il senza nome, con solennità “Questa spada è stata forgiata con il miglior argento proveniente dalle miniere di Ykalit! Non puoi vincermi!”
 
Il mostro barcollava ancora a causa del colpo appena accusato, quando gli arrivò, tra capo e collo, la spada d'argento.
 
La testa si separò dal corpo del mostro, e il cavaliere esplose in un servaggio e primitivo urlo di vittoria.
 
Pulì con sapienza la sua spada dal sangue e la rinfoderò. Il suo viaggio continuava, anche di notte, anche se avesse dovuto affrontare altri cento di quei mannari.
 
Fermarsi a riposare? No, non faceva per lui. Poteva benissimo farlo mentre cavalcava il suo Dinikulus, il suo unico compagno, ormai.
 
Infine, la foresta si aprì su un burrone.
 
Dall'altra parte, il suo obbiettivo, un imponente castello arroccato su cumulo di rocce, circondato – proprio come quella vecchia aveva detto – da della lava incandescente.
 
Il solo modo per arrivarci: un traballante ponte fatto di corde, e, se ci fosse riuscito, avrebbe dovuto affrontare un drago e uscirne vivo.
 
E allora... solo allora, avrebbe potuto ottenere la redenzione.
 
“Dinikulus, io vado tu aspettami qui” disse, scendendo da cavallo.
 
Il cavallo rispose sbuffando.
 
“No, non posso portarti con me, mi saresti solo d'impiccio”
 
Dinikulus quindi nitrì in segno d'assenso.
 
“Bravo, cavallo, bravo...” disse, accarezzandolo.
 
E si avviò, con passo fermo verso il suo obbiettivo, l'unica che ormai i suoi occhi color oceano guardavano.
 
La spada che cozzava contro l'armatura.
 
Poi odore di zolfo. Poi, odore di bruciato.
 
Le corde stavano cedendo!
 
Imprecando contro un numero qualsiasi di dei o dee, il cavaliere si lanciò in una corsa rocambolesca.
 
“Sei orfano?”
 
“Sì...”
 
“Oh, non fare quella faccia triste... Qual'è il tuo nome?”
 
“I miei genitori sono morti prima che potessero darmene uno”
 
“Oh... allora sarò io, il re del tuo regno, a farlo” disse “E finché io o uno dei miei discendenti vivremo, tu sarai al mio servizio come...”
 
Sì, quello una volta era il suo nome.
 
Toccò il suolo, mentre dietro di lui cadeva l'ultima asse, diventando fumo e cenere nella lava sottostante.
 
Il suo cavallo nitriva in lontananza.
 
Il cavaliere agitò la mano in direzione di Dinikulus, facendogli capire che lui, il cavaliere senza nome, stava bene.
 
Dopodiché, entrò.
 
La porta era maestosa, così come lo era l'interno. Colonne di dimensioni ciclopiche ormai in rovina erano la prima cosa che il cavaliere notò.
 
Un castello diroccato, ormai dimenticato da uomini e dei.
 
E sul pavimento, ossa. Ossa, scheletri e teschi. Erano quelli gli ornamenti del lugubre castello.
 
Eroi valorosi vittime della loro debolezza e della incapacità di vincere contro il drago.
 
Invece lui, il cavaliere senza nome, ci sarebbe riuscito.
 
“DRAGOOOOOOO!” urlò con tutta la voce che aveva in corpo “DOVE SEEEEEI? AFFRONTAMI!!”
 
L'urlò rimbombò per tutta l'immensità del castello, raggiungendo l'orecchio del drago.
 
Un ruggito imponente. Da quel ruggito si poteva intuire il potere e la forza di quel drago: neanche paragonabile a quella del lupo mannaro.
 
Forse paragonabile solo all'urlo del cavaliere.
 
E poi, fuoco.
 
Fuoco che circondò il cavaliere.
 
Poi il drago apparì. Era come dicevano le leggende: una creatura maestosa, che rappresentava tutta la forza della natura.
 
Due occhi vitrei, apparvero nell'oscurità, raggiunti immediatamente da un maestoso muso che racchiudeva una fila di aguzzi denti.
 
Il solo occhio del drago era grande quanto lui.
 
Un ruggito di fuoco.
 
Il cavaliere chiuse gli occhi. Eccola, la palla di fuoco stava arrivando.
 
