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Autore: La_Morg    25/10/2012    2 recensioni
Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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The nightmare that became reality.

Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 10: L'incubo che diventò realtà. Parte I

Se conosciamo l'anatomia dell'uomo interiore, possiamo vedere la natura delle sue malattie al pari dei rimedi. - Paracelso

Fiona

Ero appena uscita fuori da quella specie di laboratorio ed ero nuovamente all'aria aperta. La puzza di chiuso di quella stanza mi aveva quasi otturato i polmoni e respirare nuovamente aria pulita mi faceva sentire quasi libera. Ma non appena realizzai di essere finita su un balcone con delle scale completamente distrutte e con una scaletta a pioli mi sentii quasi in trappola. Ebbi come il presentimento che avrei dovuto ancora affrontare diverse difficoltà prima di incontrare mio nonno, il fantomatico Lorenzo Belli. Stavo quasi per perdere le speranze e una parte di me sarebbe voluta tornare indietro e uscire da questo posto, ma ero troppo orgogliosa da voler abbandonare tutto e rinunciare a conoscere la verità sulla mia famiglia e su quell'incubo. Ero ormai sicura che Lorenzo sapeva tutto.

Chiamai Hewie e non appena arrivò al mio fianco - era rimasto indietro ad annusare, forse in cerca di qualche oggetto utile o semplicemente di uno svago - scesi la scala a pioli lentamente. Nonostante le mie vertigini riuscii a toccare terra senza farmi male, mentre Hewie fece un balzo saltando prima sull'architrave di un portone - che sicuramente mi avrebbe portato nuovamente in un'altra stanza senza via d'uscita - e poi sul terreno.
Il portone, come volevasi dimostrare, era chiuso, ma mi accorsi di un'altra porta nelle vicinanze: era socchiusa. Quasi come per dirmi "è qui che devi entrare se vuoi proseguire".

Mi avvicinai all'entrata e sentii il suono di un pianoforte. Riconobbi subito il pezzo che "l'anonimo pianista" stava suonando: era la Liebestraum III di Liszt. Il sogno d'amore. Questa musica mi fece venire in mente i ricordi della mia adolescenza, ovvero quando mio padre mi insegnò a suonare il pianoforte. Ed era proprio la Liebestraum III il pezzo che imparai per primo.
Entrai e immediatamente mi resi conto di essere finita in una specie di "ripostiglio" degli strumenti. Notai diversi spartiti sparsi per il pavimento, un arpa riposta in maniera alquanto strana (solitamente le arpe dovrebbero essere esposte, non riposte su uno scaffale...) e infine un luccichio. Era una chiave, e il mio istinto mi diceva che era quella la chiave per aprire il portone.
Stavo per afferrarla ma all'improvviso il piano smise di suonare.

Karena

Ero entrata nel Castello e controllai immediatamente in quella maledetta stanza per ospiti (o meglio, la stanza per "le prede" di Aureolus Belli). "C'è nessuno? Fiona, dove sei?" chiamai a gran voce. Sfortunatamente non arrivò alcuna risposta, per cui decisi di uscire dalla stanza e cercare altrove. Prima di varcare la soglia notai solo due occhi che mi stavano fissando dal ritratto di quel maledetto alchimista. E seguivano ogni mio movimento.
A quanto pare non ero da sola, pensai.

Fiona

Guardai verso l'alto e vidi l'anonimo pianista: aveva il volto coperto da un cappuccio e riuscii a scorgere solo il suo sorriso. Sì alzò e si allontanò dal pianoforte rivolgendosi a me.
"Bentornata a casa, mia cara Fiona."
Che cosa intendeva dire? Che questo castello era casa mia? Sciocchezze, pensai, non ero mai stata qui prima d'ora ed era impossibile che questo posto infernale fosse casa mia. Ne ero più che certa. Ma le parole successive di quell'uomo contraddirono ogni mio pensiero.
"Ti vedo stranamente...spaesata. Non ricordi più che tu 4 anni fa hai avuto un incidente d'auto e io ti ho salvata? Sembra proprio di no, a quanto pare. Beh, lascia che ti rinfreschi un pò la memoria: io, Riccardo, sono custode di questo castello, e tu ne sei l'unica erede."
Dopo aver ascoltato quelle parole, mi sentii stranamente male. Come faceva quell'uomo, un perfetto sconosciuto, a sapere che i miei erano morti in un incidente d'auto? Inoltre ero più che sicura di essermi ritrovata in un letto d'ospedale a seguito di quella tragedia e solo Hewie era rimasto al mio fianco. E' stato lui ad avermi salvata. Oppure...c'era qualcun'altro?
I miei ricordi successivi a quella tragedia erano annebbiati...ma il mio sogno era limpido come un ruscello. E in quel sogno...c'era anche l'uomo che ora era di fronte a me.

Iniziai a convincermi del fatto che quello non era solo un sogno. Ma un ricordo che cercavo a tutti i costi di cancellare dalla mia mente.

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Note post capitolo: Chiedo perdono per questo aggiornamento "ritardato", avviso subito che non so ancora quando aggiungerò il capitolo undici (ormai credo di essere arrivata a metà del racconto), ma vi posso assicurare che completerò questa fanfiction. Grazie ancora per le vostre recensioni, soprattutto grazie a FiammahGrace, che come me apprezzano Haunting Ground non solo come gioco survival horror, ma come storia piena di significato.
  
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