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Autore: Cherry_Blossom    25/10/2012    2 recensioni
«Siamo fratelli, Jamie. E questo non significa solo essere competitivi. Significa anche e soprattutto essere una famiglia.» Sottolineò quest'ultima parola, poggiando poi una mano sulla spalla del fratello. «Non sei indistruttibile, James. Non devi sempre essere forte. Sei una persona, non puoi sempre sopportare tutto. Ci sono io, qui, con te. Lascia che ti aiuti a portare questo peso che ti sta affliggendo. Dammi la possibilità di comprendere, di sostenerti.»
Un brave momento tra i fratelli Potter.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: James Sirius/Rose, Rose/Scorpius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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“L'applauso del cielo.”

 
E la pioggia apre il suo spettacolo.
E dall'alto scoppia l'applauso del cielo.
 
 
Quell'autunno sembrava non voler dar pace a nessuno.
I giorni soleggiati erano fin troppo afosi, mentre quelli piovosi erano freddi e, per la maggior parte di loro, tristi. Ma non tutti la pensavano allo stesso modo.
Alcuni amavano la pioggia. Adoravano sentire il rumore di ogni piccola e singola goccia rimbombare delicatamente sull'antica e ruvida pietra di Hogwarts, nonostante, ogni qual volta una goccia si sommasse alle altre, il rumore divenisse più intenso.
Era difatti questo il pensiero che aveva Albus Potter sulla pioggia. Serenità.
Gli infondeva pace passeggiare lungo il cortile dell'edificio mentre l'acqua piovana gli inzuppava abiti e capelli, proprio come stava facendo quel pomeriggio. Per di più, diverse ragazze gli avevano detto che, quando pioveva, i suoi occhi assumevano una tonalità di verde invidiabile perfino da madre Natura. Sarebbe passato da Hagrid, probabilmente.
Portò una mano sulla fronte, per evitare che le gocce gli finissero all'interno degli occhi, ed osservò quel che aveva intorno. Diversi studenti sembravano ''scappare'' da quel che per lui era uno spettacolo meraviglioso. La capanna del guardiacaccia, nonché professore di Cura delle Creature Magiche, era sempre più vicina.
E, all'improvviso, un rumore. 
Albus, preso alla sprovvista, emise un gemito di paura.
Qualcosa si era mosso, e di certo non era stato lui.
Volse lo sguardo verso il punto da cui sembrava essere provenuto quello scrosciare d'alberi.
Sospirò sollevato, osservando le due figure in lontananza, ed accennò un sorriso.
Alcuni ritenevano che la pioggia creasse un'atmosfera romantica, che desse luogo alle più intense circostanze. Era, sicuramente, il caso di sua cugina, nonché migliore amica, Rose Weasley, e del suo migliore amico, Scorpius Malfoy.
Non era la pima volta che li vedeva l'uno attaccato all'altra, scambiandosi quel genere d'occhiate che non si poteva assolutamente fraintendere.
Ma, proprio lui, non avrebbe dovuto lamentarsi. D'altronde, se non fosse stato per lui, Scorpius non avrebbe mai rivelato il suo desiderio di baciare la rossa, al quinto anno. Era stato il loro Cupido, ora che ci pensava.
Scuotendo nuovamente la testa, si apprestava ad entrare nella capanna, quando qualcosa lo sorprese nuovamente: un altro rumore. Questa volta, però, si trattava di un infrangersi di un ramo. Si voltò verso la fonte del rumore, ma l'unica cosa che riuscì a scorgere fu una figura che rapidamente correva sotto la pioggia. Una figura che, passandogli di lato, quasi lo fece cadere sul prato.
Se Albus in quel momento era scosso, mai avrebbe immaginato che la persona che aveva visto perocorrere rapidamente il cortile lo fosse ancor più.
Istintivamente, decise di tornare indietro. Forse, dopotutto, avrebbe potuto vedere Hagrid in seguito. Facendo attenzione a non scivolare sull'erba, si diresse verso l'edificio scolastico. Una volta coperto dal tetto, scosse i capelli, tentando di asciugarli almeno in parte, e fu in quel momento che sentì un suono che non avrebbe mai voluto sentire.
