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Autore: OpheliasCrown    27/10/2012    3 recensioni
Prima classificata al Cruel Intention - contest indetto da misstokio.
Dalla sofferenza si può trarre la forza? Le fobie possono arrivare a distruggere, quindi cos'accade se vengono addirittura alimentate? Joel ha sperimentato sulla propria pelle il capovolgimento di una situazione in cui sarebbe dovuto uscire vincitore.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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   La sofferenza delle marionette             







Durante il corso della vita tutti veniamo a conoscenza del senso di disagio che scaturisce dalla paura.
È un'emozione istintiva che è insita nell'uomo sin dalla notte dei tempi; è del tutto naturale, certo, eppure c'è chi arriva a sfociare nel patologico.
Il mio fratellastro Sean, a sedici anni suonati, nutriva un forte senso di timore nei confronti delle situazioni più disparate. Veniva assalito dall'ansia se i nostri genitori spegnevano la luce dell'abat-jour all'ora di coricarsi, oppure gli si spezzava la voce se un insetto s'intrufolava in casa.
Ma, più di ogni altra cosa, veniva assalito dal panico se i suoi occhi si soffermavano su una marionetta.
Starete sicuramente pensando che si trattava di una cosa che accadeva di rado, ma purtroppo per lui mia madre - non abbiamo neanche un genitore in comune - nutre una vera e propria passione per questi pupazzi lignei che, detto tra noi, inquietano anche il sottoscritto.
Sean aveva dunque l'abitudine di recarsi in salotto a testa bassa, coprendosi di tanto in tanto gli occhi con le mani.
Io, che ho soltanto due anni più di lui, ridevo sotto i baffi per quella sua inconsueta paura nei riguardi di qualsiasi cosa. Pensate che una volta lo vidi sbiancare ed inorridire dinanzi la mamma che farciva il tacchino per il Ringraziamento.
Scena gustosa, non c'è che dire. Che io fossi stato una persona meschina riguardo le stranezze altrui è vero, ma avevo comunque sviluppato un senso di attaccamento un po' fuori dal comune nei suoi confronti. Mi ero scoperto ad osservarlo più del dovuto, soprattutto mentre aveva uno dei suoi attacchi d'ansia immotivati. Lo trovavo carino perfino in quei momenti.
Voglio essere chiaro, non avevo nessuna intenzione di farlo innamorare di me, tantomeno desideravo toccarlo, poichè la cosa mi ripugnava senza apparente motivo.
Mi bastava concentrarmi sulla sua figura esile e perennemente schiva, dai gesti veloci ed irrequieti. Una sera bussai alla porta della sua camera desideroso di farmi raccontare come aveva trascorso la giornata, pregando in cuor mio che qualcuno o qualcosa lo avesse impaurito a morte.
Avevo sempre ricavato piacere nell'ascoltare le sue sofferenze, godevo nel vederlo ridotto come un fantasma, provato ed evanescente.
A quel tempo non sapevo spiegarmi il perchè del mio bizzarro comportamento, ma assecondavo i miei istinti senza fermarmi mai a riflettere sulle conseguenze.
Avevo iniziato a fotografarlo di nascosto, non solo mentre dormiva con la luce accesa sotto al piumone terribilmente infantile, ma anche mentre mangiava a testa china, o quando gli facevo trovare nella stanza insetti di varie specie.
Tutto ciò al fine di vedere il suo volto deformarsi dalla paura, imprimendo sulla pellicola quella sensazione di angoscia che mi faceva sentire incredibilmente potente. Tenevo tutte quelle fotografie in una scatola custodita per bene dietro l'armadio, che tiravo regolarmente fuori ogni qualvolta Sean non mi dava le giuste soddisfazioni giornaliere. Nella mia mente si stanziava con maggior prepotenza l'idea di spaventarlo nel peggiore dei modi possibili, facendogli provare il puro e primordiale terrore.
La villa in cui abitavano i miei nonni possedeva una dèpendance piuttosto graziosa ma tenuta in uno stato di recente abbandono, così i vecchi non ebbero alcun tipo di problema nel cederla ai nipoti. Avevo pensato di sfruttarla come una sorta di rifugio segreto, rendendola accessibile soltanto se l'ospite avesse pronunciato la parola marionetta. La mia idea non fu accolta di buon grado da Sean ma, pur di rendermi contento e grazie alle mie doti da perfetto persuasore, riuscii a convincerlo a partecipare a quella sottospecie di gioco. Ah, se solo avesse saputo cos'avevo intenzione di fare! Mentre mi compiacevo nell'osservare quell'ingenua creatura guardarmi quasi senza respiro ebbi un attimo di remore. Ma giusto un momento, dato che la sensazione di benessere ed invincibilità che scaturiva dalle mie azioni era nettamente superiore ad ogni tipo di senso di colpa. Una mattina, dopo aver trascorso come al solito la notte quasi insonne, mi decisi ad attuare il mio piano. Avrei preso in prestito una dozzina di marionette dal negozio che le fabbricava, appendendole per il collo al lampadario del nostro fortino.
Le luci sarebbero state rigorosamente spente, e quando Sean avrebbe pronunciato la parola segreta si sarebbe ritrovato in balìa delle sue peggiori paure; il buio, i pupazzi e quell'orribile musica da carillon che non poteva non traumatizzarlo.
Io la odiavo, mi faceva tornare alla mente sprazzi di visioni non propriamente felici.