Tirò un fendente, e la fiammata si divise in due, disperdendosi ai suoi fianchi.
 
“Drago, questa non è spada di normale fattura, può tagliare l'intagliabile, fuoco, acqua, vento, incantesimi...”
 
“Cavaliere, se estrarrai quella spada, dovrai rinunciare al tuo nome e il tuo passato... rimanderai comunque di poco la fine ineluttabile a cui quel castello è destinato, vivendo con il peso del peccato per il resto della tua vita. Sei sicuro di volerlo fare?”
 
“Ma il castello... è sotto attacco! Ho bisogno di una spada!”
 
“Allora, estraila, questo sarà il tuo destino, e chissà che non ci sia redenzione per te...”
 
E il drago sputò ancora fuoco.
 
“AAAAAAAAAAAAAH!”
 
Con un urlò selvaggio, il cavaliere che una volta portava un nome si diresse in direzione del drago, tagliando in due il fuoco che aveva di fronte
 
Poi tirò un fendente in direzione della bocca del drago.
 
Quello urlò di dolore, dandogli il tempo per agire.
 
Salto e tirò un fendente in verticale, colpendo l'occhio dell'animale.
 
Quello lanciò un nuovo e lancinante urlo di dolore, vomitando fuoco.
 
Questo colse di sorpresa il cavaliere, che fu costretto ad usare la spada come scudo per evitare di diventare un cadavere bruciacchiato.
 
Il drago si alzò in volo, così da essere fuori dalla portata della sua spada.
 
Quindi, il cavaliere la rinfoderò.
 
Poi un'altra vampata di fuoco, che evitò riparandosi dietro una di quelle maestose colonne.
 
Dietro il suo mantello color sangue, c'era un arco, un arco ben lontano dall'avere dimensioni normali.
 
Era alto almeno quanto lui, e finora era rimasto nascosto, inutilizzato e lui era il solo ad avere la forza necessaria a tenderlo.
 
Il fuoco continuava a colpire la colonna, sfumando ai suoi angoli.
 
Prese una freccia e incoccò, lanciando un'occhiata sfuggente al drago. Quindi con una mano si aggrappò ad una sporgenza e si spinse verso l'alto, più in alto del fuoco.
 
Quindi, nell'attimo in cui era in aria, prese la mira e lasciò la corda.
 
La freccia guizzò veloce nell'aria, arrivando proprio dove il cavaliere senza nome voleva che arrivasse, ovvero, al cuore del drago.
 
Il drago lanciò un urlo disperato e agonizzante e si accosciò al suolo, morto.
 
“Manca poco...” pensò il cavaliere, mentre correndo saliva le scale “Manca poco... alla mia assoluzione... manca poco... e sarò libero da me stesso...”
 
Correva lungo le ripide scale della torre. L'arco e la spada cozzavano rumorosamente contro l'armatura.
 
Ed, eccola, la porta!
 
Era di legno di quercia, solida e maestosa come lo era stato l'albero di cui era stata costruita.
 
Aprì...
 
Era una stanza signorile. Un letto a baldacchino su cui giaceva, certamente immersa in un sonno profondo, una splendida creatura.
 
Una donna la cui bellezza irretiva gli occhi di chi la guardava e il cavaliere provò l'immediato impulso di baciarla.
 
Si avvicinò alla principessa. Gli occhi erano chiusi, e il cavaliere si chinò per carezzarle le labbra con le sue.
 
Ma non appena le lambì, la principessa aprì gli occhi.
 
Erano degli occhi dolcissimi, come lo era il suo viso e il suo sorriso.
 
No.
 
Erano occhi infuocati, indemoniati. E la bocca era inclinata in un sorriso maligno.
 
Il cavaliere si allontanò, frastornato.
 
Dov'era la principessa che avrebbe dovuto garantirgli la pace?
 
“Cavaliere... l'unica pace che ti darò, sarà la pace della sonno eterno!”
 
E una stalattite di ghiaccio partì dalle sue mani, diretta al cuore del cavaliere.
 
“Non succederà!” ruggì una voce femminile, forte, fredda e decisa.
 
Una palla di fuoco intercettò la stalattite, e le due si distrussero a vicenda.
 
“Chi osa!” urlò la principessa, con voce demoniaca ed occhi di fuoco.
 
Dalla porta, a passi lenti e cadenzati, apparve una donna.
 
