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Autore: mikygleek91    24/10/2012    3 recensioni
One shot post 4x04.
Blaine si odia per quello che ha fatto. Così scappa, scappa da una Lima troppo vuota. Scappa in un luogo in cui avrebbe tanto voluto andare con Kurt. Scappa dalla realtà che lo sta ingoiando e trascinando giù. Scappa e immagina momenti di vita mai vissuti insieme all'amore della sua vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera a tutti.
Eccomi qui con una one shot che a me ha fatto piangere come una disperata. Ho partorito l'idea questa mattina e per la prima volta ho scritto tutto di getto. Mi scuso in anticipo per eventuali errori, non ho una beta e ho fatto tutto da sola. Per la precisione, le parti in corsivo sono cose che IMMAGINA Blaine, non sono la realtà e non sono mai successe. Dedico questa cosina alla mia Glee Family, che amo immensamente. A Roberta, Elisa, Vero, Alice, Francesca, Paola, Jess, Alexa, Giulia, Arianna e tutte le pinguine del gruppo “i non giffoniani CrissColfersessuali anonimi”. Spero di non aver dimenticato nessuno =) se volete ci risentiamo giù nelle note finali.

 

 

New York. Letto Vuoto.

Il ricordo di te in quel parco che piangi e scappi via mi investe come un treno in corsa.

Mi rotolo nelle lenzuola fredde che ancora sanno di te.

Mi alzo, le lacrime che premono per uscire quasi quanto la nausea che mi sta assalendo. Di nuovo.

Mi vesto senza nemmeno farmi una doccia, faccio in fretta. Devo andarmene, so che non mi vuoi più qui.

Mi vorrai di nuovo un giorno?

Non pensarci adesso, non pensarci adesso, non pensarci adesso.

Rimetto nel borsone le poche cose che ho portato, inconsapevolmente sapevo già che sarebbe bastato un misero cambio. Sapevo già che mi avresti detto addio.

Stupido stupido stupido.

Scappo per non sentirtelo dire, per non sentirti dire addio, perché avevi promesso che non me lo avresti mai detto.

Ma ora me lo merito, solo che non voglio sentirlo.

Sei seduto sulla poltrona al buio. Cammino verso di te ma mi fermo. Non posso. Non ti merito.

Ho solo la forza per aprire la bocca e dirti quella che forse adesso è la frase più sbagliata.

 

Ti sposerò. In tutti i miei sogni ti sposerò.”

 

La nostra frase.

Dopo aver fatto l'amore, prima di cadere in un sonno rilassato, fatto di sogni in cui io ci vedo sempre sposati e felici. Sogni in cui vedo il nostro futuro.

E' la nostra frase detta poco prima di addormentarci abbracciati. O la dico io o la dici tu. E' uguale.

E' un 'abitudine ormai, viene naturale dirla.

Ma adesso non sorridi beato come fai sempre quando te la sussurro in un orecchio prima di vederti abbassare le palpebre stretto a me. Adesso alzi lo sguardo, lo incateni al mio, e quello che vedo mi fa morire ancora di più. Ti volti, distogli lo sguardo e so che è finita. Non me lo dici ma lo so.

Me ne vado, mi volto e me ne vado.

 

Tre mesi. Sono passati tre mesi.

Tre mesi fatti di chiamate, la tua voce nella segreteria è l'unica cosa che mi impedisce di abbandonarmi al nulla.

Ogni sera prima di lasciarmi cadere fra i cuscini bagnati perennemente dalle mie lacrime io ti ascolto parlare. Poche parole, sempre troppo poche, ma me le faccio bastare.

Kurt Hummel, lasciate un messaggio e vi richiamerò...forse”.

Respira respira respira.

Sa che fai quelle chiamate, lo sa, sa che lo fai per sentire la sua voce.

Pensi e speri che sia per questo che ha creato quel breve messaggio, che lo abbia fatto per non farti annegare ancora.

Illuso, sei un illuso.

 

I giorni passano, lenti e piatti come sempre da quando non ci sei, da quando non ci sono nemmeno più io.

Alzarsi. Piangere. Lavarsi. Vestirsi. Piangere. Andare a scuola. Cantare al glee club. Piangere ancora. Tornare a casa. Chiamarti per sentire la segreteria. Piangere sempre di più. Soffocare nel pianto. Far finta di star bene con i tuoi. Salire in macchina e guidare fin sotto la tua finestra a casa di Burt. Piangere fino ad appisolarsi sul volante. Sentire Burt picchiare sul vetro per portarti come ogni volta un bicchiere di latte caldo. Guardarlo sorriderti nonostante tutto. Piangere. Ringraziarlo per esserci sempre e comunque. Mettere in moto. Tornare a letto. E piangere ancora.