Dietro l'angolo, qualcuno piangeva.
Oh, andiamo Al! Cosa c'entri tu? Gira i tacchi e fatti gli affari tuoi, per una buona volta! Pensò.
Ma Albus Potter sembrava dimenticare che nel suo sangue c'era DNA Potter, che, per far del bene o solo per divertirsi, in ogni caso non permetteva ad alcun membro della famiglia di restarsene al proprio posto.
Strinse i pugni e socchiuse gli occhi, deciso a sapere a chi appartenesse quella voce strozzata. Era un ragazzo, di questo era certo: anche se impastata dalle lacrime, la voce era maschile.. A meno che non si fosse trattato di qualche ragazza un po' troppo ''mascolina.'' L'espressione che aveva sul viso si sciolse completamente quando vide con chiarezza chi stesse piangendo.
Suo fratello James si ritrovava seduto sul pavimento, con la schiena contro il ruvido muro in pietra, ed i capelli scompigliati. Bagnati, osservò Albus.
Il fatto che realmente lo sconvolse, fu che James stava piangendo. Albus non aveva mai visto suo fratello piangere. In realtà, non sapeva nemmeno se in vita sua avesse mai pianto. Preso alla sprovvista, non seppe cosa fare: avvicinarsi? O forse James aveva bisogno di stare solo? E' mio fratello, si disse, non posso abbandonarlo.
Facendo attenzione a non fare troppo rumore, gli si avvicinò lentamente.
«Jamie?»
Il Grifondoro alzò il viso, ed Al, con suo rammarico, notò che aveva gli occhi lucidi ed arrossati. Ma era James Potter, e mai avrebbe permesso che suo fratello minore lo vedesse in quello stato. Ad essere sinceri, non lo avrebbe mai permesso a nessuno, che fosse un amico, o un nemico. Si sforzò dunque di sorridere. «Passeggiatina pomeridiana, Al?»
Il Serpeverde scosse il capo, ma non si diede per vinto. Si sedette di fianco al fratello, e lo guardò.
«Che ti succede, James?»
L'altro alzò le spalle, preferendo posare lo sguardo sul pavimento, piuttosto che sul fratello. Suo padre gli diceva spesso che avere gli occhi di Lily Evans in Potter significava aver la possibilità di far dire sempre la verità a colui che li osservasse. Motivo per cui James faceva in ogni occasione di tutto per non guardare suo fratello negli occhi. Ma questa volta era diverso.
Quasi sempre Albus si arrendeva, e lasciava il fratello a sbrigarsela da solo. Ma non l'aveva mai visto ridotto così.
«Hai intenzione di dirmi che va tutto bene, che non eri tu quello che stava piangendo?»
James lo osservò per qualche istante, per poi scoppiare a ridere.
Non era la sua solita risata, quella allegra, quella che faceva ogniqualvolta lui e Fred ne combinavano una delle loro, come liberare un Molliccio nella Sala Comune dei Serpeverde (Albus ancora non riusciva a capire come quei due fossero riusciti ad entrare nella sua Sala Comune); era diversa. Sì, perché quella era l'unica parola con cui riusciva ad identificare il comportamento del fratello. Diverso.
Osservò per qualche istante il Grifondoro, che non smetteva di ridere: aveva gli occhi socchiusi, ma quando li riaprì Albus pensò che quello non era realmente suo fratello. Perchè, se fosse stato lui, cosa diavolo gli era successo?
Il suo sguardo da Malandrino era spento. Quel sorriso che aveva fatto perdere la testa a centinaia di ragazze era finto, vuoto. James Sirius Potter, ad Al, sembrava un estraneo.
«Io non sono una femminuccia, Al. Non piango, ti è chiaro?»
«Quindi vorresti anche dirmi che non eri tu quello che è scappato dal cortile, vero?»
Aveva centrato esattamente il punto.
James trattenne il fiato, per un periodo che ad Albus sembrò infinito: si torturò le mani, intrecciandole varie volte, attendendo la risposta del fratello maggiore. Si sentiva nervoso, a dire il vero. Non gli capitava mai di trattare tali argomenti con lui.