Aveva una cicatrice sull'occhio destro e una che le attraversava la bocca.
 
Il petto era intriso di sangue.
 
Era di una bellezza selvaggia, con abiti che erano quasi stracci, così in contrasto con quelli sofisticati della principessa.
 
E il cavaliere senza nome capì.
 
“Drago?”
 
La donna sorrise rozzamente.
 
“Esatto”
 
“TU!”urlò qualcuno dal nulla “COME PUOI ESSERE RINSAVITA?”
 
Le ante della finestra e della porta incominciarono a sbattere ripetutamente, come se un vento molto forte le scuotesse.
 
In un turbine di foglie, si materializzò una anziana signora. Quella stessa anziana signora che aveva detto al cavaliere senza nome della principessa della redenzione.
 
“La spada di questo cavaliere non è qualcosa di normale! Taglia l'intagliabile! Compreso l'incantesimo sotto cui ero sottoposta...”
 
“Sorella! Uccidiamo questi stolti...” disse la vecchia
 
“...che si oppongono a noi!” Continuò la principessa, con voce satanica.
 
Insieme, lanciarono un'oscura palla di magia, che venne lanciata verso la donna drago.
 
Magia che non arrivò mai a destinazione, il cavaliere tagliò l'incantesimo in due, facendolo dissolvere nel nulla.
 
“LA MIA REDENZIONE!” Urlò il cavaliere “DOV'È LA MIA REDENZIONE?”
 
“Non esiste” disse la donna drago “Questa donna è solamente una strega a cui io ero stata messa a guardia!”
 
“La mia redenzione!”
 
Con quest'urlo in gola, e con la mente annebbiata dal desiderio inatteso, il cavaliere colpì la vecchia, tagliandola in due.
 
Un attimo dopo, divenne polvere.
 
“Principessa... mi dia la mia redenzione... la prego...”
 
“La tua redenzione! AH!” esclamò la principessa, con tutto l'astio possibile “Non vi è redenzione per quello che hai fatto, cavaliere! Il tuo castello e il tuo regno sono distrutti e tu hai perso il diritto ad avere un nome! VIVRAI SEMPRE NEL TORMENTO! VIVRAI COME UN CANE BASTARDO SENZA NOME!”
 
Un urlo bestiale e anche la finta principessa venne colpita dalla spada del cavaliere che si tramutò in cenere.
 
La finestra si aprì di scatto e un impetuoso vento soffiò via le ceneri delle streghe.
 
“NON AVRAI MAI LA TUA REDENZIONE, CAVALIERE! TU NON HAI DIRITTO A VIVERE!IL TUO STESSO VIVERE E' PECCATO!”risuonò nell'aria.
 
Albeggiava.
 
Un cavaliere senza nome e una donna drago guardavano il sole sorgere sulla foresta che avevano di fronte. Era un sole caldo, avvolgente e confortante. E la foresta, che si beava di questa luce ridiventava la foresta bellissima che era e non il luogo di sconforto che era stato per il cavaliere quella notte.
 
Il senza nome era in ginocchio. La sua armatura brillava quasi di luce propria.
 
“E' vero” disse la donna drago “Non esiste nessuno che possa assolvere quello che hai fatto ma...”
 
“Ma...” continuò il cavaliere
 
“Ma, continua a vivere, questa sarà la tua redenzione”
 
“La mia redenzione?”
 
“Sì” disse “Non hai bisogno di nessuno che ti perdoni, devi solo fare quello che reputi giusto”
 
“Hai ragione” disse il cavaliere “Vivrò... questa sarà la mia redenzione...”Si alzò in piedi “Era questa la risposta, non preti, non principesse... solo vivere... e tu?” chiese alla donna drago “Cosa hai intenzione di fare”
 
“Beh, visto che non ho più streghe da sorvegliare... verrò con te”disse “dopotutto tu mi hai liberato da quella maledizione che offuscava la mia mente”
 
Nel mondo, molto spesso i Paesi sono dominati da Re senza scrupoli che usano il proprio potere per tiranneggiare sui propri sudditi, i quali non possono ribellarsi.
 
Ma tuttavia, costoro hanno ancora un'unica grande speranza... perché esiste la leggenda di una donna drago e di un cavaliere senza nome che arriveranno ovunque ce ne sarà bisogno. Essi sfidano il male affinché la giustizia trionfi. Essi sono noti come Justice Fero.
  
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