 

Ho deciso, parto, vado via una settimana alla casa al mare dei miei in cui non siamo mai stati.

Kurt, perché non ci siamo mai stati?

Andiamo in inverno, stiamo sotto le coperte a sentire il rumore del mare. Ma Blaine fa freddo e poi ci sono le festività.

Andiamo in primavera, facciamo jogging in riva al mare. Blaine c'è la scuola.

Andiamo in estate, stiamo tutto il giorno in spiaggia e poi mangiamo pesce in veranda. Blaine ho le lezioni di canto per tentare di essere preso almeno in qualche altra scuola minore.

Andiamo in autunno allora. Ma Blaine io parto per New York.

Ingoio il magone e sorrido, lo so amore che sei impegnato. Ci andremo quando saremo sposati vero?

Stupido stupido stupido. Stupido illuso, è colpa tua. Hai distrutto tutto. E il buio mi ingoia.

 

Parto, vado al mare nella casa che non abbiamo mai visto insieme. Forse così potrò staccare da questa vita fatta di pianti e di te che non ci sei.

Dico ai miei che sto da Sam per qualche giorno, sai mamma c'è un progetto di biologia su cui dobbiamo lavorare giorno e notte.

Quante volte abbiamo usato questa scusa per stare da te Kurt?

Basta. Stop. Non pensarci adesso.

 

Undici ore, undici ore in macchia.

Emerald Isle, North Carolina.

Ecco la mia meta. Quella che doveva essere il nostro posto felice per fare l'amore senza pensieri, correre in spiaggia, ridere felici, baciarci con le labbra che sanno della salsedine che entra dalle finestre aperte, fare colazione in terrazza con solo i boxer e una mia maglietta sul tuo corpo perfetto.

Lacrime amare che rotolano sul mio viso mentre guido sull'autostrada quasi vuota in un giorno non festivo.

Chi va al mare quasi in inverno eh Blaine? Stupido, sei solo uno stupido. Merito tutto questo. Ti ho allontanato da me e ora tu non tornerai.

 

Estate.

Guardo il sedile di fianco al mio e ci sei tu. Ridi per una canzone troppo frivola e commerciale che trasmettono alla radio. Hai i piedi sul cruscotto perché “Blaine undici ore di viaggio per stare solo un fine settimana sono davvero troppe dai!”.

Ma tu ridi e mi accarezzi una guancia, e ti sporgi quasi volessi baciarmela dolcemente ma ti fermi a poca distanza e all'improvviso me la lecchi.

Che schifo Kurt!” ridi tu e rido io. Ridiamo insieme. Ti siedi di nuovo composto e abbassi il finestrino per annusare l'aria che già sa di mare.

Sono felice, sono felice di aver fatto questo pazzo viaggio con te, passeremo più ore in macchina ma sono felice” il vento ti sposta un ciuffo e tu non sbuffi come al solito quando ti si scompigliano i capelli. Ora sei libero dai vincoli, sei con me e “fanculo alla lacca” e “amore vuoi fare cambio?sei stanco guido io?”.

 

Freddo, quello che sento è solo freddo, e non è il vento gelido che riesce ad entrare da uno spiffero nel finestrino. E' il freddo che emana il sedile vuoto vicino al mio. Non ci sei tu, non c'è la musica stupida della radio, non ci sono i tuoi calzini colorati sul cruscotto, non c'è il tuo ciuffo ribelle, non c'è la mia guancia bagnata dalla tua saliva.

Anzi no, la guancia bagnata c'è. Lacrime, ecco cosa la bagna. Solo lacrime.

 

Sono arrivato, scendo e quasi crollo per il formicolio alle gambe. Forse avrei dovuto fermarmi un attimo per sgranchirmi ma quella stazione di rifornimento con il neon rotto mi ricordava troppe cose che non sono mai accadute. Il tuo naso sporco di zucchero mentre mangi una ciambella stantia presa al minuscolo bar, le tue risate perché “Blaine dai, ti sei sporcato di benzina e ora puzzi come un camionista”. L'alberello profumato al cedro per cercare di togliere l'odore di carburante.