Erano pensieri confusi, vedevo me stesso da bambino in un letto grande e vuoto, che dopo pochi secondi veniva occupato da qualcuno che mi procurava ribrezzo. Non sapevo chi fosse quella persona, perchè mi ridestavo subito da quel tipo di fantasie debilitanti. Mi guardai allo specchio compiaciuto della mia idea, pur sapendo che Sean avrebbe raccontato tutto ai nostri genitori ed io avrei ricevuto una punizione esemplare.
Dopo essermi soffermato a lungo sul mio riflesso m'introdussi nel fortino, stando bene attento a non osservare troppo quegli esseri privi di vita che mi ritrovavo tra le mani.
La voce del mio fratellastro che mi chiamava al di là della porta mi fece distrarre, ed inavvertitamente caddi dalla scala, accovacciandomi su me stesso cercando di ritrovare il respiro.
Udii Sean bussare più volte, per poi pronunciare la parola in maniera lieve, quasi balbettando.
Naturalmente non risposi, benchè mi fossi un po' ripreso era un'occasione troppo ghiotta quella di mantenere il silenzio nonostante avesse sentito il frastuono causato dalla mia caduta. Il legno della porta scricchiolò appena e la mano di Sean cercò a tentoni l'interruttore della corrente.
Avevo fatto in modo di abbassare al minimo l'illuminazione attivando le pale del ventilatore da soffitto, cosicché le marionette roteassero con aria macabra.
Mi aspettavo di sentire un urlo agghiacciante, invece l'unico rumore che rimbombò nella stanza fu quello di un corpo caduto a peso morto.
Mi rialzai lentamente, avevo le gambe pesanti ed il respiro affannato; il sudore m'imperlava le tempie.
Sean era steso sul pavimento con un rivolo di saliva che colava dalla bocca dischiusa, gli occhi spalancati e le gambe scompostamente piegate.
Avvertii il panico assalirmi, la testa mi girava convulsamente.
Avevo l'impellente bisogno di rigettare, e barcollando mi avviai verso il bagno.
''Saluta la marionetta''.
Mi bloccai di colpo, non avevo il coraggio di voltarmi ancora.
''Saluta la marionetta''.
Avevo ascoltato quella parola un'infinità di volte, l'avevo scelta io stesso, quindi per quale motivo ero impietrito nell'udirla pronunciare da una voce che mi ero improvvisamente reso conto di odiare?
Una mano mi toccò la spalla, era quella di Sean. Mi si parò davanti inchiodando il suo sguardo al mio, rendendomi conto che teneva in mano un vecchio registratore, di quelli che non si vedevano più nei negozi da una decina d'anni.
La voce che mi aveva inquietato proveniva da lì, era quella di suo padre.
Improvvisamente quegl'incubi ad occhi aperti che facevo spesso diventarono più nitidi, lasciandomi sconvolto.
''Le vedi queste marionette, Joel? Adesso ti racconteranno una bella storia.''
Ero soltanto un bambino, e mentre osservavo quelle bambole così poco aggraziate le mani del mio patrigno s'intrufolavano sotto il mio pigiama.
La loro voce, o meglio la sua, si faceva ansimante, spezzata. Mentre mi toccava io le osservavo, cercando di perdermi in quegli sguardi assenti, in pensieri felici consoni a quell'età. La paura mi aveva paralizzato e non riuscivo neanche a parlare a causa della bocca priva di salivazione.
Se avessi ricordato tutto da principio immagino che avrei agito diversamente, ma purtroppo alcuni nostri gesti inspiegabili sono frutto di esperienze traumatiche che il cervello rimuove per protezione. È esattamente ciò che ha fatto il mio, impedendomi di ricordare quello che avevo subìto ma facendomi vendicare verso qualcuno che non c'entrava niente.
Sean mi guardava, per la prima volta il suo corpo non era incurvato, la voce chiara e affatto esitante.
Aveva architettato quell'improvvisa messinscena per vedermi impallidire, facendomi sudare freddo per l'agitazione.
Probabilmente si aspettava uno scherzo del genere da tempo; mi conosceva bene, ed io, invece, lo avevo sottovalutato.
Mi carezzò il volto bisbigliando che aveva mandato le registrazioni alla polizia. Quell'uomo doveva averle ascoltate di continuo, godendo dei miei timori e ripensando a come mi aveva portato via l'innocenza.
Presto il mio personale inferno sarebbe terminato, sarei stato capito e curato.
Scosse la testa lasciandosi scappare una risata amara che aveva covato rabbia per tanto tempo, ed ancora un po' tremante l'osservai uscire dalla dépendance.
La sua paura aveva mascherato la mia, peccato che non ci fossi arrivato prima.
Si voltò un'ultima volta, ed il ghigno che comparve sul suo viso mi fece comprendere con orrore che era stato lui a vendicarsi di me.
Sean aveva assecondato magistralmente i miei piani crudeli, mi aveva fatto credere di essere spaventato per terrorizzarmi a sua volta, lasciando che stoicismo e fragilità coesistessero nella sua persona. Mi fece aprire gli occhi, distruggendo però ogni mia certezza.
A tutt'oggi pago le conseguenze di quella presa di coscienza, entrando ed uscendo da anni in una clinica per disturbi psichiatrici.
Fu una vendetta nella vendetta, mi viene ancora da ridere per l'ironia di quella vicenda.
Ogni tanto Sean passa a farmi visita, ma lo sguardo di superiorità che acquisì da quel giorno mi ha fatto capire che non viene per affetto, ma bensì per provare quel piacere che era stato la mia forza tempo addietro.
Adesso guardo il mondo da cui mi sento minacciato attraverso una finestra; la schiena di Sean è sempre più diritta e distante.




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