«Probabilmente era qualcuno che mi somigliava. Io e Frank abbiamo un taglio simile, magari era lui. Difatti, è da lui piangere come una ragazzina.»
«Non dire stronzate!» Sbottò Albus. «So benissimo che quello eri tu, ed ora mi spiegherai cosa diavolo di succede!»
Non gli capitava spesso di trattare così il fratello. Di solito si lasciava sottomettere. Aveva paura della reazione che potesse avere James.
Ma James lo guardò confuso. Non arrabbiato. Non ferito. Confuso.
«Al...» Sussurrò con un filo di voce.
«Siamo fratelli, Jamie. E questo non significa solo essere competitivi. Significa anche e soprattutto essere una famiglia.» Sottolineò quest'ultima parola, poggiando poi una mano sulla spalla del fratello. «Non sei indistruttibile, James. Non devi sempre essere forte. Sei una persona, non puoi sempre sopportare tutto. Ci sono io, qui, con te. Lascia che ti aiuti a portare questo peso che ti sta affliggendo. Dammi la possibilità di comprendere, di poterti sostenere.»
Sperava vivamente che funzionasse. Sperava che suo fratello riuscisse a sentirsi meglio, a sentire di avere un appoggio. James lo guardò, inizialmente incredulo, gli occhi sempre più lucidi. Poi, tutto ad un tratto, gettò rapidamente il capo sulla spalla del fratello, cominciando a piangere silenziosamente.
Albus lo abbracciò, pensando che forse prima avrebbe dovuto dimostrargli sul serio che lui c'era, ed in seguito sarebbero venuto le spiegazioni.
Lentamente, James si allontanò da lui, e si coprì il volto con le mani, sospirando. Odiava che qualcuno lo vedesse in quello stato, specialmente se si trattava di Albus.
Quest'ultimo era in preda al panico. «James, ch-...»
Fu interrotto ancor prima di terminare la frase da delle risatine. Per sua sfortuna.
James sbuffò ironicamente, volgendo lo sguardo verso il soffitto. 
«James?» Albus inarcò il sopracciglio. Nuovamente delle risate.
Allungò il collo per poter capire a chi appartenessero, quando li vide: Rose era con la schiena contro il muro, la divisa completamente scomposta che sembrava essere stata indossata in fretta e furia, e giocava con i propri capelli. Scorpius era praticamente attaccato a lei, con le labbra posate sul suo collo, ed entrambi si scambiavano sorrisi languidi e sguardi maliziosi. Albus non tardò molto a capire cosa fosse successo precedentemente in cortile.
Un suono gutturale destò la sua attenzione.
James aveva gli occhi ancora più lucidi.
Fu in quel momento che Albus capì.
Guardò dapprima Rose e Scorpius, poi James. Di nuovo Rose e Scorpius, e nuovamente James.
«James...» Sussurrò talmente piano, che non fu certo che il fratello potesse aver capito cosa avesse detto. 
Eppure, James doveva aver capito, perché annuì.
«Da quanto?» Sussurrò Al timoroso.
James sorrise amaramente, e guardò il fratello. «Da sempre.»
Albus dischiuse la bocca per dire qualcosa, ma le parole gli vennero meno.
James si alzò: non voleva che il fratello lo vedesse nuovamente in quello stato, eppure Albus non l'avrebbe lasciato andar via così; si alzò a sua volta, e lo trattenne per un braccio. Il fratello sorrise allo stesso modo in cui aveva fatto poco prima, e lo abbracciò. «Grazie.» Sussurrò poco prima di allontanarsi, e svanire nuovamente sotto la pioggia.
C'erano, infine, alcuni convinti che la pioggia fosse una ribellione da parte del cielo, uno sfogarsi  e divenire umano, e piangere, piangere come facevano loro.
Come faceva James, mentre si allontanava, e l'acqua gli scorreva lungo il viso:. Ma Albus Severus non era più così certo che si trattasse solo di pioggia.

 
E piove , chi se l'aspettava.
Il cielo esplode.
Lui chè è vuoto come la città.
E un riparo non ce l'ha.
Lui che piange e smetterà.
E che aspetta ancora , ancora spera.
Cosa? Non si sa.
  
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