Non fermarti, continua a guidare Blaine, cerca di arrivare prima possibile e di non vivere attimi di una vacanza che non c'è mai stata.

Quindi eccomi qui.

La piccola casa a un piano con una veranda sporca per la sabbia portata dal vento, il canneto che la circonda, la barchetta di papà abbandonata vicino al sentiero che conduce ai tre scalini, lo steccato di legno scuro che divide la proprietà dalla spiaggia, la porta in maglia di ferro che cigola quando la apro prima di quella principale.

Prendo le chiavi dalla tasca, spero che mamma non si accorga che mancano, le inserisco nella toppa.

Non crollare adesso, aspetta. Respira.

Entro e mi accascio subito al suolo. Ora si che puoi lasciarti morire qui Blaine. Qui dove non siete mai stati insieme ma dove ci sono tantissimi ricordi di viaggi mai fatti.

Mi alzo con le poche forze che mi restano, apro le imposte per far entrare la luce ma tengo i vetri chiusi. Fa freddo.

 

Oh finalmente siamo arrivati, non ne potevo più, che caldo!” sospiri felice guardandoti intorno incredulo “Dio, ma è meraviglioso qui Blaine, dobbiamo fare mille cose anche se abbiamo solo due giorni” saltelli verso la veranda “dai pelandrone sbrigati voglio vedere la casa anche dentro eh” sbuffi eccitato con gli occhi che brillano.

E allora aiutami a scaricare la macchina, il tuo borsone è gigante Kurt! Quanta roba hai portato per 48 ore si può sapere?” chiedo fintamente scocciato.

Finalmente entriamo e l'odore di legno ci assale, tu sorridi come un bambino e io ti amo ogni secondo di più.

Ho fatto bene e organizzare questa pazzia.

Non mi lasci nemmeno il tempo di aprire le finestre che mi assali da dietro saltandomi sulla schiena.

Dai Kurt sono tutto sudato, fa caldo” rido mentre ti faccio scendere. Mi piace quando ti arrampichi tipo piccolo koala.

Mi volto e trovo i tuoi occhi azzurri, seri, fissi nei miei e dici quello che ha il potere di sciogliermi “non mi importa, fai l'amore con me. Adesso”

Boccheggio.

Cosa? Ma non volevi fare milioni di cose fino a tre minuti fa? e poi..” mi metti un dito sulle labbra senza farmi finire.

Dopo, ora voglio fare l'amore con te, voglio addormentarmi e dirti che ti sposerò nei miei sogni. Fai l'amore con me, qui, dopo, in acqua, sulla veranda, sta notte e poi sposami nei tuoi sogni”.

 

Mi sveglio di soprassalto. Mi sono raggomitolato sul divano con il telefono ancora premuto contro l'orecchio e la tua voce ancora che rimbomba nel mio cervello.

Sempre e solo la segreteria.

Bravo Blaine, complimenti. Patetico, sei patetico.

Continuo a vedere flash di una vacanza mai fatta. Di un noi che non ha mai visto questo luogo.

Se anche il fattorino che fa le consegne per il fioraio a pochi isolati dal suo loft ti ha detto di rassegnarti allora sei proprio alla frutta.

Signor Anderson a me conviene che lei continui tutte le settimane a pagarmi un mazzo di rose gialle e rosse, ma sinceramente non ce la faccio più a dirle che vengono puntualmente rifiutate”.

Mi devo assolutamente alzare da questo divano, che poi cosa ci sono venuto a fare qui?

Sei solo uno stupido sadico Blaine Anderson.

Ricordarti di momenti mai vissuti con lui non è degno del miglior pazzo?

Indosso una tuta, magari correre sulla spiaggia mi aiuta. Si certo, illuso illuso illuso.

Vedo la voragine che mi risucchia, corro corro corro.

Vento gelido che mi sferza le guance e mi secca le lacrime che colano sul mio viso.

Vista appannata, labbra secche, ho dimenticato nella tasca dei jeans il burro di cacao che mi avevi regalato perché “Blaine se ti bacio non voglio avere la sensazione di essere fidanzato con una grattugia”. La tua risata, ancora risuona nelle mie orecchie.

Cado, fra la sabbia fredda, non posso continuare così, ho bisogno di te, mi odio e mi dispiace.

Alzo gli occhi nel tentativo di tornare a casa, magari senza strisciare come un verme e ti vedo.

 

Ridi, ridi di me pieno di sabbia fino al collo.

Hai tanto insistito per seppellirmi nella sabbia bollente, e se sarò rosso fino a Natale sarà solo colpa tua piccolo sadico.

Ma lo sai, lo sai che non resisto se mi fai gli occhi dolci e mi preghi.

Quindi, dieci minuti dopo ti osservo guardarmi trionfante dall'alto, apparentemente soddisfatto del tuo lavoro, con le mani sui fianchi.

Kurt dai, liberami” ti imploro anche se sai che potrei benissimo fare da solo.

Ah no, ora rimani li mio caro” ridacchi spensierato.

Ti chini per lasciarmi un bacio profondo, fatto di labbra e lingue bollenti ma dopo poco ti stacchi “bleah, mi hai lasciato della sabbia in bocca”. Ridiamo, ridiamo e ti amo.

Dio se ti amo.

 

Non sento la pesantezza delle mie gambe, corro senza fiato.

Non può essere finita, non può, io ancora ti sposo nei miei sogni Kurt.

No bugia, non è vero.

Il sogno è sempre lo stesso ma da quel maledetto giorno tu non arrivi più, non appari più vestito con un bellissimo abito blu notte e con un garofano appuntato al bavero della giacca.

Non ci sei, e io mi sveglio sempre urlando.

Coglione, sei un coglione Blaine, è colpa tua tua tua tua.

Ecco, sono tornato, la corsa non mi ha aiutato affatto.

Tu non ci sei e io muoio ogni minuto di più.

 

All'improvviso scoppia un temporale. Uno di quelli estivi, improvvisi veloci inaspettati.

Dieci minuti e poi basta.

Pioggia scrosciante e poi arcobaleno in lontananza.

Ci coglie così, impreparati, ancora stesi sul nostro asciugamano. Si uno solo, perchè “Se ci stringiamo possiamo stenderci sullo stesso telo, fa caldo lo so, ma fa lo stesso ti voglio vicino”.

Scappiamo, raccogliamo tutto in fretta e furia e corriamo verso casa.

Ad ogni passo ci blocchiamo per baciarci.

Ridiamo. Bacio. Corriamo. Bacio. Ciabatta persa. Bacio. Siamo completamente zuppi. Bacio.

Baciami come nel film the notebook Blaine”.

Ormai siamo davanti casa ma non ci importa.

Ti afferro per i fianchi, lascio cadere le borse del mare, ti sollevo, ti aggrappi con le gambe alla mia vita e ti poggio sul bordo della piccola barca di mio padre.

Baci frenetici, lingue che si cercano, collo scoperto e già pieno di segni rossi, mani che corrono.

Prendimi qui, su questa barca, proprio ora sotto la pioggia. Ti voglio, non mi importa che casa sia a due metri” sussurro ansimando al tuo orecchio.

Tu non rispondi ma so che lo vuoi anche tu.

La tua presa sui miei fianchi si stringe e poi è solo passione e un susseguirsi di “ancora” e “di più” e “più forte” e “Kurt” e “Blaine”.

 

Ho lo stomaco chiuso, sono seduto per terra contro la parete della vasca da bagno incapace di trovare la forza per alzarmi e lavare dal mio corpo il sudore dovuto alla corsa e il tuo odore che paradossalmente ancora sento nelle narici.

Ah certo che sciocco che sono, la tuta che indosso è mia ma l'hai sempre messa tu quando stavi da me.

Sembra una vita fa.

Ma ha ancora il tuo profumo impregnato nel tessuto.

Non ho voglia di mangiare ma devo, sono giorni che non tocco cibo.

Mi lavo, in modo meccanico, neanche metto il balsamo per domare i ricci.

Tanto le tue dita affusolate non ci passeranno più in mezzo, che senso ha quindi?

Vado in cucina. Apro il mobiletto sopra al lavello, trovo qualcosa da mangiare lasciata dai miei il mese scorso.

Cibo in scatola. Tu lo odi. Ma adesso odi anche me, decisamente più di quanto odi il cibo in scatola. Quante cose cambiano.

Ti chiamo. Di nuovo. E tu di nuovo non rispondi, ma la tua voce mi da un minimo di forza anche solo per aprire quel dannato barattolo di mais.

Che schifo il mais, ma è l'unica cosa che ho trovato e non ho voglia di uscire adesso.

Mi sto lasciando andare lo so, se continuo così cadrò in depressione.

O forse ci sono già caduto? Chissà...

 

Le tende della porta finestra svolazzano, la veranda è illuminata da piccole candele posizionate lungo tutta la balaustra.

Esco dal bagno dopo una doccia veloce e ti vedo, affaccendato intorno al piccolo tavolo che hai spostato li per la cena.

Sei bellissimo amore mio, indossi un pantaloncino corto beige e una semplice maglia nera.

Sei la cosa più bella che abbia mai visto, a piedi scalzi e con i capelli ancora bagnati ti muovi canticchiando mentre finisci di apparecchiare.

Ti abbraccio da dietro lasciandoti un umido bacio sul collo, tu non ti spaventi. Sai che sono io, sarò sempre e solo io.

Che fai?” chiedo annusando il tuo profumo nella piega del collo.

Preparo la nostra cena a lume di candela” sorridi girandoti nel mio abbraccio.

Pensavo fossi tu la mia cena” lo guardo malizioso cominciando a baciargli piano e leggero il collo.

Blaine, possibile che tu voglia solo rotolarti nelle lenzuola con me?” mi chiede con un falsissimo tono di rimprovero.

Lo sento che vuole la stessa cosa anche lui. Lo vuole, mi vuole.

 

Sono tre mesi che dormo in un letto vuoto, anzi tre mesi e un giorno. Quel giorno.

Perché quella notte insieme a New York è come se avessimo dormito da soli.

Fino a tre mesi fa pensavo che la frase “così vicini ma così lontani” fosse una cazzata. E invece no. Ho provato direttamente sulla mia pelle che è una frase molto più che vera.

Non eravamo più Kurt&Blaine, ma solo Kurt da una parte e Blaine dall'altra.

Te lo meriti, te lo meriti, non sei nulla in confronto alla stella che avevi come fidanzato.

Ora quella stella non brilla più, ed è solo colpa tua.

Ho bisogno di dormire, dov'è il mio telefono? Ormai è diventata un'abitudine.

Prendi il telefono. Sbloccalo. Rimani a fissare lo schermo per quelle che sembrano ore. La sua foto. Premi uno. Numero direttamente collegato a lui. La sua voce. I tuoi pianti. Buio.

 

Appena rientro in casa, tutto sudato e con un sacchettino di carta in mano ti vedo entrare barcollando in cucina. Adorabile, sei adorabile amore mio. Ti strofini un occhio col pugno chiuso, sbadigli, con una mano nei capelli arruffati.

Ti sei infilato i primi vestiti disponibili, i miei boxer in questo caso.

I miei occhi scorrono sul tuo corpo perfetto. Oh. La tua erezione mattutina si vede attraverso il cotone nero.

Deglutisci Blaine, non puoi certo assalirlo adesso, è così tenero.

Dove sei stato?” mi domandi avvicinandoti. Mi getti le braccia al collo e poggi la testa sulla mia spalla “avrei voluto svegliarmi con te accanto” mormori con la bocca a contatto con la mia felpa.

Sono andato a correre” gli accarezzo lento la schiena nuda “ma ehi, ho preso la colazione tornando a casa, in quel piccolo forno che abbiamo visto ieri” sorrido sventolandogli il sacchettino profumato davanti agli occhi ora che si è staccato da me.

Un cornetto ai cereali per te e due al cioccolato per me”.

Ingrasserai fino a non poter più passare per le porte Anderson” borbotta mentre li tira fuori per metterli in un piatto e cominciare a preparare il caffè.

Sorrido e mi dirigo in bagno per una doccia. Mi spoglio, tiro la tenda a fiorellini per non allagare la stanza.

Apro l'acqua. Bollente come piace a me.

Poco dopo sento la tenda scorrere di nuovo. Kurt, mi è venuto a fare compagnia.

Sorrido. Lo bacio, levandogli quel sorrisino prepotente dalla faccia. Regolo l'acqua. Tiepida come piace a lui.

 

Mi chiedo ancora che senso abbia avuto venire fin qui se poi annego ogni secondo di più in immagini di un futuro che mi scivola sempre più in fretta fra le dita.

Scivola via come la sabbia che sto tenendo nel pugno proprio adesso.

Occhiaie profonde. Occhi rossi. Colorito pallido. Viso smunto.

Sono tre mesi che mi trascuro, ma ormai nulla di tutto questo ha importanza.

L'ho voluto io. Me lo merito, allo stesso modo in cui non merito te.

Cosa stai facendo adesso Kurt? Non te lo chiedo, non aspetto nemmeno che tu risponda alle mie innumerevoli chiamate. Non mi illudo nemmeno che tu possa rispondermi in effetti. Ma se anche fosse resterei zitto, non ho il diritto di dirti più nulla.

Ho voluto che le ultime parole che ti ho rivolto fossero la nostra frase.

E' finita e voglio che le mie ultime parole per te siano quelle.

Non ti scrivo, non ti chiamo e non faccio mettere biglietti nei fiori.

 

Non so nemmeno come sono finito sulla spiaggia. Fisso il nulla. C'è un bambino che gioca con il suo papà a palla. Vedo me, vedo te, vedo un futuro che non ci sarà più. Forse.

Volevo un figlio, e lo volevo con te amore mio.

Giornata al parco, siamo seduti sotto un albero stesi su una coperta sfilacciata e giochiamo ad immaginare il nostro bambino. Anzi bambina, perché “vorrei tanto che fosse una femmina Blaine”. Cominci a elencare nomi. Alice, Martha, Eveline, Lucy.

Io all'improvviso ti guardo e dico “Elizabeth, si chiamerà Elizabeth come tua madre”.

Tu mi fissi con gli occhioni azzurri pieni di lacrime e ti slanci improvvisamente per baciarmi.

Ok basta. Basta basta basta basta. Non puoi continuare così. Me ne vado, torno a Lima, qui mi sto uccidendo più di quanto già non faccia.

Torno in casa, getto alla rinfusa i miei quattro stracci nel borsone e nel farlo non controllo il cellulare. In effetti non lo prendo mai a meno che non voglia sentire la sua voce in quella maledetta segreteria.

Se lo avessi controllato avrei notato le sette chiamate perse. Cooper. Solo a lui ho detto dove andavo. Anzi no, per la precisione le mie parole sono state “vado qualche giorno dove potrò vivere una vita mai avuta” e tanto gli è bastato. Non fare domande Coop ti prego.

Non capisco come mai sui vestiti ci siano goccioline bagnate. Mi porto una mano al viso.

Sto piangendo. Ancora.

Quasi non sento qualcuno che bussa frenetico alla porta.

Oddio no, sarà il fattorino del minimarket a cui ho commissionato la spesa per telefono.

Avrei dovuto immaginare che non sarei resistito molto in questa casa senza di te Kurt.

Sbuffo, prendo un respiro e cerco dentro di me la forza necessaria per non mandarlo a quel paese.

Solo. Lasciatemi solo.

Mi dirigo all'ingresso senza nemmeno controllare di essere presentabile. Ormai niente mi interessa.

Svogliato apro la porta principale.

 

Sto per sentirmi male.

Devo reggermi alla maniglia o crollerò malamente al suolo.

Tre mesi, tre mesi ed eccoti qui.

Oltre la porta di maglia di ferro ci sei tu.

Tu pallido più del solito. Tu con con i jeans e una felpa slavata addosso. Tu con gli occhi lucidi e quella scintilla che non vedevo dal momento prima della mia orribile confessione.

Tu che tremi. Tu più bello che mai. Tu. Tu. Tu.

 

Posso entrare?” mi chiedi in un sussurro che mi arriva come un tuono nella notte.

La tua voce. Dio la tua voce. Non è la segreteria. Non sto sognando.

Sei qui. Sei qui vero?

Certo che puoi entrare amore mio, questa nella mia mente è sempre stata casa nostra. Non mia. Nostra.

 

Mi faccio da parte, entri esitante. Ci guardiamo negli occhi a pochi passi l'uno dall'altro.

Tu vedi il mio dolore, io vedo il tuo. Urlano.

 

Ed è un attimo. Voli fra le mie braccia. Io piango, tu piangi. Io ti stringo, tu mi stringi.

Il buio non c'è più. Ci sei tu adesso.

E non me lo sto immaginando vero?

 

Perché tu hai appena sussurrato “Ho bisogno di riaverti, sono qui per riaverti amore mio. Ho bisogno di riaverti anche nei miei sogni, perché in tutti i miei sogni io ti sposerò. Sempre.”

 

No. Non me lo sto immaginando.

 

 

 

 

 

N.d.A.

 

Ringrazio tutti quelli che hanno avuto il coraggio di arrivare fin qui. Spero si sia capito tutto. Ho voluto provare questo nuovo stile narrativo (se stile si può chiamare). Il luogo che ho citato, in North Carolina, esiste davvero. Se volete fatemi sapere cosa ne pensate.

Un abbraccio, Michela ^__^

  
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